Introduzione
2
L’esecuzione capitale dell’altro fratello fu fissata per il 3 marzo dello
stesso anno.
Il 2 marzo 1999 la Germania ha portato il caso di fronte alla Corte
internazionale di giustizia e contemporaneamente, per impedire
l’esecuzione di Walter LaGrand, ha chiesto alla stessa di emettere
delle misure cautelari in grado di impedire l’esecuzione prima della
sentenza di merito.
La Corte ha risposto a tale richiesta con l’ordinanza del 3 marzo
1999. A tale ordinanza gli Stati Uniti non si sono conformati
eseguendo anche la condanna a morte di Walter LaGrand.
Nella fase di merito davanti alla Corte, la Germania ha reclamato la
mancata notifica consolare ai LaGrand da parte delle autorità
statunitensi, prevista dagli artt. 5 e 36 della Convenzione di Vienna
sulle relazioni consolari del 1963 e l’errata applicazione della regola
del procedural defaulted contenuta nell’ordinamento americano. Lo
Stato tedesco, inoltre, ha chiesto alla Corte di sanzionare il
mancato rispetto, da parte degli Stati Uniti, delle misure cautelari
contenute nell’ordinanza della Corte e di imporre delle garanzie di
non ripetizione per impedire il ripetersi di una simile violazione nei
confronti di cittadini tedeschi.
La Corte ha risolto la suddetta controversia emettendo la sentenza
di merito il 27 giugno 2001.
Introduzione
3
La sentenza LaGrand ha costituito un’occasione per ridiscutere
argomenti, come quelli attinenti alla protezione diplomatica e
consolare, che sembravano ancora lontani da un preciso percorso
di evoluzione. Il caso in questione, infatti, offre l’opportunità di
soffermarsi su temi ancora più ampi e indubbiamente molto
interessanti nell’ambito dei diritti umani. La sentenza esprime una
visione piuttosto distante da quella sostenuta nel precedente
panorama dottrinario; e, sebbene molta parte della suddetta
dottrina si augura che il caso LaGrand non rappresenti un
precedente, è ugualmente probabile che lo stesso sia destinato a
fare giurisprudenza.
Da principio, questo caso si è imposto all’attenzione internazionale
per il fatto di riguardare la pena di morte, inflitta da uno Stato
americano a due cittadini tedeschi.
In seguito, invece, il caso ha continuato ad attirare l’attenzione per
i temi affrontati nella sentenza sui quali la Corte ha offerto nuove
interpretazioni che hanno contribuito a suscitare l’interesse della
dottrina.
Gli argomenti che la sentenza consente di esaminare sono quelli
classici, ma allo stesso tempo controversi, della natura
dell’assistenza consolare e della protezione diplomatica, delle
garanzie di non ripetizione, quale forma di assicurazione, per lo
Stato leso da un illecito internazionale, contro il rischio di
Introduzione
4
ripetizione dello stesso e delle misure cautelari, provvedimenti volti
ad impedire che i diritti delle Parti ad una controversia subiscano
un pregiudizio prima della sua soluzione.
Riguardo al primo punto, la Corte ha deciso che la mancata
informazione del diritto all’assistenza consolare nei confronti dei
fratelli LaGrand, da parte delle autorità statunitensi, non
costituisce una semplice violazione di un diritto statale ma anche
individuale, come sostenuto dalla Germania.
Con questa sentenza, l’assistenza consolare, tradizionalmente
ritenuta esclusivo appannaggio dello Stato, è considerata per la
prima volta un diritto di cui è anche titolare l’individuo e non solo
lo Stato. La Corte ha stabilito, infatti, che si tratta di un diritto
individuale distinto e aggiuntivo a quello statale.
Il problema al quale la Corte non ha dato risposta, invece, è quello
di sapere se l’assistenza consolare possa considerarsi o meno
anche un diritto umano oltre che dell’individuo. Tale mancato
chiarimento da parte della Corte si deve alla non funzionalità del
quesito alla soluzione del caso. La dottrina, tuttavia, ha continuato
lo stesso a porsi interrogativi, sul punto in esame. Al di là delle
varie e discordanti opinioni, è possibile sostenere che se da una
parte è ancora prematuro parlare dell’assistenza consolare come di
un diritto umano, dall’altra parte è certamente vero che si tratta di
un diritto individuale così come confermato dalla suddetta
Introduzione
5
sentenza e che in futuro tale diritto potrebbe subire un’evoluzione
proprio nel senso indicato.
