Il contesto istituzionale non solo ha favorito questa evoluzione, avendo
liberato finalmente le banche dai numerosi vincoli che ne condizionavano
l’attività negli anni passati, ma ha promosso la competizione e l’efficienza
del sistema tra le finalità stesse dell’azione di vigilanza.
Al giorno d’oggi si ritiene che la regolamentazione del settore
finanziario abbia il compito di prevenire e correggere i fallimenti del
mercato perseguendo la stabilità degli intermediari, la trasparenza sul
mercato e sugli operatori al fine di assicurare un’equa distribuzione delle
informazioni e la concorrenza nel settore tramite un’adeguata disciplina
antitrust
3
.
L’evoluzione delle teorie e dei vari sistemi economici nel tempo ha
portato a riconoscere uguale importanza ai tre obiettivi, dimostrando anzi
che la concorrenza e la trasparenza costituiscono presupposti necessari
per il raggiungimento della stabilità
4
.
Il processo di cambiamento è stato lungo e faticoso ed è stato
completato con deciso ritardo rispetto agli altri principali paesi
industrializzati. In Italia il nuovo orientamento è stato infatti riconosciuto
solo con l’emanazione della Legge 10 ottobre 1990 n. 287, nota come
legge antitrust ed intitolata “ Norme per la tutela della concorrenza e del
mercato”. Tale legge ha istituito l’Autorità Garante della concorrenza e del
mercato che, quale organo preposto all’applicazione della legge, opera in
piena autonomia e indipendenza dagli altri organi di vigilanza.
3
E’ quanto emerso dagli atti del convegno organizzato da “Banca impresa società” a Bologna il 4
maggio 2001 nella sede della Cassa di Risparmio di Bologna.
4
Ciocca "Supervision: one or more institutions?”, in BIS review 39/2001.
5
La possibilità di applicare la normativa a tutela della concorrenza al
settore creditizio è stata però al centro di numerosi dibattiti, non solo nel
nostro ordinamento. La questione principale riguarda il possibile conflitto
fra la disciplina del mercato ed il regime di controlli pubblici che limita il
settore del credito: si dubita che le due normative possano coesistere
senza generare collisioni tra obiettivi diversi e apparentemente opposti
quali la stabilità del sistema e la tutela della concorrenza.
A ciò si devono aggiungere ulteriori specificità del settore creditizio, sia
di carattere microeconomico che macroeconomico. Riguardo le prime si
pone l’accento sulle asimmetrie informative che sono alla base dei rapporti
tra gli operatori finanziari ed il mercato; il problema è presente anche in
altri settori di attività ma in quello bancario esso costituisce la ragione
stessa di esistenza degli intermediari finanziari. In particolare si teme che il
vantaggio informativo che le banche acquisiscono in seguito alla loro
attività possa essere utilizzato per limitare la concorrenza a danno della
competitività del mercato.
Per quanto riguarda le specificità di carattere macroeconomico si
sottolinea la trasversalità del settore dell’intermediazione rispetto a tutti gli
altri settori dell’economia. Gli intermediari finanziari svolgono cioè un ruolo
di sostegno verso gli altri settori di produzione e di scambio contribuendo
inoltre in maniera decisiva allo sviluppo dell’attività innovativa in ogni
campo.
Questi dibattiti non hanno comunque impedito in alcun ordinamento
che la disciplina a tutela della concorrenza fosse applicata anche agli
6
intermediari creditizi
5
. Al limite, considerate le specificità esaminate in
precedenza, si è ritenuto opportuno emanare delle norme specifiche per il
settore creditizio. In Italia le disposizioni riguardanti gli intermediari
finanziari sono state incluse nell’Art. 20 della legge 287/90 contenente
“Disposizioni speciali per aziende ed istituti di credito, imprese assicurative
e dei settori della radiodiffusione e dell’editoria” ed inoltre sono state
attribuiti compiti di tutela della concorrenza non solo all’Autorità Garante
della concorrenza e del mercato ma anche all’Autorità di vigilanza
settoriale.
Il quadro così delineato non è certo di facile ed immediata
interpretazione ed ha sollevato non poche critiche e polemiche sulla
ripartizione di competenza fra le due Autorità e sulle possibili
interpretazioni della normativa.
