denominato mobber, ai danni di un soggetto
(prevalentemente singolo) denominato mobbizzato.
Nella cultura anglosassone il fenomeno del mobbing, però è
più conosciuto col termine di bossing, termine con il quale si
indica la pratica vessatoria messa in atto dalla direzione di
un'impresa per indurre alle dimissioni i dipendenti
indesiderati. Altrettanto diffuso è il termine bullying (quando la
pratica vessatoria è messa in atto da un capo ed assume i
caratteri tipici dell'abuso di potere)
1
.
In Europa i primi studi relativi alle vessazioni sul lavoro, e alle
loro conseguenze, sono abbastanza recenti e si devono allo
psicologo del lavoro Heinz Leymann, un tedesco emigrato in
Svezia alla fine degli anni '80; ed è appunto in questi anni che
egli divulga i risultati delle sue ricerche, e formula le sue
teorie, sulle conseguenze psico-fisiche a carico di soggetti
sottoposti a vessazioni e violenze psicologiche da parte dei
superiori e/o dei colleghi di lavoro.
Soprattutto nei paesi scandinavi e in quelli di cultura
germanica, le tesi di Leymann si sono diffuse rapidamente. I
risultati degli ulteriori approfonditi studi e quelli delle analisi
sulle vittime di questi fenomeni hanno portato all'intensificarsi
di prese di posizione e di iniziative sia ad opera delle
organizzazioni dei lavoratori che ad opera delle istituzioni
governative.
In Svezia, ad es., il mobbing è considerato una pratica
socialmente dannosa perseguibile penalmente
2
ed in
Germania i danni provocati da questo fenomeno rientrano tra
le malattie professionali; in questo paese, inoltre, le strutture
sanitarie di base (le AOK) offrono cure e assistenza alle sue
vittime.
Sempre in Germania, infine, gli studi sulle pratiche vessatorie
sono molto avanzati ed è qui che oggi si possono trovare i
maggiori esperti di violenze psicologiche sui luoghi di lavoro
3
.
Anche in Italia, seppure si sia partiti in ritardo, si parla sempre
più spesso del fenomeno delle vessazioni e delle violenze
psicologiche sui luoghi di lavoro: gli articoli sui quotidiani e sui
periodici sono frequenti, sono stati editi i primi libri sul
mobbing
4
, si sono tenuti i primi convegni
5
e sono stati aperti
1
A. Ascenzi - G. L. Bergagio, Il Mobbing sociale come strumento per combatterlo, Torino,
2000, p. 14.
2
H. Ege, Il mobbing in Italia, Bologna, 1997, p. 6.
3
H. Ege, op. cit., p. 7.
4
La Pitagora Editrice di Bologna vi ha dedicato un'intera collana nella quale si trovano tre
opere di H. Ege: Che cos'è il terrore psicologico sul posto di lavoro, 1996; Il Mobbing in
numerosi siti Internet. Varie sono le iniziative a sostegno
delle vittime di questo fenomeno da parte dei sindacati; sono
state fondate delle associazioni tra cui citiamo: PRIMA
(Associazione Italiana contro Mobbing e Stress Psicosociale)
e M.I.M.A (Movimento Italiano Mobbizzati Associati); sono
state presentati alcuni disegni di legge a tutela delle vittime
delle vessazioni e violenze psicologiche sui luoghi di lavoro
6
.
Anche la dottrina comincia ad interessarsi del problema
7
e da
ultimo anche la giurisprudenza ha riconosciuto e sanzionato
8
il fenomeno del mobbing.
L'importanza e l'attenzione che vengono date oggi ai
problemi legati alle vessazioni e violenze psicologiche a
danno dei lavoratori deriva, probabilmente, sia da una più
matura e consapevole attenzione dedicata oggi alla salute
psico-fisica dei lavoratori, sia dal rilevante impatto economico
Italia. Introduzione al Mobbing culturale, 1997; I numeri del Mobbing. Interviste e questionari
a più di 300 Vittime, 1999; ancora: H. Ege - M. Lancioni, Stress e Mobbing, Bologna, 1998; P.
G. Monateri - M. Bona - U. Oliva, Mobbing - Vessazioni sul lavoro, Milano, 2000; M.
Meucci, Danni da mobbing e loro risarcibilità, Roma, 2002.
5
Tra gli altri: Mobbing, dalla molestia alla persecuzione sul luogo di lavoro, Genova, 3
Dicembre 1999; Mobbing, Un fenomeno anche italiano, Roma, 8 Febbraio 2000; Mobbing, un
caso italiano: la palazzina LAF di Taranto, 20 Marzo 2000.
