5
scelti in base alla tipologia dei rilevamenti da effettuare. Tale adattabilità è stata
ottenuta con l’impiego di un microcontrollore che può provvedere inoltre ad effettuare
una pre-elaborazione dei dati raccolti.
Il sistema è inoltre dotato di un datalogger che oltre alla gestione del ricevitore
GPS differenziale rende accessibile, in campo, un database (data dictionary) per la
memorizzazione degli attributi dei punti di rilevamento. I dati raccolti possono essere
trasferiti ad un PC per le successive fasi di analisi e presentazione per mezzo di un
Geographic Information System (GIS). E’ in tal modo possibile ottenere la
visualizzazione dei dati su carte topografiche digitalizzate e far uso di tecniche
avanzate per un’efficace presentazione dei dati.
Nei cap. 2 e 3 vengono illustrate le motivazioni che hanno condotto alla
impostazione e allo sviluppo del sistema costruito e provato durante lo svolgimento
della tesi. I metodi utilizzati dai sistemi globali sfruttati, quali il GPS, i vari tipi di
DGPS e i GIS vengono trattati nel cap. 4.
L’apparato sperimentale preparato ed utilizzato è descritto nel cap. 5 nella
totalità, dai componenti scelti dopo accurata analisi, quali il ricevitore DGPS e il
microcontrollore, a quelli già in uso, come il rivelatore di radiazioni.
L’accuratezza del ricevitore DGPS è stata verificata attraverso un rilievo su un
vertice passivo della rete geodetica IGM95 (Istituto Geografico Militare, anno 1995).
Il microcontrollore è stato assemblato e reso operativo. Il rivelatore di radiazioni
gamma (scintillatore plastico) è stato calibrato presso l’ENEA utilizzando un software
appositamente realizzato (cap. 6).
L’intero sistema ad eccezione del microcontrollore, costruttivamente non
pronto e sostituito nelle sue funzioni base dal datalogger del GPS è stato
collaudato nell’area del giacimento uranifero della Val Vedello (SO) (cap. 7).
Infine vengono riportati i risultati ottenuti e alcune delle possibili
evoluzioni del sistema originale (cap. 8). Data la vastità degli argomenti citati,
onde evitare equivoci di sorta, vengono fornite le principali definizioni delle
grandezze citate e chiariti i termini specifici utilizzati (cap. 9).
Il presente lavoro di tesi è stato svolto presso l’ENI div. AGIP – Istituto
Autorizzato di Radioprotezione, la cui disponibilità di risorse è risultata determinante.
6
2 Fonti di rischio radiologico
Come noto, la componente naturale è normalmente la fonte principale di
irradiazione della popolazione (in paesi come l’Italia costituisce circa il 70%
dell’irradiazione totale, stimata pari a 2.1 mSv/y) [2].
Fig. 2.1: contributi dell’irradiazione naturale all’equivalente di dose efficace medio, pro
capite, per la popolazione, in Italia (in mSv/y) [2].
Fonte Equiv. di dose eff. medio
[mSv/y]
Esterno, cosmico 0.35
Esterno, terrestre 0.61
Interno, cosmogenico 0.22
Interno, terrestre 0.90
Occorre inoltre osservare che nel caso si consideri un singolo individuo, i
contributi all’equivalente di dose efficace sono dipendenti dal luogo e dallo
stile di vita.
L’attività lavorativa, in genere, può determinare un incremento
dell’irradiazione se legata alla presenza di fonti radiogene nell’installazione
industriale o nell’impianto o nell’ambiente.
L’attuale indirizzo della protezione radiologica consiste
nell’individuazione e nell’analisi dei percorsi che legano le fonti radiogene agli
individui e nella rimozione o attenuazione delle cause di esposizione [3].
E’ questo il fine per il quale vengono svolte indagini radiometriche in
impianti di estrazione e produzione di idrocarburi (TE-NORM) e nelle aree
geografiche oggetto di ricerche e sfruttamento di giacimenti.
7
In molti casi le sorgenti di esposizione, naturali o antropiche, non
possono essere eliminate da un singolo ‘individuo/società/nazione’ bensì
conosciute, controllate e gestite.
8
2.1 TE-NORM
Nella crosta terrestre sono naturalmente distribuiti, a concentrazioni
relativamente basse, elementi come uranio e torio.
Alcuni processi industriali di estrazione e trattamento di materie prime
possono dare origine ad un indesiderato incremento della concentrazioni di
elementi radioattivi sia nei prodotti che negli scarti di lavorazione. Tali
materiali sono generalmente indicati con il termine NORM o più correttamente
TE-NORM.
Alcuni dei processi che danno origine a TE-NORM sono: la produzione di
fertilizzanti a base di fosforo [4], la produzione di alluminio [5], l’impiego di
combustibili fossili e l’estrazione di idrocarburi [1].
