4
Per ragioni di completezza e di inquadramento culturale della materia trattata, si è ritenuto
opportuno inserire un primo capitolo puramente didattico, allo scopo di fornire le nozioni
fondamentali di cultura generale in tema d’intelligence e di “fare chiarezza” riguardo ad
alcuni aspetti dell’attività d’intelligence che possono risultare poco conosciuti o che,
peggio, una certa semplificazione di stampo giornalistico ha presentato in maniera
approssimativa e distorta.
Con il secondo capitolo, invece, si è voluto fornire un inquadramento geopolitico e
geostrategico del contesto di riferimento in cui l’intelligence sarà chiamata ad operare nel
XXI secolo. E’ stato posto in evidenza l’aspetto delle minaccia e delle sfide future e
futuribili che sono state poste al settore informativo, con una particolare attenzione
all’evoluzione del concetto di sicurezza, alle nuove forme di conflitto e ai possibili trend
delle cosiddette “fonti d’instabilità”.
Il terzo capitolo attiene al ripensamento dell’Intelligence in un’era di incertezza strategica,
così come definita sulla base delle analisi svolte nei capitoli precedenti. Il nucleo centrale
di tale capitolo è dato dall’esame delle ipotesi di riorganizzazione e di riforma degli
organismi d’Intelligence, nonché dall’individuazione dei fini e delle prospettive di
quest’ultimi alla luce delle nuove esigenze di conoscenza poste non solo dai tradizionali
settori istituzionali, ma anche dal settore privato e dall’opinione pubblica.
Pur con l’intento di fornire un quadro quanto più possibile generale della materia trattata,
lo studio si è volutamente soffermato sulle specifiche tendenze evolutive prospettate
nell’ambito della Comunità Intelligence più importante e più dinamica a livello mondiale,
e cioè quella degli Stati Uniti d’America. Questi ultimi, infatti, possono essere considerati
il Paese di riferimento per quanto riguarda l’analisi e le prospettive dell’Intelligence nel
XXI secolo, sia in termini squisitamente dottrinari sia, soprattutto, perché essi più di altri
hanno la possibilità di impiegare risorse a livello globale e multidisciplinare.
Alla specifica situazione dell’Intelligence italiana, tuttavia, è stato dedicato l’intero quarto
capitolo.
E’ indubbio, infatti, che l’importanza assunta dall’Intelligence nel nostro Paese è andata
crescendo sempre di più nel corso di questi ultimi anni e, nonostante la politica ancora
stenti nel valorizzarne e nel legittimarne esplicitamente l’importanza (anche con interventi
di tipo normativo) e l’opinione pubblica nutra nei loro riguardi una certa diffidenza a causa
del ruolo poco chiaro avuto nell’ambito di vicende molto tristi della storia recente, oggi i
Servizi d’Informazione e Sicurezza possono essere considerati uno dei principali strumenti
5
di garanzia della sicurezza collettiva e di tutela dell’interesse nazionale, in un contesto di
sempre maggiore impegno dell’Italia in Europa e nel mondo.
Peraltro, le prospettive di riforma e di adeguamento alle esigenze del XXI secolo
dell’Intelligence italiana, sono state valutate nell’ambito della più generale valorizzazione
della “cultura dell’Intelligence” che sta formandosi nel nostro Paese e della indiscutibile
necessità di apertura e trasparenza con cui anche i nostri Servizi d’Informazione devono
confrontarsi
1
.
1
Nel testo si è tenuto debito conto del disegno di legge n. 1513, presentato dal governo Berlusconi e
approvato dal Senato il 7 maggio 2003 e attualmente in discussione alla Camera dei Deputati per completare
l’iter parlamentare, volto a modificare ed integrare la legge n. 801/77 recante istituzione ed ordinamento dei
Servizi per l’Informazione e la Sicurezza e disciplina del Segreto di Stato. Tale ddl rappresenta l’ultima, in
ordine cronologico, proposta di riforma dei Servizi d’Intelligence italiani.
6
PREFAZIONE
Lo spionaggio ha accompagnato la storia dell’uomo fin dalle sue origini, in quanto
strumento di conoscenza e di scoperta, nonché di difesa e protezione d’informazioni e
conoscenze vitali.
