7zione. I vari modelli sono stati quindi valutati mediante un’analisi a molti obiettivi
che ci ha permesso di scegliere la rete più performante e, di conseguenza il metodo
di destagionalizzazione con il quale si ottengono le prestazioni migliori. I risultati
evidenziano la necessità di un processo di destagionalizzazione dei dati ed il miglior
risultato è stato ottenuto operando sia sugli inquinanti in ingresso che sulle concen-
trazioni di particolato in uscita. A partire da questo modello si è inoltre indagato
sull’utilizzo delle previsioni meteorologiche e sull’ingresso di pioggia per le previ-
sioni a uno e a due giorni. Quest’ultimo modello risulta quello più utile a coloro che
devono decidere come intervenire quando le concentrazioni di PM10 sono elevate.
Introduzione
Numerose grandi città europee registrano elevati livelli di inquinamento atmosferico
durante la stagione invernale per la presenza di particolato. Un recente studio effet-
tuato dal Centro Comune di Ricerca di Ispra dimostra che i livelli di inquinamento
da particolato nell’Italia settentrionale sono fra i più elevati in Europa.
Il particolato sospeso è costituito dall’insieme di tutto il materiale non gassoso
presente in sospensione nell’aria. La natura delle particelle è la più varia. Defini-
re il PM10 come un unico inquinante in realtà è scorretto in quanto si tratta, come
già accennato, di una classe di inquinanti che include particelle dal comportamento
chimico-fisico e dalla composizione chimica molto diversi. Si possono tuttavia distin-
guere due tipologie di PM10: quello primario, ossia immesso direttamente in atmo-
sfera e quello secondario, ossia formatosi in atmosfera attraverso reazioni chimiche
o fotochimiche. Entrambe le tipologie di particolato possono essere sia di origine na-
turale che antropica. Ovviamente nell’atmosfera di una metropoli la percentuale di
particolato di origine antropica è molto alta e le cause sono principalmente il traffico
autoveicolare, gli impianti di riscaldamento e le grandi industrie.
Il meccanismo di diffusione degli inquinanti atmosferici è complicato e dipen-
de da molto fattori, tra cui, oltre alla già citata componente antropica, le condizioni
meteorologiche.
Il rischio sanitario a carico dell’apparato respiratorio legato alle particelle disperse
nell’aria dipende, oltre che dalla loro concentrazione, anche dalla dimensione e dalla
8
9composizione delle particelle stesse. A parità di concentrazione, infatti, le particelle
di dimensioni inferiori costituiscono un pericolo maggiore per la salute umana, in
quanto possono penetrare più in profondità nell’apparato respiratorio. Il particolato
di granulometria più fine ha inoltre una composizione chimica complessa, chemostra
la presenza, fra l’altro, di sostanze organiche ad elevata tossicità quali gli idrocarburi
policiclici aromatici.
Scopo di questo lavoro è costruire un modello di previsione per l’inquinamento
atmosferico da PM10 per la città di Milano. La normativa vigente che definisce gli
obiettivi e i criteri dei sistemi di monitoraggio della qualità dell’aria afferma: "La rete
di rilevamento dovrà anche essere dotata di un sistema [....] di elaborazione di dati [....] al
fine di individuare potenziali situazioni di emergenza prima che si raggiungano le soglie di
attenzione" (art. 9, DM 20/5/91). Implementare un buon previsore significa dunque
aiutare le autorità pubbliche ad intraprendere la giusta strategia di intervento nel
campo della gestione della qualità dell’aria.
E’ importante sottolineare che l’obiettivo della previsione spesso non è il valore
esatto di concentrazione dell’inquinante, ma è l’informazione sui superamenti delle
soglie imposte per legge. Il supermanto di tali soglie per più giorni consecuitivi im-
plica infatti i provvedimenti stabiliti dalle normative stesse; nel caso del particolato
fine i provvedimenti sono blocchi parziali o totali del traffico a seconda della gravità
delle situazioni. Questa tesi si pone proprio lo scopo di rendere disponibile questo
tipo di informazione con una certa precisione. I modelli utilizzati sono infatti stati
valutati anche per la loro capacità di prevedere i picchi di concentrazione che supe-
rano le due soglie stabilite dalla provincia per i blocchi del traffico, ma anche per la
loro capacità di minimizzare i falsi allarmi che pure danneggerebbero cittadinanza e
autorità pubbliche.
