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La rivista di moda attinge parte del proprio patrimonio dal mondo della moda,
al quale è legata indissolubilmente, e di cui costituisce una delle vie espressive
privilegiate. Nata nell’Ottocento, essa percorre i secoli riportando fedelmente
alle sue lettrici le novità della moda, e aggiungendo di volta in volta rubriche
di vario interesse: dapprima i figurini, che permettevano la riproduzione dei
modelli d’alta sartoria, poi le rubriche di galateo, o di consigli per la
conduzione della casa. In ogni caso, le riviste di moda hanno dato vita ad una
vera e propria rivoluzione nel mondo della stampa, avviando la produzione
delle prime riviste specialistiche per donne. Col trascorrere del tempo, e con la
nascita del prêt-à-porter, le riviste divengono sempre più una vetrina, una
fabbrica di desideri per quel mondo dorato che è la moda. Una diffusione
sempre più vasta, un occhio privilegiato verso le novità e le nuove tendenze,
la rivista di moda si conquista un posto di grande rilievo nel sistema della
stampa.
In tutto questo, gioca un ruolo di primo piano la copertina. Con l’aumento
della concorrenza, le grandi tirature e la crescita del mercato, il numero delle
testate si moltiplica, e rende sempre più centrale il problema dell’immagine,
ovvero dell’identità con la quale il pubblico possa identificarsi. Le maggiori
riviste si contendono i fotografi di fama, e le modelle del momento, per dare
vita ad un prodotto sempre più raffinato, e studiato nel minimo dettaglio.
Ecco, dunque, per quale motivo la nostra attenzione si è rivolta in particolar
modo verso le copertine: esse costituiscono il primo elemento di contatto fra il
lettore e la rivista, e di conseguenza il luogo dove la manifestazione identitaria
si gioca in tutta la sua complessità. L’obiettivo è quello di comprendere non
solo quali siano gli elementi sui quali maggiormente si concentra la proposta
semantica, ma anche a quali articolazioni tali elementi siano soggetti in
prodotti editoriali diversi. Se è vero che ogni rivista ha una propria identità,
che la contraddistingue dalle altre, vogliamo cercare di comprendere quali
siano le componenti di tale identità, gli elementi sui quali si gioca la
differenziazione; inoltre, intendiamo analizzare le declinazioni dei tratti
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fondamentali in riviste diverse, in modo da schematizzare le opposizioni che
le distinguono e motivare le differenze. A titolo esemplificativo, abbiamo
scelto due riviste di moda, entrambe francesi, Elle e Numéro, che manifestano
modi essenzialmente diversi di proporsi: non solo una rivista di taglio
tradizionale a fronte di un prodotto editoriale innovativo, ma due diversi modi
di intendere la corporeità, il rapporto con il pubblico e il ruolo della rivista
all’interno del sistema moda.
Il corpus comprende quattro numeri per ogni rivista, in modo che siano
disponibili all’osservazione occorrenze diverse, che forniscano spazio per una
minima generalizzabilità, seppure senza pretese esaustive: si tratta di illustrare
alcuni esempi del diverso trattamento riservato dalle due riviste alle stesse
componenti, come l’istanza corporea, il rapporto tra immagine e testo scritto,
ecc.
Il metodo è quello della semiotica generativa greimasiana, con l’apporto di
alcune intuizioni teoriche che hanno trovato diverse applicazioni nell’ambito
della semiotica del visibile.
L’analisi è articolata in due parti: ad una prima fase di illustrazione delle basi
teoriche segue l’indagine empirica, svolta sugli oggetti del corpus, e con il
supporto visivo di alcune immagini tratte dalle riviste.
Non resta che passare ai fondamenti teorici su cui si basa l’analisi, prima di
affrontare i testi del corpus per una loro comprensione e sistematizzazione.
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PARTE PRIMA
I PRESUPPOSTI TEORICI
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1. LA SEMIOTICA GENERATIVA GREIMASIANA
L’approccio teorico cui questo lavoro fa riferimento è quello della semiotica
generativa greimasiana, paradigma che si è caratterizzato nel tempo per un
forte orientamento dell’analisi in senso testuale.