***
L’evoluzione del sistema bancario italiano non può e non deve
comunque considerarsi conclusa e temi come la tutela della concorrenza,
la trasparenza e la stabilità del sistema sono ancora oggi al centro di
accesi dibattiti e programmi di riforma.
5
Così è stato nel caso della Philadelphia National Bank, in cui l’autorità antitrust statunitense
eliminò la convinzione che il sistema creditizio fosse esentato dall’osservanza dello Sherman Act e
del Clayton Act in virtù della sottomissione ad un regime di controlli di vigilanza. Alla stessa
conclusione è giunta in tempi successivi la Corte di Giustizia della Comunità Europea stabilendo
che l’attività bancaria non è riconducibile alle attività per le quali l’Art 90 del Trattato CEE
prevede una eccezione alle ordinarie regole della concorrenza.
7
L’attenzione va spostata adesso sul contesto internazionale poiché è in
tale ambito che nei prossimi anni si verificheranno le maggiori sfide
competitive. E’ in atto infatti una forte armonizzazione dei vari mercati
nazionali che interessa anche il settore creditizio con la conseguenza che
le banche italiane si trovano, e si troveranno sempre più in futuro, a dover
affrontare concorrenti esteri.
Allo stato attuale il progetto che potrebbe condizionare in maniera
decisiva il settore finanziario internazionale, con conseguenti effetti anche
nel nostro paese, è l’Accordo di Basilea2 indicato da molti operatori del
settore creditizio come un nuovo punto di svolta.
Proprio in questi mesi il Comitato di Basilea, lavorando a stretto
contatto con i paesi interessati, sta cercando di elaborare una versione
definitiva dell’Accordo che sia attuabile nei vari sistemi nazionali senza
creare squilibri concorrenziali e disparità di trattamento. La chiusura dei
negoziati è prevista per la fine del 2003 mentre l’entrata in vigore di
Basilea2 è in agenda per il mese di Dicembre del 2006.
Il nuovo accordo si pone come obiettivo quello di accrescere l’efficacia
degli strumenti posti a tutela della stabilità del sistema bancario
internazionale; per questo le banche dovranno garantire con il proprio
patrimonio i rischi associati alle loro attività e dovranno mettere a punto
rigorosi sistemi di misurazione del rischio per valutare tali fabbisogni.
Ma Basilea2 va al di là della semplice regolamentazione dei coefficienti
patrimoniali e si pone fra gli obiettivi principali quello di gettare le basi per
una maggior uniformità dei diversi sistemi bancari nazionali, ciò al fine di
8
accrescere le condizioni necessarie per il corretto operare della
concorrenza anche in ambito internazionale. Ovviamente tenendo ben
presente sia la stabilità dell’intero sistema sia un’equilibrata valutazione
dei rischi connessi all’attività delle diverse banche.
La proposta così formulata, se da un lato risponde ad una generale
esigenza di riforma e standardizzazione del sistema finanziario
internazionale, dall’altro presenta non pochi punti di criticità.
In questo lavoro metteremo in evidenza soprattutto il pericolo di
disparità concorrenziale fra banche di piccole e grandi dimensioni, dovuto
alla complessità dei sistemi di misurazione del rischio da predisporre in
attuazione dell’accordo, e le possibili asimmetrie tra differenti sistemi
bancari nazionali.
9
1. L’evoluzione del concetto di concorrenza
nel settore creditizio: aspetti teorici
1.1. Struttura del mercato
La definizione e l’individuazione della struttura di un mercato
presentano parecchi problemi risultando particolarmente difficili, così
come messo in evidenza da Porter6
Il mercato bancario in particolare presenta numerose specificità
rispetto agli altri settori commerciali e costituisce una realtà aziendale a
parte sia per le numerose attività svolte dalle banche sia per il fatto di
essere sottoposta all’attività di controllo da parte di Autorità di vigilanza. Di
conseguenza è necessario affrontare alcuni concetti fondamentali prima di
dedicarci all’analisi della situazione attuale.
In questo capitolo ci occuperemo quindi di aspetti teorici legati sia
alla struttura del mercato bancario, sia alle diverse teorie sulla
concorrenza.
Per quanto riguarda il mercato bancario, da un punto di vista
generale, questo può essere definito come gruppo strettamente correlato di
venditori e compratori la cui attività ha per oggetto la negoziazione di prestiti
monetari e di servizi ad essi correlati in un certo ambito territoriale
7
.
6
Porter afferma che definire il settore di attività di un’impresa può diventare un esercizio senza
fine.
