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sono quelle con più di 100 addetti ad avere il fatturato (70%) e
l’occupazione maggiori (52%). Risulta evidente quindi la presenza di una
forte concentrazione e di una frangia concorrenziale composta da una
miriade di piccole e piccolissime unità produttive, che vivono di mercati
locali e spesso di produzioni tradizionali (tipiche o del territorio).
Delle 100 più grandi concentrazioni industriali del mondo 39
appartengono all’ Ue e di queste 17 sono inglesi (esclusa l’anglo –
olandese Unilever, che è la maggiore di tutte), 6 olandesi, 7 francesi, 3
italiane e 3 danesi, 2 tedesche e 1 belga. L’Inghilterra, che ha un’antica
storia alimentare alle spalle, a cui non sono estranee le numerose colonie,
dispone del più efficiente sistema alimentare europeo e del più evoluto
assetto distributivo.
Nel 1996 i tre gruppi industriali più importanti erano l’Unilever
(Olanda- Inghilterra, cifra d’affari nel 1996: 25.658 milioni di dollari
Usa), il francese Danone (cifra d’affari: 15.236 milioni di dollari) e
l’inglese Metropolitan (cifra d’affari: 10.646 milioni di dollari). La prima
multinazionale delle tre italiane citate è Ferrero al 50mo posto con 4.622
milioni di dollari di giro d’affari (1996), seguita da Parmalat Finanziaria
S.p.a. con 3.508 e da Barilla S.p.a. con 2.175.
Ma come si presenta il comparto agro – alimentare europeo? Si
presenta come fortemente caratterizzato da una concorrenza crescente,
che porta le industrie a concentrare l’offerta e a sacrificare parte dei
profitti per conservare la quota di mercato. Inoltre l’industria alimentare
europea è stata condizionata dal sempre più crescente potere contrattuale
della grandi catene distributive. Però le fusioni internazionali in atto
3
porteranno variazioni negli assortimenti alimentari a ulteriore danno dei
prodotti tipici.
C’è anche il lato negativo causato dall’aumento del fenomeno delle
concentrazioni: questo può portare altra acqua alla terza rivoluzione
alimentare della storia, preparandosi a diffondere gli Ogm se e quando
fossero liberalizzati. Dura la risposta del Mediterraneo a tutto questo:
emerge la tendenza a preferire i prodotti biologici, come reazione ai tanti
scandali e alle molte perplessità che gli alimenti sempre più sofisticati
hanno sollevato e continuano a sollevare. Infatti, le disavventure
alimentari europee e mondiali, le preoccupazioni per le pressioni Usa a
favore delle carni estrogenate e, infine, gli Ogm rendono il consumatore
molto più riflessivo riguardo all’aumentare dei rischi: oggi c’è chi
diventa vegetariano, chi sostituisce le carni tradizionali con altre
(struzzo, canguro, renna, lumaca), c’è chi si rivolge al pesce, c’è chi
riscopre i prodotti della tradizione e c’è naturalmente chi acquista sempre
di più prodotti biologici.
*I dati di questo paragrafo si riferiscono principalmente a 1998-99
1.2. Dinamiche di crescita
L’industria alimentare europea viene considerata come un settore a
bassa intensità di innovazione (F.Rosa, 2000), che elabora prodotti
piuttosto stabili nel tempo, caratterizzata dalla presenza storica di alcuni
grandi gruppi che nei rispettivi comparti occupano posizioni di
4
leadership, la cui posizione non viene messa in discussione per la
relativa staticità del settore. Per queste ragioni, le imprese dell’Industria
alimentare europea sarebbero prevalentemente interessate ad acquisire
economie di scala/scopo tramite innovazioni di processo e meno
stimolate ad introdurre innovazioni di prodotto. Ci sono stati comunque
negli ultimi anni interessanti cambiamenti a seguito della diffusione di
conoscenze fortemente innovative da parte delle upstream industries fra
le quali si annoverano il settore delle biotecnologie, diffuse attraverso
forme di integrazione territoriale tipo distretti e collaborazioni in rete,
mentre l’automazione e l’organizzazione aziendale hanno contribuito a
ridurre i costi e stimolare una domanda di consumo tendenzialmente
statica.