Se alle sue origini la semiotica incentrava le sue analisi sul concetto di
segno, negli anni Sessanta si è verificato uno spostamento di ottica, che ha
trasferito l’attenzione dell’analisi sui testi; tale spostamento di prospettiva ha
portato con sé l’articolazione dei testi in strutture superficiali e strutture
profonde. In questo modo, anche forme espressive diverse dalle lingue
naturali venivano ad assumere le stesse possibilità di manifestare
un’organizzazione narrativa: «si tratta di indagare come, al di là della
manifestazione scelta per esprimerlo, sia pensabile una forma di
organizzazione del senso in grado di passare trasversalmente alla diversità
delle lingue naturali e all’eterogeneità delle forme d’espressione»
(Marsciani – Zinna, 1991). Di conseguenza, la semiotica prende ad
interrogarsi circa i sistemi di significazione; è lo stesso Greimas che, nel
Dictionnaire, alla voce “Semiotica”, scrive che non è il segno il reale
oggetto del suo studio, quanto piuttosto il progetto di costruire una teoria
generale dei sistemi di significazione.
Greimas, nell’introduzione a Del senso nel 1970, si augura di poter
realizzare «il progetto di una semiotica formale […] in grado di descrivere
le articolazioni e le manipolazioni di qualsiasi contenuto. In questo modo
forse non si riusciva a dire che cosa fosse il senso, ma, in compenso, si
poteva analizzare il modo in cui si manifestava e si trasformava» (Magli –
Pozzato, 1984). Tale semiotica deve essere in grado non tanto di analizzare
il segno osservabile, collocandosi a livello della manifestazione, quanto di
ricostruire i procedimenti attraverso cui il senso viene generato: il senso non
viene colto nell’osservazione della sua manifestazione superficiale, ma
attraverso un’ipotesi circa la sua generazione, ricostruendo il percorso che
porta le strutture semantiche profonde, attraverso la messa in discorso, alla
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espressione testuale compiuta. Lo stesso Greimas, nel Dictionnaire scrive
«L’oggetto principale della teoria semiotica è per noi […] la determinazione
delle condizioni della produzione e della comprensione del testo». Al
contrario della semiotica interpretativa di tradizione peirceiana, incentrata
sulla manifestazione del segno osservabile, e dunque su un approccio di tipo
genetico, la teoria generativa di Greimas predilige un’attitudine al testo di
segno generativo, privilegiando la comprensione dei meccanismi di
produzione del senso e il loro articolarsi in un percorso ben preciso e
determinato.
Ciò che caratterizza fin dall’inizio l’approccio greimasiano è la sua
organizzazione gerarchica: la semiotica si presenta come una serie di livelli
metalinguistici, che si rapportano in base ad un’organizzazione formale
fondata sul principio di presupposizione logica.
1.1 IL PERCORSO GENERATIVO
Da quanto abbiamo finora detto, risulta chiaro come la teoria greimasiana si
proponga di definire il senso sulla base dei modi della sua produzione.
Grazie allo studio di diverse forme di espressione, Greimas rinviene alcune
invarianti, alcune costanti che ricorrono nella produzione di senso di
qualsiasi oggetto semiotico; attraverso l’organizzazione formale di tali
invarianti, egli è in grado di ricostruire una sorta di percorso, un insieme
gerarchico di livelli che il senso deve attraversare per raggiungere la
manifestazione testuale. Il percorso generativo parte dal livello profondo dei
tratti logico-semantici, attraversa piani via via più superficiali, e infine,
attraverso le procedure di enunciazione, si converte in una struttura narrativa
di superficie. In questo modo, «ogni testo è solo l’evidenza e la memoria
della sua storia generativa» (Magli – Pozzato, 1984). E’ alla base di questa
costruzione la convinzione di fondo che qualsiasi testo presenti una struttura
superficiale di tipo narrativo, attraverso la quale si manifesta: la forma
narrativa sarebbe dunque il denominatore comune di tutte le manifestazioni
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testuali, e rendere conto di tale costruzione la via per la spiegazione del
senso.
Nello schema che segue, viene riproposta la forma grafica dell’articolazione
del senso nel percorso generativo; risulta in questo modo chiara la sequenza
delle tappe che portano i livelli semantici profondi alla manifestazione
testuale.