Peraltro, l’arte dello spionaggio ha rappresentato uno dei principali strumenti di progresso
dell’uomo, almeno da quando la naturale esigenza di socialità, che è caratteristica propria
del genere umano, è stata temperata e limitata dall’inevitabile necessità di mantenere
segrete determinate conoscenze o informazioni a scopo di controllo sociale e di dominio, o
comunque per scopi più generici di tipo politico, economico e sociale. Seppur con forme e
modi differenti a seconda delle diverse epoche storiche, lo scopo ultimo di qualsiasi attività
di tipo spionistico, o meglio d’intelligence, è stato sempre e solo uno: conoscere i segreti
altrui e proteggere i propri dall’altrui conoscenza.
E’ evidente che il raggiungimento di un obiettivo di tale portata non possa essere ottenuto
attraverso modalità d’azione sempre e solo “leali” ed “etiche”, ed è per questo che il
mondo delle spie nel corso della storia ha significato arte (e talvolta anche scienza)
dell’intossicazione, dell’infiltrazione, della manipolazione, del doppio, triplo e anche
quadruplo gioco, del tradimento, della creazione del verosimile che si trasforma in reale e
del vero che non è verificabile, della capacità di persuasione che fa leva sugli istinti più
bassi dell’animo umano.
La parola “spia”, anche dal punto di vista etimologico
2
, riporta alla mente l’utilizzo di
qualsiasi mezzo, per il raggiungimento dei fini prefissati, e comunque mantiene
un’accezione e una valenza fortemente negativa. Eppure nell’immaginario collettivo
contemporaneo, il mondo dello spionaggio è per lo più avvolto da un alone di
romanticismo e di eroismo, nonché da una notevole efficienza.
Alcuni grandi nomi del passato più o meno recente, come l’eroico Thomas Edward
Lawrence (meglio noto come Lawrence d’Arabia), l’affascinante Mata Hari (al secolo
Margaretha Geertruida Zelle McLeod), oppure il camaleontico Kim Philby (cioè Harold
Adrian Russel Philby), vengono ricordati e idolatrati come personaggi “positivi”, spinti
nelle loro azioni e nella loro attività di spie non tanto dal desiderio di ricchezza e di potere,
2
Cfr. Preto P., Le parole dello spionaggio, in “Per Aspera ad Veritatem”, n. 6, settembre – dicembre 1996,
pp. 27 – 28.
7
bensì da una sorta di “grande visione del mondo” al di là degli schieramenti ideologici
costituiti.
Per non parlare poi del mitico James Bond
3
, ovvero la spia per antonomasia, almeno nella
sua trasposizione cinematografica e romanzata. Egli rappresenta il volto affascinante e
affabile dell’intelligence occidentale, e allo stesso tempo la grande capacità tecnica e
tecnologica al servizio del “Grande Gioco”. Sicuramente un personaggio del genere non
rispecchia la realtà dell’intelligence occidentale contemporanea, ma è indubbia l’influenza
che esso ha avuto nel sedimentare nelle coscienze dei cittadini di vaste aree del mondo
l’immagine della superiorità occidentale nel campo dell’intelligence.
Probabilmente il fatto che i romanzi di James Bond e i film che lo vedono come
protagonista abbiano un fortissimo seguito di pubblico confermano la bontà di una tale
operazione di marketing aziendale che comunque, e seppur con le dovute cautele, ha
permesso ai Servizi Segreti atlantici di presentarsi agli occhi del mondo con un’immagine
di veri e propri eroi al servizio del mondo libero e della libertà, sempre all’avanguardia
nello sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche e nell’impiego di futuristici gadget in grado
di incrementare in maniera esponenziale le capacità umane.
Sarebbe, tuttavia, un errore confondere una tale rappresentazione della realtà
dell’intelligence con la realtà vera e propria, la quale è notevolmente diversa da tutto
quanto proposto come “vero” ma che, in ultima analisi, è soltanto il prodotto di un
fenomeno culturale e di costume.
In altre parole, l’attività d’intelligence non si sviluppa attraverso le intuizioni e le capacità
di un uomo solo, seppur altamente motivato e addestrato, ma è il risultato di un serio
lavoro d’analisi e di cooperazione di più individui, spesso persone comuni, ben lontane
dall’immagine bondiana e più vicine a quella dell’uomo qualunque, che passa inosservato,
che non affascina e non intriga.
