8
Laddove però il piano di azionariato dei dipendenti si è saldato con
l’avvio di politiche più partecipative i risultati ottenuti, in termini di crescita della
produttività, sono stati molto significativi.
L’intera questione dei piani di Stock Option deve però essere affrontata
con una buona dose di pragmatismo e di cautela, considerata l’elevata componen-
te di rischio insita in queste operazioni. Il lavoratore che diventa azionista accetta,
infatti, il rischio di legare alla sorte dell’impresa non solo il destino del proprio
reddito immediato, ma anche una quota del proprio risparmio e quindi del suo
reddito futuro.
Lo sviluppo delle forme di azionariato dei dipendenti sta conoscendo in
questi anni un interessante processo di diffusione.
Originariamente la distribuzione di azioni a prezzi agevolati era limitata
ad un nucleo ristretto di imprese, soprattutto multinazionali. Tali operazioni erano
riservate in via pressoché esclusiva al management dell’impresa. Con l’avvio del
processo di privatizzazione, i piani di azionariato ai dipendenti si sono moltiplicati
anche in Italia, coinvolgendo l’intera collettività dei lavoratori dell’impresa offe-
rente.
I temi di questa tesi sono stati svolti con tre obiettivi primari:
1. costruire un quadro sufficientemente ampio e articolato per illustrare le carat-
teristiche, il funzionamento e la normativa dei piano di Stock Option combi-
nando contributi multidisciplinari di economia e gestione delle imprese, di or-
ganizzazione e di diritto;
2. verificare la possibilità di adottare piani di Stock Option da parte delle società
a responsabilità limitata;
3. illustrare la diffusione dei piani di Stock Option in Italia utilizzando i risultati
di ricerche empiriche realizzate a partire dagli anni Ottanta.
9
Nella prima parte vengono presentate le fasi e gli adempimenti procedu-
rali necessari per l’approvazione di un piano di Stock Option ponendo l’attenzione
sulle variabili che lo caratterizzano. Sono inoltre contenute indicazioni circa
un'imposizione di tipo contingency della progettazione delle remunerazioni dei
dipendenti in quanto non è solo possibile, ma è anche necessario configurare in
modi differenti le remunerazioni dei lavoratori secondo le circostanze.
Vengono inoltre presentati le diverse finalità e i molteplici benefici che
spingono, rispettivamente, le imprese a adottare un piano di Stock Option e i
dipendenti a diventare sottoscrittori del piano. Va però ricordato che, oltre ai
numerosi vantaggi, i piani di Stock Option comportano rischi e hanno limiti che
possono spingere l’impresa a preferire altre tipologie di piani di incentivazione
azionaria.
Il termine Stock Option individua nel nostro Paese diversi schemi giuri-
dici ed operativi, dei quali solo alcuni - e sotto certe condizioni – sono compatibili
con un vero e proprio piano di Stock Option.
Le osservazioni sulla normativa civilistica, fatte nella seconda parte, sono
volte, in primo luogo, a richiamare le norme generali e speciali che attengono
all’attribuzione di incentivi azionari ai propri dipendenti, in secondo luogo a
valutare il grado di compatibilità delle norme suddette con meccanismi di Stock
Option in senso stretto ed infine a verificare se tali norme possono essere applica-
te, oltre che alle società per azioni, anche alle società a responsabilità limitata.
Il richiamo delle norme evidenzia un quadro in certa misura ancora non
definito, sia per ciò che attiene alle norme civilistiche, sia per ciò che riguarda gli
aspetti fiscali. Premettiamo, tuttavia, che tale quadro è caratterizzato da un proces-
so di evoluzione che, in relazione a taluni aspetti, è tuttora in corsa.
Nella seconda parte vengono inoltre presentate le novità apportate alla
disciplina tributaria. Le scelte del legislatore tributario in materia di assegnazione
di opzioni ai dipendenti si sono rivelate decisive al fine di dare un definitivo
impulso anche in Italia all’adozione dei piani di Stock Option. Infatti, nonostante
il generico favore del legislatore costituzionale (artt. 46 e 47 Cost.), in Italia lo
10
strumento delle Stock Option aveva avuto una limitata diffusione, in particolare
per i dubbi interpretativi legati al trattamento fiscale. Negli ultimi tempi, invece, i
piani di Stock Option sono stati oggetto di una significata riscoperta, sull’onda
delle nuove favorevoli disposizioni previdenziali e tributarie (D.lgs. 2 settembre
1997, n. 314).