PERCORSO GENERATIVO
Componente
sintattica
Componente
semantica
STRUTTURE
SEMIO-
NARRATIVE
livello SINTASSI
profondo Æ FONDAMENTALE
livello SINTASSI
superficiale Æ NARRATIVA
SUPERFICIALE
SEMANTICA
FONDAMENTALE
SEMANTICA
NARRATIVA
STRUTTURE
DISCORSIVE
SINTASSI
DISCORSIVA
Discorsivizzazione
attorializzazione
temporalizzazione
spazializzazione
SEMANTICA
DISCORSIVA
Tematizzazione
Figurativizzazione
Greimas distingue il livello profondo delle strutture semio-narrative da
quello più superficiale delle strutture discorsive; il primo è ulteriormente
divisibile in un piano profondo fondamentale e in un piano superficiale
narrativo, mentre in entrambi è possibile distinguere le componenti
sintattiche da quelle semantiche.
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Nel passaggio dalle strutture profonde a quelle della manifestazione, trova
una collocazione fondamentale il concetto di enunciazione, che Greimas
definisce come «una istanza linguistica, logicamente presupposta
dall’esistenza stessa dell’enunciato […] che gioca il ruolo di istanza di
mediazione e assicura la messa in enunciato-discorso delle virtualità della
lingua. […] L’enunciazione andrà concepita […] come una istanza che
promuove il passaggio tra la competenza e la performance (linguistica), tra
le strutture semiotiche virtuali che avrà il compito di attualizzare e le
strutture realizzate sotto forma di discorso» (Greimas – Courtés, 1979).
Luogo di passaggio dalle strutture profonde virtuali alle strutture superficiali
realizzate, l’enunciazione si configura in qualità di istanza di mediazione.
Tuttavia, l’enunciazione non può essere conosciuta in sé, poiché la sua
esistenza è testimoniata solamente dalle tracce che ne reca l’enunciato, di
cui essa è presupposto irrinunciabile. «Di essa si dirà che è il luogo di un
“io, qui e ora” sempre presupposto da qualunque produzione discorsiva e
che, in quanto puro presupposto, risulta semioticamente vuoto, ma, in
quanto di esso solo alcune tracce l’enunciato può conservare e in quanto
solo parzialmente dall’enunciato può essere significato, costituisce un
troppo pieno semantico inesauribile e in fondo inattingibile» (Marsciani –
Zinna, 1991).
Ma prima di proseguire sul tema dell’enunciazione, vogliamo approfondire
la suddivisione instaurata dal percorso generativo, in modo da ricostruire per
intero la stratificazione del testo individuata da Greimas e comprenderla
nelle sue applicazioni analitiche.
Il campo semiotico viene articolato secondo livelli di pertinenza. Questo
permette di assegnare a qualsiasi effetto di senso, che possa rivelarsi nel
corso dell’analisi, un suo spazio all’interno dello schema teorico generale,
una posizione che ne rispecchi il valore rispetto agli altri elementi e la
funzionalità.
I livelli di pertinenza sono organizzati autonomamente, ma rispondono tutti
ad una comune logica di presupposizione unilaterale; questo consente ad un
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livello più superficiale di acquisire una valenza esplicativa, costituendosi in
quanto conversione di valori profondi. In questo modo, il percorso
generativo viene a configurarsi non solo come «la forma stessa della
semiotica», ma soprattutto come «modello della produzione del senso, del
modo in cui la teoria ipotizza, e descrive, l’articolarsi del senso in
significazione e il passaggio dall’immanenza delle strutture alla
manifestazione come effetto di senso prodotto» (Marsciani – Zinna, 1991).
Sono gli stessi Greimas e Courtés, nel Dictionnaire, a dare la seguente
definizione: «designamo con l’espressione percorso generativo l’economia
generale di una teoria semiotica (o soltanto linguistica), cioè la disposizione
delle sue componenti le une rispetto alle altre, e questo nella prospettiva
della generazione, cioè postulando che, dato che qualunque oggetto
semiotico può essere definito secondo il modo della sua produzione, le
componenti che intervengono in questo processo si articolino le une con le
altre secondo un “percorso” che va dal più semplice al più complesso, dal
più astratto al più concreto» (Greimas – Courtés, 1979) . Occorre inoltre
porre l’accento sulla caratteristica di generatività di tale percorso: la
prospettiva stessa della generazione si manifesta come diretta conseguenza
della possibilità di definire un oggetto semiotico nei termini del modo della
sua produzione. Se da un lato si pongono gli approcci di tipo genetico, i
quali collocano lo sviluppo dell’oggetto sul vettore temporale, in relazione
anche a fattori esterni, l’approccio seguito da Greimas è di tipo generativo,
cioè «tratta i fenomeni di senso tentando di mettere a fuoco gli elementi che
consentono di comprenderne, e di descriverne, il funzionamento semiotico;
tenta in altri termini di ricostruire le condizioni di possibilità semiotica di un
testo, di un segno, di un’occorrenza significativa» (Marsciani – Zinna,
1991). Vediamo più in dettaglio i due livelli su cui si articola il percorso
generativo.