I modelli di previsione testati sono tutti basati sulle reti neurali artificiali (RNA)
ed utilizzano come ingressi sia inquinanti individuati come traccianti del traffico e
delle combustioni in generale, che alcune variabili meteorologiche. La complessità
10
della classe di inquinanti di cui ci occupiamo rende molto difficoltoso un approccio
deterministico del problema pertanto la scelta di utilizzare le reti neurali. Tale scelta
è dovuta in particolare alla loro adattabilità come strumento modellistico e alla lo-
ro capacità di generalizzazione anche in presenza non linearità tra input ed output.
Le reti neurali fanno parte di quella classe di modelli denominata black-box, scatola
nera. Anche per questo, forse, risulta affascinante il fatto che esse siano in grado di
apprendere (qualora opportunamente addestrate) concetti che esplicitare attraverso
equazioni con significato fisico risulta molto complicato. Nota dunque la spiccata
non linearità del legame tra gli ingressi utilizzati e le concentrazione di particolato
abbiamo giudicato le reti neurali artificiali uno strumento idoneo alla previsione.
Scelto il modello da utilizzare e le grandezze che più influenzano l’andamento del
PM10 come input, è necessario ricercare l’architettura ottima della rete neurale. Le re-
ti utilizzate in questo lavoro sono tutte dotate di un unico strato nascosto e di un solo
ouput. L’architettura ottenuta durante l’addestramento delle reti neurali nella prima
parte dello studio è completamente connessa ed è stata scelta come ottima da un ap-
posito algoritmo denominato early stopping. Nel caso della previsione di inquinanti,
solitamente le serie temporali a disposizione sono relativamente brevi, questo può
risultare un problema poiché per le reti neurali, similmente a quanto accade per il
cervello umano, più informazioni sono disponibili migliore risulta l’apprendimento.
In particolare le serie meteorologiche e di concentrazione di inquinanti contengono
delle ciclicità tipiche che potrebbero distrarre la rete da comportamenti più comples-
si durante la fase di training i quali, per esempio, possono determinare innalzamenti
improvvisi delle concentrazioni di particolato.
Per cercare di facilitare la rete durante l’apprendimento, è stata effetuata un’atten-
ta analisi dei dati sia nel dominio temporale che in quello delle frequenze, in modo
tale da individuare le ciclicità che caratterizzano maggiormente le variabili in gioco.
Attraverso diversi metodi di destagionalizzazione si è infine cercato di estrarre dalle
serie temporali tali ciclicità in modo da migliorare le prestazioni delle reti neurali.
11
Per ottimizzare ulteriormente le prestazioni del previsore è utile ricorrere ad un
algoritmo denominato pruning in grado di eliminare tutti quegli elementi dell’archi-
tettura che risultano poco influenti, generando così una rete parzialmente connes-
sa più snella proprio perché contenente meno parametri. In questo modo, pesi e
neuroni considerati ridondanti sono eliminati. La nuova rete raggiunge prestazioni
equivalenti alla rete completamente connessa. Le prestazioni delle reti ridotte sono
paragonabili a quelle delle reti connesse, pur consentendo di implementare un pre-
visore dall’architettura notevolmente alleggerita. Questa fase è inoltre utile al fine di
determinare se vi siano ingressi poco influenti all’atto della previsione.
