effetto propulsivo al di là di ogni più rosea aspettativa e sono tuttora allo studio
altri, non meno importanti, interventi.
Il nuovo corso dell’atteggiamento normativo congiuntamente all’opera di
proletarizzazione concettuale del diportismo nautico portata avanti dalle
associazioni di categoria, pongono le basi per una ridefinizione del settore tesa,
sicuramente, al consolidamento ed al superamento dei traguardi raggiunti
all’estero ma, soprattutto, allo sviluppo del mercato interno.
Questo lavoro di tesi, dopo aver, nella prima parte, esaminato gli strumenti
teorici necessari ad un’analisi strategica, si propone di esaminare l’evoluzione
strategica che il settore della nautica da diporto sta vivendo in quest’ultimo
turbolento periodo.
Scendendo in un maggior grado di dettaglio, lo scopo principale di questa
analisi è la valutazione dell’impatto che le novità legislative recentemente
introdotte, unitamente al rinnovato concetto di nautica da diporto delineatosi,
hanno avuto sulla struttura del settore, ipotizzandone, in particolare, i probabili
mutamenti.
Il primo paragrafo del terzo capitolo analizza, in generale, il fenomeno del
diporto nautico; il secondo paragrafo, invece, ha lo scopo di delimitare i confini
dell’analisi fornendo, innanzitutto, un quadro sintetico del comparto marittimo
mondiale e, successivamente, un’idea più dettagliata dell’entità della dimensione
produttiva dell’industria marittima nazionale. Il terzo paragrafo esamina una
cospicua parte del sistema settoriale in cui è immerso il settore della nautica da
diporto, analizzando, in particolar modo, quegli aspetti che lo influenzano
maggiormente.
Il quarto capitolo analizza un segmento specifico del settore: i natanti. Nella
prima parte descrive i caratteri salienti dei cantieri nautici e delle tecniche
produttive ivi impiegate, successivamente, dopo aver analizzato le novità
introdotte dalla recente legge di rilancio del settore, la Legge n.172/2003, esamina
le strategie attuate dai cantieri nella fase antecedente la promulgazione di tale
legge ed illustra gli effetti di questa sulla segmentazione del settore. Nella parte
conclusiva fa alcune ipotesi sulla ridefinizione strategica di un micro-segmento
prima, per varie motivazioni, ignorato e sulla rinnovata competizione che avrà
presumibilmente luogo all’interno di questo.
Il quinto capitolo si occupa dell’analisi strategica di un giovane e dinamico
cantiere nautico: la RANCRAFT. Tale cantiere è stato scelto in quanto la sua
condotta strategica sembra confermare le ipotesi esposte in questo lavoro di tesi
Capitolo 1
DEFINIZIONE DI SETTORE E NOZIONI PRELIMINARI
1.1 DEFINIZIONE DI AMBIENTE ECONOMICO
Ogni impresa si trova a dover operare in un contesto generale caratterizzato
da una serie di condizioni politiche, culturali, legislative ed economiche che ne
influenzano lo sviluppo. Vi sono, infatti, dei “macro-vincoli”
1
che, in diverso
grado nei vari periodi storici, influiscono sulle scelte operative delle realtà
imprenditoriali, senza alcuna possibilità di poter essere intaccati da parte di
queste, singolarmente considerate.
2
La gestione della singola impresa è, però, più direttamente influenzata
3
da
un ambiente più specifico, definito dal susseguirsi delle diverse scelte relazionali
che la stessa pone in essere
4
. Si tratta di un ambiente di riferimento limitato
territorialmente e nella qualità degli attori da investigare, un contesto, diverso per
ciascuna impresa e rilevante ai fini delle sue decisioni, per il quale è utile
predisporre dei meccanismi di analisi.
5
Un’ulteriore disaggregazione dell’ambiente di riferimento porta ad
individuare la parte di ambiente con la quale l’impresa più direttamente
interagisce, il cosiddetto “Ambiente Competitivo”, composto da tutti gli attori
che, in vario modo e misura, contrastano l’impresa o collaborano con essa rispetto
all’insieme delle sue attività.
6
Il modo con cui verranno affrontati i
vincoli/opportunità che da questo ambiente promaneranno, decreterà il successo o
la sconfitta dell’impresa nella difficile sfida competitiva che è costretta ad
affrontare.
1
Per “macro-vincoli” s’intendono i condizionamenti che tutte le imprese subiscono per il solo
fatto di operare in un determinato ambito territoriale e sui quali non hanno alcuna diretta influenza.
L’ordinamento legislativo e il sistema socio-politico, nello status quo e nelle loro ipotetiche
evoluzioni, sono alcuni degli elementi che devono essere accuratamente valutati da ogni impresa
in ogni fase della propria esistenza.
