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lavoro e capitali possano circolare senza impedimenti che richiede tale
stabilità. Le burrascose vicende che nell’estate del 1992 ne hanno
determinato il sostanziale fallimento hanno avuto conseguenze rilevanti per
l’intero processo di integrazione europea in maniera quasi paradossale. Gli
anni ‘90 sono stati accompagnati dai migliori auspici: la fine della guerra
fredda e la riunificazione delle due Germanie sembravano schiudere nuovi
orizzonti di pacificazione e di collaborazione mondiale. Sul piano
economico l’andamento della produzione giustificava queste aspettative. In
Europa tutto ciò si era tradotto in un rinnovato spirito di integrazione
culminato nella ratifica del trattato di Maastricht. In esso si gettavano le
basi per la transizione verso l’Unione comunitaria, premessa di una futura
più robusta collaborazione magari di stampo politica. La crisi dello SME
nel 1992 assieme all’instabilità valutaria che ne è seguita, la dura recessione
economica che scosse l’Europa proprio durante i primi anni ’90 e gli esiti
negativi o incerti dei referendum in Danimarca e in Francia hanno invece
smentito ogni facile ottimismo. Malgrado l’iniziale slancio verso la
creazione di maggiori forme di integrazione europea sia stato, per le ragioni
esposte, parzialmente frenato, non si può non osservare forse con una certa
sorpresa che il processo di costruzione dell’Unione monetaria europea ha
seguito, nonostante tutto con decisione, i tempi e le condizioni specificate
dal trattato di Maastricht.
Nel Gennaio del 1999 un nucleo iniziale di paesi è passato dalla “fase II“
alla attuale “fase III” del progetto caratterizzato da regime di cambi
irrevocabilmente fissi.
Quindi nel Gennaio del 2002 si realizzerà definitivamente il passaggio alla
moneta unica “l’Euro” con conseguente scomparsa delle singole monete
nazionali. Interrogarsi sulla portata di questo progetto, capirne i punti di
forza e di debolezza e cercare di cogliere quali conseguenze provocherà per
gli operatori finanziari e non, è gioco forza.
In questa tesi in particolare mi sono soffermata ad analizzare gli impatti sui
sistemi dei pagamenti e sui mercati monetari che la realizzazione della
3
moneta unica potrebbe avere. Le ragioni che mi hanno spinto a studiare
questi argomenti sono di due ordini.
L’obiettivo principale della Banca Centrale Europea in coordinazione con le
altre banche centrali è quello di garantire la stabilità dei prezzi nell’area
dell’Unione. Il trattato all’art. 105 stabilisce infatti che “the primary
objective of the european system of Central Bank shall be to mantain price
stability”. In primo luogo allora la possibilità di contare su di un solido
sistema dei pagamenti, l’effettiva integrazione e globalizzazione dei mercati
monetari europei risultano essere elementi di importanza cruciale per il
raggiungimento di tale obiettivo. In secondo luogo l’analisi delle
trasformazioni che probabilmente si realizzeranno in questi settori è
un’esigenza imprescindibile per quanti nel futuro scenario europeo saranno
chiamati a prendere importanti decisioni imprenditoriali. Questo lavoro è
organizzato in quattro capitoli. Nel primo vengono affrontate questioni di
carattere tipicamente istituzionale. Cercherò di presentare il concetto di
Ordinamento Monetario Internazionale individuandone le componenti e
descrivendo le interelazioni tra queste. Quindi mi soffermerò velocemente a
considerare un po’ di storia dei regimi monetari internazionali. La chiave di
lettura sarà quella proposta da un famoso economista Tommaso Padoa-
Schioppa il quale ha annunciato a tale proposito una sorta di teorema o
regola empirica nota con il nome di “Quartetto Inconciliabile”. Dalle parole
dello stesso studioso si può affermare che: “In un gruppo di paesi tra loro
economicamente interdipendenti ma ciascuno sovrano e politicamente
autonomo rispetto agli altri non è possibile avere integrazione commerciale,
integrazione finanziaria, una disciplina del cambio (cioè la rinuncia a
manovrare il cambio in modo indipendente e unilaterale) e
contemporaneamente quella autonomia della conduzione delle politiche
nazionali. Il tentativo di soddisfare queste quattro condizioni genera
attenzioni e problemi che sono riconducibili ad una sovradeterminazione
del sistema”. La crisi dello SME può allora essere letta alla luce di queste
considerazioni; in presenza di una forte integrazione, in particolare
4
finanziaria, dei paesi europei, l’assenza di coordinazione delle politiche
economiche nazionali non poteva che causare lo sfaldamento del sistema
sotto gli attacchi della speculazione. L’analisi di queste vicende dovrebbe
essere d’aiuto nel valutare quali siano i nodi fondamentali da risolvere nella
realizzazione della futura Unione monetaria.