L’operatore d’intelligence nel mondo attuale è un abile professionista che ha ricevuto una
formazione di altissimo livello, che possiede una vasta conoscenza in settori specifici
d’analisi, che si avvale di strumenti informatici e tecnici per raccogliere e discriminare
informazioni, che le elabora e le processa con rigore scientifico e capacità di collegare
insieme persone, luoghi e accadimenti di natura spesso diversa e apparentemente senza
3
Ricordiamo che il “papà” di questo personaggio è lo scrittore inglese Ian Fleming, a sua volta già spia al
servizio di Sua Maestà nelle fila del Centro Informazioni della Marina britannica (Naval Intelligence
Departement - NID) durante il secondo conflitto mondiale.
8
alcuna correlazione, che è capace di espandere le possibilità di conoscenza e di previsione
di determinati fenomeni.
E’ su questi aspetti che si sofferma il presente elaborato, con un’attenzione particolare
all’intelligence in quanto attività complessa e strutturata, in quanto organizzazione
burocratica (con i vantaggi e i limiti che ne conseguono), in quanto strumento
indispensabile per garantire la sicurezza degli Stati.
La cultura dell’intelligence che vuole essere valorizzata e proposta, pertanto, non è fatta di
“barbe finte”
4
e di attività clandestine su modello dei romanzi di John Le Carrè piuttosto
che di Robert Ludlum
5
, ma si inserisce nel contesto di una riflessione più ampia sulla
natura e la funzione dei Servizi Speciali nel passaggio ad un’era d’incertezza strategica, di
ripensamento del concetto di sicurezza nazionale, di globalizzazione sempre più
accentuata, di competitività tra Stati e tra organizzazioni private ancora più evidente
rispetto al passato.
4
Questo termine, oggi decisamente fuori moda, veniva utilizzato dai vertici dei Servizi di Sicurezza italiani
per indicare gli operatori delle squadre d’azione, cioè degli agenti operativi. Cfr. Boatti G., Enciclopedia
delle spie, Rizzoli, Milano, 1989, p. 60.
5
Entrambi sono annoverati tra i più famosi scrittori di spy story del mondo contemporaneo.
9
1. COS’E’ L’INTELLIGENCE?
1.1 Definizione di Intelligence al di là dei luoghi comuni
Definire compiutamente il termine intelligence è il primo, indifferibile passo per
circoscrivere e inquadrare la materia nel contesto socio-politico e istituzionale moderno.
Capita sempre più spesso, infatti, di imbattersi in un uso impreciso – se non in un vero e
proprio abuso – di suddetto vocabolo e, cosa ancor più grave, il più delle volte i primi a
trovarsi in difficoltà nell’attribuirgli un corretto significato sono proprio coloro i quali
dovrebbero averne maggiore dimestichezza, ovvero giornalisti, politici, militari,
imprenditori, professori universitari.
Questa scarsa attenzione all’accezione del termine, ha contribuito a ingenerare
nell’opinione pubblica una pericolosa confusione per cui con la parola intelligence si è
soliti riferirsi ai cosiddetti “servizi segreti”
6
o, peggio, a un intero mondo fatto di spie, di
inganni, di scarsa moralità e di burattinai intenti a imbastire le trame di intrighi e di
pericolosi giochi di potere.
Restituiamo, quindi, alla parola il significato semantico che più gli è proprio, cominciando
dall’analisi della sua origine etimologica di “legare assieme”, di “vedere tra le cose e
leggere tra le righe”
7
. Come già questa prima definizione ci suggerisce, la capacità di
intelligence non risiede nel possesso di un particolare dato o informazione, bensì nella
raccolta, elaborazione, valutazione e analisi di un insieme di informazioni, rapportate ad
altre di pertinenza. Per dirla con Robert David Steele, sicuramente tra i migliori esperti di
intelligence a livello mondiale, “dobbiamo attentamente distinguere tra i dati, che sono
costituiti dal testo, il segnale o l’immagine grezza; l’informazione, che è fatta di dati di
generico interesse messi insieme; e l’Intelligence, che è costituita da informazioni fatte su
6
Scrive l’ex Presidente della Repubblica e Senatore a vita Francesco Cossiga, che “in Italia vi è una gran
confusione su che cosa sia l’intelligence, che si confonde tout court con lo spionaggio militare, mentre
l’intelligence è una cosa molto più complessa da un punto di vista dell’oggetto, delle tecniche e delle
procedure”. Cossiga F., Prefazione, in Steele R. D., Intelligence – Spie e segreti in un mondo aperto,
Rubbettino, Soveria Mannelli, 2002, p. 8.