In realtà, il caso LaGrand è indice del fatto che il diritto
internazionale, da sempre ritenuto un diritto avente come soggetti
gli Stati sovrani, stia progressivamente cambiando. Già da qualche
tempo, infatti, gli individui hanno un ruolo sempre crescente nel
diritto internazionale
2
. Questo ha portato a chiedersi se l’ambito
del diritto internazionale non stia in qualche modo sconfinando in
quello dei diritti umani. Pur continuando a persistere una solida
distinzione tra i due campi, è certo che in futuro potranno
verificarsi dei cambiamenti nel senso di una maggiore influenza
dell’uno sull’altro e il caso LaGrand è un esempio di questa
tendenza.
La sentenza in esame consente, inoltre, di approfondire il tema
della protezione diplomatica. Il caso LaGrand, che ha opposto la
Germania agli Stati Uniti, mostra come, in seguito alla mancata
notifica consolare ai due detenuti tedeschi, il loro Stato d’origine ha
preteso di agire in protezione diplomatica dei suoi cittadini
ritenendo quest’ultima uno strumento di difesa dei diritti umani.
2
M. R. SAULLE, Lezioni di organizzazione internazionale - Le organizzazioni internazionali e i
diritti umani, ESI, Napoli, 1993, vol. II, p. 9. Pur senza riconoscere ancora agli individui lo status
di soggetto, il diritto internazionale riconosce loro, direttamente o indirettamente, un notevole
rilievo. Gli individui, ad ogni modo, non sono in genere considerati soggetti di diritto
internazionale, ma al più i meri beneficiari delle regole di diritto internazionale. I soggetti
principali di tale diritto continuano ad essere gli Stati sovrani.
Introduzione
6
La Corte dell’Aja, ad ogni modo, non ha fatto alcun riferimento a
tali diritti limitandosi ad affermare il carattere di diritto individuale
con riferimento all’assistenza consolare. Ciò non ha impedito, in
ogni caso, di analizzare l’istituto della protezione diplomatica con
riferimento ai diritti umani. A tal proposito, sono state numerose le
posizioni dottrinarie a favore e contro la possibilità di includere
questo strumento di protezione tra i diritti umani. Tuttavia, sembra
opportuno non considerare la protezione diplomatica un diritto
umano, poiché non è un diritto di ciascun individuo, per il
semplice fatto di appartenere alla razza umana, ma è un istituto
vincolato all’appartenenza dell’individuo ad uno Stato, che resta
libero di decidere se concedere tale tipo di protezione in base ad
una propria scelta discrezionale.
Sempre per la medesima ragione, la protezione diplomatica non
può altresì essere considerata un diritto individuale dal punto di
vista del diritto internazionale. Si potrebbe definire tale solo se, e
nei limiti in cui, nell’ordinamento interno dello Stato, che dovrebbe
esercitare tale protezione, si possano riscontrare norme che, sul
piano interno, riconoscano all’individuo un diritto soggettivo alla
protezione diplomatica
3
.
Un punto non meno importante è capire se lo sviluppo dei
meccanismi di protezione internazionale dei diritti umani abbia
3
M. R. SAULLE, cit., p. 14.
Introduzione
7
determinato, in qualche modo, un ridimensionamento della
funzione della protezione diplomatica.
Negli ultimi tempi si è diffusa l’idea secondo cui questo tipo di
protezione può contribuire alla causa dei diritti umani. La
complementarità tra protezione diplomatica e diritti umani è stata
considerata anche secondo un altro aspetto; quello del contributo
del diritto internazionale dei diritti umani all’evoluzione del diritto
alla protezione diplomatica. Ė possibile valutare la natura di tale
contributo attraverso lo studio del campo d’applicazione della
protezione diplomatica, le condizioni d’esercizio e la natura del
suddetto istituto
4
.