In particolare se la stabilità della griglia dei tassi di cambio no sembra possa
essere incrinata grazie alla potenziale forza stabilizzatrice del sistema
Target, particolarmente acceso è ancora il dibattito in merito alla necessità
di prevedere forme di maggiore cooperazione in tema di politiche fiscali. La
preoccupazione fondamentale risiede nel timore che una scarsa
coordinazione in questo settore possa alla lunga creare problemi di
credibilità del progetto. Chi invece sostiene che una maggiore cooperazione
non sia necessaria argomenta che l’indipendenza della BCE assieme di una
credibile clausola “no bail out” sono in grado da sole di imporre la dovuta
disciplina. La mia tesi è che a questo riguardo in Europa si sia realizzato
qualcosa di molto simile ad un Fiscal board: si tratta di un Patto di stabilità.
Questo impone ai diversi stati, l’osservanza dei requisiti del deficit e del
debito specificati nel Trattato su base duratura prevedendo un sistema di
sanzione automatica nel caso di mancato rispetto degli stessi. I pericoli
tuttavia sono evidenti. Una applicazione poco flessibile di tale accordo
potrebbe in situazioni di recessione dell’economia determinare un costo di
appartenenza all’Unione troppo alto per quei Paesi le cui condizioni fiscali
risultano poco solide.
Il secondo capitolo analizza la nuova normativa sull’euro.
Al fine di regolare per tempo l’introduzione della nuova moneta, il nostro
legislatore, con la legge 17 dicembre 1997, n° 443, ha voluto definire i
principi guida sulla base dei quali definire il passaggio dalla lira all’euro.
Tale legge ha previsto la delega al Governo per l’emanazione di più decreti
legislativi per disciplinare le diverse materie espressamente individuate.
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In attuazione della legge delega n° 433 del 1997, è stato emanato il decreto
legislativo 24 giugno 1998, n° 213. Il provvedimento disciplina le regole da
seguirsi nel regime transitorio.
Nel terzo capitolo viene invece studiato il SEBC e la politica monetaria
della BCE.
Primo compito della BCE è quello di rivedere il lavoro preparatorio svolto
dall’Istituto monetario europeo, scegliere tra le diverse opzioni che, in
alcuni casi, questo ha lasciato aperte, trasformare in atti giuridici codificati
le decisioni. Infatti, solo la Banca ha il potere formale di decidere; tutto il
lavoro dell’Istituto va considerato come una proposta da sottoporre, come
stabilisce l’art. 109F, par. 3 del Trattato, all’approvazione della BCE.
Mentre la politica monetaria dell’area dell’euro sarà gestita autonomamente
dalla BCE, le responsabilità di vigilanza bancaria resteranno affidate a
singole agenzie nazionali. Diventa quindi operativi il principio di
separazione di competenze tra le due funzioni anche in quei paesi, come
l’Italia, dove è stata mantenuta fino ad oggi la tradizionale assegnazione di
entrambi i ruoli alla stessa istituzione, la banca centrale.
Una volta conclusa la parte per così dire istituzionale l’ultimo capitolo si
soffermerà ad analizzare in particolare i probabili impatti della moneta
unica, sui sistemi dei pagamenti e sui mercati monetari europei. In primo
piano vi sarà la presentazione del progetto Target: un sistema che prevede il
collegamento esteso a tutta l’area europea dei meccanismi di pagamento
lordo internazionali (real time gross system). Il circuito è in grado di
movimentare elevati fondi all’interno dell’area dell’Unione in pochi
secondi.
L’importanza del progetto è duplice: in primo luogo consente il
collegamento tra le Banche Centrali del sistema europeo garantendo le
condizioni operative per la realizzazione di una politica monetaria
effettivamente “unica”. Infatti la possibilità di spostamenti in tempo reale di
qualsiasi ammontare di risorse liquide permette ogni qualvolta il prezzo
della moneta della Banca Centrale tenda a divergere tra segmenti, di
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realizzare quelle possibilità di arbitraggio in grado di ristabilire l’equilibrio.