7
Il termine intelligence (in italiano intelligenza) deriva dal latino intelligere, ovvero inter legere, cioè “legare
assieme” in senso letterale e, più in generale, da intendersi come capacità di cognizione e conoscenza.
10
misura per supportare una specifica decisione da parte di una specifica persona su una
specifica questione, in uno specifico momento e luogo”
8
.
E’ evidente come, così intesa, l’intelligence travalichi la politica, per diventare parte
integrante delle strategie d’impresa, degli operatori economici e del mondo degli affari più
in generale, nonché di qualunque settore, pubblico o privato, che necessiti di conoscere
prima di decidere con cognizione di causa
9
. In questo senso, “la cultura dell’Intelligence
non è altro che cultura della conoscenza e di come questa non solo si utilizza, ma si
crea”
10
.
In altre parole, l’Intelligence è il valore aggiunto che si è in grado di dare ad
un’informazione in modo da permettere al decisore la scelta migliore (in senso lato,
ovviamente) tra le possibili alternative.
8
Steele R. D., Intelligence – Spie e segreti in un mondo aperto, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2002, p. 284.
9
“Intelligence è un termine di difficile trasposizione nella lingua italiana, anche nel linguaggio delle spie e
delle controspie. Più facile è, invece, definire il suo opposto: semplicemente è l’ignoranza”. Boatti G., Le spie
imperfette, Rizzoli, Milano, 1987, p. 9..
10
Caligiuri M., Introduzione, in R. D. Steele, 2002, op. cit., p.12.
11
1.2 Gli elementi del processo informativo: attraverso la creazione di conoscenza
Ma come si arriva a produrre intelligence da una serie di dati grezzi o di informazioni, il
più delle volte apparentemente senza nessun legame tra loro? Si tratta di delineare lo
sviluppo delle fasi del cosiddetto “processo informativo”
11
, ovvero di quel percorso
composto da una serie di attività concettuali, organizzative ed esecutive la cui risultante è,
per l’appunto, un’informazione tempestiva, ricca di intuito e pertinente, capace di
supportare una decisione in grado di accrescere il vantaggio offerto dalle opportunità.
Nonostante la denominazione delle fasi del “processo informativo” cambi a seconda dei
servizi di intelligence dei vari Paesi
12
, le funzioni - ancorché non nominate o nominate in
maniera differente - restano e sono tutte espletate, e sono riconducibili a:
a. Pianificazione e indirizzo (Planning and direction): è la fase di definizione degli
obiettivi e/o delle esigenze. E’ una fase puramente concettuale, attraverso la quale si
evidenziano gli elementi noti e quelli ancora sconosciuti rispetto all’oggetto del nostro
interesse
13
, si manifesta la necessità di ottenere determinate informazioni e si
indirizzano la successive fasi del processo informativo. Vengono, inoltre, diramati dei
veri propri ordini esecutivi ai propri organi di ricerca sulla base della pianificazione
effettuata e degli obiettivi di informazione individuati.
11
Intelligence cycle in lingua inglese.
12
Cfr. Rapetto U. - Di Nunzio R., L’Atlante delle spie – dall’antichità al “Grande Gioco” a oggi, Rizzoli,
Milano, 2002, p. 174.
13
Si tratta di individuare gli “indizi” e di tradurre gli stessi in “obiettivi d’informazione”.
12
b. Raccolta (Collection): in questa fase si perviene alla raccolta dei dati e delle
informazioni cosiddette “grezze”, ma fondamentali per la successiva produzione
d’intelligence. Le fonti
14
sono molteplici e di varia natura, e le discipline che si
interessano del loro reperimento si possono classificare all’interno delle due macro-
aree delle “attività informative offensive” e “attività informative difensive”.