Capitolo 1
Inquinamento atmosferico da
particolato aerodisperso
1.1 Composizione dell’atmosfera
L’atmosfera è una miscela composta da gas la cui concentrazione rimane pressoché
costante al variare dell’altezza: i suoi componenti sono per il 99.997% azoto, ossigeno
ed argo e la restante percentuale è formata da gas di concentrazione variabile, qua-
li il vapor d’acqua (H2O ), l’anidride carbonica (CO2 ), l’anidride solforosa (SO2 ) e
l’ozono (O3 ). La concentrazione del vapor d’acqua varia in relazione al suo ciclo di
evaporazione-condensazione-precipitazione. L’anidride carbonica proviene da foto-
sintesi, combustioni e dai processi di assorbimento ed emissione da parte degli ocea-
ni. L’ozono si forma per effetto della luce del sole sull’ossigeno biatomico alle alte
quote e costituisce con le sue reazioni di fotodissociazione il nostro naturale scher-
mo dalle radiazioni ultraviolette solari. Nell’atmosfera sono inoltre in sospensione
particelle liquide, solide o miste che vengono chiamate aerosol o particolato in concen-
trazioni variabili in dipendenza del luogo e del tempo. Come possiamo vedere esiste
una stretta interazione tra l’atmosfera, la vegetazione, gli oceani e gli organismi vi-
12
CAPITOLO 1. INQUINAMENTO ATMOSFERICO DA PARTICOLATO 13
venti che popolano il pianeta. Infatti gas e particolato sono prodotti naturalmente
dalle attività biologiche, dalle esalazioni vulcaniche e dai processi chimici che si in-
nescano in atmosfera e sono rimossi dall’atmosfera quando coinvolti in processi fisici,
chimici e di deposizione. I gas più rilevanti e la natura dei cicli che li interessano sono
elencati nella tabella 1.1.
Gas ppm Cicli
Azoto N2 780840 biologico e microbiologico
Ossigeno O2 209460 biologico e microbiologico
Argo Ar 9340 nessuno
Biossido di Carbonio CO2 355 antropogenico e biogenico
Neon Ne 18 nessuno
Elio He 5.2 chimico
Metano CH4 1.72 biogenico e chimico
Cripto Kr 1.1 nessuno
Idrogeno H2 0.58 biogenico e chimico
Xeno Xe 0.09 -
Ozono O2 10−2 - 10−1 chimico
Ammoniaca NH4 10−4 - 10−3 biogenico e chimico
Biossido di Zolfo SO2 10−5 - 10−4 antropogenico, biogenicoe chimico
Tabella 1.1: Percentuale dei gas presenti in atmosfera
L’aria viene definita contaminata quando contiene composti di origine naturale
e/o antropica che, per la loro natura o per la quantità, possono produrre danni anche
gravi agli esseri viventi e alla vegetazione a loro esposti. La condizione di inqui-
namento implica quindi una variazione significativa nelle concentrazioni dei compo-
nenti minori in atmosfera. Agli inquinanti di origine naturale si aggiungono sostanze
antropogeniche che, se concentrate in piccole aree urbane e industriali, possono peg-
giorare notevolmente la qualità dell’aria, aiutate da condizioni meteorologiche che
ne favoriscono l’accumulo.
Tra tutti i possibili inquinanti considereremo in particolare il particolato sospeso
fine denominato PM10 poiché, proprio questo inquinante, ha registrato un significa-
tivo e progressivo aumento di negli ultimi tre anni, in controtendenza al trend degli
CAPITOLO 1. INQUINAMENTO ATMOSFERICO DA PARTICOLATO 14
altri inquinanti tra cui per esempio SO2 e NOx.
1.2 Il particolato aerodisperso
Per particolato atmosferico si intende l’insieme di particelle atmosferiche solide e
liquide con diametro compreso fra 0,1 e 100 micron. Le particelle più grandi gene-
ralmente raggiungono il suolo in tempi piuttosto brevi e causano fenomeni di inqui-
namento su scala molto ristretta. Ovviamente anche le particelle più fini subiscono
la forza di gravità e tendono a deporsi, tuttavia l’atmosfera esercita una spinta verso
l’alto che è proporzionale alla velocità di caduta ed al raggio delle particelle. Inoltre
il tempo di permanenza nell’aria dipenderà dalla natura dei venti e dalle precipita-
zioni e proprio da questo deriva la pericolosità della parte più fine del particolato
aerodisperso.