Nel dicembre 1999, tuttavia, il legislatore è nuovamente intervenuto a
correggere la materia con disposizioni restrittive, attraverso il decreto legislativo
23 dicembre 1999 n. 505 e le conseguenti modifiche al Testo Unico delle Imposte
sui redditi (D.P.R. n. 917 del 22 dicembre 1986). Più recentemente, con il collega-
to fiscale del dicembre 2000, le agevolazioni previste per l’assegnazione di piani
azionari ai dipendenti diventano accessibili anche agli amministratori di società, i
sindaci e, più in generale, per tutti coloro che hanno rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa, anche se con un vincolo: alle Stock Option avranno
accesso solo quei collaboratori che non possono ricondurre l’attività nell’ambito
della collaborazione abituale.
Un’indubbia attenzione nei confronti del fenomeno delle Stock Option è
stata, inoltre, dimostrata sia dalla Consob sia dall’Unione Europea.
La realizzazione di un piano di incentivazione ai dipendenti pone la ne-
cessità di verificare se la stessa realizzi o meno una forma di sollecitazione al
pubblico risparmio, alla quale si ricollegano specifici obblighi di informativa nei
confronti della Consob.
La normativa attuativa del Testo Unico dell’Intermediazione Finanziaria
individua e disciplina espressamente le ipotesi che costituiscono sollecitazione al
pubblico risparmio, individuando altresì i casi in cui, invece, non trova applica-
zione la normativa in materia di sollecitazione e nei quali, quindi, vengono meno
gli obblighi di informativa alla Consob.
Le Stock Option, in quanto strumenti relativamente nuovi, non sempre
vengono considerati positivamente, per tale motivo è molto importante che il
modo in cui vengono impiegate sia il più possibile trasparente. L’informazione è,
infatti, elemento essenziale dei mercati finanziari maturi, sopratutto quando si ha a
che fare con strumenti sufficientemente recenti.
11
In caso, quindi, di società che fanno appello al mercato dei capitali e sol-
lecitano perciò intorno a sé interessi diffusi, il ricorso allo strumento delle Stock
Option deve acquisire trasparenza ed essere portato in modo idoneo a conoscenza
sia degli azionisti sia del pubblico in generale.
Il dibattito sulle Stock Option e, più in generale, sulla partecipazione fi-
nanziaria si è recentemente intensificata anche in Europa.
L’adozione di regimi di partecipazione finanziaria dei lavoratori dipen-
denti è fortemente influenzata dall’esistenza di politiche governative favorevoli.
In alcuni casi gli Stati membri dispongono già di un quadro giuridico chiaro e
dettagliato, molto spesso combinato a benefici finanziari destinati a rendere questi
regimi ancora più allettanti. Vi sono paesi, come la Gran Bretagna e la Francia, in
cui la creazione di tale ambiente favorevole si è svolta con la collaborazione delle
parti sociali. In altri – ad esempio in Italia, in Germania e in Spagna – il sostegno
pubblico alla partecipazione finanziaria si limita per lo più a specifiche misure
d’incentivo o ad appelli alle parti sociali affinché ne facciano un tema da trattare
in sede di accordi collettivi.
Per aumentare la partecipazione finanziaria dei lavoratori ai profitti e ai
risultati delle imprese in Europa, è importante che gli Stati membri continuino a
intensificare gli sforzi per garantire un ambiente giuridico e fiscale favorevole,
tenendo conto delle norme del trattato sugli aiuti finanziari e le politiche comuni-
tarie in materia di concorrenza fiscale dannosa.
Per tali motivi la Commissione Europea è intervenuta con una serie di i-
niziative volte a:
• sensibilizzare sui benefici e sulle possibilità della partecipazione finanziaria;
• migliorare l’informazione sulle politiche e sui regimi esistenti;
• realizzare quadri giuridici e fiscali adeguati;
• istituire e sviluppare reti.
Nella terza e ultima parte vengono forniti i dati in merito alla diffusione
dei piani di Stock Option in Italia a partire dagli anni Ottanta sino alla fine degli
anni Novanta.
12
L’esperienza italiana è ancora relativamente breve; la diffusione dei piani
di Stock Option è stata fortemente spinta, in tempi molto recenti da:
- il trattamento fiscale molto favorevole;
- il codice di autodisciplina della borsa italiana in materia di corporate go-
vernance.