In secondo luogo l’introduzione di TARGET ha delle importanti
conseguenze per i sistemi dei pagamenti in sé. I fondi che vi transiteranno
sono per definizione irrevocabili e incondizionabili. L’alternativa a
meccanismi di regolamento lordo è costituita dai sistemi di compensazione.
In essi gli ordini processati acquistano finalità solo a scadenze periodiche.
Una banca destinataria del pagamento che diventa irrevocabile in un
secondo momento implicitamente concede credito alla controparte. Questi
meccanismi allora espongono le istituzioni creditizie ad un rischio di
default. Nel corso del tempo lo sviluppo tecnologico, la crescente
integrazione internazionale e il vertiginoso incremento nell’attività del
settore dei derivati hanno determinato un impressionante aumento del
valore dei pagamenti scambiati tra operatori. La domanda di finalità è allora
aumentata in parallelo alla crescita del rischio di incorrere nel Default di
una controparte. Tali considerazioni assumono poi rilevanza sistematica se
si pensa che al fallimento di un’istituzione può seguire a catena quello di
altre con forti conseguenze destabilizzanti per l’intero circuito finanziario.
Possiamo quindi concludere che l’introduzione dei sistemi di pagamento in
tempo reale ha portato a compimento l’evoluzione di lunga data. Tuttavia
un’osservazione è necessaria: l’utilizzo di TARGET non è obbligatorio;
accanto ad esso continueranno quindi ad operare i tradizionali meccanismi
di compensazione. Questi ultimi impongono chiaramente un risparmio di
costo in termini di minori risorse liquide da detenere. Non è chiaro quindi
se le forze di mercato da sole spingano ad una diffusione dei sistemi in
tempo reale. Mi sembra anzi ci sia un rischio di selezione avversa per il
quale solo gli operatori di più elevato standing finirebbero per utilizzarli
data la loro migliore capacità di gestione e le maggiori scorte di liquidità
richieste. Per queste ragioni è quindi necessario che i sistemi di
compensazione evolvano verso più elevati standard di sicurezza. Analoghe
considerazioni vengono svolte quindi con riferimento ai pagamenti cross-
border. In questo caso il meccanismo più diffuso di trasferimento di fondi
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utilizza il canale delle banche corrispondenti. Il rischio tipico di queste
operazioni dipende dai diversi orari di funzionamento dei sistemi nazionali:
l’istituzione operante in quello che chiude per primo si espone di nuovo alla
possibilità di fallimento della controparte. Con riferimento all’area europea
la previsione di collegamento dei diversi sistemi nazionali consentirebbe di
finalizzare questo tipo di pagamenti in pochi secondi, in questo modo
eliminando il problema il problema menzionato. Passando ai mercati
monetari la trasformazione più evidente è la loro globalizzazione.
Un’analisi basata sui comuni indicatori di spessore, ampiezza ed elasticità
ne prevede un aumento dell’efficienza perché il sistema TARGET consente
effettivamente il collegamento in tempo reale dei vari segmenti nazionali.
Notevoli trasformazioni in particolare si produrranno al livello del mercato
interbancario. L’introduzione di sistemi dei pagamenti in tempo reale, come
detto, impone alle banche di detenere maggiori scorte liquide per fare fronte
ai propri ordini di pagamento. Se l’accesso al credito infragiornaliero della
Banca Centrale avviene ad un costo, le riserve bancarie giocano un ruolo
essenziale durante la giornata: un mercato infragiornaliero delle stesse è
allora probabile che emerga. Le riserva bancarie generano inoltre
un’esternalità positiva nel sistema. Ciascuna banca infatti è portata ad
aspettare i pagamenti delle controparti, in questo modo minimizzando le
proprie scorte di liquidità. Le conseguenze sono duplici. Anzitutto viene
determinato il livello subottimale delle stesse. Quindi ciò induce la pratica
di ritardare gli ordini di pagamento inviati dai clienti determinando una
perdita di profittabilità per l’intero circuito bancario.