Il materiale particolato non può certo considerarsi in senso stretto un nuovo in-
quinante dal momento che è stato indice importante fin dai primi studi organici sulla
qualità dell’aria. Nelle prime esperienze di misura viene rilevato come “fumo nero”
(black smoke) e letto con sistemi ottici in termini di annerimento dei filtri, che il con-
tenuto di carbonio elementare provoca. Tale valutazione si rivela ben presto inade-
guata perché fortemente influenzata dalla composizione del particolato, ed è quindi
sostituita con il campionamento e la determinazione del particolato totale sospeso
(PTS). Già negli anni ottanta però i risultati di una serie di indagini epidemiologiche
avevano indirizzato l’attenzione, andata poi sempre crescendo, sulla parte più fine
del PTS come componente più specificatamente connessa agli effetti sulla salute. Il
particolato aerodisperso ed in particolare il PM10 è stato definito in modo rigoroso
solo alla fine degli anni ottanta come insieme delle particelle aerodisperse il cui dia-
metro aerodinamico equivalente1 è inferiore a 10 micron [U.S. EPA Fed. Reg., 1987] e
1
Il diametro aerodinamico equivalente di una particella qualunque è il diametro di una particella sferica
avente densità unitaria e comportamento aerodinamico uguale alla particella considerata.
CAPITOLO 1. INQUINAMENTO ATMOSFERICO DA PARTICOLATO 15
attualmente costituisce uno dei più importanti fattori dell’inquinamento atmosferico
nelle aree urbane, compresa l’area metropolitana milanese.
Figura 1.1: Particella di PM10 a confronto con un capello umano
1.2.1 Classificazione
Esistono vari modi per classificare il particolato atmosferico e tra questi i più usati
sono basati su distribuzione dimensionale, taglio e dosimetria
Distribuzione dimensionale: [Whitby, 1978] In una tipica atmosfera urbana le par-
ticelle aerodisperse hanno una distribuzione dimensionale a tre mode come quella
mostrata in figura 1.2.
Figura 1.2: Distribuzione dimensionale tipica delle particelle in atmosfera urbana
[US EPA, 1996]
CAPITOLO 1. INQUINAMENTO ATMOSFERICO DA PARTICOLATO 16
L’esistenza di tre mode deriva dalle origini diverse delle particelle. In particolare
alla moda delle particelle giganti appartengono le particelle generate principalmen-
te per processi meccanici quali erosione delle superfici, risospensione di polveri dal
suolo, attriti ed alcuni processi industriali. Le particelle della moda di accumulazione
derivano dalla disgregazione chimico fisica delle particelle più grandi o dalla aggre-
gazione e coagulazione della particelle più fini. Le particelle fini sono originate inve-
ce per lo più dalle combustioni che avvengono, per esempio, negli impianti termici
industriali, negli autoveicoli e negli impianti di riscaldamento domestici. Una loro
frazione significativa viene prodotta in atmosfera attraverso la conversione chimica
delle emissioni di precursori antropogenici e naturali. Una caratterizzazione meno
rigorosa identifica la frazione fine (diametro compreso fra 1 e 3 micron) da quella
grossolana.
Taglio: La classificazione rispetto al taglio si basa sui sistemi di prelievo e quindi
ci si riferisce al campionamento di particelle con misura aerodinamica minore o com-
presa in un certo campo di valori, solitamente definito attraverso il 50% della misura
del punto di taglio. Questa classificazione è nata nella speranza di misurare frazio-
ni di particolato con caratteristiche significative sotto diversi punti di vista (salute,
visibilità, ripartizione delle concentrazioni misurate, ecc...).