2
Sull’argomento vedasi: G.Panati/G.M.Golinelli, Tecnica Economica Industriale e commerciale,
vol.1, NIS, Roma 1995, Cap.1
3
Il livello di dipendenza dall’ambiente può variare, anche in misura rilevante, da azienda ad
azienda, essendo strettamente riconducibile alla metodologia ed alle modalità di funzionamento
dell’azienda stessa. Sull’Argomento vedasi: A.Sinatra, Architettura Strategica dell’Impresa,
EGEA, Milano 1994, Cap.1
4
Sull’argomento vedasi: S.Sciarelli, Economia e Gestione dell’Impresa, CEDAM, Padova 1997,
Cap.2
5
E’ opportuno precisare che il rapporto impresa-ambiente si sviluppa in due direzioni,
dall’ambiente verso l’impresa e viceversa: da un lato l’ambiente influisce sulla vita dell’impresa,
presentandosi come fonte di vincoli, opportunità e minacce; dall’altra, nell’ambiente l’impresa
effettua le sue scelte, ritagliandosi il suo particolare contesto. Cfr.M.Pellicano, Sistemi di
Management, CEDAM, Padova 1994, Cap.4
6
Sull’argomento vedasi: M.Rispoli, Sviluppo dell’Impresa e Analisi Strategica, Il Mulino,
Bologna 1998, Cap.1
Le diverse variabili ambientali sono sempre state caratterizzate da un
intrinseco mutamento ma, nell’attuale periodo storico, il fenomeno presenta una
intensità mai riscontrata in passato.
7
Le innovazioni continue, che si diffondono in tempi rapidi come mai era
successo prima, contribuiscono a delineare una complessità dell’attuale contesto
che non rende più prevedibile, con un margine di probabilità accettabile, la sua
futura evoluzione.
8
“Tra le caratteristiche che più direttamente concorrono alla caratterizzazione
dello scenario competitivo, un importante ruolo è svolto dalle nuove dimensioni
spaziali del contesto di riferimento dell’azione delle imprese”.
9
Si osserva, infatti,
un fenomeno di continua dilatazione dell’ambito operativo che, varcando le
frontiere locali, si è proiettato sempre più verso una dimensione internazionale.
10
Tra le varie cause che hanno innescato questo fenomeno meritano di essere
evidenziate la crescente importanza del progresso tecnologico, la riduzione dei
costi di trasporto, il trasferimento in tempo reale delle informazioni e la
progressiva riduzione/abolizione delle barriere daziarie. Le variabili che
favoriscono questo processo dilatatorio sono numerose ma è il loro combinarsi
che può essere considerato l’effettivo propulsore del fenomeno.
Notevoli sono le opportunità che tale contesto potenzialmente offre
all’impresa. Sarà, poi, merito della stessa essere in grado di cogliere queste
opportunità e sfruttarle, trasformandole in vantaggi effettivi, ridefinendo le
proprie competenze strategiche e organizzative e adeguandole alla nuova
dimensione del mercato.
11
Anche la domanda dei beni e dei servizi ha subito una profonda evoluzione.
La maggiore disponibilità di informazioni, l’aumento dei redditi disponibili per il
consumo e la totale soddisfazione dei bisogni primari, determinano una crescente
eterogeneità nei comportamenti di consumo. I consumatori, sempre più esperti ed
esigenti, attualmente esprimono una domanda in cui la soddisfazione di un
bisogno elementare si combina con la ricerca di soluzioni a problemi in parte
indeterminati, non suscettibili di soddisfazione sulla base della sola dimensione
materiale del prodotto/servizio offerto e che implicano una dimensione
immateriale, costituita da quei valori e simboli che lo specifico prodotto/servizio
rappresenta. E’ sempre più l’elemento intangibile del prodotto a risultare decisivo
nella scelta finale operata dal consumatore.
Caratteristica peculiare dell’attuale contesto è che, alla crescente
frammentazione della domanda circa le preferenze di consumo, si affianca
l’emergere, a livello internazionale, di forti somiglianze negli stili di vita e nei
comportamenti di consumo espressi dai consumatori appartenenti a paesi diversi.
Coesistono, in altre parole, l’individualizzazione della domanda e la
7
Sull’argomento vedasi: L.Guatri, Trattato di Economia delle Aziende Industriali, EGEA, Milano
1998, Cap.2
8
Sull’Argomento vedasi: A.Siano, Strategie d’Impresa, CEDAM, Padova 1995, Parte III, Cap.1
9
Cfr. P.Carrus, Ambiente e Competitività delle Imprese, CEDAM, Padova 1998 , Cap.2
10
Sull’Argomento vedasi: L.Petix, Gestione d’Impresa e Tipici Contesti di Riferimento, CEDAM,
Padova 1998, Cap.1
11
Sull’Argomento vedasi: F.Rocchi Pellegrini, L’impresa e l’Ambiente, CEDAM, Padova 1983,
Cap.4
globalizzazione del mercato che, insieme, condizionano le strategie e l’operatività
delle imprese
12
.
Dallo scenario delineatosi emergono, quindi, nuove sfide competitive che
l’impresa potrà fronteggiare solo formulando strategie innovative in grado di
gestire l’accentuata complessità.
In questa prospettiva, il contributo del Marketing come “filosofia” di
gestione risulta essere fondamentale per fronteggiare l’attuale complessità,
addivenendo alla realizzazione di una struttura che, tenendo conto delle proprie
effettive possibilità di offerta e delle esigenze attuali e prospettiche della
domanda, sia in grado di captare quei segnali deboli che, sfuggendo ai più,
possono essere determinanti per cogliere in tempo le opportunità che l’attuale
ambiente costantemente offre.
1.2 CONCETTO DI MERCATO, SETTORE, RAGGRUPPAMENTO
STRATEGICO E CONCORRENZA
L’ambiente economico per poter essere affrontato dalle imprese, deve essere
convenzionalmente segmentato, al fine di individuare delle specifiche aree di
analisi.