Si sono poi verificati importanti mutamenti strutturali, negli anni
Ottanta e Novanta, seguiti da concentrazioni e diversificazioni settoriali
da parte dei gruppi dominanti, determinando aumenti di capitalizzazione
dell’industria alimentare nell’Unione Europea e negli Stati Uniti, stretta
fra la ridotta possibilità di comprimere ulteriormente i costi di
produzione a monte e dal crescente potere commerciale della
distribuzione a valle. I principali fattori di crescita sono dati
dall’allargamento delle aree di mercato dei gruppi agro – alimentari e la
diffusione di stereotipi alimentari a livello continentale che hanno
contribuito alla crescita di operazioni cross – border ed alla ricerca di
partner attraverso cui operare al di fuori delle tradizionali aree di
mercato. Gli investimenti nel settore agro – alimentare sono stati
stimolati dalla stabilità dei profitti, essendo la domanda in prodotti agro –
alimentari meno sensibile alle variazioni dei cicli economici.
5
1.3. Gli scenari internazionale e comunitario
Il sistema agro – alimentare nazionale (G.P. Cesaretti e D.
Corvino, 1999; M. Schenkel, 2000), si trova nell’imminente faccia a
faccia con quelle che potremmo definire “ le sfide di fine secolo”:
● da una parte abbiamo la sfida della globalizzazione (ambiente
economico), che investe sempre di più i sistemi agro – alimentari nella
loro interezza, diventa sempre più una necessità affinché i vincoli
nazionali siano superati a vantaggio di un grande mercato globale grazie
soprattutto alla comunicazione di massa.
● in secondo luogo, a livello internazionale, abbiamo il Wto (World
Trade Organization);
● a livello comunitario lo scenario si caratterizza attraverso la strategia
dell’Unione Europea contenuta in Agenda 2000, dove, l’allargamento
dell’Unione ai paesi dell’est, ma soprattutto la Pac (Politica Agricola
Comunitaria), rappresentano fenomeni che certamente hanno un impatto
rilevante sul sistema agro – alimentare nazionale e comunitario;
● lo scenario si conclude con la questione dell’euro, cioè l’impatto che
avrà la sua diffusione sul sistema agro- alimentare, sia per quanto
riguarda la performance globale di sistema, ai livelli comunitario ed
internazionale, sia per quanto riguarda i possibili effetti su ciascuno
stadio del sistema stesso.
6
1.3.1. La globalizzazione
Tra i fenomeni che maggiormente stanno interessando i sistemi
agro – alimentari, la globalizzazione dei mercati sembra essere tra quelli
ad esercitare la maggiore influenza soprattutto attraverso anche
l’omogeneizzazione dei modelli di consumo: l’insieme delle
trasformazioni che interessano il sistema agro – alimentare procedono di
pari passo con i grandi mutamenti nei modelli di consumo. E’ infatti
diffusamente accettato il fatto che i sistemi agro – alimentari dei paesi
sviluppati siano guidati dal consumo.
La continua riduzione della segmentazione spaziale del mercato dei
prodotti agro – alimentari, che si presenta sempre più vasto, spinge le
imprese operanti nel sistema agro – alimentare a mutare rapidamente le
proprie strategie con il fine ultimo di “avvicinare” il consumatore. In
questo contesto, al settore agricolo viene affidato un ruolo di importanza
strategica: quello di fornire garanzie sulla salubrità degli alimenti,
partecipando in modo attivo alle strategie di rintracciabilità.
La graduale omologazione nelle strutture di consumo dei prodotti
alimentari , attraverso il superamento di segmentazioni socio – culturali
oltre che geografiche, ha riguardato tutte le economie avanzate, tra cui
l’Italia, dove la maturità dei mercati agro – alimentari si esprime
attraverso l’omologazione dei consumi sia sotto l’aspetto nutrizionale –
energetico sia sotto quello dei modelli di acquisto e fruizione dei prodotti
alimentari.
7
L’aumento del costo opportunità del lavoro familiare (inserimento
della donna nel mondo del lavoro, diminuzione della dimensione media
dei nuclei familiari), fa si che la principale caratteristica che il nuovo
consumatore ricerca nei prodotti alimentari è quella di convenience. Il
consumatore inizia a chiedere prodotti agro – alimentari percepiti come
environment friendly ( il consumatore è più partecipe a quanto accade nel
contesto ambientale), prodotti “light” o “arricchiti” di elementi nutritivi,
oltre alla crescente attenzione al fresco, al biologico, alla qualità. Il
prezzo riprende importanza all’interno del processo decisionale di
acquisto dei prodotti agro – alimentari.
L’importanza sempre crescente del commercio internazionale
rappresenta un primo approccio sotto cui studiare il contesto di
globalizzazione. All’interno dell’Ue, i paesi stanno diventando sempre
più comparabili in termini di natura del commercio soprattutto intra –
industriale, riguardante principalmente prodotti trasformati.
