5
Questi cambiamenti provocano una ridefinizione totale della
professione del giornalista e della stessa struttura del giornale.
Nel secondo capitolo, infatti, si spiega come sono avvenuti questi
cambiamenti e quali novità hanno portato nel settore dell’editoria e
dell’informazione. Il giornalismo e i nuovi linguaggi giornalistici,
tuttavia, non arrestano la loro espansione e continuano a cercare
altri sviluppi.
Il fenomeno del giornalismo on line è un fenomeno, almeno in
Italia, abbastanza recente, ma malgrado ciò questo non ha
impedito che il suo linguaggio trovasse nuove strade da battere e
sperimentare, quale appunto quella dei blog.
Segue un posizionamento di questa nuova forma di
comunicazione; si prova a capire come nascono e come si
sviluppano, chi li usa, per cosa e quanto sono diffusi tra il popolo
della rete.
Ciò che risalta immediatamente è l’alone di libertà di
espressione che traspare dalle righe di questi diari di bordo,
libertà che ben si associa alla tanto aspirata e agognata libertà di
stampa. Infatti, uno degli usi più frequenti e più rilevanti è proprio
quello di un mezzo alternativo di informazione.
I blog ben si addicono agli ulteriori sviluppi dei linguaggi
giornalistici (anticipati qualche anno prima dalla messa in rete dei
quotidiani), sviluppi che provocano una vera e propria rivoluzione.
L’incontro con l’informazione fa sì che nasca il cosiddetto personal
journalism, un giornalismo fatto dai singoli utenti per i singoli
utenti, una forma che inizia ad essere apprezzata anche dai
giornalisti professionisti, che cercano nuovi spazi per potersi
esprimere in modo più libero e per avere un immediato riscontro
con i loro lettori (soprattutto quando si deve parlare d’argomenti
un po’ “spinosi” quali sono stati gli avvenimenti dell’11 settembre e
la seconda guerra del Golfo).
Naturalmente con i blog cambia di nuovo l’entourage
informativo: i canoni, le notizie e i lettori.
Un’attenta osservazione del fenomeno ha fatto scaturire
un’analisi di tre tipologie diverse di blog che si professano blog di
informazione: “Inquestomondodisquali”, “Libertà di Stampa” e
“Giornalari si nasce”, numero esiguo di blog, in ogni caso
rappresentativo. L’analisi è svolta secondo una griglia di lettura
delle pagine web, le cui voci tendono ad evidenziare soprattutto i
nuovi linguaggi di scrittura e personalizzazione, i contenuti e, cosa
importante, il feedback con i lettori (in termini di visite e
interazione).
6
Infine si proveranno a trarre delle conclusioni e dei profili di
sviluppo di questo fenomeno, che è ancora, malgrado la forte
diffusione, un punto interrogativo.
7
CAPITOLO PRIMO: INTERNET E
GIORNALISMO ON LINE: UN PO’ DI STORIA
Il fenomeno del giornalismo on line nasce negli Stati Uniti, ed
ha come precursori il video, tele e audio text; risale agli anni
Ottanta, anni di ristagno di vendite per i tanti quotidiani che
affollavano il panorama della stampa americana. Ma gli anni
Ottanta sono anche anni d’intense ricerche tecnologiche che
portano alla ribalta nuovi strumenti di fruizione dell’informazione.
Nel 1985 nasce “Gateway”, il primo servizio videotext lanciato
dal gruppo Times Mirror e, benché promettesse grandi cose, alla
fine fu costretto ad interrompere il servizio dopo solo un anno:
furono soltanto 2.000 gli americani che sottoscrissero un
abbonamento.
In quel periodo si cercarono strade alternative, anche perché
l’America si trovava di fronte ad un forte calo delle vendite dei
quotidiani e ad un aumento parallelo del costo della carta.
Ci si affidò, così, ad una nuova tecnologia: il teletext, attraverso
il quale le notizie raggiungevano gli utenti attraverso lo schermo
della televisione. Questa tecnologia era già attiva dagli anni
Settanta; la sua prima applicazione pubblica la fece Prestel, una
società britannica, seguita dalla francese Minitel. Benché durò più
del videotext, anche questa tecnologia finì col risentire dei costi
troppo alti, di una scarsa attrattiva estetica e della totale
mancanza d’interattività. Tuttavia non si rinunciava e si andava
avanti con le ricerche; l’idea di un’informazione giornalistica
all’interno di un contenuto telematico rimase sempre presente tra
gli “addetti ai lavori”.