Distinguiamo, a tal fine, le seguenti strutture: Mercato, Settore e
Raggruppamento Strategico.
Per Mercato si intende l’insieme dei produttori e degli acquirenti di un
determinato prodotto/servizio.
13
Il Settore, “luogo economico in cui si realizza il confronto
concorrenziale”
14
, è formato da tutte le imprese produttrici di uno stesso
prodotto/servizio.
15
Per Raggruppamento Strategico si intende quell’insieme di imprese che,
all’interno di uno specifico settore, adottano strategie simili e presentano quasi le
stesse caratteristiche strutturali
16
.
Mentre i concetti di mercato, settore e raggruppamento strategico risultano
essere teoricamente chiari e generalmente condivisi, il concetto di Concorrenza si
presta a diverse interpretazioni.
Gli economisti politici sono orientati ad osservare il ruolo della
concorrenza sulla performance complessiva di un settore, in una prospettiva che
può essere definita “macro”. In quest’ottica, la situazione di massima concorrenza
è caratterizzata da un numero elevato di piccole imprese, tutte offerenti un
identico prodotto e tutte con eguale possibilità di attingere ai fattori produttivi
esistenti. Questa situazione di massima sostituibilità tra i prodotti esistenti rende
anche i prezzi identici, vista l’immediata reazione che deriverebbe dalla domanda
12
Sull’argomento vedasi: P.Carrus, Ambiente e Competitività delle Imprese, CEDAM, Padova
1998 , Cap.2
13
Cfr. S.Sciarelli, Economia e Gestione dell’Impresa, CEDAM, Padova 1997, Cap.2
14
Cfr. Guatri-Vicari-Fiocca, Marketing, McGraw-Hill, Milano 1999, Cap.2
15
Cfr. Volpato, Concorrenza, Imprese e Strategie, Il Mulino, Bologna 1995, Cap.2
16
Sull’argomento vedasi: M.Rispoli, Sviluppo dell’Impresa e Analisi Strategica, Il Mulino,
Bologna 1998, Cap.2
o dall’offerta in caso di arbitrarie variazioni di prezzo da parte di singole imprese;
la concorrenza si intende massima in quanto rende impossibile il predominio da
parte di alcuno.
17
L’impresa, invece, è più interessata all’analisi dello stato di rivalità
concorrenziale e dei possibili effetti che si ripercuotono sul suo comportamento
strategico ad un livello di antagonismo quasi individuale e, pertanto, in un
contesto operativo cosiddetto “micro”.
18
Nella pratica delle aziende, la
concorrenza è vista come rivalità tra soggetti economici per la conquista delle
preferenze della domanda.
1.3 PRINCIPALI CRITERI PER L’INDIVIDUAZIONE DEL
SETTORE
La necessità di considerare un certo settore separatamente dagli altri deriva
dal fatto che gli operatori economici che vi partecipano sono sensibili alle
transazioni che avvengono all’interno, mentre sono meno attenti a quanto si
verifica nei mercati degli altri prodotti.
In situazioni di concorrenza perfetta, o di monopolio, la definizione dei
confini settoriali è semplice ed immediata in quanto basata sulla totale omogeneità
del prodotto nel settore e sulla radicale differenza nei prodotti appartenenti a
settori diversi.
19
Tali ipotesi sono, però, una eccessiva semplificazione della reale natura dei
mercati per cui, visto il contesto attuale, non sono idonee a consentire un’analisi
soddisfacente.
All’interno dei settori sono presenti notevoli elementi di differenziazione e,
quindi, un’analisi efficace della struttura industriale deve evidenziare, analizzare e
misurare le differenze esistenti.
Il passaggio da schemi di omogeneità a schemi di parziale disomogeneità
interna al settore, pone il problema della definizione degli effettivi “confini
settoriali”, ossia una specifica ricognizione volta alla conoscenza degli attuali
concorrenti dell’impresa e di quelli che potrebbero divenirlo nel tempo.
20
Quanto più i prodotti/servizi presentano, agli occhi dei compratori,
caratteristiche di omogeneità, tanto più elevato è il grado di concorrenza che essi
esercitano reciprocamente. Le imprese che risultano legate da una relazione
fortemente concorrenziale, appartengono allo stesso settore
21
In un’ottica prettamente teorica, tracciare i confini settoriali può essere
relativamente semplice, visto che la relazione di mutua influenza fra i
prodotti/servizi può essere tradotta in una determinata relazione matematica:
l’elasticità incrociata.
22
17
Sull’argomento vedasi: Guatri-Vicari-Fiocca, Marketing, McGraw-Hill, Milano 1999, Cap.2
18
Sull’argomento vedasi: Valdani, Marketing Strategico, Etas, Milano 1996, Cap.6
19
Cfr. Volpato, Concorrenza, Imprese e Strategie, Il Mulino, Bologna 1995, Cap.2
20
Sull’argomento vedasi: Guatri-Vicari-Fiocca, Marketing, McGraw-Hill, Milano 1999, Cap.2
21
Sull’argomento vedasi: M.Rispoli, L’Impresa Industriale, Il Mulino, Bologna 1989, Cap. 2
22
L’elasticità incrociata del bene A rispetto al bene B si definisce come il rapporto fra la
variazione percentuale subita dalla domanda del bene A per effetto di una certa variazione
percentuale del prezzo del bene B. Se una piccola variazione percentuale del prezzo del bene B è
Tale criterio di demarcazione, però, anche se concettualmente valido,
presenta grandi difficoltà di applicazione.