In quest’ultimo caso l’origine del fenomeno è la presenza di elementi
appartenenti alle serie radioattive del
238
U e del
232
Th contenuti nelle rocce serbatoi. In
particolare il radio, avendo comportamento simile a quello del calcio, dello stronzio e
del bario, può subire come questi, fenomeni di lisciviazione da parte delle acque di
giacimento ed essere trasportato in superficie nella fase di estrazione. Ciò
frequentemente produce la formazione negli impianti di incrostazioni carbonatiche e
solfatiche dovute a meccanismi di natura chimico-fisica quali variazioni di fase,
pressione, temperatura e ph.
Le anomalie radiometriche sono tipicamente dell’ordine di 1 ΠGy/h e
raggiungono al massimo i 100 ΠGy/h [6]. I problemi di natura radiologica che
sorgono in un impianto affetto dalla presenza di TE-NORM sono associati sia
all’irraggiamento esterno che a quello interno (a seguito dell’inalazione/
ingestione di materiale contaminato) e possono riguardare oltre che al
personale che vi opera, anche la popolazione.
9
2.1.1 Indagini radiometriche TE-NORM
Per il controllo del fenomeno TE-NORM in ambito industriale vengono
normalmente introdotte delle procedure operative che prevedono, oltre alla
verifica dei livelli di contaminazione dei rifiuti tecnologici e dei componenti
dell’impianto rimossi, anche la conduzione di controlli radiometrici ambientali
periodici sia degli impianti che delle zone limitrofe. Tali indagini sono
finalizzate all’individuazione precoce della tendenza alla formazione di TE-
NORM, alla stima del rischio radiologico per i lavoratori e la popolazione e
alla definizione delle modalità di conduzione di eventuali interventi di bonifica.
2.2 Alterazioni radiometriche ambientali di origine
antropica
Non sempre l’impiego di materiale radioattivo è stato condotto attuando criteri
che limitassero efficacemente i danni all’uomo e all’ambiente.
Ciò ha talvolta causato la contaminazione di aree geografiche di diversa
estensione. Le principali cause di alterazioni prodotte dall’uomo sono citate di
seguito.
10
Rilasci da impianti
Specie nei Paesi dell’Est, quali Russia, Kazakhstan, Ucraina, ecc..., sono stati
effettuati rilasci programmati e sono accaduti incidenti ad impianti nucleari che hanno
causato la dispersione nell’ambiente di quantità significative di materiali radioattivo.
La quantità e i radionuclidi rilasciati dipendono dal tipo di installazione coinvolta e
dalle cause dell’evento. Ad esempio nel caso di incidenti a reattori nucleari, tra gli
elementi di maggiore rilevanza radiologica (per es.
238
Pu,
3
H,
90
Sr,
241
Am, ecc...) vi
sono numerosi gamma emettitori (per es.
95
Nb,
131
I,
133
Xe,
137
Cs,
134
Cs, ecc…) [7].
Tra questi, sui lunghi periodi di tempo, il
137
Cs costituisce un buon indicatore di
contaminazione ambientale in quanto caratterizzato da una elevata sezione d’urto di
produzione e dall’emissione di fotoni di energia facilmente rivelabile.
Alterazioni radiometriche ambientali sono state osservate anche in aree presso
giacimenti uraniferi (con liberazione di
222
Rn e
226
Ra) o di accumuli radioattivi post-
produzione [8].
Anche in questo caso la presenza di intensi gamma emettitori tra i prodotti di
decadimento del
226
Ra consente di utilizzare la radiazione gamma quale indicatore di
contaminazione
Ricadute radioattive
Alcune delle regioni dei Paesi sopra citati sono state usate come poligoni per
test nucleari fino a tutti gli anni ‘70 e risultano tuttora contaminate. Anche in questo
caso, a seguito dei fallout, oltre a
3
H,
14
C,
90
Sr,
95
Nb,
95
Zr, ecc... la presenza di
137
Cs è
riscontrabile a distanza di anni con l’uso di rivelatori di radiazione gamma [2][9].
11
Esplosioni nucleari pacifiche
Esplosioni atomiche sotterranee sono avvenute fino a pochi anni fa, non
solo come strumenti di ricerca bellica. Sono infatti servite anche a fini civili,
come evoluzione delle normali detonazioni in cave per estrazioni minerarie o
per lo sgombero di ostacoli geografici per la costruzione di opere industriali.
Esisteva in U.R.S.S., una corrente di pensiero a riguardo [10][11]. Di
conseguenza rischi natura radiologica possono insorgere anche in aree esterne
ai poligoni noti.
2.2.1 Indagine radiometrica radioecologica
I surveys radioecologici sono svolti quando si deve valutare il rischio
radiologico per il personale impiegato in attività condotte in aree sospette. Come già
citato, esistono diverse aree geografiche soggette al rilascio di materiale radioattivo.
Esempio tipico è la ampia zona presso la centrale termonucleare di Chernobyl affetta
dal fallout del 1986. L’indagine consiste nell’identificazione delle sorgenti, nella
selezione dei radionuclidi maggiormente significativi, nelle rilevazioni effettuabili sul
posto e nel prelievo di campioni da analizzare in laboratorio.
I dati raccolti vengono utilizzati per la valutazione dei rischi e l’adozione di
eventuali azioni correttive.