5
e studiarne il seguito sulla storia dell’informazione (o meglio della disinformazione),
della stampa e dell’editoria del XX secolo.
Nell’affrontare questa ricerca, può risultare quantomeno sconsolante la difficoltà
che si incontra nel reperire informazioni e testi sul personaggio in questione: gli
strumenti “classici” (testi di storia, ricerche bibliografiche a soggetto, indagini via
Internet) non consentono una trattazione decorosa dell’argomento. Ironia della sorte e
della storia, pare che la vita del più grande maestro della disinformazione sia stata
sottoposta a una più o meno deliberata censura, o perlomeno sia stata condannata alla
totale dimenticanza nel dibattito storico, politico e sui temi della comunicazione. A
parte il citato saggio di Furet e qualche pagina di un recente saggio di Fejtö
3
, è
estremamente difficile trovare un testo di storia che faccia anche solo il nome di
Münzenberg (comprensibilmente più noto è il suo alter ego e complementare, Joseph
Göbbels, che aveva un ruolo pubblico riconosciuto e che non conoscerà, a differenza del
primo, alcun tipo di “pentimento”); solo tre scrittori, Manes Sperber, Arthur Koestler e
Aleksandr Solženicyn, hanno lasciato opere, citate in bibliografia e nel prosieguo della
ricerca, in cui è ampiamente presente la figura di “Willi” Münzenberg. Altri due testi
fondamentali, Willi Münzenberg: eine politische Biographie e il recente Double lives:
Stalin, Münzenberg and the seduction of intellectuals, rispettivamente di Babette Gross
(compagna di Münzenberg e sorella di Margarete Buber-Neumann
4
) e di Stephen Koch,
professore alla Columbia University, non sono stati tradotti in italiano (il primo, solo in
francese, il secondo è stato edito dalla Free Press di New York nel 1994).
Nello sviluppo della ricerca, si è reso necessario un quadro storico
(inevitabilmente sintetico e scarno) delle vicende europee tra le due guerre (primo
capitolo), con un occhio privilegiato per l’azione e la penetrazione ideologica del
regime comunista in Russia e negli stati europei, soprattutto per quanto riguarda i suoi
rapporti con i protagonisti dell’epoca, gli intellettuali, le correnti, i partiti nazionali e gli
equilibri geopolitici. È infatti in questo complesso e drammatico contesto che si innesta
e si intreccia la parabola umanamente travagliata e rocambolesca, politicamente e
ideologicamente non meno interessante, di Willi Münzenberg.
3
F.Fejtö, Il passeggero del secolo, Sellerio, 2001
4
Margarete Buber-Neumann, già compagna del filosofo Martin Buber e moglie in seconde nozze di
Heinz Neumann, dirigente comunista tedesco ucciso nelle purghe del ’37-‘38, fu deportata prima nei
gulag sovietici e poi scambiata nel 1940 come prigioniera di guerra e confinata nel lager nazista di
Ravensbrück, dove conoscerà Milena Jesenskà, una delle più note giornaliste boeme, rimasta famosa
soprattutto per il legame sentimentale che, dal 1920 al 1922, l'aveva stretta a Franz Kafka.
La Buber-Neumann è autrice nel 1948 del celebre libro Prigioniera di Hitler e Stalin, edito da Il Mulino
nel 1995.
6
Un profilo biografico sul personaggio (capitolo secondo) appare imprescindibile
per raggiungere un livello minimo di chiarezza in termini di date, luoghi e rapporti con
gli eventi storici del tempo; è altresì indispensabile per illustrare con maggior precisione
l’insieme di attività gestite dal “trust”, tentando in seguito di comprendere quali
ripercussioni esse abbiano portato nelle dinamiche dei rapporti tra intellettuali e partiti
comunisti e nelle strategie di costruzione e gestione del consenso. L’analisi di queste
tecniche, contestualizzate rispetto alla propaganda sovietica e ad altre esperienze di
propaganda totalitaria, ad esempio il fascismo, e il successivo tentativo di rintracciarne
il seguito sulla comunicazione politica e mediatica a mezzo stampa, soprattutto nel
nostro paese, costituiranno il terzo e ultimo capitolo, in cui si sviluppa il nucleo e il
significato dell’intera ricerca.