23
Oltre al fatto che, non potendosi
modificare effettivamente i prezzi per valutare come si muovono le quantità
domandate, le analisi sono sempre complesse e mai totalmente affidabili. Una
ipotetica misurazione dell’elasticità incrociata, per non alterare l’effettiva
situazione di confrontabilità, dovrebbe avvenire in una situazione di ceteris
paribus. Inoltre, visto che ogni modificazione successiva potrebbe influenzare il
precedente grado di concorrenzialità e che l’attuale ambiente economico è
caratterizzato da repentini mutamenti, ogni risultato sarebbe presto obsoleto.
24
Sottolineando poi il fatto che l’analisi settoriale fatta dalle imprese ha finalità
previsive circa gli effetti delle proprie scelte, più che una definizione statica dei
confini settoriali, servirebbe una stima di quelli futuri.
Le difficoltà pratiche di effettuare una misurazione empirica dell’elasticità
incrociata dei vari prodotti/servizi e l’esigenza di valutare in termini prospettici la
definizione dei confini settoriali, hanno indotto a ricercare criteri empirici
sostitutivi che consentano di comprendere quali elementi accomunino imprese
diverse che vengono fatte convergere all’interno di un settore.
25
Visto che il concetto di elasticità incrociata si risolve nella risultante di tutti
gli elementi di interdipendenza esistenti fra i prodotti/servizi, tanto dalla parte
della domanda che da quella dell’offerta, una soluzione semplificata di questo
approccio può assumere diverse impostazioni a seconda della scelta che viene
effettuata tra i possibili elementi che permettono di evidenziare l’omogeneità e la
disomogeneità fra i prodotti/servizi.
26
Un criterio sarà tanto più efficace quanto più è capace di individuare un
fenomeno o una categoria di fenomeni economicamente rilevanti da utilizzare
come segno di presenza/assenza di interdipendenza fra prodotti/servizi.
Nella scelta del criterio si può far riferimento a una delle seguenti categorie:
1. I bisogni coinvolti;
2. Le tecnologie utilizzate;
3. La struttura dell’offerta e della domanda.
In relazione al primo criterio occorre notare esplicitamente che, in una
società moderna, il singolo atto di acquisto non è mai caratterizzabile in funzione
di un singolo bisogno. Ogni atto economico soddisfa contemporaneamente una
pluralità di bisogni, che diventano, quindi, interdipendenti.
Il secondo criterio individuato non è idoneo, da solo, ad essere esaustivo.
Infatti un’applicazione del solo criterio tecnologico potrebbe essere del tutto priva
di significato perché possono verificarsi situazioni in cui diversi prodotti/servizi,
in grado di influenzare sensibilmente la quantità venduta del bene A, ciò evidenzia un rapporto
concorrenziale e impone di considerare A e B come imprese appartenenti allo stesso settore.
Cfr. L.Sicca, La Gestione Strategica dell’Impresa, CEDAM, Padova 1998, Cap.1
23
Cfr. G.Guido, Economia e Gestione delle Imprese,F.Angeli, Milano 2000, Vol.1, Cap.1
24
Sull’Argomento vedasi: S.Podestà-F.Golfetto, a cura di, La Nuova Concorrenza, EGEA, Milano
2000, Cap.1
25
Sull’argomento vedasi: M.Rispoli, L’Impresa Industriale, Il Mulino, Bologna 1989, Cap. 2
26
Sull’argomento vedasi: Guatri-Vicari-Fiocca, Marketing, McGraw-Hill, Milano 1999, Cap.2
originati da diverse tecnologie, siano funzionalmente sostituibili, costituendo una
situazione di concorrenzialità reciproca economicamente rilevante. Potrebbe
succedere, inoltre, che la stessa tecnologia può materializzarsi in prodotti del tutto
estranei sotto il profilo del confronto concorrenziale.
Il terzo criterio si basa sull’individuazione di una serie di fattori unificanti
tanto per la struttura dell’offerta che per quella della domanda.
I prodotti/servizi possono essere analizzati in base ai seguenti criteri:
1. concentrazione e frammentazione dell’offerta;
2. concentrazione della domanda e sua tipologia;
3. canali distributivi;
4. rilevanza delle economie di scala;
5. integrazione del ciclo produttivo;
6. importanza dell’innovazione;
7. etc.
A seconda del caso concreto, poi, i vari fattori presi in considerazione
possono essere utilizzati diversamente, privilegiando gli aspetti che appaiono
strutturalmente più significativi. Questo modo di affrontare il problema presenta il
vantaggio di una notevole flessibilità operativa, ma comporta dei rischi. Infatti,
visto che, a causa di una eccessiva variabilità dell’impostazione, ogni singolo
elemento si propone con diverse gradazioni, si richiede un’accorta valutazione
nella determinazione del peso da assegnare a ciascun settore.
27
E’ d’uopo la precisazione che i diversi sistemi di classificazione delle
imprese ai fini della definizione del settore risultano essere inevitabilmente
convenzionali. L’impresa, o l’eventuale altro diverso operatore che si accinge
all’analisi del settore, deve sempre aver presente le convenzioni aggreganti
stabilite all’inizio dello studio; il trascurare questo elemento farebbe perdere di
significatività gli ipotetici confronti successivamente effettuati.