I primi servizi commerciali on line, come l’antesignana AOL
1
,
già tentavano di inserire nel loro bouquet di contenuti anche
qualche proposta giornalistica. C’è da ricordare, in ogni modo, che
erano questi i primi tentativi di un accesso più esteso alla rete.
Bisogna aspettare il 1992, anno di svolta riguardo
all’alfabetizzazione informatica americana, per vedere una
maggiore familiarizzazione con il computer e, di conseguenza,
con Internet.
1
Acronimo per America On Line.
8
Tutti questi avvenimenti segnarono il superamento del legame
carta-parola stampata, per imboccare in modo definitivo la via
dell’elettronica.
Ormai la “mediamorfosi”
2
era in atto; il giornale elettronico era
sempre più una realtà evidente per milioni d’americani.
Tra il 1993 e il 1994, in America, furono lanciate in rete oltre
trenta testate (quasi tutte linkabili da AOL).
Ciò che risalta agli occhi non è tanto la possibilità di poter
“sfogliare” il giornale utilizzando un altro supporto, quanto
piuttosto le grandi migliorie informative che si sono avute a livello
di qualità e quantità d’informazione. Al lettore-utente si offre
concretamente un altro giornale, che può fungere da supplemento
integrativo all’edizione cartacea. Questa volta sembra funzionare,
il giornalismo on line sembra avere adesso tutte le carte in regola
per decollare.
Ma cose è cambiato nel frattempo?
Innanzi tutto, per lo sviluppo del giornale on line, appare chiaro
come sia indispensabile possedere un computer con un modem
collegato, e negli Stati Uniti c’è una percentuale altissima di
famiglie che lo possiedono in casa, così da poter supportare e,
nello stesso tempo, provocare la rapida diffusione del fenomeno.
Ma a parte il possesso di un modem e di un computer,
l’elemento che ha più favorito la calata nel cyberspazio
dell’editoria, è stato l’avvento del World Wide Web.
2
Per “mediamorfosi” è da intendere la «[…] dipendenza sul piano evolutivo delle
nuove forme dalle precedenti; dell’ininterrotto processo di adattamento di ogni forma
mediale alle trasformazioni che coevolvono nello stesso ambiente; della diffusione dei
tratti originari, che caratterizzano il dominio mediale, attraverso nuovi codici che
consentano maggiori possibilità di sopravvivenza sul piano evolutivo» in R. Filder,
Mediamorphosis. Understanding New Media, Pine Forge Press, Thousand Oaks Cal;
trad. It. a cura di R. Andò, A. Marinelli, Mediamorfosi, Guerini e Associati, Milano
2000, p.125.
9
1.1 La nascita del WWW
La storia di Internet è una storia che inizia nei lontani anni
Quaranta. A ridosso della fine del secondo conflitto mondiale
l’America sentì l’esigenza di investire su un nuovo tipo di
“energia”: l’informazione.
Il progetto Memex
Risalgono al 1945 le teorizzazioni di Vannevar Bush
3
il quale, studiando
i congegni in grado di meccanizzare la conoscenza scritta
4
, riuscì a
teorizzare il Memex
5
, una macchina capace di memorizzare, ordinare
ed elaborare informazioni secondo criteri reticolari. Bush sosteneva
che, nel catalogare e ordinare i contenuti, l’uomo procedeva non
secondo un ordine sequenziale, bensì secondo associazioni che
seguivano le capacità connettive della mente umana.
Secondo gli studiosi è proprio il Memex il progenitore del
WWW, poiché esaltava la scoperta delle similitudini “associative”
tra mente e sistemi per l’organizzazione della conoscenza. Nella
sua forma compiuta il Memex avrebbe dovuto assumere le
sembianze di un archivio tridimensionale capace di conservare
parole scritte, immagini e suoni. Benché l’invenzione fosse
notevole e spianasse la strada alla moderna multimedialità, il
progetto non fu mai attuato.
3
Vannevar Bush fu il consigliere scientifico di Theodor Roosvelt; era un ingegnere
elettronico in forza al Massachussets Institute of Thecnology (MIT).