7
Tale definizione è riportata da diversi studiosi di materia bancaria; tra i primi e più autorevoli
vedasi Dell’Amore (1965), I prestiti, Giuffrè, Milano.
10
La definizione appena riportata necessita però di ulteriori precisazioni
in merito a due elementi fondamentali: la composizione del gruppo di
venditori e l’individuazione del o dei prodotti/servizi offerti dagli operatori
del settore.
Dal lato dell’offerta è possibile seguire due approcci alternativi: con il
primo si individua il gruppo di venditori in base alla presenza dei requisiti
formali ed istituzionali necessari per esercitare l’attività bancaria; con il
secondo invece non si considera la natura dei soggetti ma si considerano i
prodotti e servizi che essi offrono. Non è perciò rilevante che un soggetto
presenti i requisiti formali di una banca ma è sufficiente che egli offra un
prodotto che i compratori giudicano sostituibile al prodotto bancario.
Partendo da queste considerazioni sembra utile effettuare una
separazione tra i concetti di struttura bancaria e struttura del mercato8
Il concetto di struttura bancaria fa riferimento al numero delle banche
operanti in una determinata area mentre la struttura del mercato è definita
dall’insieme di tutti gli operatori che vendono un determinato prodotto9.
In conclusione si può affermare che i due concetti tendono a
sovrapporsi anche se non possono coincide a meno che si verifichi
l’assenza di operatori non bancari. Le due definizioni quindi tendono a
divergere quanto maggiore è il peso degli operatori non bancari nell’offerta
dei prodotti considerati ed oggi tale distinzione tende ad accentuarsi per la
8
D. Alhadeff, Monopolic competition and bancking markets in J. Wiley (1967),Monopolistic
competition theory, New York.
9
G. Forestieri (1980), Struttura del mercato del credito e concorrenza bancaria, Giuffrè, Milano
1
presenza di fenomeni come la deregolamentazione, la despecializzazione
e la differenziazione dell’offerta (figura 1).
Per condurre un’analisi accurata delle relazioni concorrenziali le
caratteristiche della struttura del mercato presentano i migliori requisiti di
significatività anche se ovviamente prendere in considerazione tale
aggregato amplia il campo di indagine rendendo più difficoltosa la ricerca
dei dati.
Figura 1 – Struttura bancaria e struttura del mercato
Banche operanti in una
determinata area
Struttura
bancaria
Struttura
del mercato
Altri operatori della
stessa area
Fonte: Forestieri (1980), pag.12
Un’altra fondamentale precisazione riguarda la definizione di
prodotto bancario. In principio si tendeva e ricondurre l’intera attività delle
istituzioni creditizie ad un unico prodotto10 ma oggi tale semplificazione
non appare più condivisibile. E’ infatti generalmente riconosciuta in
dottrina11 la natura multiprodotto dell’azienda bancaria e quindi ora il
10
La tesi in esame era autorevolmente stata proposta da D. Alhadeff che tuttavia aveva come
riferimento lo scenario dei primi anni ‘50 in cui l’attività bancaria era decisamente meno
complessa di quella attuale. Lo stesso autore inoltre in contributi più recenti accoglie pienamente
la tesi della banca quale azienda multiprodotto.
11
Per una rassegna in merito Coppola Corsini (1990)
12
problema principale è semmai quello di individuare un criterio opportuno
per proporre una classificazione dei diversi prodotti bancari12.
Come premessa c’è da dire che a causa delle specificità dei prodotti
bancari ogni possibile classificazione potrebbe risultare riduttiva e difficile;
inoltre la stessa produzione bancaria può essere osservata da differenti
punti di vista e prestarsi quindi a molteplicii classificazioni.
Ad esempio sotto il profilo tecnico-produttivo si può effettuare una
definizione di prodotto bancario legata alle caratteristiche delle attività
finanziarie svolte; in tal caso l’output darebbe identificato da alcune poste
di bilancio come i prestiti ed i depositi. Come vedremo nei prossimi capitoli
tale classificazione viene adottata dalle autorità antitrust, seppure con
qualche affinamento, per individuare i mercati oggetto di indagine.