Riguardo al primo punto, se è certamente vero che la
moltiplicazione dei meccanismi d’azione internazionale a
disposizione degli individui ha determinato un restringimento del
campo d’applicazione della protezione diplomatica, è innegabile che
tale strumento di protezione continua a svolgere un ruolo rilevante
in materia di riparazione nei casi di violazione dei diritti umani.
La protezione diplomatica adempie tuttora alle sue principali
funzioni, quali la tutela dei beni, della vita e della sicurezza delle
persone e la protezione contro il manifesto diniego di giustizia.
4
J-F. FLAUSS, Protection diplomatique et protection internationale des droits de l’homme, in
Revue suisse de droit international et de droit européen, 2003, p. 1 ss., p. 7. I trattati multilaterali
generali relativi ai diritti umani che stabiliscono un regime specifico di ricorsi statali e/o
individuali sono si solito assimilati a dei self contained regimes.
Introduzione
8
Spesso si parla di una possibile coincidenza tra gli ambiti d’azione
della protezione diplomatica e dei diritti umani. In realtà, anche
quando tale coincidenza si manifesta, è sempre lontana dall’essere
perfetta.
Quanto all’influenza del diritto internazionale dei diritti umani
sulle condizioni classiche d’esercizio della protezione diplomatica,
che sono l’esaurimento dei ricorsi interni e il legame di nazionalità,
si può affermare che quest’ultima si presenta in modo abbastanza
chiaro. Per quel che riguarda l’esaurimento dei ricorsi interni,
questa regola ha subito varie deroghe nell’ambito della protezione
internazionale dei diritti umani. Tale obbligo, infatti, viene meno
nel caso in cui il ricorrente sia, di fatto, impedito dall’avere accesso
ai ricorsi esistenti o quando lo Stato difensore gli impedisca di
accedere alle istituzioni che regolano questi ricorsi.
In relazione all’esigenza del legame di nazionalità, invece, la
suddetta influenza sulla protezione diplomatica ha portato a due
risultati: da un lato alla protezione diplomatica dei rifugiati e degli
apolidi
5
, dall’altra alla protezione diplomatica degli stranieri vittime
di violazione di una norma di jus cogens.
5
Il primo rapporto sulla protezione diplomatica, presentato nel 2000 davanti alla Commissione di
diritto internazionale, stabilisce, in una prospettiva di sviluppo progressivo del diritto
internazionale, che uno Stato può esercitare la protezione diplomatica a favore di un apolide o di
un rifugiato se l’interessato risiede abitualmente e legalmente sul territorio dello Stato richiedente
e ha un legame effettivo con tale Stato, a condizione che il danno abbia avuto luogo dopo che
l’interessato sia divenuto residente legalmente sul territorio dello Stato richiedente.
Introduzione
9
Riguardo alla natura della protezione diplomatica, ci si chiede se a
causa dell’influenza delle norme internazionali relative ai diritti
umani si vada verso un’attenuazione della tradizionale libertà dello
Stato di esercitare la protezione diplomatica. Tale argomentazione,
avrebbe l’effetto di rendere la discrezionalità che caratterizza la
protezione diplomatica in linea con la nuova frontiera assegnata al
diritto internazionale, che è appunto quella di garantire il rispetto
dei diritti della persona umana.
In tema di garanzie di non ripetizione
6
, la sentenza LaGrand ha
dimostrato non solo l’esistenza di una regola di diritto
internazionale, distinta dalla cessazione e dalla riparazione
dell’illecito, nell’ambito della responsabilità internazionale dello
Stato come conseguenza di un fatto illecito, ma ha anche
influenzato il progetto di codificazione sulla responsabilità degli
Stati, portato a termine dalla Commissione di diritto internazionale
nel 2001, il quale prevede un articolo specifico sulle garanzie di
non ripetizione
7
. Allo stesso modo, l’esame della sentenza e delle
argomentazioni presentate dalle Parti forniscono delle indicazioni
importanti per quanto riguarda la funzione essenziale di questa
6
Tali garanzie sono state richieste dalla Germania come conseguenza della mancata informazione
ai fratelli LaGrand, da parte delle autorità statunitensi, del loro diritto all’assistenza consolare,
garantito dalla Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 1963. Nella sentenza LaGrand,
la Corte ha stabilito che le scuse da parte degli Stati Uniti non erano sufficienti dando così
soddisfazione alla richiesta tedesca.