4
È da tener presente come per quegli anni fosse altamente utopico e prematuro
parlare di digitalizzazione dei dati.
5
Il Memex era una macchina che funzionava attraverso più lettori di microfilm,
collegati tra loro, e integrati da un dispositivo capace di acquisire nuove immagini,
registrarle e mettere in associazione tra loro i fotogrammi.
In rete è presente una dimostrazione del funzionamento del Memex all’indirizzo
http://www.dynamicdiagrams.com.
10
Il progetto Xanadu
Le teorie di Bush furono riprese durante gli anni Sessanta da
Ted Nelson, un informatico, al quale si deve il termine “ipertesto”
6
.
Nelson tentò di estendere il concetto di ipertesto alla possibilità
di integrare in un percorso di lettura, non solo più testi, ma di
integrare diversi medium (oltre la scrittura). Queste teorizzazioni
trovarono il loro sviluppo nel progetto Xanadu; anche questo,
come il Memex, un progenitore più vicino del World Wide Web.
Tale progetto era nato sotto lo slogan “beyond the paper” (oltre
la carta), proprio per porre l’accento come il progetto tendesse a
proporre modelli di costruzione che andassero oltre il tradizionale
testo scritto. Infatti, ciò che propone l’ipertesto è proprio questo:
andare oltre la struttura lineare dei documenti tradizionali
esaltando le qualità espressive attraverso la composizione
associativo-reticolare.
Si può, quindi, affermare che,
[…] l’ipertesto è un metodo di composizione di un
documento che utilizza il calcolatore per ricucire fra di loro le
componenti di un’opera in una rete; la lettura di un’opera
(comunemente detta navigazione) avviene seguendo un
tragitto; il percorso è una scelta del lettore fra le alternative
offerte dell’autore e viene determinato dal calcolatore sulla
base dell’una, delle altre e di ulteriori condizioni specificate
dall’autore. […] (Pulcini 2001, p.19)
6
Il termine sta a significare un sistema per la costruzione e la lettura che non segue i
criteri lineari. Il termine, nella sua accezione moderna, si incontra la prima volta in un
articolo dello stesso Nelson,T.Nelson, A File Structure for the Complex, the Changing
and the Indeterminate, 20th National Conference, New York, Association for
Computing Machinery, 1965.
11
Gli anni Sessanta: nasce Arpanet
Nel 1966 Bob Taylor, dirigente di un ufficio dell’Advanced
Research Project Agency (ARPA), cercò di farsi approvare il
finanziamento per un progetto che avrebbe consentito la
comunicazione e lo scambio di risorse tra computer.
L’ARPA, un’agenzia del dipartimento di difesa voluto dal
presidente Eisenhower, aveva lo scopo di finanziare le ricerche in
campo tecnologico. Erano gli anni della Guerra Fredda, e
l’America voleva riscattarsi dall’essere stata anticipata dall’Unione
Sovietica col lancio della prima navicella spaziale
7
; la guerra
adesso era una lotta all’ultima novità tecnologica.
La letteratura, un po’ romanzata, a riguardo, racconta che,
essendo nata nel contesto della Guerra Fredda, Arpanet servisse
solo ed esclusivamente a scopi militari nell’eventualità di una
guerra nucleare. Ma questa storia è, per lo più, frutto di una serie
di equivoci nati dal fatto che, un collaboratore di Taylor riprese
una serie di teorizzazioni dei primi anni Sessanta di Paul Baran,
un ingegnere esperto in telecomunicazioni, dipendente di
un’azienda californiana che si occupava delle vendite di
tecnologie ai militari durante la seconda guerra mondiale.
Tra i vari progetti di quest’azienda c’era quello di creare un
sistema di telecomunicazione in grado di resistere a un eventuale
attacco nucleare.
Paul Baran, a tal proposito, si persuase che la migliore
soluzione fosse una rete distribuita su più nodi. Queste intuizioni
crearono il “progetto ARPANET”.
Il progetto prese il via nel 1969, collegando i computer dello
Stanford Research Institute e quello della University of California.
7
Il 4 ottobre 1957 l’Unione Sovietica lancia nello spazio il satellite Sputnik.