Anche la diffusione delle imprese multinazionali e degli
Investimenti diretti Esteri (globalizzazione dei mercati di produzione)
sono fenomeni che testimoniano del processo di globalizzazione in atto
nei mercati agro – alimentari. Per le imprese a forte vocazione
internazionale, dove non è possibile la globalizzazione attraverso il
commercio, esiste la possibilità dell’internazionalizzazione della
produzione, attraverso la realizzazione di Investimenti Diretti, o la
conclusione di alleanze strategiche (anche il sistema agro – alimentare
italiano è coinvolto in un processo di globalizzazione che non è di
interesse specifico per le imprese di grande distribuzione economica:
8
anche imprese agro – alimentari di piccola e media dimensione stanno
cercando la strada per collocarsi sui mercati internazionali, anche se la
modalità ed i percorsi intrapresi nel sentiero di globalizzazione sono
necessariamente diversificati.).
Riguardo ancora i modelli di consumo, la cultura – tradizione
rappresenta tuttavia un fattore che controbilancia in maniera
incontrovertibile l’appiattimento a livello globale nei modelli di consumo
consentito dall’avvicinamento delle caratteristiche socio – demografiche
e rafforzato dalla globalizzazione dei mezzi di comunicazione: valori
culturali e di tradizione oltre a differire ancora profondamente tra paesi,
variano in misura elevata tra individui dello stesso paese.
Allo stato attuale sicuramente esistono delle caratteristiche che
rendono possibile la convergenza dei modelli di consumo.
Contemporaneamente, tuttavia, i mercati dei prodotti agro – alimentari
nelle economie avanzate sembrano decisamente allontanarsi da un
concetto di massificazione, mostrando invece un grado di segmentazione
sempre più spinto.
Lo scenario di riferimento si presenta dunque particolarmente complesso,
dominato da forze uguali per importanza, ma opposte per direzione.
I rapporti verticali, le strategie di differenziazione, il grado di
sostituibilità tra i prodotti e le barriere all’entrata da concorrenti
provenienti da settori diversi rientrano attualmente nel concetto allargato
di concorrenza, mentre il livello di riferimento per le strategie di impresa
è ormai quello internazionale.
9
1.3.2. Il Wto
L’interdipendenza tra i paesi coinvolti negli scambi internazionali è
cresciuta enormemente , con la conseguenza di un aumento globale dei
livelli di efficienza ed un migliore utilizzo delle risorse (tra cui in
particolare le conoscenze scientifiche e tecnologiche).
Il Wto (World Trade Organization) fornisce il quadro di regole e
comportamenti per le politiche commerciali dei diversi paesi con
rilevanti ripercussioni sulle strategie internazionali delle imprese, tra cui
quelle agro – alimentari. E’ il frutto di otto anni di negoziati in Uruguay
(Round) dal 1986 al 1994 (anno della sua nascita) ed è di fatto erede del
Gatt (General Agreement on Tariffs and Trade) nato nel 1948 ed attivo
fino al 1995. L’organizzazione si occupa del controllo delle regole del
commercio mondiale, sostenendo una pressoché totale abolizione di ogni
tipo di dazio o tariffa alle frontiere per l’affermazione di un mercato
globale.
Come gli altri paesi industrializzati, l’Ue ha assunto con la
sottoscrizione dell’Accordo nell’ambito dell’ Uruguay Round degli
impegni a carattere permanente sia per quanto riguarda il sostegno
interno, che per quanto riguarda l’accesso al mercato e la sovvenzione
alle esportazioni, ma anche per quanto concerne le misure sanitarie e
fitosanitarie.
10
Logicamente gli effetti di tali impegni sui mercati agricoli interni
ed internazionali avranno sul sistema agro - alimentare comunitario e
nazionale una serie di conseguenze: ad esempio a partire dai primissimi
anni del nuovo millennio, le eccedenze (in particolare del settore
cerealicolo, della carne bovina e lattiero – caseario) non potranno più
essere smaltite sui mercati internazionali a causa dei limiti imposti agli
aiuti all’export (le alternative esistenti sono di due tipi: imporre
restrizioni alla produzione interna, o allineare progressivamente i prezzi a
quelli mondiali, in modo da rendere più competitive le nostre
produzioni). Un altro effetto si concretizza sul costo delle materie prime:
l’impossibilità di sovvenzionare le esportazioni in presenza di prezzi
comunitari più elevati di quelli mondiali potrebbe comportare un effetto
delocalizzativo sulle industrie europee di trasformazione, con la
conseguenza che l’approvvigionamento delle materie prime non
avverrebbe più ricorrendo all’offerta dei produttori comunitari.