7
CAPITOLO I - QUADRO STORICO DELL’INFLUENZA COMUNISTA
NELL’EUROPA TRA LE DUE GUERRE
Il capitolo prende in esame, basandosi in buona parte sul citato testo di Furet,
l’azione del regime sovietico nell’Europa occidentale, soprattutto per quanto riguarda i
rapporti politici e diplomatici intrattenuti con gli stati democratici, con i nascenti regimi
totalitari fascista e più tardi nazista, con i partiti e i gruppi di influenza delle società
europee.
1.1 La rivoluzione d’ottobre
[Lenin, ndr] Il 15 marzo [1917, ndr] stava finendo di pranzare, un busso improvviso alla
porta. Bronski. […] «Non avete saputo niente?» «Cioè?» «In Russia c’è la rivoluzione… a
quanto dicono… già se ne scrive…» […] «Che idiozia. E da dove verrebbe la notizia?» […]
«Dai dispacci telegrafici. Sulla stampa tedesca» «E allora? Sulla stampa tedesca, e a
proposito della Russia! Mentono, è chiaro.»
5
Questa la sorprendente ricostruzione che Aleksandr Solženicyn fa della notizia,
propagatasi nei circoli rivoluzionari svizzeri, dello scoppio della rivoluzione in Russia.
Lenin, a quel tempo a Zurigo, avrà modo di verificare l’esattezza della notizia e di
organizzare il suo rischioso viaggio in treno: un mese dopo, il 16 aprile 1917, giunge a
Pietrogrado. Da qui comincia a guidare il partito bolscevico nella lotta per la gestione
della rivolta che nel febbraio-marzo aveva dissolto il regime zarista. Nella notte tra il 6
e il 7 novembre (24-25 ottobre per il calendario ortodosso, da cui il nome dell’Ottobre),
l’Armata rossa di Lenin e Tročkij occupa il Palazzo d’Inverno rovesciando i
menscevichi di Kerenskij. Immediatamente, il fascino e la mitologia della Rivoluzione,
che per molti versi si presenta come continuazione e compimento di quella francese,
conquistano i favori dell’opinione pubblica europea. Furet nota che “l’iniziale successo
ideologico del bolscevismo in Europa è quasi un mistero, non privo di analogie con
quello che alla stessa epoca circonda il progredire delle idee fasciste”
6
. Sta di fatto che
alle sinistre dei paesi occidentali la rivoluzione russa appare “rivoluzionaria, più che
russa”
7
: l’idea leninista, coniugandosi all’idea giacobina, acquista per fusione una
5
A.Solženicyn, Lenin a Zurigo, Mondadori 1976, pagg.218-219
6
F.Furet, op.cit., pag.36
7
F.Furet, op.cit., pag.94
8
credibilità “borghese”. Scrive a questo proposito lo scrittore ungherese Arthur Koestler,
descrivendo i momenti della sua “conversione” al comunismo:
[…] il movimento comunista sembrava la continuazione logica del progressismo umanistico,
la continuazione e il compimento della grande tradizione giudaico-cristiana: un nuovo fresco
germoglio sulla strada del progresso europeo che, attraverso il Rinascimento e la Riforma, la
rivoluzione francese e il liberalismo, giungeva finalmente al millennio socialista.
8
In questa capacità quasi metamorfica e camaleontica di sintesi che caratterizza
da subito il comunismo, Furet identifica uno dei segreti della “predisposizione a
sopravvivere alle catastrofi che quell’idea ha provocato nel corso del secolo”
9
. La prima
di queste catastrofi è, a partire dal 1918, il “comunismo di guerra”: la statalizzazione
dell’economia, i cui risultati pratici sono riportati da qualsiasi testo di storia.