27
Sull’argomento vedasi: Volpato, Concorrenza, Imprese e Strategie, Il Mulino, Bologna 1995,
Cap.2
1.4 DIFFICOLTÀ DI INDIVIDUAZIONE DEL SETTORE IN
MODO UNIVOCO
L’individuazione dei legami di sostituibilità esistenti fra i vari
prodotti/servizi è una rappresentazione statica di una certa situazione che, quindi,
non risolve il problema della definizione dei confini settoriali, il quale si presenta
come un fenomeno essenzialmente dinamico.
Dal punto di vista dell’offerta, l’innovazione tecnologica modifica
continuamente la tecnica utilizzata per la fabbricazione di determinati prodotti.
Dal punto di vista della domanda, è possibile che tra prodotti un tempo
considerati sostitutivi si vengano a stabilire legami di complementarità al variare
del reddito disponibile per il consumatore.
L’identificazione di uno specifico settore va considerata con una validità
storicamente determinata.
I settori sono, oggi, sempre meno oggettivizzati; le imprese che li
costituiscono acquistano una sempre maggiore individualità, divenendo agenti
attivi di cambiamento del rapporto relativo in cui si pongono e le vicende del
settore rispecchiano le vicende delle singole imprese prese in considerazione.
Imprese che, in un dato istante, vengono considerate omogenee, possono non
esserlo più per effetto di una trasformazione che avviene in un’altra impresa o in
un altro settore terzo rispetto a quello considerato.
28
1.5 INDIVIDUAZIONE ED UTILITÀ DEL RAGGRUPPAMENTO
STRATEGICO E DEL RAGGRUPPAMENTO COMPETITIVO
La riclassificazione secondo il raggruppamento strategico offre un quadro di
riferimento intermedio fra il livello dell’intero settore e quello della singola
impresa.
La struttura interna del settore è rappresentabile attraverso la configurazione
di diversi raggruppamenti, ciascuno dei quali caratterizzato da una propria
struttura competitiva e da un proprio grado di attrattività/accessibilità.
29
Imprese che sviluppano offerte simili potrebbero non essere realmente in
concorrenza tra loro perché, ad esempio, utilizzano leve o dimensioni strategiche
diverse.
Il concetto di raggruppamento strategico tende, però, a focalizzare
l’attenzione verso le imprese che adottano strategie simili, approccio che non
consente di seguire la logica strategica, la quale non consiste nel confrontarsi con i
propri simili, imitandoli, con la speranza di migliorare la propria posizione
competitiva, ma nell’utilizzare le proprie competenze per cercare di essere
differenti.
28
Sull’argomento vedasi: Cfr. Volpato, Concorrenza, Imprese e Strategie, Il Mulino, Bologna
1995, Cap.2
29
Sull’argomento vedasi: G.Bianchini, Concorrenza, Regole, Strategia Aziendale, F.Angeli,
Milano 2001, Cap.1
Il concetto di raggruppamento strategico è adatto allo studio dei mutamenti
strutturali che possono caratterizzare un settore produttivo, non è invece
determinante nell’individuazione delle imprese che si presentano come effettivi
concorrenti di una specifica impresa nel segmento/i in cui essa è presente.
30
A tal fine sembra meglio rispondere il concetto di ”raggruppamento
competitivo”, costituito dall’insieme delle imprese che, per caratteristiche di
offerta, soddisfano tutte le esigenze di uno stesso segmento della domanda:
imprese che possono avere strategie e caratteristiche strutturali diverse ma che,
ugualmente, competono nello stesso segmento di mercato.
Nel definire il concetto di raggruppamento competitivo si adotta un
approccio da domanda, nel senso che ci si riferisce al punto di vista che si assume
considerando il problema dal lato degli utilizzatori di un determinato tipo di
prodotto/servizio, approccio che si differenzia da quello, tipicamente da offerta,
adottato per il raggruppamento strategico.
31
30
Sull’argomento vedasi: L.Sicca, La Gestione Strategica dell’Impresa, CEDAM, Padova 1998,
Cap.1
31
Sull’argomento vedasi: M.Rispoli, Sviluppo dell’Impresa e Analisi Strategica, Il Mulino,
Bologna 1998, Cap.2
Capitolo 2
ANALISI STRATEGICA E PROCESSO DI
FORMULAZIONE DELLA STRATEGIA COMPETITIVA
2.1 STRATEGIA
La vita di ogni impresa è caratterizzata dalla presenza, consapevole o
inconsapevole, esplicita o meno, di una determinata strategia. Questo significa che
è sempre possibile, nello svolgimento dell’attività d’impresa, riconoscere una
serie di direttrici di fondo.
1
Giungere ad una compiuta definizione di strategia è compito non semplice,
visti i numerosi contributi che la dottrina economica e il management hanno
proposto e continuano validamente a proporre. Il concetto di strategia coinvolge
ogni aspetto dell’impresa, per cui, al fine di dare una definizione adeguata, è
necessario tener conto di numerose “dimensioni”.
2
Hax e Majluf definiscono la strategia come “un concetto multidimensionale
che comprende tutte le principali attività dell’azienda, dandole così un senso di
unitarietà, di orientamento e di finalità e facilitando, al tempo stesso, i
cambiamenti resi necessari dall’evolversi dell’ambiente esterno.”