È importante riflettere sui possibili significati dei piani di Stock Option
in un contesto economico e culturale come quello italiano, così profondamente
differente rispetto al contesto americano. I piani di Stock Option veri e propri
sono tipici delle public company anglosassoni, nelle quali esiste una sostanziale
separazione tra proprietà e management; in Italia non esiste nessuna impresa per
la quale sia immediatamente individuabile un nucleo (variamente configurato) di
azionisti di controllo stabili e che, quindi, sia assimilabile a una public company.
Diventa, quindi, importante approfondire il grado di diffusione e le carat-
teristiche tecniche dei piani di Stock Option progettati dalle imprese italiane.
Ai fini di una valutazione più globale della potenzialità di diffusione fu-
tura anche in Italia, appare infine utile analizzare quale sia lo stato attuale, in
termini di diffusione e di motivazione, del panorama a livello internazionale.
13
PARTE PRIMA
GENERALITA’
14
CAPITOLO 1 - DEFINIZIONE
Con l’espressione Stock Option Plans, di derivazione anglosassone, si pos-
sono designare le operazioni aziendali con le quali una società provvede ad attri-
buire ai propri dipendenti la titolarità di diritti di opzione, affinché i lavoratori
beneficiari dei diritti assegnati partecipino al capitale di rischio della società e
partecipino così direttamente alle sorti e al rischio dell’impresa alla quale appar-
tengono.
Mediante le Stock Option si concede il diritto (option) ad acquistare un
certo numero di azioni, ad un prezzo determinato (exercise o strike price) ed entro
un certo intervallo temporale. Queste opzioni concesse al dipendente sono tecni-
camente assimilabili alle opzioni call di tipo americano
1
.
Alla pari degli altri tipi di opzione, le Stock Option hanno un valore che
può essere suddiviso in due componenti: il valore intrinseco (intrinsic value) e il
valore temporale (time value)
2
. Il valore intrinseco è pari alla differenza tra il
prezzo di esercizio e il valore corrente del titolo sottostante l’opzione. L’opzione
si dice in the money, se il prezzo di esercizio dell’opzione è inferiore al valore di
mercato del titolo e ciò comporta che il valore intrinseco sia positivo
3
. Viceversa
l’opzione si dice at the money o out the money, se il prezzo di esercizio
dell’opzione è pari o superiore al valore del titolo e ciò comporta che il valore
intrinseco dell’opzione sia nullo.
Anche in presenza di un valore intrinseco nullo, le opzioni mantengono,
prima della scadenza, un valore positivo a causa del valore temporale.
Questa seconda componente del valore di un’opzione è determinata dalla
probabilità che il prezzo del titolo sottostante possa raggiungere valori superiori a
quello del prezzo di esercizio prima della fine del periodo di vita dell’opzione. Il
1
Le opzioni di tipo europeo si differenziano da quelle di tipo americano perché possono essere
esercitate solamente in un giorno preciso.
2
Hull J.C. (2002), Options, futures and other Derivatives.
3
Ad esempio, se il prezzo di esercizio dell’opzione call è pari a 90 euro e il valore dell’azione è
pari a 100 euro, il valore intrinseco è pari a 10 euro.
15
time value è funzione – precisamente inversa – del decorrere del tempo, in quanto,
avvicinandosi alla scadenza dell’opzione diminuiscono le probabilità che il titolo
possa ulteriormente apprezzarsi sul mercato. Tale valore dipende quindi sia dalla
lunghezza dell’orizzonte temporale che manca alla fine del periodo di esercizio
sia dalla variabilità che caratterizza il prezzo del titolo azionario.
Si supponga, a fini esemplificativi, che sullo stesso titolo, avente valore di
mercato pari a 105, siano state emesse tre opzioni call, aventi stesso prezzo di
esercizio, pari a 100, ma diversa scadenza:
PREZZO DI VALORE DI SCADENZA INTRINSIC TIME
VALORE TOTA-
LE
ESERCIZIO MERCATO DEL TITOLO VALUE VALUE DELL'OPZIONE
100 105 31/03/03 5 1 6
100 105 31/05/03 5 1,4 6,4
100 105 31/10/03 5 2,4 7,4
La stima del valore delle opzioni nell’ultimo giorno in cui esse sono
esercitabili è immediata, poiché in tale momento il valore coincide con il valore
intrinseco del titolo. La stima del valore delle opzioni durante la loro vita presente
tuttavia qualche complessità di calcolo che può essere risolta facendo ricorso ad
alcuni modelli matematici, il più famoso dei quali è il cosiddetto metodo di Black
& Scholes, elaborato nei primi anni Settanta da due importanti studiosi americani
(Fisher Black e Myron Scholes
4
).