12
Il protocollo TCP/IP; la nascita di Internet
In tre anni Arpanet collegava già 37 nodi, una crescita parallela a
quella dello sviluppo di nuovi protocolli. Il primo protocollo fu il
NCP (Network Control Protocol); sulla base del NCP, in seguito,
furono creati il “File Transfer Protocol” per il trasferimento dei file e
il protocollo “Telnet” per l’emulazione di terminale, ma soprattutto i
primi sistemi di posta elettronica.
La prima grande svolta di Arpanet avvenne nel 1973 quando
Vinton Cerf e Bob Kahn svilupparono il protocollo TCP/IP per la
comunicazione base tra gli host.
Grazie a questo protocollo, il progetto Arpanet divenne
un’inter-rete, Internet appunto.
Agli inizi degli anni Ottanta la NSF (National Science
Foundation)
8
iniziò a sponsorizzare le connessioni alla rete
Arpanet dei computer delle università. Questo permise così, nel
1983, all’amministrazione militare di dividere Arpanet in due
tronconi distinti
9
: uno per il settore militare, denominato Milnet e
uno di ricerca, che continuò a chiamarsi Arpanet.
Nel 1985 la NSF costruì una nuova rete veloce, cui le università
americane potevano accedere gratuitamente: nacque NSFnet;
Arapnet, ormai obsoleta, scomparve, e si crearono tutti i
presupposti, tecnici e non, per l’avvio di Internet.
Gli anni Ottanta e Novanta
L’Internet dei primi anni Ottanta era un’Internet accademica,
dedicata quasi esclusivamente allo scambio d’informazioni tra
università. Ma da lì a poco, sarebbe diventata una rete più a
carattere globale.
Il carattere globale della rete è dovuto anche ad un’altra
grande intuizione derivata dalla tecnologia dell’ipertesto: la
nascita del World Wide Web e dei primi browser.
A Ginevra, nei laboratori del Cern, Tim Berners Lee, con lo
scopo di rendere più semplice e fluido il sistema di
comunicazione tra la comunità scientifica dei fisici, sviluppò un
sistema per pubblicare sui nodi della rete dei documenti testuali
interconnessi; nacque così il World Wide Web.
8
La NSF è un ente governativo americano preposto al finanziamento della ricerca di
base.
9
L’azione fu fatta per motivi di sicurezza.
13
Nel 1993 due dottorandi del National Center for
Supercomputing Applications (NCSA) dell’Università dell’Illinois,
svilupparono Mosaic, la prima interfaccia grafica per accedere a
questi documenti interconnessi. Grazie a queste due innovazioni
Internet ebbe uno sviluppo fulmineo, passando dalle università
agli uffici, alle aziende per approdare nelle case. Questo anche
perché, sia il WWW sia Mosaic, il primo browser per la
navigazione, rese l’uso d’Internet più semplice e immediato
anche per chi non aveva molta dimestichezza con il computer.
Per definizione, quindi, Internet è una rete telematica che
collega milioni di computer in tutto il mondo. Naturalmente il
fenomeno inizialmente è stato prerogativa soprattutto degli Stati
Uniti, passando in seguito all’Europa.
La dimensione globale della rete favorì l’entrata in gioco
dell’economia. Inizialmente il settore della tecnologia fu quel
settore che per primo investì nella “rete”: è l’avvento dei due
browser più famosi, Netscape ed Explorer; l’avvento del
monopolio della Microsoft di Bill Gates per il software e di Intel
per i processori.
I computer iniziano a diventare i regali e gli acquisti più graditi
e non soltanto in America.
Uno sviluppo così capillare si deve anche al fatto che le
interfacce di navigazione iniziano ad essere più user friendly.
Ormai i computer, e Internet soprattutto, non sono più
appannaggio degli accademici, ma grazie alle “finestre” dei
sistemi operativi (da qui il nome Windows, il sistema operativo
della Microsoft, il più utilizzato) e della relativa facilità d’uso,
diventano sempre più diffusi.
14
1.2 L’editoria incontra Internet
Tra i tanti settori del mercato che hanno scoperto come i nuovi
linguaggi della rete possono aiutarli a incrementare i rispettivi
fatturati, anche l’editoria non si è lasciata sfuggire l’occasione.
C’è da ricordare che l’editoria è un termine, in ogni modo,
definibile “termine ombrello”, nel senso che raggruppa diverse
tipologie editoriali: quindi non solo la diffusione di notizie e
informazioni a mezzo stampa, ma anche a mezzo radio e
televisione. Nella fattispecie è da intendere il mercato “editoriale”
come sinonimo di mercato dei quotidiani.