La conduzione generale dell’economia e dell’intera vita del paese è assunta dal partito
bolscevico, che incomincia a sviluppare un massiccio apparato burocratico. È il “comunismo
di guerra”: un colossale tentativo di regolare secondo principi socialistici l’intera vita
economica del paese, che viene condotto tra enormi difficoltà. Nel corso di questo
esperimento, secondo fonti sovietiche, sono oltre 5 milioni i morti per fame, in seguito a una
spaventosa carestia e, rispetto ai livelli del 1913, nel 1920 la produzione delle grandi
industrie è ridotta a meno di un settimo.
10
Lenin non ha dubbi che il destino dell’Ottobre si giochi fuori dalla Russia, e sia
destinato ad espandersi nel mondo. Lo storico Eric Hobsbawm, nella sua più fortunata
opera, Il secolo breve, ne dà conferma:
La rivoluzione era stata fatta non per portare la libertà e il socialismo in Russia, ma per
innescare nel mondo la rivoluzione proletaria. Nella mente di Lenin e dei suoi compagni, la
vittoria del bolscevismo in Russia era innanzitutto una battaglia nella campagna che doveva
portare alla vittoria del bolscevismo su scala mondiale assai più vasta, e solo in tal senso era
giustificabile.
11
Nel maggio 1918, Lenin dichiara che “gli interessi del socialismo mondiale sono al
di sopra degli interessi nazionali, al di sopra degli interessi dello stato”.
12
La creazione
della Terza Internazionale (a Mosca, nel marzo 1919) e del Comintern, organo
8
A.Koestler, Freccia nell’azzurro, Il Mulino, 1991, pag.293
9
F.Furet, op.cit., pag.94
10
C.De Boni - E.Nistri, L’Europa e gli altri, dal primo Novecento alla seconda guerra mondiale,
D’Anna 1998, pag.132
11
E.Hobsbawm, Il secolo breve, Rizzoli, 1995, pag.73
12
cit. in R.Pipes, Il regime bolscevico. Dal terrore rosso alla morte di Lenin, Mondadori, 1999, pag.192
9
dell’Internazionale comunista che ha il compito di coordinare le attività sovversive
all’estero, sanciranno lo sdoppiamento politico dell’azione comunista: il partito
bolscevico russo, forte del “segreto” della rivoluzione vittoriosa, si presenta come la
guida mondiale alla costruzione di un ordine nuovo, in un contrasto tra realtà particolare
e ideale universale che ne accompagnerà tutta la storia.
Fin dai primissimi anni’20, la Russia sovietica inizia ad intrattenere rapporti con i
paesi occidentali, che vedono negli accordi commerciali una conveniente occasione per
“civilizzare” e moderare gli aspetti più brutali del bolscevismo: nella primavera del
1920 la Gran Bretagna, nonostante la dura opposizione di Churchill, intraprende
colloqui commerciali con Mosca; la seguiranno gli Stati Uniti (che nel luglio 1920
sciolgono il veto commerciale), la Svezia e, al termine della guerra civile (1921), la
Polonia. Il paese privilegiato per l’esportazione dell’Ottobre è però, agli occhi dei
sovietici, la patria del profeta, la Germania di Karl Marx:
A Mosca ritenevano che fosse la Germania a possedere la chiave della rivoluzione mondiale:
in nessun altro posto il Comintern si impegnava con altrettanto zelo nelle attività sovversive.
Il tedesco fu la lingua ufficiale dei due primi congressi del Comintern […]. […] in Germania
Mosca aveva dei potenziali alleati: i più promettenti appartenevano agli ambienti politici e
reazionari che in seguito sostennero Hitler. Si trattava di un matrimonio di convenienza,
fondato sull’odio comune per il Partito Socialista Tedesco e il trattato di Versailles.
13
Ne è ulteriore e involontaria testimonianza il trattato di Rapallo, firmato nel 1922 in
seguito a una serie di riavvicinamenti commerciali, tramite il quale la Germania di
Weimar e la Russia diventano partner privilegiati. Nel 1921, una volta soppresso il
tentativo di controrivoluzione da parte delle truppe zariste appoggiate debolmente
dall’Intesa, Lenin vara la NEP (Nuova politica economica) nel tentativo di dare respiro
alla produttività nazionale stroncata dal progetto collettivista.