Per ripristinare una situazione di ottimalità è strategico il costo a cui la BC
consente il prelievo infragiornaliero dei fondi. Dal canto suo la BC è un
attore fondamentale di ogni mercato monetario. La sua presenza è data da
due obbiettivi: di politica monetaria in funzione del controllo dei tassi, di
supervisione per garantire la stabilità del sistema bancario e il buon
funzionamento del mercato dei pagamenti. Le modalità di intervento della
politica monetaria sono basate essenzialmente sulle operazioni di mercato
8
aperto e sulla previsione di standby facilities. Inoltre come vedremo il
Sistema Europeo di Banche Centrali funziona secondo la regola
dell’accentramento decisionale e del decentramento operativo. Quindi sulla
base del Remote Access nessun costringimento nazionale viene stabilito
nell’aggiudicazione della liquidità di una BC: tutte le istituzioni fittizie sono
allora poste in diretta concorrenza tra loro a livello continentale. Nel
penultimo paragrafo del capitolo verrà quindi analizzato il ruolo dello Stato
nel Mercato monetario europeo. Le emissioni dei titoli a partire dal
01/01/1999 avvengono in Euro e questo di conseguenza porta in primo
piano la questione della ridenominazione dello stock del debito esistente.
Verranno esposte le ragioni che la rendono desiderabile e le modalità
tecniche secondo cui potrebbe essere utilizzata. Infine alcune considerazioni
saranno proposte in merito alle possibili evoluzioni di lungo periodo del
mercato dei titoli di Stato. Il paragrafo conclusivo svolgerà alcune
riflessioni di politica monetaria. L’offerta del credito infragiornaliero e la
presenza di pratiche operative diverse tra i sistemi di pagamento nazionali
potrebbero ostacolare il raggiungimento degli obbiettivi del SEBC.
Le soluzioni a ciascun problema saranno analizzate e le considerazioni
relative alla stabilità della griglia dei tassi di cambio che è stata istituita dal
1° Gennaio 1999 chiudono infine il lavoro.
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1. PREMESSA
1
Il processo di costruzione dell’Unione Monetaria Europea è in pieno
svolgimento e sta seguendo con sorprendente decisione i tempi e le
condizioni del Trattato di Maastricht. Nel Gennaio del 1999 un nucleo
1
Questo capitolo fa particolarmente riferimento al capitolo “l’ordine monetario internazionale: struttura
ed evoluzione storica” di C.DEMATTE’ e A. SIRONI in “I mercati finanziari internazionali”, 1992.
10
iniziale di paesi è passato dalla “fase II” alla attuale “fase III” del progetto,
caratterizzato da un regime di cambi irrevocabilmente fissi.
Quindi nel Gennaio del 2002 si realizzerà definitivamente il passaggio alla
moneta unica, l’Euro, con conseguente scomparsa delle singole monete
nazionali. Questo avvenimento ha in sé qualcosa di assolutamente unico e
provocherà sicuramente uno sconvolgimento rilevante del panorama
dell’Ordinamento Monetario internazionale. Capirne gli effetti e la portata
oltre che un esercizio di previsione economica intellettualmente stimolante
è anzitutto un’esigenza imprescindibile per quanti in questo nuovo scenario
internazionale saranno chiamati a prendere decisioni imprenditoriali. Prima
però di tentare una simile valutazione, è essenziale precisarne il concetto di
ordinamento monetario internazionale, capirne le funzioni e presentare gli
elementi che lo caratterizzano. Quindi cercherò di descrivere i principali
ordinamenti monetari internazionali in una prospettiva storica, passando
velocemente attraverso le esperienze del Gold Standard fino alla creazione
dello SME per soffermarmi invece con maggiore attenzione sullo scenario
futuro, quale emerge dal dettato del Trattato di Maastricht.
2. COMPONENTI E STRUTTURA DI UN
ORDINE MONETARIO
INTERNAZIONALE
L’esigenza di un ordine monetario internazionale sorge al latere dello
sviluppo di relazioni commerciali tra residenti di Paesi differenti. Tale
sviluppo infatti determina la necessità di definire delle regole più o meno
esplicite secondo le quali regolare delle transazioni internazionali. Due sono
i principali ordini di problemi cui è necessario far fronte.
Innanzitutto problemi di ordine monetario connessi alla definizione della
gamma degli strumenti di pagamento utilizzabili per il regolamento di dette
transazioni e delle politiche di cambio per le valute dei Paesi aderenti
11
all’Ordine. Quindi si tratta di problemi di natura reale relativi alle politiche
di aggiustamento della Bilancia dei Pagamenti (BP): in quanto a variazioni
nei saldi della BPO di un Paese corrispondono variazioni di segno opposto
ma di uguale ammontare del saldo della BP del “resto del mondo”. Con il
termine di Ordine Monetario Internazionale si è allora soliti indicare quel
complesso di norme esplicite o anche solo convenzionali, cui i Paesi
politicamente indipendenti aderiscono, che specificano gli strumenti di
regolamento internazionali, le modalità di conduzione delle politiche di
cambio e le strategie di riequilibrio delle Bilance di Pagamento. Solitamente
si è poi soliti distinguere il concetto di ordine da quello di sistema, con
quest’ultimo volendo indicare il concreto comportamento tenuto dagli
operatori impegnati negli scambi internazionali che spesso può differire dai
dettami specificati nella “costituzione” monetaria internazionale per
l’inadeguatezza di questi rispetto alle nuove condizioni economiche
finanziarie che possono essere maturate.