7
Art. 30 del Progetto di codificazione sulla responsabilità internazionale degli Stati, adottato
dalla Commissione di diritto internazionale nel 2001, in Rapporto della Commissione di diritto
internazionale, 53° sessione, doc. A/56/10, capitolo IV.
Introduzione
10
forma di responsabilità rispetto alle altre e per quel che riguarda le
condizioni, i limiti e le modalità che caratterizzano le garanzie in
questione.
L’esame del caso ha permesso di dimostrare, infine, che le garanzie
di non ripetizione possono contribuire utilmente e concretamente
al rispetto della legalità internazionale, rafforzando la tutela
prevista per i diritti dello Stato leso da un fatto illecito
internazionale.
In merito alle misure cautelari, emesse dalla Corte dell’Aja con
l’ordinanza del 3 marzo 1999, per impedire l’esecuzione di uno dei
fratelli LaGrand prima della sentenza di merito, la stessa si è
espressa per la prima volta a favore dell’obbligatorietà delle
suddette misure. Nella sentenza LaGrand, infatti, essa ha stabilito
chiaramente il carattere vincolante di tali misure motivando la
propria decisione sulla base di varie argomentazioni.
La natura delle ordinanze contenenti misure cautelari ha suscitato
un interessante dibattito sul carattere vincolante o meno delle
suddette misure, alimentando un continuo confronto tra i vari
punti di vista dottrinari. Altri motivi di dibattito, in relazione alle
misure cautelari, sono stati anche il rapporto tra la competenza
della Corte sul merito del caso e quella ad indicare misure
provvisorie, come pure il fatto che nel caso LaGrand, la Corte, per
la prima volta, nell’indicare questo tipo di misure, ha agito inaudita
Introduzione
11
altera parte
8
. In virtù della complessità del caso in esame, della
possibilità che lo stesso offre di dibattere ampiamente su temi
cruciali del diritto internazionale contemporaneo e dell’interesse
che questi rivestono nel campo dei diritti della persona umana, si è
ritenuto opportuno suddividere l’opera in quattro distinti capitoli,
ciascuno dei quali affronta un particolare argomento che il caso
oggetto di studio permette di analizzare.
Il primo capitolo ha come oggetto la presentazione del caso e il suo
sviluppo procedurale, mentre già il secondo capitolo entra nel
merito di una delle questioni più delicate sollevate dal caso, in altre
parole la soggettività dell’individuo con riferimento all’assistenza
consolare, che consente di toccare anche il tema collegato della
protezione diplomatica.
Il terzo capitolo si occupa delle garanzie di non ripetizione, in
particolare di come hanno trovato applicazione nel caso e, in
generale, del loro utilizzo nell’ambito del diritto della responsabilità
internazionale degli Stati.
Il quarto capitolo, infine, è uno studio delle misure cautelari sia
con riferimento al caso LaGrand, sia dal punto di vista di un loro
inquadramento su un piano più generale.
8
L’ordinanza contenente misure cautelari è stata emessa dalla Corte solo in seguito alla richiesta
tedesca, senza ascoltare gli Stati Uniti.
Capitolo primo Presentazione del caso LaGrand
12
CAPITOLO PRIMO
PRESENTAZIONE DEL CASO LAGRAND
SOMMARIO: 1.1 Le origini della controversia tra Stati Uniti e Germania in relazione al caso
LaGrand. — 1.2. L’ordinanza sulle misure cautelari resa dalla Corte internazionale di
giustizia. — 1.3. La sentenza del 27 giugno 2001: le argomentazioni delle Parti. — 1.3.1. Il
problema della giurisdizione e dell’ammissibilità. — 1.3.2. La decisione sul merito. — 1.3.3.
Le opinioni separate e dissenzienti all’ordinanza e alla sentenza di merito. — 1.4. I
precedenti al caso LaGrand: il caso Breard e il parere della Corte interamericana dei diritti
dell’uomo.