Nonostante alcune ipotesi alla base del modello siano state oggetto di criti-
che, esso rappresenta ancora oggi il più autorevole punto di riferimento per quanto
riguarda i metodi di valutazione delle opzioni.
L’assunto fondamentale del modello risiede nell’affermazione che
l’opzione costituisce un contratto privo di rischio per l’acquirente. Più precisa-
4
Rispettivamente facenti capo, accademicamente, alla Graduate School of Business, University of
Chicago ed alla Sloan School of Management, Massachusetts Institute of Technology.
16
mente, gli Autori ritengono che sia sempre possibile coprire il rischio generato
dall’investimento in opzioni attraverso l’adozione di strategie di hedging, vale a
dire costruendo un portafoglio di opzioni ed azioni sottostanti e cambiandone
continuamente la composizione.
5
Trascurando qualsiasi considerazione critica, deriviamo, da tale assunto, il
fondamento logico di tutto il modello Black & Scholes, vale a dire che, trattandosi
di un investimento privo di rischio, in un mercato efficiente il rendimento prodot-
to da un’opzione non può essere superiore a quello degli investimenti senza ri-
schio aventi pari durata. In altri termini, il valore dell’opzione coincide con quello
del portafoglio alternativo che, riproducendone gli effetti, ne annienta i relativi
rischi.
Da tale assunto discendono alcune implicazioni che vengono indicati come
gli assunti particolari del modello:
• il tasso di interesse applicato nei calcoli finanziari, accolti nella formula,
equivale al rendimento degli investimenti senza rischio aventi scadenza
pari a quella dell’opzione; la sua misura resta invariata per tutta la durata
dell’operazione;
• la distribuzione dei valori del titolo sottostante è di tipo log-normale, vale
a dire che equivale ad una distribuzione normale applicata, anziché ai va-
lori oggetto di analisi, ai loro logaritmi;
• la volatilità del titolo, misurata dalla varianza
6
, è costante;
• sul titolo non vengono pagati i dividendi;
• l’opzione non può essere esercitata prima della scadenza;
• non esistono costi transazionali, per cui è possibile compiere continue
operazioni per adeguare il proprio portafoglio alle mutate condizioni di
rischio, senza incorrere in abnormi livelli di commissioni ed altre spese;
5
Meo C. (2000), “I Piani di Stock Option: aspetti gestionali, valutativi e contabili”, CEDAM.
6
Somma dei prodotti delle deviazioni dal valore medio, moltiplicate per le relative probabilità.
17
• eventuali tasse sulle operazioni in questione si applicano in pari misura
su tutti gli operatori, pertanto l’operazione si considera fiscalmente neu-
tra;
• non esistono limitazioni per la vendita allo scoperto dei titoli.
Se tali assunzioni sono verificate, è allora possibile creare, in qualsiasi
momento, un portafoglio di investimenti che abbatti i rischi connessi all’opzione
posseduta. Il valore dell’opzione, avente le caratteristiche sopra indicate, è espres-
so dalla seguente formula
7
:
W = X e^-qt N(d) – C e^-rt N(d’)
Dove:
W valore dell'opzione
X prezzo del titolo sottostante all'epoca della valutazione
C prezzo di esercizio dell'opzione
q dividendo atteso, espresso percentualmente sul valore del titolo
t tempo mancante alla scadenza dell'opzione
r tasso degli investimenti senza rischio
e^-rt ed e^-qt fattori di attualizzazione continua, per un tempo pari a t
N(d) ed N(d') funzioni probabilistiche denominate di normale distribuzione cumulativa,
applicate ai logaritmi delle grandezze. Esse misurano la probabilità che
il valore del titolo si mantenga superiore al prezzo di esercizio dell'opzione
Sulla base della formula presentata, il valore dell’opzione è uguale alla
differenza tra valore corrente del titolo sottostante (attualizzato ad un tasso pari
al dividendo atteso) e prezzo di esercizio (attualizzato in base ad un tasso rappre-
sentativo degli investimenti senza rischio); entrambe le grandezze sono inoltre
moltiplicate per la probabilità che il valore del titolo sia superiore al prezzo di
esercizio
8
.
7
La formula presentata è quella risultante dalle successive integrazioni del modello originale
elaborato da Black e da Scholes.