6
Su questo punto vedi oltre.
7
Tra gli altri: V. Matto, Il Mobbing fra danno alla persona e lesioni del patrimonio
professionale, Dir. Rel. Ind., 4/1999, p. 491 e seg.; P. Tullini, Mobbing e rapporto di lavoro;
Riv. It. Dir. Lav., 1/2000, p. 251 e seg.; P. Denari, La responsabilità diretta e personale nel
danno da mobbing, Lav. e Prev. Oggi, 1/2000, p. 5 e seg.
8
Tribunale di Torino, 16 Novembre 1999, Erriquez c. Ergom Materie Plastiche e, ancora,
Tribunale di Torino, 30 Dicembre 1999, Stomeo c. Ziliani S.p.A.
negativo che il fenomeno del mobbing ha sulle imprese dove
esso è presente.
Si stima che in Europa le persone che soffrono le
conseguenze dei questo fenomeno siano circa 12 milioni così
ripartiti
9
:
Gran Bretagna 16,3 %
Svezia 10, 2 %
Francia 9, 9 %
Irlanda 9,4 %
Germania 7,3 %
Spagna 5,5 %
Belgio 4,8 %
Grecia 4,7 %
Italia 4,2 %.
Il lusinghiero dato italiano, però, non deve consolare in
quanto potrebbe essere falsato da due elementi; il primo
deriva dal fatto che le ricerche finora svolte riguardano
prevalentemente ambiti ristretti per lo più alla pubblica
amministrazione e, quindi, escludono i dati relativi al settore
privato; molti lavoratori, poi, non sapendo di poter essere
tutelati non denunciano ai sindacati o alle organizzazioni
sorte a loro tutela le vessazioni subite e, quindi, non rientrano
nelle statistiche.
Questi dati sono drammatici se si pensa al fatto che queste
persone trascorrono la loro vita lavorativa in un ambiente
dove vengono continuamente sottoposte a vessazioni e
violenze psicologiche che procurano loro delle vere e proprie
lesioni psico-fisiche quando non le spingono addirittura al
suicidio: si stima che in Svizzera il 10% dei casi di suicidio
possano essere collegati alle violenze morali mentre in
Svezia questa percentuale sale al 15 %
10
.
Da un punto di vista della salute psichica le principali
conseguenze sono lo stress, l’ansia, la depressione, la
frustrazione, la perdita della stima in sé stessi. Altrettanto
gravi sono i disturbi fisici che insorgono in seguito al grave
disagio psichico di cui sopra: asma bronchiale, ulcere,
vertigini, cefalee, palpitazioni, disturbi del sonno, carenza di
interessi sessuali, calo delle difese immunitarie
11
.
9
Riportato in A. Ascenzi – G. L. Bergagio, op. cit., p. 11 e tratto da International Crime
(Victim) Survey, 1996, aggiornato al 18 Agosto 1998 da KMK (ILO News).
10
A. Ascenzi-G. L. Bergagio, op. cit., p. 8.
11
A. Gilioli – R. Gilioli, Cattivi capi, cattivi colleghi. Come difendersi dal mobbing e dal
nuovo capitalismo selvaggio, Milano, 2000, pag. 11.
Un altro aspetto cruciale delle persecuzioni sul lavoro è
costituito dal coinvolgimento della famiglia della vittima.
Quando una persona è in crisi, soprattutto nelle culture
mediterranee come quella italiana, cerca aiuto e conforto
all’interno della propria famiglia; la vittima delle vessazioni,
quindi, sfogherà in famiglia la sua rabbia, la sua
insoddisfazione e la sua depressione cercandovi, nello
stesso tempo, aiuto e consolazione. Questa situazione non
costituirebbe una situazione anomala se fosse di breve
durata ma, come si vedrà meglio oltre, il mobbing è un
fenomeno che si protrae nel tempo, anche per lunghi mesi o
anni; dopo la fase iniziale, quindi, la famiglia non riesce più a
svolgere quella iniziale funzione di ammortizzatore ed entra
in crisi anch’essa, cessando di sostenere la vittima e
cominciando a proteggere se stessa e, se è il caso, anche a
contrattaccare. È questa la cosiddetta situazione di “doppio
mobbing” che non fa che aggravare la situazione di crisi della
vittima
12
.