La strategia
3
è, sostanzialmente, la prospettiva che guida le scelte e le azioni
dell’impresa e influenza il suo modo di percepire l’ambiente di riferimento,
definendo in esso il suo ruolo.
4
Essa è lo schema generale che consente di
finalizzare l’utilizzo di risorse alla determinazione di una posizione di vantaggio.
5
1
Sull’Argomento vedasi: A.Sinatra, Strategia e Politica Aziendale, UTET, Torino 2001, Cap.1
2
Sull’Argomento vedasi: A.C.Hax, N.S.Majluf, La Gestione Strategica dell’Impresa, ESI, Napoli
1991, Cap.1
3
Nella sua prima accezione militare (la parola strategia deriva dal greco con il significato di:
“perizia dell’arte militare”. Cfr. L Sicca, La Gestione Strategica dell’Impresa,CEDAM, Padova
1998, Cap.1), il termine strategia non comprendeva la definizione dei fini e degli obiettivi; questi
costituivano un presupposto, un dato per la definizione della strategia rivolta al loro
raggiungimento. Tale concetto di strategia è stato accolto anche da alcuni studiosi in campo
aziendale, fra i quali si possono citare Ansoff e Hofer-Schendel, ma la maggior parte degli
studiosi, fra cui Chandler, Andrews, Hax, Majluf e Coda, ritengono che il termine strategia debba
essere inteso in un’accezione ben più ampia, comprensivo anche dei fini dell’impresa, in base al
convincimento che non sia possibile procedere in modo separato alla determinazione dei fini e
delle politiche. Sull’Argomento vedasi: A.Sinatra, Strategia e Politica Aziendale, UTET, Torino
2001, Cap.1
4
In tema di contenuto della strategia le posizioni rintracciabili nella letteratura sono, però,
discordanti: oltre all’impostazione seguita nel presente lavoro, vanno considerati altri due
orientamenti:
• La strategia sarebbe assimilabile ad un piano, ossia a un sistema articolato di decisioni e
di indicazioni premeditate e consapevoli che consentono di fronteggiare una specifica
situazione o un ben determinato contesto ambientale.
• La strategia non sarebbe un puro sistema di scelte ma, piuttosto, il risultato della
successione di azioni intraprese, indipendentemente dal fatto che tale modello sia o meno
deliberato o intenzionale.
Sull’Argomento vedasi: A.Sinatra, Strategia e Politica Aziendale,UTET, Torino 2001, Cap.1
5
Le diverse concezioni di strategia, pur nella loro varietà, contengono tutte l’ipotesi implicita che
il “teatro delle azioni” possa essere modificato a vantaggio dello stratega-Impresa. Cfr.
A differenza della strategia, la tattica è, invece, uno schema di azione rivolto a un
contesto specifico.
6
Il presupposto fondamentale per una strategia di successo è che sia ispirata
ad un criterio di coerenza;
7
la strategia deve essere coerente e compatibile con gli
obiettivi e i valori dell’impresa, con la sua organizzazione, le sue risorse ed il suo
ambiente.
8
L’applicazione del concetto di strategia alla teoria e alla pratica manageriale
ha origini abbastanza recenti.
9
L’adozione di processi decisionali di tipo strategico
non è altro che una risposta alla crescita della complessità, sia interna alle
organizzazioni imprenditoriali che esterna ad esse; la strategia si presenta, quindi,
come un prodotto dell’evoluzione storica del mondo delle imprese.
10
La complessità del problema strategico può essere, in parte, ridotta
attraverso la gerarchizzazione delle decisioni e la formulazione dell’analisi
strategica a più livelli.
11
E’ opinione condivisa fra i vari studiosi che sia possibile
riconoscere tre distinti livelli di strategia o di decisioni strategiche:
1. Strategie Corporate: vengono prese le decisioni che, per loro stessa
natura, interessano l’azienda nel suo complesso.
12
Si definiscono i settori
all’interno dei quali l’azienda deve competere, si seleziona il portafoglio di attività
dell’impresa e si effettuano le scelte di allocazione delle risorse tra le diverse unità
di business.
13
Si devono, inoltre, definire gli obiettivi di fondo e le azioni volte a
conseguirli. Tutto ciò va tradotto, poi, in specifici percorsi evolutivi.
14
2. Strategie Competitive (o di Business): determinano il comportamento
competitivo dell’impresa all’interno di una singola unità di business.
15
3. Strategie Funzionali: hanno per oggetto singole funzioni di gestione.
Esse, definendo priorità e orientamenti nell’allocazione specifica delle risorse,
mirano al conseguimento dell’efficienza nella singola funzione considerata.
16
G.Panati/G.M.Golinelli, Tecnica Economica Industriale e commerciale, vol.2, NIS, Roma 1995,
Cap.11
6
Usando una terminologia militare, la tattica include le azioni necessarie a vincere le battaglie, la
strategia è finalizzata alla vincita della guerra.