8
Meo C. (2000), “I Piani di Stock Option: aspetti gestionali, valutativi e contabili”, CEDAM.
18
CAPITOLO 2 - CARATTERISTICHE
2.1 ASPETTI PROCEDURALI
Esaminiamo ora quali sono le fasi e gli adempimenti procedurali necessari
per l’approvazione di un piano di azionariato indirizzato ai lavoratori dipendenti
9
.
La predisposizione del piano – La predisposizione del piano con la definizione
delle sue condizioni, contenuti e modalità di attuazione è curata dagli amministra-
tori o dal Consiglio di Amministrazione, che può costituire al suo interno un
apposito comitato incaricato di eseguire tutte le analisi e stime ritenute necessarie
per la redazione del piano e di raccogliere, inoltre, tutte le informazioni sulla
probabilità di successo del piano tra i dipendenti e sugli effetti positivi dello stesso
per la gestione e lo sviluppo dell’impresa.
L’informazione da assicurare ai dipendenti – Accade frequentemente che la logica
incentivante implicita in un piano di Stock Option non venga compresa facilmente
dai destinatari, soprattutto quando il piano è rivolto indistintamente a tutti i dipen-
denti. Appare quindi essenziale, o quantomeno opportuno, per l’efficace esecu-
zione del piano assicurare un’informazione adeguata ai lavoratori che ne sono i
destinatari. Una chiara e trasparente informazione può, infatti, accrescere le pro-
babilità di un buon esito dell’operazione.
Nessun riferimento esplicito a un onere di informazione si riviene nella nostra
normativa per le azioni non quotate, mentre per le azioni quotate nei mercati
regolamentari devono essere osservate le regole generali contenute nel Testo
Unico in materia di intermediazione finanziaria (D.Lgs. del 24 febbraio 1998, n°
58) in tema di sollecitazione del pubblico risparmio, che esigono una dettagliata
informativa tanto all’organo di vigilanza (Consob), quanto al pubblico dei rispar-
miatori.
10
9
Andreani G. (2002), “Fringe Benefit e Stock Option”, EGEA.
10
L’argomento verrà approfondito nel capitolo 9.
19
Fase deliberativa del piano – A conclusione delle fasi di predisposizione e di
pubblicità del piano, interviene la vera e propria fase deliberativa dello stesso.
È al tal fine necessaria una deliberazione ad hoc degli organi societari competenti
che autorizzi l’emissione delle opzioni e determini le condizioni essenziali di
attuazione del piano.
11
In particolare la delibera deve stabilire:
• I destinatari dell’offerta – L’individuazione dei destinatari del piano im-
pone di verificare quali siano all’interno dell’azienda le figure in grado di
influenzarne concretamente le performance e, quindi, il valore. Ciò vale
ovviamente sia in senso positivo, inteso come capacità di accrescere il va-
lore attraverso l’impegno, sia in senso negativo, inteso come capacità di
distruggere valore attraverso comportamenti opportunistici o rassegnando
le dimissioni. Il piano deve pertanto in primo luogo interessare il
management, con particolare attenzione alle posizioni chiave, e può quin-
di essere esteso gradualmente ai livelli inferiori fino ad interessare, al li-
mite, tutti i dipendenti
12
. Al fine di accrescere il potere fidelizzante del
piano è possibile escludere o anche sospendere dallo stesso i dipendenti
che, pur ricoprendo posizioni proprie dei destinatari del piano, non hanno
ancora raggiunto un prestabilito livello di anzianità in azienda (service pe-
riod)
13
;
• Il numero di opzioni da assegnare ai dipendenti – La quantità di opzioni
assegnate determina il potenziale guadagno del dipendente derivante dal
piano di Stock Option. Tale variabile assume quindi grande importanza in
sede di progettazione del piano. La decisione in merito al numero di op-
zioni da assegnare ai dipendenti deve considerare almeno due aspetti: il
11
Nella seconda parte saranno presentate le norme riguardanti l’organo competente
all’approvazione del piano.
12
Va per altro osservato che la complessità dello strumento ed il suo elevato profilo di rischio può
risultare poco gradito ai livelli inferiori per i quali forse è più opportuno ed anche più frequente il
ricorso ad emissioni azionarie riservate a prezzi di particolare favore.
13
Bertinetti G. “Stock option. Opportunità ed effetti collaterali”, rivista Milanese di economia,
INTERSABCI – LATERZA, luglio – dicembre 2000.