A ricevere un danno dalle pratiche vessatorie, però, non è
solo il lavoratore ma sono anche le imprese. Anche se non è
12
H. Ege, Il mobbing in Italia, op. cit. , pag. 97 e seg.
certamente facile stimare quanto costi ad un'azienda un
lavoratore sottoposto a violenza psicologica, in Germania è
stato tentato un calcolo: tra i 50 ed i 150 milioni di Lire l'anno
per scarso profitto, assenze per malattia, errori dovuti allo
stress psicofisico
13
. Secondo l’Istituto superiore per la
prevenzione e la sicurezza del lavoro (Ispesl) il rendimento di
un lavoratore che subisce violenze psicologiche sul lavoro è
inferiore del 70 % con un conseguente costo aziendale del
180 % in più; si calcola, infine, che in Europa il costo
complessivo subito dalle imprese a causa di questo
fenomeno sia di circa 20 miliardi di euro
14
.
Sarà forse anche per questi motivi economici che la società
Volkswagen ha stipulato con il sindacato un accordo teso a
scoraggiare e combattere il mobbing
15
.
Nel CCNL dei metalmeccanici italiani del 8 Giugno 1999,
invece, all'articolo 18 si precisa genericamente solo che: "i
rapporti tra i lavoratori, a tutti i livelli di responsabilità,
saranno improntati a reciproca correttezza ed educazione”.
13
A. Gilioli - R. Gilioli, op. cit., p. 25.
14
Il Sole 24 ore, 21 Ottobre 2002, Quanto “costa” un‘angheria.
15
A. Gilioli - R. Gilioli, op. cit., p. 27.
Sempre in ambito italiano è invece diverso l'approccio di altri
CCNL tra i quali quello degli Enti Locali del 9 Ottobre 2003
che prevede delle sanzioni disciplinari contro: a)
comportamenti minacciosi, gravemente ingiuriosi calunniosi o
diffamatori nei confronti di altri dipendenti o degli utenti o di
terzi; b) atti, comportamenti o molestie, anche di carattere
sessuale, lesivi della dignità della persona.
Non mancano, all'opposto, anche i sostenitori delle pratiche
vessatorie. Tra questi troviamo Francesco Merlo che sul
settimanale Sette (nr. 47 del 26 Novembre 1998) scrive:
"L'ultima trovata della filosofia buonista è il mobbing …..
Benché sgradevole, stressante, doloroso e maleodorante il
mobbing è anche uno straordinario strumento di selezione,
l'ordalia medievale che rende forti e seleziona i migliori".
1.2 L'accentuarsi del fenomeno delle vessazioni
All'origine dell'intensificarsi delle pratiche vessatorie,
soprattutto di quelle tra colleghi (il cosiddetto mobbing
orizzontale), si possono individuare delle cause sia endogene
che esogene rispetto all'ambiente di lavoro in cui avvengono.
Tra le cause legate all'ambiente di lavoro in senso lato
possiamo senz'altro annoverare una tendenza
all'affievolimento delle garanzie del lavoratore in nome di una
maggiore flessibilità e produttività aziendale. Questa
situazione non ha solo effetti deleteri sui rapporti
interpersonali all'interno dell'azienda, ma si ripercuote
negativamente anche all'interno delle tradizionali istituzioni
sociali. Secondo alcuni la deregolamentazione del mercato
del lavoro, a favore di una maggiore mobilità, è anche alla
base della frantumazione della famiglia americana e
dell'aumento del tasso di divorzi.
16
In un'organizzazione del lavoro che tende a premiare il più
bravo, il più efficiente, il più flessibile e ad espellere invece
coloro che non possiedono tali qualità, è normale che ci si
rassegni a subire le vessazioni o a praticarle pur di non
essere licenziati o emarginati
17
.
Questi fenomeni sono poi particolarmente accentuati nei casi
di ristrutturazioni o fusioni aziendali che richiedono fuoriuscite
di personale in esubero. Una delle ragioni di queste manovre,
infatti, è proprio la riduzione del numero di addetti a
vantaggio di una maggiore competitività. In situazioni del
genere è frequente che le procedure per la riduzione di
personale tendano ad aggirare le norme poste a tutela dei
lavoratori e che, quindi, si pratichino delle azioni di mobbing o
direttamente da parte dell'azienda o da parte degli stessi
lavoratori che, pur di mantenere il posto di lavoro, non
esitano a mettere in difficoltà altri colleghi. In Italia è noto il
caso dell'ILVA di Taranto dove nel 1997, con l’arrivo della
nuova proprietà (con Emilio Riva presidente del consiglio di
amministrazione), un gruppo di dodici lavoratori, diventati
successivamente settanta, venne trasferito in una palazzina
fatiscente e priva di impianti di lavorazione (la cosiddetta
Palazzina Laf); il trasferimento di questi lavoratori avvenne in
16
J. Gray, Alba bugiarda, Milano 1998, p. 133 e seg.
17
A. Gilioli - R. Gilioli, op. cit., p. 19.
seguito al loro rifiuto della proposta aziendale di lavorare con
qualifiche e mansioni inferiori a quelle da loro
precedentemente svolte
18
.