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1.1.1 LE STRUTTURE SEMIO-NARRATIVE
Si tratta della componente più astratta del percorso, articolata a sua volta in
un livello profondo e un livello superficiale; il livello profondo è costituito
da due diversi aspetti: da un lato, la componente sintattica, cioè le
operazioni che si possono svolgere grazie al quadrato semiotico; dall’altra,
la componente semantica, che riguarda l’investimento di valori sui termini
articolati dal quadrato stesso. Per quanto riguarda il livello superficiale,
ritroviamo qui la problematica relativa all’organizzazione della narratività
secondo il modello delle prove (aspetto sintattico) e alle strutture modali
(aspetto semantico). «Nel loro insieme, nei due piani in cui si articolano
verticalmente, quello fondamentale e quello narrativo, le strutture semio-
narrative costituiscono la competenza semiotica generale, quell’insieme di
condizioni sempre presupposte […] da qualunque produzione discorsiva»
(Marsciani – Zinna, 1991).
Per quanto riguarda la sintassi fondamentale, il quadrato semiotico viene
definito da Greimas come «la rappresentazione visiva dell’articolazione
logica di una categoria semantica qualunque» (Greimas – Courtés, 1979),
vale a dire di una relazione differenziale tra due termini. Tale
rappresentazione rende possibile la visualizzazione di tutte le articolazioni
possibili della categoria in esame, secondo relazioni di vario tipo; esistono
opposizioni qualitative, che danno luogo a termini contrari, e opposizioni
privative, che danno luogo a termini contraddittori. Le relazioni presenti
all’interno del quadrato sono di tre tipi, e danno luogo a diverse coppie di
termini: le relazioni di contrarietà si dispongono lungo gli assi, le relazioni
di contraddizione lungo gli schemi e le relazioni di complementarità lungo
le deissi. Infine, gli assi realizzano relazioni di presupposizione reciproca, le
deissi di presupposizione unilaterale, mentre gli schemi articolano due
termini contraddittori. Le diverse posizioni all’interno del quadrato
semiotico si susseguono secondo un percorso, ossia un ordine determinato
che costituisce quello che viene definito il percorso canonico.
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S
s1 s2
non-s2 non-s1
NON-S
S = categoria semantica
s1/non-s2 = deissi positiva
s2/non-s1 = deissi negativa
s1/non-s1 = schema positivo
s2/non-s2 = schema negativo
s1 e s2 = termini contrari
non-s2 e non-s1 =
termini sub-contrari
s1 e non-s1 =
termini contraddittori
s1/s2 Æ TERMINE COMPLESSO
non-s2/non-s1 Æ TERMINE NEUTRO
Il quadrato semiotico ha il merito di organizzare il senso sulla base delle
relazioni che ciascun termine intrattiene con gli altri; tali relazioni sono
dunque interdefinite, e costituiscono una forma di paradigma. In questo
senso, l’analisi di Greimas si pone come sviluppo di un concetto
fondamentale della teoria saussuriana, secondo il quale il valore linguistico e
semiotico di un termine si produce a partire dalla posizione di quest’ultimo
all’interno di un paradigma differenziale.
Occorre infine sottolineare che «l’ipotesi generale che regge la costruzione
del quadrato semiotico è un’ipotesi relativa alla forma semiotica, ai suoi
modi fondamentali di articolazione, e che gli investimenti semantici che sul
quadrato si possono operare provengono dalla sostanza del contenuto
attivata da ogni particolare occorrenza testuale. E’ la categoria semantica a
decidere del contenuto dei termini distribuiti sul quadrato, e tuttavia,
inversamente, un tratto del contenuto non potrebbe essere riconosciuto come
categoria semantica se non potesse articolarsi sulla struttura fondamentale
della significazione, sul quadrato semiotico» (Marsciani – Zinna, 1991).