Un secondo criterio di classificazione si basa invece sulla natura di
servizio del prodotto bancario e perviene ad una definizione di output di
tipo bidimensionale che individua una molteplicità di pacchetti-prodotto
composti da un insieme di attività finanziarie e servizi erogati dalle
banche. In questo caso la definizione di prodotto bancario viene formulata
prendendo in considerazione i bisogni finanziari della clientela e le attività
finanziarie/servizi offerti dalle banche per far fronte a tali bisogni13.
12
Una terza teoria, proposta da Hodghan, considera l’output dell’attività bancaria composto da
prodotti distinti non sostituibili tra loro. Le banche però tendono a vendere un complesso integrato
di prodotti e non ognuno singolarmente con la conseguenza che ci troveremmo ad affrontare una
situazione molto simile a quella prospettata dal primo Alhadeff, con un unico mercato ed un unico
prodotto.
13
Un esempio viene fornito da Onado il quale presenta alcune matrici che collegano i principali
bisogni finanziari della clientela con i servizi proposti dalle banche.
13
Un ulteriore criterio per definire il prodotto bancario e studiare la
concorrenza nel settore creditizio è proposta da Abell che introduce il concetto
di area strategica d’affari. Il modello è di tipo tridimensionale poiché presuppone
il ricorso a tre variabili: i fabbisogni manifestati dalla clientela, i gruppi di clienti
e le tecnologie utilizzate dal lato dell’offerta per soddisfare i bisogni della
clientela.
Figura 2 – Esempio di schema per la definizione di un ASA
Bisogni ricercati
Consulenza
Assistenza finanziaria
Investimento di risorse
Gestione dei pagamenti
Tecnostrutture proprie
Tecnostrutture altrui
Tecnologie Gruppi di clienti
Privato Privato Imprese Imprese Imprese
Alto basso finanziarie grandi piccole
reddito reddito
Fonte: Munari (1998)
Proprio quest’ultimo criterio appare preferibile poiché riesce ad
effettuare una sistemazione anche dei nuovi strumenti e servizi finanziari
che si stanno affermando in questi anni. Accogliendo lo schema di Abell si
individuano diverse aree strategiche d’affari all’interno delle quali le
singole banche saranno libere di scegliere se operare e con quale
intensità competitiva. La pressione competitiva non è quindi omogenea in
tutte le aree strategiche considerate.
14
Da tali considerazioni deriva un’importante considerazione per lo
studio della struttura del mercato bancario e della concorrenza: l’analisi
non dovrebbe essere condotta con riferimento ad un unico prodotto e ad
un unico mercato ma piuttosto dovrebbe tenere distinte e separate le
diverse aree strategiche d’affari.
1.1.1 Concorrenza perfetta e monopolio
Il concetto di concorrenza è un concetto che a livello intuitivo ognuno
possiede e lo si associa spesso alla rivalità che c’è tra due o più soggetti
per raggiungere un determinato obiettivo. In letteratura esistono numerose
definizioni di concorrenza, ad esempio secondo M. Pantaloni essa “è la
sorgente più energica di dinamismo sociale. E’ il più forte demolitore di
ogni specie di posizione acquisita. E’ una minaccia permanente per tutti
quanti coloro che sono arrivati, siano essi cose, persone o forme di
organizzazione”
14
.
Il concetto di concorrenza perfetta che ancora oggi predomina si
ricollega alla teoria dei prezzi. In quest’ottica la definizione coincide con
quella operata da E. H. Chamberlin che nel suo lavoro
15
la divide in
concorrenza “pura” e “perfetta”.
La concorrenza pura richiede due requisiti necessari e sufficienti:
la singola impresa è influenzata dal prezzo, è cioè price-taker;
i prodotti presenti sul mercato sono omogenei e fungibili.
14
M.Pantaloni (1925, p.217).
15
E.H. Chamberlin (1993), The Theory of Monopolistic Competition, Cambridge.
15
Inoltre la concorrenza pura diviene perfetta se presenta anche altri
requisiti quali:
non vi sono barriere all’ingresso;
le risorse impiegate godono di mobilità assoluta;
l’informazione sul mercato è totale
16
.
Un mercato caratterizzato da concorrenza perfetta presenta dunque
numerosi operatori; tali operatori però, considerati singolarmente, non
sono in grado di influire con le proprie azioni sull’andamento delle
contrattazioni ed in particolare sul prezzo essendo quest’ultimo
considerato come variabile esogena al sistema.