All’interno delle “attività informative offensive”, volte cioè a “realizzare interessi dello
Stato con azioni in contrasto con gli interessi di altri Stati”
15
, sono comprese la raccolta
di:
Informazioni da fonte umana (Human Intelligence o HUMINT), che fanno
riferimento “all’insieme di tutte le informazioni che è possibile ottenere dalle fonti
umane, dalle persone “che sanno”, dai soggetti in carne e ossa che sono a
conoscenza di questo o quel fatto di interesse istituzionale, politico, militare o
commerciale”
16
. Chiaramente, il raggio d’azione delle fonti HUMINT è enorme, e
comprende un’ampia gamma di attività che spaziano dal monitoraggio e
osservazione diretti, all’utilizzo di informatori, agenti segreti e spie. Generalmente
lo strumento umano genera minori quantitativi di informazioni rispetto agli
strumenti tecnici ma, in compenso, spesso fornisce quelle più delicate e decisive in
grado di svelare i piani, le intenzioni e l’atteggiamento degli avversari
17
.
Informazioni dalle emissioni elettromagnetiche (Signal Intelligence o SIGINT),
risultanti dalla raccolta, localizzazione, valutazione, analisi e fusione delle
emissioni elettromagnetiche intercettate e comprende:
14
Con il termine “fonte” si definisce una “persona o cosa (documenti e/o materiali) da cui si ottiene
l’informazione”. Una fonte può essere:
controllata: vale a dire che può essere attivata per fornire risposta a specifiche domande;
non controllata: in quanto fornisce informazioni ma su di essa non può essere esercitato alcun controllo.
Questa categoria include, per esempio, quotidiani, riviste, radio/tv giornali e mappe;
aperta: ovvero un tipo di fonte non controllata che fornisce informazioni relative alle origini di
determinati eventi (“basic intelligence”) e informazioni sulla situazione in atto (“current intelligence”).
Rientrano in questo tipo di fonte, per esempio, gli interrogatori di emigrati, esuli, rifugiati e prigionieri di
guerra, nonché l’esame analitico di pubblicazioni a stampa;
coperta: per esempio documenti o materiali coperti dal segreto di Stato o tenuti di fatto nascosti
nell’ombra dei processi di ricerca scientifica e industriale;
casuale: quando un individuo fornisce spontaneamente un’informazione senza che la medesima sia stata
richiesta.
15
Cossiga F., I servizi e le attività di informazione e di controinformazione. Abecedario per principianti
politici e militari, civili e gente comune, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2002, p. 21.
16
Rapetto U. - Di Nunzio R., 2002, op. cit., p. 11.
17
Cfr. Luttwak E.- Koehl S. L., La guerra moderna, Rizzoli, Milano, 1992, p. 439.
13
- informazioni sulle comunicazioni (Communication Intelligence o COMINT),
volte all’intercettazione ed analisi
18
delle comunicazioni (sia in fonia che per lo
scambio di dati);
- informazioni elettromagnetiche (Electronic Intelligence o ELINT) ottenute
dall’intercettazione di emissioni elettromagnetiche diverse dalle comunicazioni,
quali, per esempio, radar e sistemi di guida missili, laser, congegni
all’infrarosso e qualsiasi altra apparecchiatura
19
.
Una metodologia di raccolta di tipo SIGINT “può essere di grande efficacia per il
riscontro delle informazioni acquisite con altre metodologie di intelligence”
20
, ma ha il
grande svantaggio di produrre una mole imponente di informazioni, che soltanto in
minima parte vengono elaborate ma che hanno costi rilevanti e necessità di un continuo
aggiornamento tecnologico per restare sempre al passo con l’evoluzione dei sistemi
informatici
21
.
Informazioni da immagini (Imagery Intelligence o IMINT), cioè ottenute da
rappresentazioni grafiche e/o fotografiche di aree territoriali. Dette immagini vengono
acquisite mediante sensori (fotografici, radar, optoelettronici, all’infrarosso, termici,
etc.) basati su vettori/piattaforme terrestri, navali, aeree o aerospaziali
22
. Grazie alle
piattaforme tecnologiche di ultima generazione, l’informazione pervenuta da immagini
è chiara, concisa e in gran parte inequivocabile, ma il più delle volte è utilizzata per
dare supporto o conferma a intelligence derivante da altre fonti.
Informazioni ottenute attraverso l’analisi quantitativa e qualitativa di dati derivanti da
sensori di vario tipo (Measurement and Signature Intelligence o MASINT). I dati
oggetto dell’analisi MASINT possono essere metrici, spaziali, lunghezze d’onda,
modulazioni, plasma e idromagnetici. Una volta raccolti, questi dati vengono comparati
con quelli presenti in un data base di dati scientifici e tecnici noti, allo scopo di isolare
le caratteristiche associate con la fonte emittente o trasmittente per facilitarne
l’identificazione.