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Passando alla componente della semantica fondamentale, si incontra la
problematica del valore, e del suo investimento nei termini articolati dal
quadrato. Risulta infatti di fondamentale importanza trovare una
componente ricorsiva, in grado di dare continuità di senso agli elementi
eterogenei della manifestazione testuale; tale elemento di continuità è dato
dalla relazione tra soggetto e oggetto, retta dalla categoria del valore. Il
valore è responsabile dell’esistenza semiotica del soggetto e dell’oggetto:
«l’oggetto semiotico è sempre un oggetto valorizzato e il soggetto semiotico
è sempre colui per il quale quell’oggetto, proprio in virtù del valore che vi si
investe, acquista un senso» (Marsciani – Zinna, 1991). Grazie alla nozione
di valore, possiamo concepire la narratività come un processo che porta il
soggetto alla realizzazione, intesa come congiunzione con l’oggetto-valore;
parallelamente, all’interno di un confronto polemico, la disgiunzione del
soggetto rispetto all’oggetto-valore prenderà il nome di virtualizzazione.
Prende forma, in questo modo, una sintassi narrativa in cui gli enunciati
assumono una direzionalità, una tensione verso un punto d’arrivo, e la cui
concatenazione dà luogo allo svolgersi di una storia.
Una volta che gli enunciati si dispongono secondo un percorso, e assumono
una prima fondamentale valorizzazione, si passa all’aspetto più superficiale
delle strutture semio-narrative, articolato in sintassi e semantica narrative.
Per quanto riguarda la sintassi narrativa di superficie, abbiamo visto come
la narratività si articoli sullo schema canonico delle prove. Sviluppando gli
studi sulla narratività effettuati da Propp e dai formalisti russi, Greimas ha
individuato alcuni raggruppamenti di azioni che ricorrevano più
frequentemente in tutte le forme narrative; si trattava del sintagma del dono,
di quello del contratto e della prova. Tutte queste configurazioni riguardano
la circolazione degli oggetti di valore: il contratto stabilisce le regole dello
scambio, mentre il dono prevede simultaneamente un’attribuzione e una
rinuncia. Tuttavia, fra di esse, la prova si manifesta come figura discorsiva
che prevede una contemporanea appropriazione e spoliazione dell’oggetto di
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valore, collocandosi in questo modo in una relazione intersoggettiva di
natura polemica. E’ la successione delle diverse prove che consente di
ricostruire uno schema canonico, ricorsivo in tutte le forme della narratività:
il soggetto sostiene dapprima una prova qualificante, che gli permette di
acquisire la competenza necessaria al superamento della prova successiva; la
prova decisiva introduce nel racconto la dimensione polemica, e vede il
confronto tra soggetto e anti-soggetto per il possesso dell’oggetto di valore;
la prova glorificante, infine, prevede una sanzione – positiva o negativa –
dell’operato del soggetto.
L’investimento semantico di queste strutture avviene sulla base di quella che
viene definita teoria delle modalità. Si colloca a questo livello uno degli
aspetti maggiormente innovativi della teoria greimasiana rispetto agli studi
precedenti; se, infatti, fino a questo punto la teoria si è occupata degli aspetti
prettamente pragmatici della narratività, ponendo l’accento sull’agire,
l’attenzione si sposta ora sulla dimensione cognitiva del soggetto agente.
Determinanti per questa svolta, gli influssi della teoria degli atti linguistici,
secondo la quale il dire si costituisce come vera e propria dimensione
cognitiva dell’atto (Fabbri – Sbisà, 1980). Considerando l’atto nella sua
dimensione minima, di «ciò che fa essere», Greimas introduce il concetto di
modalizzazione, riferendosi all’azione di un predicato che ne modifica un
secondo precedendolo posizionalmente nella catena sintagmatica della frase.
Se prendiamo i predicati di stato (essere), da un lato, e quelli di
trasformazione (fare), dall’altro, le combinazioni possibili ci permettono di
distinguere la performanza di un soggetto nel momento in cui modifica uno
stato (far-essere), dalla competenza necessaria per farlo, intesa in quanto
modo di essere (essere del fare). Per quanto riguarda le altre combinazioni
possibili, riconosciamo la manipolazione nel far-fare, e la sanzione
nell’essere dell’essere.