1.1. LE ORIGINI DELLA CONTROVERSIA TRA STATI UNITI E GERMANIA IN
RELAZIONE AL CASO LAGRAND
La controversia, che ha opposto la Germania agli Stati Uniti
di fronte alla Corte internazionale di giustizia, trae origine dalla
vicenda di due fratelli, Karl e Walter LaGrand, di nazionalità
tedesca. Pur risiedendo permanentemente negli Stati Uniti
dall’infanzia, i LaGrand non avevano acquisito la cittadinanza di
quello Stato, rimanendo de jure cittadini tedeschi.
Nel gennaio del 1982 furono arrestati dalle autorità dello Stato
dell’Arizona con l’accusa di aver partecipato ad una rapina in una
banca, nel corso della quale il direttore fu ucciso e un altro
impiegato gravemente ferito. Il 17 febbraio 1984 furono accusati
entrambi di omicidio di primo grado, tentata rapina a mano
Capitolo primo Presentazione del caso LaGrand
13
armata, tentato sequestro di persona e condannati alla pena
capitale. Non furono tuttavia informati dalle autorità dell’Arizona
del loro diritto all’assistenza consolare, stabilito dall’art. 36
1
della
Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 1963, di cui
sono Parti contraenti sia gli Stati Uniti sia la Germania. Nello
stesso tempo le autorità mancavano di notificare al Consolato
tedesco l’arresto e la detenzione dei due fratelli
2
.
Soltanto nel 1992, dopo l’esperimento dei ricorsi statali, le autorità
consolari venivano a conoscenza, non per il tramite delle autorità
statali, ma per l’interessamento degli stessi LaGrand, della loro
detenzione. Karl e Walter LaGrand, assistiti dalle autorità
consolari, reclamavano la violazione della Convenzione di Vienna
1
United Nations Treaty Series, vol. 596, p. 261. L’art. 36 della Convenzione di Vienna sancisce
che:
1. “With a view to facilitating the exercise of consular finctions relating to nationals of the
sending State:
a) consular officires shall be free to comunicate with nationals of the sending State and to have
access to them. Nationals of the sending State shall have the same freedom with respect to
communication with and access to consular officers of the sending State;
b) if he so requests, the competent authorities of the receiving States shall, without delay, inform
the consular post of the sending State if within its consular district, a national of that State is
arrested or committed to prison or to custody pending trial or is detained in any other manner.
Any communication addressd to the consular post by the person arrested, in prison, custody,
or detention shall also be forwarded by the said authorities without delay. The said authorities
shall inform the person concerned without delay of his rights under this sub-paragraph;
c) consular officires, shall have the rights to visit a national of the sending State who is in prison,
custody or detention, to converse and correspond with him and to arrange for his legal
representation. They shall also have the right to visit any national of the sending State who is
in prison, custody or detention in their district in pursuance of a judgment. Nevertheless,
consular officers shall refrain from taking action on behalf of a national who is in prison,
custody or detention if he expressely opposes such action.
2. The rights referred to in paragraph 1 of this Article shall be exercited in conformity with the
laws and regulations of the receiving State, subject to the proviso, however, that the said laws
and regulations must enable full effect to be given to the purposes for which the rights
accorded under this Article are intended.”
2
Sentenza della Corte internazionale di giustizia del 27 giugno 2001 sul caso LaGrand
(Germania c. Stati Uniti), in Rivista di diritto internazionale, 2001, par. 13, p. 750 ss., p. 758.
Capitolo primo Presentazione del caso LaGrand
14
dinanzi ai tribunali federali. Sia la Corte di primo grado che la
Corte d’appello consideravano inammissibili le eccezioni in quanto
tardive (procedurally defaulted). A nulla valeva il ricorso ai mezzi
diplomatici
3
.
Dopo un ultimo inutile tentativo, esperito dinanzi al Mercy
Committee, per impedire l’esecuzione, la condanna a morte di Karl
LaGrand fu eseguita in data 24 febbraio 1999. Quella di Walter
LaGrand era fissata per il 3 marzo dello stesso anno
4
.