13
Ibidem, pag.258
10
1.2 Da Lenin a Stalin
La mancata rivoluzione sovietica in Germania e negli altri stati europei e la morte,
in seguito a lunga malattia, di Lenin (21 gennaio 1924), segnano un radicale
cambiamento nella filosofia della “rivoluzione mondiale”.
Durante la lotta per la successione (1924-27) che vedrà vincitore Stalin, il futuro
capo georgiano contribuisce, sia pur nel nome del suo predecessore, a una pesante
sterzata politica accentratrice verso la nazionalizzazione del comunismo, secondo la
sintetica formula del “socialismo in un solo paese”. La missione che Stalin si auto-
attribuisce è quella di costruire il socialismo rivoluzionario in URSS: dopo il VI
congresso del Comintern, in cui il leader georgiano ha la meglio su Bucharin, i piani
quinquennali subentrano alla NEP, mentre lo sterminio dei kulaki, la schiavizzazione di
ampi strati della popolazione, l’apparato poliziesco e burocratico a servizio dello stato
sovietico, le deportazioni e i processi sommari con cui sbarazzarsi degli avversari
politici e dei nemici interni al partito (strumenti questi che peraltro erano già
pienamente operativi nel periodo di Lenin) raggiungono i livelli più tragicamente
elevati. Nel frattempo però, il “socialismo in un solo paese” porta a un attraente
isolamento della Russia, che acquista una sorta di “impermeabilità storica” agli occhi
dell’Europa. Scrive Furet:
Quell’operazione [la collettivizzazione, ndr] ha gettato l’Unione sovietica in un terrore di
massa che all’epoca non aveva precedenti (salvo, forse, il massacro degli Armeni da parte
dei Turchi, che era però di natura diversa). Ha fatto sentire lo Stato totalitario compiuto […]
La cosa sorprendente è che agli intellettuali occidentali o all’opinione pubblica internazionale
sia potuta apparire un episodio scontato, o addirittura esemplare, mentre era un’operazione
grottesca, oltreché atroce. […] Se l’economia politica sovietica suscita un tale entusiasmo,
non è soltanto perché forma un contrasto quasi provvidenziale con lo spettacolo fornito dal
crollo del capitalismo. È anche perché scopre un’idea morale, un uomo rigenerato, liberato
dalla maledizione del profitto.
14
In questi anni, l’immane tragedia che colpisce il popolo russo non lascia però del
tutto indifferenti gli stati occidentali: ad esempio, il presidente USA, Hoover,
organizzerà già negli anni ’21-’22 un’immensa campagna di aiuti economici alla Russia
14
F.Furet, op.cit., pagg.172-182
11
per un totale di oltre 61 milioni di dollari (di allora)
15
. In questo frangente, come si
vedrà in seguito, avrà modo di emergere il genio propagandistico di Münzenberg.
1.3 Comunismo, fascismo e antifascismo
Il fallimento storico del progetto cominterniano di esportare la rivoluzione e di
costruire un comunismo planetario paradossalmente accresce il ruolo della Russia
sovietica agli occhi dei comunisti europei. Scrive a questo proposito Julius Braunthal:
Proprio perché la rivoluzione mondiale non era più una possibilità reale, i comunisti stranieri
erano obbligati a puntare tutte le proprie speranze sulla Russia sovietica. Solo la Russia era
uscita vittoriosa dalle lotte di classe del periodo rivoluzionario, e si era difesa con successo
contro innumerevoli nemici. Era […] un possente bastione contro il capitalismo
internazionale. Più i comunisti stranieri consideravano difficile conquistare il potere nei loro
paesi, più erano costretti a fare quadrato intorno alla Russia sovietica. In questa situazione
[…] nulla era più naturale del fatto che la Russia sovietica fosse destinata a diventare la
patria dei comunisti di tutto il mondo.