7
Sull’Argomento vedasi: F.Buttignon, La Strategia Aziendale e il Valore Economico del Capitale,
CEDAM, Padova 1990, Cap.1
8
Sull’Argomento vedasi: R.M.Grant, L’analisi Strategica nella Gestione Aziendale, Il Mulino,
Bologna 1991, Cap.1
9
Sull’Argomento vedasi: G.Panati/G.M.Golinelli, Tecnica Economica Industriale e commerciale,
vol.2, NIS, Roma 1995, Cap.11
10
Sull’Argomento vedasi: M.Rispoli, Sviluppo dell’Impresa e Analisi Strategica, Il Mulino,
Bologna 1998, Cap.1
11
Sull’Argomento vedasi: M.Rispoli, L’Impresa Industriale, Il Mulino, Bologna 1989, Cap.11
12
Cfr. A.C.Hax, N.S.Majluf, La Gestione Strategica dell’Impresa, ESI, Napoli 1991, Cap.2
13
Sull’Argomento vedasi: R.M.Grant, L’analisi Strategica nella Gestione Aziendale, Il Mulino,
Bologna 1991, Cap.1
14
Sull’Argomento vedasi: M.Rispoli, Sviluppo dell’Impresa e Analisi Strategica, Il Mulino,
Bologna 1998, Cap.1
15
Tale argomento sarà, in seguito, oggetto di una approfondita trattazione.
16
Sull’Argomento vedasi: D.Depperu, Il Processo di Formazione delle Strategie Competitive,
EGEA, Milano 2001, Cap.1
2.2 GESTIONE STRATEGICA
Nell’impresa moderna non si dovrebbe giungere ad una netta e formale
separazione tra strategia e gestione operativa.
17
Il rischio a cui ci si esporrebbe,
sarebbe la difficoltà nel cogliere quelle lievi discontinuità che, promanando dalla
quotidianità operativa, si rivelano spesso cruciali nella formulazione di una
coerente e consapevole strategia. Gestione e strategia sono le due facce della
condotta dell’impresa: da qui, l’introduzione del concetto di “Gestione
Strategica”.
La gestione strategica va intesa come un approccio globale alla gestione
dell’impresa. Con essa si fa riferimento ad un insieme di decisioni, strumenti e
approcci gestionali che configurano la vita dell’impresa nel suo complesso.
18
Prima di giungere a questa generale concezione, oggi condivisa da molti, il
concetto di gestione strategica è stato protagonista di una turbolenta evoluzione.
La necessità di una qualche forma di gestione strategica si afferma nel corso
degli anni ’60 nelle grandi imprese americane. Il modello più completo di
gestione strategica è quello sviluppato dall’Harvard Business School e sintetizzato
da Andrews. Esso si fonda sull’assunto che la decisione in merito alla strategia da
adottare è un’attività di tipo razionale.
19
Andrews considera il processo di
formulazione strategica un processo conoscitivo-decisionale, distinto dal processo
di attuazione della strategia, che comporta la generazione di alternative
economiche, la valutazione delle stesse e, infine, la scelta dell’alternativa da
realizzare. La strategia che ne deriva è, quindi, esplicita, articolata ed interamente
formulata prima di passare alla fase realizzativa. Si organizzano, a tal fine, staff di
pianificazione strategica che rendono possibile la stesura di piani a medio termine
nei quali viene dettagliata la strategia da realizzare. La scuola harvardiana,
dunque, finisce per rendere incerta la linea di confine tra la strategia e la
pianificazione strategica.
Tale concezione di gestione strategica è sottoposta ad un profondo
ripensamento nel corso degli anni ’80. Normann intende la gestione strategica
come un processo dove formulazione e realizzazione non si susseguono
sequenzialmente, ma si intrecciano tra loro e la formulazione è migliorata grazie
alle conoscenze maturate nell’attività di realizzazione.
20
Una critica più radicale alla scuola harvardiana viene da Mintzberg
21
secondo il quale la creazione di una strategia procede per due vie parallele: quella
17
Intendendosi qui per gestione operativa l’insieme degli atti di decisione, controllo ed esecuzione
relativi all’attuazione dei processi operativi (ciclo di produzione, logistico etc.). Sull’Argomento
vedasi: S.Sciarelli, Economia e Gestione dell’Impresa, CEDAM, Padova 2002, Vol.1, Cap.11
18
Sull’Argomento vedasi: L Sicca, La Gestione Strategica dell’Impresa,CEDAM, Padova 1998,
Cap.3
19
Sull’Argomento vedasi: F.Ancarani, Concorrenza e Analisi Competitiva, EGEA, Milano 1999,
Cap.3
20
Sull’Argomento vedasi: A.Sinatra, Strategia e Politica Aziendale, UTET, Torino 2001, Cap.2
21
Mintzberg paragona l’attività di gestione strategica a quella di un vasaio: l’artista, quando inizia
il lavoro, ha una certa idea da realizzare (strategia deliberata) ma, nel corso del lavoro, possono
prendere forma alcuni cambiamenti (la strategia emergente), seguendo i quali, il prodotto finale si
presenta diverso da quello pianificato.
deliberata e quella emergente. Se, infatti, da un lato, un processo esclusivamente
deliberato preclude l’apprendimento, dall’altro un processo puramente spontaneo
preclude il controllo. La strategia deliberata e la strategia emergente sono i due
punti estremi di un continuum lungo il quale prendono forma le strategie
modellate nel mondo reale: alcune si avvicinano più ad un polo, altre a quello
opposto, ma la maggior parte di esse cadrà in qualche punto intermedio.
22
Nella realtà, la strategia attuata costituisce la risultante di quella parte di
strategia concepita che l’impresa riesce a sviluppare e di quella parte della
strategia che emerge sulla spinta di fattori imprevisti, siano essi interni o esterni
all’impresa.