Alla vigilia dell’esecuzione, la Germania adiva la Corte
internazionale di giustizia contro gli Stati Uniti, sulla base del
Protocollo facoltativo alla Convenzione sulle relazioni consolari, per
violazione dell’art. 36, par.1, lett.b, della Convenzione.
La Germania presentò, contemporaneamente, una richiesta di
misure provvisorie, volta a salvaguardare la vita di Walter LaGrand
durante il procedimento
5
.
3
Il Governatore dell’Arizona aveva allora ignorato i ripetuti appelli alla clemenza da parte del
cancelliere Schroeder e del Presidente della Repubblica Roman Herzog. In una dichiarazione
diffusa a Berlino il 16 settembre 1999 dal Ministero degli esteri si legge:
“La Repubblica federale chiede al Tribunale dell’Aja di contestare la violazione, da parte degli
Stati Uniti, dei propri obblighi internazionali previsti dalla Convenzione di Vienna del 1963 sui
rapporti consolari.”
4
A. CIAMPI, Le garanzie internazionali dei diritti processuali dell’imputato, in Rivista di diritto
internazionale, 1999, p. 680 ss., p. 686 nota (16). Si veda anche par. 128 della sentenza, cfr. nota
2. Con quattordici voti a favore e il solo voto contrario del giudice Parra-Aranguren, la Corte
affermava la propria giurisdizione, in base all’art. 1 del Protocollo facoltativo alla Convenzione
sulle relazioni consolari, a prendere in considerazione la richiesta tedesca del 2 marzo 1999.
5
Request for the indication of provisional measures of protection submitted by the Government
of the Federal Republic of Germany, 2 marzo 1999, par. 8, dal sito web http//:www.icg-cij.org.
Capitolo primo Presentazione del caso LaGrand
15
1.2. L’ORDINANZA SULLE MISURE CAUTELARI RESA DALLA CORTE
INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA
Il 3 marzo 1999 la Corte, come indicato dall’art. 75, par.1,
del proprio Regolamento, adottava d’ufficio, un’ordinanza
contenente misure cautelari
6
. Dichiarando inoltre, di ispirarsi
all’art. 41 dello Statuto, indicava tali misure solo sulla base della
richiesta tedesca, senza dare udienza agli Stati Uniti. La
giustificazione della Corte, ad agire inaudita altera parte, era
motivata dalla situazione di estrema urgenza in cui la stessa agiva
nell’impedire l’esecuzione di un cittadino tedesco. La soluzione
adottata per decidere sulla richiesta della Germania non trovava
precedenti. Il contenuto dell’ordinanza imponeva agli Stati Uniti di
prendere tutte le misure disponibili per assicurare che durante il
procedimento non avesse luogo l’esecuzione del condannato,
nonché di trasmettere l’ordinanza al Governatore dell’Arizona
7
.
6
M. MENNECKE, C. TAMS, The Right to Consular Assistance Under International Law: The
LaGrand Case Before the International Court of Justice, in German Yearbook of International
Law, 1999, p. 192 ss., p. 208. Fino ad caso LaGrand sono stati nove i casi in cui la Corte
internazionale di giustizia ha indicato misure cautelari: Anglo-Iranian Oil Company Case (Regno
Unito c. Iran), 1951; Fisheries Jurisdiction Cases (Regno Unito c. Islanda; Germania c. Islanda),
1972; Nuclear Test Cases (Australia c. Francia; Nuova Zelanda c. Francia), 1973; United States
Diplomatic and Consular Staff in Tehran (Stati Uniti c. Iran), 1979; Frontier Dispute (Burkina
Faso c. Mali), 1986; Military and Paramilitary Activities in and against Nicaragua (Nicaragua c.
Stati Uniti), 1984; Application of the Convention on the Prevention and the Punishment of the
Crime of Genocide (Bosnia ed Erzegovina c. Repubblica Federale di Iugoslavia (Serbia e
Montenegro), 1993; Land and Maritime Boundary between Cameroon and Nigeria (Camerun c.
Nigeria), 1996; The Breard Case (Paraguay c. Stati Uniti), 1998.
7
Request for provisional measures, par. 29, dal sito web http://www.icj-cij.org.