16
In questo contesto, la nascita di regimi fascisti in Europa avviene sotto l’occhio
vigile dell’Unione sovietica: non si tratta però sempre di totale ostilità. Si possono
invero rintracciare due linee sostanzialmente opposte che si intrecciano grossomodo nel
corso del ventennio ’25-’45, e che caratterizzano i rapporti tra il comunismo e i regimi
totalitari di stampo fascista e la loro percezione nelle opinioni pubbliche europee: la
strategia della “classe contro classe” e il “frontismo” antifascista.
1.3.1 Dalla “classe contro classe”…
Per un lungo periodo, come in parte si è visto, l’URSS si pone come guida del
movimento operaio internazionale per la realizzazione della dittatura del proletariato.
Questa lotta di classe è svolta contro le democrazie capitaliste, e contro tutte le forze
politiche “borghesi” che si oppongono alla rivoluzione. L’accusa di fascismo (preceduta
dall’aggettivo “social”) è in questo periodo estremamente elastica ed estendibile a
svariate categorie di avversari; questa politica giunge al punto che nel 1933 Mosca fa
pressioni su Palmiro Togliatti perché ritiri il suo suggerimento che, almeno in Italia, la
socialdemocrazia non costituisse il nemico principale.
17
15
cfr. R.Pipes, op.cit., pag. 475
16
trad. da J.Braunthal, History of the International, vol.2, 1967, pag.258
17
cfr. E.Hobsbawm, op.cit., pag.129
12
Questo atteggiamento politico, al di là degli slogan del 1932 “contro il fascismo e
contro la guerra” (il Congresso internazionale di Amsterdam del 23 agosto, basato su
questo slogan, è organizzato proprio da Münzenberg), è indice di una profonda quanto
sotterranea convergenza ideologica tra i regimi totalitari, soprattutto tra quello nazista
(che assume potere rilevante a partire dal 1930 e poi dal 1933) e quello comunista.
Questo collante è costituito dalla comune sfiducia nelle istituzioni democratiche e
dall’odio per la socialdemocrazia, propaggine marxista nella visione di Hitler e
reazione socialfascista per Stalin. Si può parlare (il termine è di Furet) di una
“complicità conflittuale” dei due stati totalitari nemici del trattato di Versailles,
complicità che si pone in continuità con il trattato di Rapallo: “il Comintern spera di
incanalare l’ostilità tedesca verso l’imperialismo francese, e un parte dell’estrema destra
tedesca guarda con favore alla neonata Unione sovietica”
18
. Una sorta di prodromo del
patto Ribbentrop-Molotov del ’39, che rimarrà però pressoché estraneo alla politica
ufficiale di Mosca e alle sue direttive politiche per i partiti fratelli in Europa occidentale.
1.3.2 …al fronte antifascista
Con l’ascesa fulminea di Hitler (dal ’33 in poi) e il dilagare della follia nazista, si
assiste a una progressiva ma decisa ripresa della politica antifascista nell’azione del
Comintern. Le forze politiche moderate di sinistra cessano di essere giudicate come
collusive dei regimi reazionari, non sono più semplicisticamente poste in contrasto con
la radicalizzazione della lotta di classe e la rivoluzione previste dai dettati del
marxismo-leninismo. Viceversa, sarà il nazismo ad essere presentato come l’evoluzione
più compiuta dell’imperialismo capitalista, in marcia verso la sua inevitabile
dissoluzione: si sviluppa pertanto nella linea comunista un atteggiamento via via più
definito, che identifica il primo nemico nella reazione fascista “in senso stretto”.
Il processo di Lipsia, di cui si parlerà più avanti e in cui il ruolo di Münzenberg fu di
primissimo piano, segna una tappa fondamentale di quello che diverrà un contrasto di
dimensioni tali da segnare il secolo appena finito. L’apice di questa “inversione” è
quella che Furet e altri storici definiscono la svolta di Amsterdam Pleyel, avvenuta nel
biennio ’34-’35. Scrive Paolo Spriano in un saggio storico edito da Einaudi:
[
[
o
18
F.Furet, op.cit., pag.224