Volendo tentare una caratterizzazione di un ordine monetario internazionale
si potrebbe evidenziare i seguenti elementi:
1. Anzitutto l’estensione dell’area dei Paesi che si sono impegnati a
rispettare quelle regole fondamentali a cui ho accennato;
1. il tipo di politica di cambio specificato;
2. le modalità previste per far fronte a squilibri della BP;
3. il tipo di ancoraggio scelto tra le diverse valute e le relative norme di
conversione;
4. le soluzioni al problema della creazione e distribuzione della liquidità
internazionale;
5. l’esistenza o meno di meccanismi e/o istituzioni di concertazione tra
Paesi aderenti.
12
2.1 L’ESTENSIONE DELL’AREA DEI PAESI
ADERENTI
A questo riguardo possono aversi diverse soluzioni: si possono ad esempio
avere ordini monetari mondiali che abbracciano tutti i Paesi ad economia
sviluppata ed a questo proposito potremmo ricordare il sistema del Gold
Standard presente tra il 1870 e il 1914, ovvero ordinamenti più ristretti,
definiti regionali tra i quali possono esistere o meno meccanismi di
raccordo. E infine si può presentare una situazione in cui a zone
momentaneamente integrate se ne affiancano altre operanti in situazione di
anarchia monetaria. Sembra esserci un fondamentale trade-off tra
estensione dell’area di influenza di un Sistema Monetario ed efficacia dello
stesso: un ordine monetario provocherà tanti minori attriti quanto più
intervenga tra Paesi caratterizzati da una forte integrazione economica e
finanziaria e questo è tanto più probabile quanto minore è il numero dei
paesi partecipanti. Attualmente in Europa sopravvive a stento un ordine
monetario: lo SME. Nel corso dei primi anni ’90 ha attraversato burrascose
vicende che hanno determinato l’uscita di alcuni paesi tra i quali anche
l’Italia. Accanto allo SME vi sono poi altre aree monetarie anch’esse di
respiro regionale e caratterizzate per la quasi totale assenza di meccanismi
di raccordo.
2.2 POLITICHE DI CAMBIO
A questo riguardi si possono avere tre diverse soluzioni:
1. politiche di cambi fissi, spesso perseguite nella convinzione che la
stabilità dei tassi di cambio valutari sia un prerequisito per assicurare
condizioni favorevoli allo sviluppo di solide relazioni commerciali,
premessa per la realizzazione di un processo di specializzazione
produttiva nel commercio mondiale;
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2. politiche di cambi fluttuanti, talvolta sostenute nella convinzione che
solo sui tassi di cambio possano scaricarsi le differenze dei fondamentali
economici dei Paesi
2
;
3. politiche miste, come ad esempio quella adottata nello SME, per
mediare le due esigenze a cui ho accennato più sopra.
Chiaramente, come corollario, ad ognuna di queste possibili alternative
dovranno corrispondere norme relative alle modalità di intervento nel
mercato dei cambi da parte delle autorità monetarie dei diversi paesi al fine
di realizzare le finalità. Tali norme non potranno prescindere da alcune
circostanze come la disponibilità di riserve valutarie e la possibilità a linee
di fido in valute internazionali.