L’incontro della Wto, tenutosi il 30 novembre 1999, per lanciare il
Millennium Round per liberalizzare i commerci, non ha avuto gli effetti
sperati dai 135 paesi membri. Nel campo dell’agricoltura, i dossier che
hanno fatto saltare l’accordo riguardano le biotecnologie ( Stati Uniti,
Canada, Australia, Argentina, Cile e Uruguay premono per l’apertura e
liberalizzazione dei prodotti biotecnologici mentre l’ Ue li respinge) e le
sovvenzioni all’export (i sussidi all’esportazione agricola mondiale sono
per l’ 85% europei: gli americani e i Pvs vorrebbero eliminarli per
consentire alle proprie merci di essere ancora più competitive mentre
l’Ue si oppone chiedendone una progressiva riduzione).
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1.3.2.1. L’ agro – alimentare dopo Seattle
Quindi, nella conferenza tenutasi il 30 novembre 1999 non è stato
possibile raggiungere per i paesi membri un accordo riguardo i temi
discussi, compreso il discorso dell’agricoltura e delle biotecnologie.
E’ emersa tuttavia (P. de Castro, 2000), in grande evidenza, la centralità
dell’agricoltura e soprattutto, dell’agroalimentare, con particolare
riferimento alle tematiche della sicurezza degli alimenti e della qualità
nei prodotti agricoli e agro – alimentari.
In campo agricolo ed agro – industriale è importante non ripartire da zero
ma conservare, per i lavori successivi, quanto di positivo si è già
informalmente convenuto. Resta pertanto prioritari, accanto al tema del
riequilibrio dei sostegni in agricoltura, l’obiettivo di conseguire a livello
multilaterale la protezione ed il riconoscimento dei prodotti agricoli ed
agro – alimentari la cui qualità, in quanto intimamente legata al territorio,
consente a questi prodotti di fregiarsi di denominazioni di origine ed
indicazioni geografiche.
Quindi nel contesto della liberalizzazione dei mercati, caratterizzata dallo
smantellamento delle tariffe doganali e dalla riduzione dei sostegni legati
alla quantità di prodotto ottenuto, è necessario eliminare gli ostacoli
tecnici agli scambi che attualmente vedono i nostri prodotti a
denominazione di origine o con indicazioni geografiche impunemente
usurpati sui mercati dei Paesi terzi. Si tratta di un patrimonio importante
per l’agricoltura nazionale in quanto esso rappresenta in termini di
fatturato e consumo, un valore di oltre 25.000 miliardi di lire. Per queste
produzioni tipiche abbiamo già ottenuto il pieno riconoscimento a livello
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Comunitario dalla Commissione Europea che sino al 31 dicembre 1999
ha conferito a 101 prodotti, dai formaggi alle preparazioni di carni, dagli
oli di oliva agli ortofrutticoli, il titolo di Denominazione di Origine
Protetta (DOP) e di Indicazione Geografica Protetta (IGP) Analogo
riconoscimento ha già riguardato i vini e le bevande che da soli
rappresentano un valore di mercato di quasi 600 miliardi. Bisogna
impedire che il nostro Prosciutto di Parma per poter essere
commercializzato in Canada debba essere costretto a recare sull’etichetta
le parole “il prosciutto originale” perché un’industria canadese ha già
registrato il marchio prosciutto di Parma.
1.3.2.2. Le prospettive per il sistema agro – alimentare italiano
Sullo sfondo dei conflitti emersi a Seattle e sulle prospettive di
riposizionamento competitivo del sistema agro – alimentare italiano su
questo scenario, si può analizzare l’intero sistema (visto come
sommatoria tra agricoltura – industria di trasformazione – distribuzione)
distinguendolo in almeno tre principali componenti (C. Magni, 2000):
l’industria agro – competitiva, quella delle aree rurali suscettibili di
valorizzazione ed infine quella marginale.
● Per quanto riguarda il sistema agro – alimentare competitivo,
riconducibile sostanzialmente alle aree di pianura e all’industria di
trasformazione moderna di media – grande dimensione (comprese le
forme associative e cooperative) che già detiene rilevanti posizioni sul
mercato europeo e talvolta mondiale, si può immaginare che grazie ai
miglioramenti della produttività connessi allo sviluppo della ricerca,
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delle tecnologie e delle moderne tecniche e politiche di vendita,
continuerà a sfruttare il vantaggio competitivo del Made in Italy
nonostante l’inevitabile, seppur lentissimo, ridimensionamento delle
politiche di sostegno comunitario. Più in particolare, tale vantaggio sarà
sostenuto, nei confronti dei nuovi entranti, con politiche già largamente
in uso, legate alle caratteristiche qualitative dei beni ( processo, prodotto
ed origine) e alla loro certificazione DOP, IGP e standard sanitari e
merceologici che diverranno elementi vincenti nella competizione,
almeno nei ricchi ed esigenti mercati dei paesi industrializzati.