23
Mintzberg non esclude la necessità di una forma di pianificazione,
tuttora indispensabile nella gestione dell’impresa, ma ne ridefinisce il ruolo. Egli
passa da quell’astratto e dettagliato percorso razionalizzante che l’impresa,
minacciata da un ambiente complicato, in passato, s’imponeva, alla pianificazione
strategica: una sorta di “supporto” alla gestione strategica orientata alla
comprensione dei principali fattori di cambiamento nelle variabili ambientali e del
modo in cui essi sono recepiti e assimilati dall’impresa, oltre che di ausilio
all’identificazione delle opportune azioni da realizzare per raggiungere gli
obiettivi prefissati.
24
La gestione strategica non va, quindi, confusa con la pianificazione
strategica. La pianificazione è lo strumento principale
25
, ma non l’unico, per
realizzare l’attività di gestione strategica. La pianificazione è uno strumento di
supporto alla direzione dell’impresa per l’assunzione di decisioni strategiche. Essa
non fornisce “risposte” predeterminate, bensì contribuisce a formulare migliori
“domande” per l’impresa.
Tutte le imprese, per il solo fatto di esistere, hanno una strategia. Non tutte
le imprese, però, adottano strumenti formali di pianificazione. In realtà, vi sono
strategie senza pianificazione e strategie come risultato di un processo di
pianificazione.
Non tutte le imprese sono gestite strategicamente, dato che, specialmente
quando le cose vanno bene, si tende a considerare soddisfacente la situazione in
cui ci si trova e si rinuncia a guardare avanti in termini di cambiamento. La
gestione tende ad identificarsi con le routines organizzative che, in presenza di
eventi imprevisti, si mostrano inadeguate a fronteggiare l’emergenza. Molte di
queste imprese entrano in crisi perché non comprendono che le linee del passato
non possono essere più adottate, altre, invece, hanno successo proprio perché
assumono il cambiamento come opportunità di sviluppo.
26
Molteplici sono le vie che un’impresa, nell’affrontare una contingenza ad
essa negativa, può scegliere di intraprendere. Credere che un problema possa
Sull’Argomento vedasi: A.Sinatra, Strategia e Politica Aziendale, UTET, Torino 2001, Cap.2
22
“There is no one best way to make strategy”. Cfr. H.Mintzberg, Ascesa e Declino della
Pianificazione Strategica, ISEDI, Torino 1996, Cap.1
23
Sull’Argomento vedasi: M.Rispoli, L’Impresa Industriale, Il Mulino, Bologna 1989, Cap.11
24
Sull’argomento vedasi: U.Collesei, Marketing, CEDAM, Padova 2000, Cap 18
25
Da qui la tendenza, in passato, a confondere la strategia con la pianificazione. Sull’Argomento
vedasi: L Sicca, La Gestione Strategica dell’Impresa,CEDAM, Padova 1998, Cap.3
26
Sull’Argomento vedasi: L Sicca, La Gestione Strategica dell’Impresa,CEDAM, Padova 1998,
Cap.3
avere un’unica soluzione è un grave errore: un’unica soluzione implica
l’esclusione del possibile mentre la strategia, in un ambiente variegato e
turbolento, deve, al contrario, proporre continuamente delle alternative. Questa
creazione del possibile deve essere guidata dalla stessa azienda attraverso la
cosiddetta “missione aziendale”.
27
La Mission è l’enunciazione dello scopo fondamentale dell’impresa.
Si giunge alla sua definizione partendo dall’estrinsecazione della vision
aziendale.
28
Il concetto di vision esprime la prospettiva evolutiva del futuro
ritenuta, dall’impresa, come più probabile.
29
Secondo Hax e Majluf, la mission è
l’enunciazione dello scopo del business e del grado di eccellenza necessario a
poter assumere una posizione di leadership tra i concorrenti ed è, inoltre, il primo
passo fondamentale nella formulazione della strategia.
30
La sua definizione
31
aiuta
a porre le basi per un’azienda forte sul fronte esterno in termini di immagine e, su
quello interno, in termini di coesione.
27
Sull’Argomento vedasi: M.Pellicano, Sistemi di Management, CEDAM, Padova 1994, Cap.4
28
Sull’Argomento vedasi: G.Metallo, Finanza Sistemica per l’Impresa, Giappichelli, Torino 2002,
Modulo III, Cap. 1
29
Secondo un’altra prospettiva, elaborare una vision vuol dire definire quello che l’impresa
intende essere, quello che intende fare e l’immagine che vuol dare di sè. Sull’Argomento vedasi:
M.Pellicano, Sistemi di Management, CEDAM, Padova 1994, Cap.4
30
Cfr. A.C.Hax, N.S.Majluf, La Gestione Strategica dell’Impresa, ESI, Napoli 1991, Cap.4
31
E’opportuna una sua enunciazione in termini generali, così da non farla coincidere con specifici
obiettivi strategici. In caso contrario, infatti, l’impresa, una volta conseguito l’obiettivo, si
ritroverebbe priva della propria ragione di esistenza, rischiando di precipitare nella cosiddetta “we
have arrive syndrome”. Sull’Argomento vedasi: A.Sinatra, Strategia e Politica Aziendale, UTET,
Torino 2001, Cap.2