Le imprese editoriali, forti del successo dell’incontro proficuo
con l’informatica e Internet degli altri settori, hanno scommesso
sui bit. Ed è così che l’industria dei media si trova unificata sotto
l’egida del digitale. Adesso non si producono più, o meglio non
solo, giornali e libri, bensì bit.
Secondo Nicholas Negroponte, direttore del Media Lab del MIT
di Boston:
[…] l’elemento decisivo che segna la nuova era della
comunicazione è la digitalizzazione.
[…] (la digitalizzazione) consente grande velocità
[…], garantendo facilità di elaborazione senza perdere
nulla in qualità, […]. (Giovannetti 1995, p.72)
Parole che ben si addicono al discorso sul giornalismo on line,
queste di Negroponte. Infatti, i giornali di carta sono limitati da
spazio e costi di pubblicazione, ma grazie al digitale, una grande
quantità di dati può essere trasmessa in tempi molto ristretti e con
costi relativamente più bassi. Inoltre, con l’avvento della
digitalizzazione nel campo dell’editoria, il giornalismo ha fatto sì
che tutto quel materiale, che inizialmente era dichiarato non
degno di essere pubblicato, potesse essere utilizzato e in modo
anche molto semplice.
Inizialmente la rete dava solo la possibilità di diffondere via
Internet la “fotocopia” del giornale a stampa. In seguito l’edizione
elettronica ha iniziato ad assumere una propria specificità, un
modo diverso di presentare, di scrivere le notizie, ma anche di
leggerle.
15
Il 1992 è l’anno che segna l’avvio della nascita di una prima
larvata d’incontro del giornale con Internet, data che coincide con
il picco massimo del tasso d’alfabetizzazione informatica degli
americani. In quell’anno, in America, su 1570, erano tredici i
quotidiani che avevano la loro edizione on line
10
. Tutti i quotidiani
erano la trascrizione in versione digitale della rispettiva edizione
cartacea; una versione che imitava le modalità delle BBS
11
.
Come affermato in precedenza, fu il 1992 l’anno che segnò
l’avvio alle prime sperimentazioni (con il “Tribune Chicago On-
line”, nel maggio dello stesso anno). Ma fu l’anno seguente,
esattamente nell’aprile 1993, che ci si rese conto delle grandi
potenzialità che il giornalismo on line presentava, allorché Alf
Nucifora, consulente di marketing, durante l’annuale convention
d’editori di giornali a Boston dichiarò:
Se rimanete legati alla sola carta siete già estinti. O vi
adeguate a diventare fornitori di notizie, e non di giornali,
o è la vostra fine. Si illudono quegli editori che pensano
di andare avanti con le vecchie rotative e i furgoncini di
distribuzione, come se nulla fosse. (Giovannetti 1995,
p.67).
Era la prima volta che se ne parlava in termini così perentori,
tanto da non considerare più come esperimenti le edizioni on line
del “Tribune Chicago On-line” e del “Mercury Center” di San
José, ma considerarli, invece, come un nuovo modo di fare
giornalismo. Adesso i giornali presentavano ai lettori dell’edizione
on line un giornale diverso, non la trasposizione degli articoli
dell’edizione cartacea, ma un supplemento elettronico, che
fungeva da approfondimento, essendo l’edizione on line
facilmente archiviabile e di facile consultazione. La grande
innovazione, secondo gli studiosi del settore, non è tanto il
decollo del video-giornale, quanto piuttosto le novità in termini di
quantità e qualità dell’informazione trasmessa.
10
Dato rilevato da Randy Bennett, incaricato di monitorare le iniziative di nuove
tecnologie per conto della Newspaper Association of America.
11
Dal punto di visto fisico, una BBS (Bulletin Board System), è costituita da un
computer non presidiato (governato da un apposito programma) che risponde alle
chiamate esterne.
Dal punto di vista funzionale, invece, la BBS è una sorta di banca per lo scambio di
informazioni: in alcune aree si pratica lo scambio dei file di pubblico dominio, in altre lo
scambio di messaggi. I suoi inventori, Ward Christensen e Randy Suess chiamarono
Chicago Bulletin Board System (CBBS) un computer collegato ad una linea telefonica,
e questo fu il primo caso di BBS.