2.3 MODALITA’ DI RIEQUILIBRIO DELLA
BILANCIA DEI PAGAMENTI
Le modalità di riequilibrio della bilancia dei pagamenti sono fortemente
correlate alle decisioni adottate in tema di politica di cambio in particolare
tanto più rigido è l’atteggiamento nei confronti della variabilità del cambio
tanto maggiore sarà lo sforzo che i paesi saranno chiamati a produrre al
proprio interno per garantire stabilità ad esempio prevedendo l’intervento
delle autorità monetarie nel mercato dei cambi con utilizzo di riserve
valutarie al fine di equilibrare l’opposta tendenza di mercato oppure
definendo l’adozione di politiche economiche interne ad esempio di
deflazione qualora l’evoluzione del tasso di cambio dovesse provocare delle
perdite di competitività. Un ordine monetario si distingue quindi per il peso
attribuito all’aggiustamento ottenuto con politiche interne e per il grado di
libertà concesso nell’uso di strumenti di controllo sul flusso degli scambi
commerciali e sui movimenti dei capitali in sostituzione a manovre di
riequilibrio sui cambi. Di rilevanza poi la questione delle modalità previste
per il finanziamento dei disavanzi della bilancia dei pagamenti. A questo
14
riguardo si distinguerà tra ordine monetario a seconda che prevedano o
meno meccanismi di finanziamento dei paesi che incorrono in disequilibri
della bilancia dei pagamenti. Tipicamente tali meccanismi prevedono una
concessione delle facoltà di accesso a linee di credito derivanti da accordi di
fido intercorsi tra banche centrali ovvero un incremento di istituzioni
sovranazionali costituite a tale scopo che raccolgono fondi dalle diverse
autorità monetarie e che successivamente concedono prestiti in valuta.
2.4 TIPO DI ANCORAGGIO E NORME DI
CONVERSIONE
Qualora l’ordine monetario si caratterizzi per una politica di cambi fissi o a
variabilità limitata deve essere specificato il sistema di ancoraggio fra le
diverse valute. A questo proposito storicamente si sono verificate le
seguenti situazioni:
1. Ancoraggio a un bene reale: in cui ogni banca centrale garantisce la
convertibilità (sia esterna che interna
4
) ad un prezzo stabilito tra la
valuta nazionale e un bene di riferimento, tipicamente l’oro; in questo
modo veniva anche automaticamente definita la griglia dei tassi di
cambio bilaterali delle diverse valute (era questo il regime vigente nel
Gold Standard).
2. Ancoraggio ad una valuta: in cui il prezzo delle diverse valute nazionali
veniva fissato in riferimento non già ad un bene reale bensì ad un’altra
valuta, la quale poteva a sua volta essere o meno convertibile con l’oro o
con altro bene di riferimento (durante il regime del Gold Exchange
Standard ad esempio la valuta a cui venivano ancorate le altre era il
dollaro che a sua volta era ancorato all’oro).
4
Per una definizione di convertibilità si veda più sotto in questa sezione.
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3. Ancoraggio ad un paniere di valute: come avviene nello SME dove le
diverse valute sono vincolate fra di loro, in seguito a una definizione del
prezzo per ciascuna di esse di una valuta-paniere di riferimento.
La scelta del sistema di ancoraggio sottende diverse convinzioni in merito
alle modalità secondo le quali attuare le politiche monetarie interne in
particolare modo con riguardo al grado di autonomia con cui esse devono
essere condotte. In un sistema come quello del Gold Standard con
ancoraggio all’oro, piena convertibilità e divieto di operazioni di
sterilizzazione degli effetti che gli equilibri della bilancia dei pagamenti
avevano sull’offerta della moneta all’interno di ciascun paese, nessun
valore era attribuito all’autonomia nella definizione delle politiche
monetarie interne. Diversamente a partire dagli anni trenta con il diffondersi
delle teorie keynesiane sull’importanza dell’intervento dello stato in
economia in funzione anticiclica si affermano ordini monetari che
assecondavano l’esigenza espressa dagli stati di poter sintonizzare la
politica monetaria interna in funzione delle esigenze domestiche.
Successivamente, con l’affermazione di stampo liberista, si arrivò anche a
sostenere regimi di cambio completamente flessibili nella fondamentale
convinzione che il mercato avrebbe da solo risolto ogni potenziale
squilibrio della bilancia dei pagamenti.
Passiamo quindi ad analizzare la questione del regime di convertibilità. Con
il termine di convertibilità ci si riferisce alla facoltà concessa dalle autorità
monetarie del paese in cui la moneta ha corso legale di convertire
liberamente in altra valuta o nel bene reale che funge da base per
l’ancoraggio qualsiasi disponibilità della valuta considerata. A questo
proposito si usa distinguere tra convertibilità interna ossia quella a beneficio
dei residenti e convertibilità esterna
5
ossia verso i non residenti. A sua volta
la convertibilità nei confronti dei non residenti può essere garantita solo
verso le autorità monetarie ovvero anche aziende e privati. Tipicamente la
convertibilità esterna è un prerequisito affinché la valuta possa essere