20
massimo ammontare di diluizione che gli azionisti sono disposti a soppor-
tare o il massimo onere che la società intende sostenere per l’effetto del
piano e l’ammontare minimo del compenso variabile necessario per in-
centivare nei dipendenti una maggiore attenzione verso la creazione del
valore. Per quanto concerne il primo aspetto, le imprese devono conside-
rare attentamente le conseguenze che il piano può avere in termini di di-
luizione del capitale, nel caso in cui faccia ricorso all’emissione di nuove
azioni, o di onere a carico della società, nel caso in cui l’azienda proceda
all’acquisizione di azioni proprie sul mercato e alla successiva cessione ai
dipendenti. In particolare, il problema della diluizione assume rilevanza
quando l’azionista di maggioranza dell’impresa rischia, per effetto
dell’introduzione del piano di Stock Option, di perdere il controllo della
società oppure quando il volume di opzioni emesse e non ancora esercita-
te è molto elevato rispetto al numero di azioni dell’impresa già in circola-
zione (overhang). Per quanto riguarda il tema dell’incentivazione, il com-
penso che i dipendenti possono percepire per effetto del piano di Stock
Option deve essere consistente soprattutto nel caso in cui si desideri in-
centivare un comportamento teso alla creazione del valore o si voglia le-
gare stabilmente il dipendente all’impresa. Pur non essendo possibile di-
stinguere con precisione il confine che si pone tra un compenso che è ri-
tenuto incentivante e uno che non lo è, l’entità dell’incentivo collegato a
un piano di Stock Option è pari solitamente a qualche annualità e in alcu-
ni casi può raggiungere cifre anche molto elevate
14
.
La scelta in merito alla quantità di opzioni da assegnare ai dipendenti pre-
senta qualche complessità poiché si devono conciliare alcune esigenze
non sempre compatibili tra loro. Il numero delle opzioni deve essere ten-
denzialmente proporzionale alla rilevanza attribuibile a ciascun destinata-
rio rispetto alle finalità perseguite. Alcuni aggiustamenti sono talvolta
possibili, se non addirittura auspicabili, per evitare l’insorgere di spiace-
voli contrasti fra dipendenti di pari livello gerarchico. Una possibile solu-
zione rispetto a quest’ultimo problema risiede nell’attribuire a ciascun de-
14
Carberry E. (2000), The Stock Option Book, Oakland, NCEO.
21
stinatario precisi obiettivi di performance, per poi graduare il numero di
opzioni da assegnare in base allo scostamento verificato rispetto
all’obiettivo
15
.
• La durata del periodo di vesting – Tra la data di assegnazione delle op-
zioni a quella di esercizio delle stesse si colloca temporaneamente il co-
siddetto periodo di vesting, in cui le opzioni non possono essere esercita-
te. La lunghezza del periodo di vesting o di maturazione delle opzioni è
condizionata dalla finalità del piano: se l’intento è quello di ricompensare
i dipendenti per la performance aziendale conseguita in passato, il periodo
di esercizio può coincidere con quello di assegnazione delle opzioni; se
viceversa l’azienda desidera legare l’incentivo alla performance aziendale
futura o alla permanenza del prestatore di lavoro in azienda, il periodo di
vesting può durare anche qualche anno.
Il periodo di vesting può essere unico per tutte le opzioni, se tutte le op-
zioni sono esercitabili a partire da una certa data (cliff vesting), oppure
può riguardare una stessa percentuale di opzioni ogni anno (straight ve-
sting) o una percentuale che aumenta ogni anno (step vesting) oppure an-
cora può legare il diritto di esercizio delle opzioni al raggiungimento di
alcuni obiettivi aziendali (performance vesting). La prima alternativa è
preferibile quando si assegnano opzioni una tantum a tutti i prestatori di
lavoro, viceversa le altre presentano indubbi vantaggi quando si desidera
incentivare il miglioramento della performance nel lungo periodo e la
permanenza del lavoratore in azienda.
• La durata del periodo di esercizio – Ogni piano deve stabilire l’inizio e la
fine del periodo o dei periodi di tempo in cui è possibile esercitare il dirit-
to di opzione. Solitamente tale periodo è pari a tre o cinque anni, con pun-
te massime che raggiungono i dieci anni.
15
Al riguardo si veda A. RAPPAPORT, New Thinking on How to link Executive Paid with per-
formance, “Harvard Business Review”, n.2, 1999.