18
Inclusa la decrittazione dei messaggi in codice.
19
Dalla comparazione delle informazioni riguardanti i parametri dell’emissione intercettata con le indicazioni
custodite nei database delle agenzie preposte all’intercettazione, si può ricavare intelligence riguardante le
apparecchiature impiegate.
20
Rapetto U. - Di Nunzio R., 2002, op. cit., p. 14.
21
Cfr. Caligiuri M., Introduzione, in R. D. Steele, 2002, op. cit., p. 43.
22
In particolar modo satelliti orbitanti.
14
E’ evidente che una fonte di questo tipo presenta dei limiti significativi rappresentati, in
primo luogo, dall’estremo tecnicismo e dalla notevole difficoltà di utilizzo delle
informazioni ricavate, e in secondo luogo, dalla notevole onerosità delle operazioni di
ricerca e scoperta, le quali richiedono un supporto professionale continuo e altamente
qualificato
23
.
Informazioni ottenute attraverso la raccolta, valutazione, analisi e interpretazione di
documentazione scientifica e tecnica (Technical Intelligence o TECHINT), allo scopo
di ricavare indicazioni utili riguardo alle capacità nel campo della ricerca di base e
applicata, nelle tecniche ingegneristiche, nei metodi produttivi, nelle armi e sistemi
d’arma dei Paesi oggetto dell’indagine.
Informazioni ottenute attraverso il ricorso a fonti aperte a carattere pubblicistico quali
giornali, riviste periodiche, trasmissioni radiotelevisive, internet e, più in generale, a
qualsiasi altro documento pubblico (Open Source Intelligence o OSINT). A tal
proposito, tuttavia, è bene operare una netta distinzione tra la cosiddetta Open Source
Information o OSIF e la OSINT di cui sopra. Infatti, la prima consiste in “grandi
quantità di informazioni multilingue e multimediali raccolte per essere ulteriormente
elaborate e analizzate”
24
, mentre la seconda integra in se quattro fasi:
- scoperta: sapere dove cercare è la priorità del processo di OSINT, tenendo
presente che “l’80% delle informazioni necessarie è disponibile on-line, anche se
non in lingua inglese”
25
;
- distinzione: ovvero “distinguere tra fonti buone e meno buone, fonti attuali e
obsolete, rilevanti e irrilevanti e, infine, tra fonti con un buon rapporto costi
benefici e fonti con costi proibitivi”
26
;
- distillazione: per sintetizzare efficacemente in uno spazio contenuto “l’essenza
della saggezza collettiva e pertinente alla decisione in oggetto”
27
;
- distribuzione: per far sì che l’intelligence prodotta giunga agli utenti finali con
rapidità e in un formato facilmente comprensibile.
23
Cfr. Rapetto U. - Di Nunzio R., 2002, op. cit., pp. 16-17.
24
Steele R. D., 2002, op. cit., p. 192.
25
Ivi, p. 193. E’ importante rilevare come l’esigenza di traduzione possa seriamente rallentare il passaggio
alle successive fasi di analisi e utilizzo delle informazioni reperite.
26
Ibid.
27
Ibid.
15
Nonostante l’OSINT sia riconosciuta come “il primo, indispensabile organo di
conoscenza in caso di crisi”
28
, attualmente è una delle discipline più trascurate, dato
che “gli analisti sono costretti a dedicarvi tempi residuali e impegnarsi quasi
volontariamente nella lettura e nella partecipazione a conferenze e convegni”
29
.
Un’ulteriore fonte di intelligence, propria delle attività informative “difensive”
30
, è il
controspionaggio (Counter Intelligence o COUNTINT). Questo tipo di fonte ha lo
scopo prioritario di conoscere e “penetrare” nell’attività informativa avversaria,
acquisendone la conoscenza dei suoi obiettivi, della sua organizzazione e delle sue
modalità d’azione
31
.
Figura 1 - Le sette principali fonti dell’Intelligence
28
Ibid.
29
Caligiuri M., Introduzione, in R. D. Steele, 2002, op. cit., p. 26.
30
Volta cioè a “prevenire e reprimere l’attività informative offensive dell’avversario”. Luttwak E. - Koehl S.
L., 1992, op. cit., 93.
31
Cfr. Cossiga F., 2002, op. cit., pp. 29-31.