La competizione con i nuovi entranti non potrà certo avvenire sul terreno
dei costi di produzione quanto sul sistema dei servizi che il Paese saprà
assicurare allo sviluppo dell’agro – alimentare specie nel Mezzogiorno.
Quindi, il miglioramento del sistema dei servizi alla produzione e alla
vendita, una migliore organizzazione aziendale, una politica di
certificazione e di qualità (salubrità, naturalità, tradizione, richiamo
edonistico e culturale, comunicazione di immagine) come componente
immateriale del prodotto per soddisfare una domanda evoluta di alimenti,
può costituire, sui ricchi mercati dei paesi industrializzati, quel plus
competitivo capace di contrastare, in molti settori, i rischi della
globalizzazione.
● Diversa appare la situazione dei sistemi agro – alimentari più
tradizionali presenti nelle aree rurali che, per le loro caratteristiche
territoriali e produttive, restano ancora ai margini del mercato europeo e -
in modo più evidente - in quello internazionale. In queste complesse
realtà rurali prevale una agricoltura intensiva, basata sulla piccola
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dimensione aziendale e su una industria di trasformazione medio –
piccola, che realizza le proprie vendite soprattutto su mercati locali o
nicchie di mercato delocalizzate con vendite spot. Queste attività
produttive utilizzano filiere piuttosto lunghe e complesse ed operano in
territori rurali con bassa dotazione infrastrutturale. Le prospettive di
questa componente della realtà agricola nazionale oscilla fra l’ingresso
nell’area della competizione e la marginalità produttiva sui mercati
locali. Il suo possibile percorso verso una migliore performance
competitiva sul terreno della qualità fa perno sulle sinergie valorizzatrici
del rapporto con altre attività produttive presenti sul territorio e la
costruzione di nuovi modelli associativi. Da questo angolo visuale
possono essere considerati tutti gli strumenti per la valorizzazione dei
prodotti tipici (compresi i Consorzi di Tutela dei marchi DOP e IGP) le
strade del vino e dell’olio proliferate negli ultimi anni. Si parla di
multifunzionalità del sistema agro – alimentare locale, che può
consentire a rilevanti aree del nostro teritorio rurale di divenire
un’importante attrattiva di consumo per gli altri europei.
● La terza componente infine è rappresentata dal sistema –
agroalimentare posto in aree ultramarginali e senza adeguate risorse
infrastrutturali, costituito da imprese di piccola e piccolissima
dimensione di tipo artigianale e da aziende agricole di modesta
grandezza economica e prevalentemente residenziali e prive di giovani
agricoltori. Queste aree e queste attività sembrano destinate, specie per
gli effetti della globalizzazione, a svolgere un ruolo di contenimento
della forza di lavoro, una funzione sociale di assistenza agli anziani, di
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mantenimento nel mondo rurale e di gestione delle risorse naturali
presenti nel territorio attraverso la loro valorizzazione e di freno allo
spopolamento e al degrado del territorio. Anche nell’area della
marginalità possono evidenziarsi opportunità per le imprese agro –
alimentari che potrebbero favorire il loro ingresso nell’area della
competizione e/o sviluppo rurale. L’individuazione di queste aree e la
progettazione di un loro percorso di successo richiedono elevate
competenze e grandi risorse finanziarie.
Tutte queste riflessioni mostrano l’esistenza di interessanti prospettive
competitive per il nostro sistema agro – alimentare sul terreno delle
produzioni di qualità, della certificazione di processo e di sviluppo dei
servizi reali per l’agricoltura nei nuovi scenari della globalizzazione.
1.3.3. Agenda 2000
A livello comunitario è l’ Agenda 2000, varata nel marzo 1999, la
pietra miliare del cambiamento agricolo ed agro – industriale, in quanto
definisce le linee guida di medio termine ( dal 2000 al 2006) in almeno
tre ambiti strategici di grandissima importanza:
- l’allargamento ai paesi PECO e a Cipro con inevitabili
conseguenze, sia in termini di vincoli di bilancio che di
ampliamento della dimensione competitiva del mercato
continentale;