Il modello della concorrenza perfetta risulta molto interessante
poiché, considerate le premesse analizzate in precedenza, si può
affermare che l’accesso al mercato di un numero sufficientemente elevato
di operatori assicura il raggiungimento del massimo benessere collettivo
17
.
Tuttavia la struttura ed il funzionamento dei mercati bancari si
allontanano dal modello di concorrenza perfetta in diversi aspetti e non
pochi studiosi hanno sottolineato le carenze delle ipotesi di fondo.
Afferma infatti F.A. Hayek
18
che ipotizzando la conoscenza completa
delle tecniche, delle preferenze e delle azioni dei concorrenti e del
mercato “la teoria dell’equilibrio concorrenziale assume come date le
16
L’informazione perfetta si riferisce sia alle tecniche produttive che alle preferenze e azioni di
tutti i soggetti che operano sul mercato.
17
In base al criterio di efficienza paretiana si definisce efficiente una configurazione di produzione
e scambi in cui non esiste la possibilità di effettuare alcuna altra transazione tra gli individui che
sia in grado di accrescere il benessere di almeno uno di essi senza ridurre quello di nessun altro.
18
Nel suo lavoro Individualism and Economic Order, (1949) – London.
16
condizioni che una spiegazione vera e propria dovrebbe attribuire
all’effetto del processo concorrenziale”: è proprio grazie alla concorrenza
infatti che le informazioni sulle nuove tecniche e sui beni e servizi offerti
possono diffondersi a tutti i soggetti. Per questo motivo il concetto statico
della concorrenza tradizionale viene sostituito da un concetto dinamico in
cui la concorrenza è definita come processo in continuo movimento.
Un altro fattore che impedisce di applicare il modello della
concorrenza perfetta ai mercati bancari riguarda la standardizzazione ed
omogeneità dei prodotti. Se si escludono forse i servizi bancari di massa,
si può affermare che esiste un certo grado di personalizzazione e quindi di
differenziazione dei prodotti; a ciò si aggiunge che per la mancanza di
trasparenza delle condizioni applicate ad ogni servizio i compratori non
sono nella condizione di valutare le varie alternative disponibili.
Non bisogna infine dimenticare la presenza di una forte
regolamentazione pubblica che ha impedito, in passato ed in parte ancora
oggi, il libero operare delle dinamiche competitive sia per le limitazioni
relative all’entrata ed all’uscita dal mercato sia per gli altri condizionamenti
operativi. Tali condizionamenti sono generalmente stati accettati in nome
della stabilità del sistema ed hanno di conseguenza modificato la forma
del mercato bancario.
Le considerazioni esposte finora portano alla conclusione che nel
caso del mercato creditizio non si può parlare di concorrenza perfetta.
Passiamo ora ad esaminare un’altra forma di mercato: il monopolio.
17
Nella teoria dei prezzi il modello del monopolio viene concepito in
maniera completamente opposta a quello della concorrenza perfetta.
Siamo in presenza di un monopolio infatti quando nel mercato è presente
una sola impresa che produce un determinato bene.
Condizione necessaria affinché ci si trovi in posizione di monopolio è
che devono essere presenti barriere per accedere al mercato nei confronti
di eventuali nuovi concorrenti; il monopolio può nascere e rafforzarsi solo
in presenza di questi ostacoli
19
.
L’impresa che opera in regime di monopolio si definisce price-taker
poichè in tale situazione è improbabile che accetti il prezzo di mercato
come dato rendendosi conto di poter scegliere i livelli di prezzo e di output
che massimizzano il proprio profitto. Ovviamente l’impresa non può
scegliere congiuntamente entrambe le variabili ma, fissato un certo
prezzo, può vendere soltanto la quantità di output che il mercato è
disposto ad acquistare; incontra quindi come vincolo la curva di domanda
dei consumatori
20
.
In concorrenza perfetta le imprese producono in corrispondenza di
un punto in cui il prezzo è uguale al costo marginale mentre nel monopolio
un’impresa produce in un punto in cui il prezzo supera il costo marginale.
Di conseguenza nel monopolio l’output è in generale inferiore ed il prezzo
più elevato che in concorrenza perfetta, circostanza questa che genera
una soddisfazione dei consumatori decisamente inferiore.
19
Le barriere possono essere di qualsiasi natura: giuridiche, economiche o politiche.
20
A differenza del modello di concorrenza perfetta in questo caso la curva di domanda dei
consumatori ha inclinazione negativa.
18