Altra causa strettamente legata all'organizzazione del lavoro
è il cosiddetto surmenage, ossia l'attribuzione da parte del
datore ad un dipendente di carichi di lavoro troppo gravosi
per quantità o qualità. Situazioni di questo genere (si pensi a
turni lavorativi di 10 o 12 ore giornaliere) portano a delle
situazioni psicofisiche di stress che, a loro volta, possono
sfociare, oltre che in malattia, anche in aggressività nei
confronti di coloro che circondano il soggetto (famiglia e
colleghi di lavoro). Questa pratica è utilizzata soprattutto per
contestare al lavoratore la sua incapacità a svolgere i compiti
assegnatigli e, quindi, demansionarlo o estrometterlo
dall’azienda.
Tra i fattori esterni all'ambiente di lavoro che contribuiscono
all'affermarsi dei fenomeni vessatori e di violenza psicologica
troviamo, invece, dei fenomeni psicologici di branco (inteso in
senso etologico): da un lato un soggetto emergente che fa il
prepotente, dall'altro la sua vittima (solitamente il più debole
18
A. Ascenzi-G. L. Bergagio, op. cit., p. 28.
del gruppo) ed infine il branco che asseconda il soggetto forte
(il cosiddetto bullismo)
19
. Una manifestazione analoga si può
riscontrare nel cosiddetto nonnismo dell'ambiente militare.
Tra le cause dei fenomeni vessatori, infine, possiamo trovare
anche fattori prettamente culturali quali il sessismo e il
razzismo vero e proprio; in pratica, per riallacciarsi alle
logiche del branco, si tende ad escludere da un gruppo (in
questo caso l'ambiente di lavoro in senso stretto) chi è in
qualche modo diverso da quelli più forti e/o numerosi.
Questi fattori culturali rispecchiano in qualche modo le teorie
del darwinismo sociale, secondo le quali in una competizione,
è il soggetto più forte a sopravvivere; il luogo di lavoro viene
quindi visto e vissuto come un'arena dove la fonte del potere
e della legittimazione sono la forza fisica, l'abuso, l'angheria a
danno dei più deboli e/o di coloro che invece si attengono alle
regole (giuridiche e sociali) prestabilite
20
.
Una precisazione è d'obbligo: le molestie sessuali, come si
vedrà meglio in seguito, non vanno confuse col mobbing;
generalmente con le prime si vuole ottenere qualcosa dalla
19
La Stampa, 31 Maggio 2001, “A scuola la legge del capobranco”.
20
F. Merlo, settimanale Sette, 26 Novembre 1998, n. 47.
vittima e l'attore fa di tutto affinché essa non si allontani (ad
es. promettendo avanzamenti di carriera); con le azioni
vessatorie, al contrario, si vuole creare un danno diretto e
immediato alla vittima o mediante la sua emarginazione o col
suo allontanamento dal posto di lavoro
21
.
Il dibattito attorno alle vessazioni, infine, sembra abbia preso
in qualche modo il posto di quello sulle discriminazioni
politiche; questo fenomeno potrebbe anche essere dovuto
all'attenuazione delle contrapposizioni politico-sindacali.
21
H. Ege, op. cit., p. 91.
1.3 I comportamenti vessatori
Prima di analizzare nel dettaglio i comportamenti vessatori, è
necessario premettere che non può essere fornito un
dettagliato elenco esaustivo, ma solo delle categorie di
comportamenti.
Le vessazioni, infatti, per loro natura variano da caso a caso
in relazione alle personalità dei soggetti interessati,
dell'ambiente di lavoro coinvolto, della strategia attuata,
ecc… Insomma si può quasi affermare che non esiste un
caso reale uguale ad un altro. Questi comportamenti, però, si
possono tipizzare; è questa, appunto, l'operazione compiuta
da Heinz Leymann il quale ha elaborato un modello teorico
(LIPT = Leymann Inventory of Psycological Terrorism) dove
sono elencati ben quarantacinque comportamenti
22
tipici delle
azioni vessatorie e delle violenze psicologiche messe in atto
da colleghi o da superiori verso la vittima del mobbing,
comportamenti riportati nella seguente tabella:
22
A. Ascenzi - G.L. Bergagio, op. cit., p. 31-33.