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Possiamo dunque considerare l’azione dei personaggi nei termini di
programmi narrativi, ossia di concatenazioni di azioni modalizzate, in vista
del raggiungimento dell’oggetto-valore.
Greimas (1983) sostiene che «le modalizzazioni dell’essere devono essere
considerate come modificazioni dello statuto dell’oggetto di valore: le
modalità che riguardano l’oggetto di valore (o piuttosto il valore che vi si
trova investito) saranno definite come costitutive dell’esistenza del soggetto
di stato». Ciò che dà l’impulso alla modalità del voler-essere risiede ad un
livello più profondo, e può essere individuato nella timia: «una categoria
semantica può essere assiologizzata in base alla proiezione, sul quadrato che
l’articola, della categoria timica i cui termini contrari sono denominati
“euforia” VS. “disforia”» (Greimas, 1983). E’ quella che viene anche
definita categoria propriocettiva, in grado di rendere conto del modo in un
cui un essere vivente sente se stesso e il mondo circostante.
Si può concludere, con Greimas, che «la modalizzazione si presenta allora
come il risultato di una serie di sottoarticolazioni significanti della massa
timica amorfa: all’inizio costituita in categoria timica a livello profondo,
essa si differenzia in categorie modali a livello antropomorfo» (ibidem).
1.1.2 LE STRUTTURE DISCORSIVE
Nel passaggio dalle strutture astratte a quelle attualizzate nel testo-discorso,
svolge un ruolo fondamentale il processo di messa in discorso; entrano qui
in gioco delle componenti di contenuto, la cui produzione e interpretazione
fa riferimento ad un soggetto dell’enunciazione. «Al momento in cui il
soggetto dell’enunciazione, sulla base di una competenza semiotica
universale, produce un discorso, ciò che egli fa consiste in una sorta di
messa in scena nella quale è possibile riconoscere due grandi gruppi di
problemi: da una parte egli colloca il discorso rispetto a se stesso, costruisce
soggetti e oggetti, spazi e tempi a una distanza determinata e variabile
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rispetto al luogo, al momento e alla soggettività di produzione, dall’altra egli
riempie i valori e i posti previsti dalla grammatica narrativa di contenuti
semantici condivisi, di figure e di temi che rendono conto in maniera più
diretta del significato dell’enunciato, del suo valore di senso» (Marsciani –
Zinna, 1991)
Le strutture discorsive si articolano, come abbiamo visto per le strutture
semio-narrative, in una componente sintattica ed una componente
semantica. La sintassi discorsiva si fa carico della messa in discorso delle
strutture narrative, attraverso una attorializzazione (conversione nel discorso
delle strutture attanziali), una spazializzazione e una temporalizzazione, le
quali mettono in relazione l’enunciato con l’istanza di enunciazione. Ad un
livello ulteriore, la semantica discorsiva instaura l’opposizione tra discorso
astratto e discorso figurativo; i valori strutturati dalla grammatica narrativa
vengono investiti attraverso la tematizzazione e la figurativizzazione, le
quali, coerentemente rispetto all’intero percorso generativo, sono l’una
l’elemento astratto dell’altra.
Vediamo più nel dettaglio come i diversi aspetti del livello discorsivo
vengono resi operativi all’interno del testo.
La messa in discorso delle strutture profonde avviene ad opera dell’istanza
dell’enunciazione, la quale agisce attraverso due meccanismi complementari
e reversibili: il débrayage e l’embrayage. Il débrayage viene definito da
Greimas e Courtés come «l’operazione con cui l’istanza dell’enunciazione
disgiunge e proietta fuori di sé, al momento dell’atto di linguaggio e in vista
della manifestazione, certi termini legati alla sua struttura di base per
costituire così gli elementi fondatori dell’enunciato-discorso» (Greimas –
Courtés, 1979); esso si configura dunque come l’operazione attraverso la
quale l’istanza di enunciazione, sincretismo di un “io”, di un “qui” e di un
“ora”, proietta al di fuori di sé uno o più di questi aspetti, dando luogo
all’enunciato.