Dosimetria: La classificazione dosimetria si basa sulla capacità, da parte delle par-
ticelle, di penetrare nell’apparato respiratorio e suddivide il materiale particolato in
frazione inalabile (entra nelle vie respiratorie), frazione toracica (raggiunge i polmo-
ni), frazione respirabile (raggiunge gli alveoli). In tale classificazione la frazione to-
racica corrisponde al PM10. Dal 1993 questo set di definizioni è stato adottato dall’
American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH), dall’ Inter-
national Standard Organization (ISO) e dall’ European Standardization Committee
(CEN).
Per non creare confusione bisogna evidenziare che il PM10 è anche detto comu-
nemente “particolato fine” in quanto frazione fine del PTS; è chiaro che in questo
CAPITOLO 1. INQUINAMENTO ATMOSFERICO DA PARTICOLATO 17
caso l’aggettivo “fine” non ha la stessa valenza usata nelle classificazioni qui descrit-
te ma, all’interno di questo lavoro, verrà mantenuta tale denominazione e pertanto ci
riferiremo spesso al PM10 come “particolato fine”.
1.2.2 Origine e composizione
Il particolato è un insieme complesso di particelle minerali ed organiche con com-
posizione e morfologia eterogenea che variano significativamente sia nel tempo che
nello spazio. Il fenomeno che porta alla presenza del particolato fine in atmosfera è
intrinsicamente complesso per la molteplicità e variabilità dei processi coinvolti.
Figura 1.3: Percorsi di formazione del PM10.Si possono notare le principali sorgenti
primarie e secondarie del particolato fine nonchè la complessità dei fenomeni che
caratterizzano questo tipo di inquinante
Lungi dall’essere circoscritto nell’ambito del circuito classico emissione dalla sor-
gente primaria-concentrazioni in atmosfera, l’analisi del fenomeno mostra che im-
portanti aspetti dello stesso, spesso neppure completamente noti, risiedono nella
chimica-fisica dell’atmosfera ed in particolare in processi di condensazione e nuclea-
zione a seguito di reazioni chimiche [Seinfield e al., 1998]. Analizzando lo schema
dei percorsi di formazione (fig.1.3) si possono facilmente individuare due tipologie
di sorgenti che concorrono alla presenza di particolato fine in atmosfera: le sorgenti
CAPITOLO 1. INQUINAMENTO ATMOSFERICO DA PARTICOLATO 18
primarie e le sorgenti secondarie. Le prime vi contribuiscono direttamente con ma-
teriale che si ritrova nel particolato senza sostanziali modifiche di natura chimica. Le
seconde sono rappresentate da quei processi chimico-fisici localizzati nell’atmosfera
che, da precursori già disponibili da attività antropiche o naturali, generano specie
secondarie di particolato fine non direttamente emesse dalla sorgente. Le sorgenti
possono a loro volta essere di origine naturale o antropica e, ovviamente, sia quelle
antropiche che quelle naturali possono dar luogo a particolato primario o seconda-
rio come viene riassunto in tabella 1.2. Bisogna sottolineare inoltre che le sorgenti
naturali danno origine solo al particolato di granulometria più grossolana mentre le
sorgenti antropiche possono dare origine a particolato di tutte le granulometrie.
Sorgenti antropiche Sorgenti naturali
Primarie Secondarie Primarie Secondarie
Uso combu-
stibili fossili
Ossidazione
SO2
Spray mari-
no
Ossidazione
di SO2 e H2S
da incendi
e eruzioni
vulcaniche
Emissioni di
autoveicoli
Ossidazione
NOX
Erosione
crosta
terrestre
Ossidazione
di NOX
prodotto da
suolo e luce
Polveri vola-
tili
Emissione di
NH3 da agri-
coltura e al-
levamento
Incendi
boschivi
Emissione di
NH3 da ani-
mali selvati-
ci
Usura pneu-
matici, freni
ed altre parti
mecaniche
Ossidazione
di idro-
carburi
emessi da
autoveicoli
Ossidazione
di idrocar-
buri emessi
dalla ve-
getaizione
(terpeni)
Tabella 1.2: Natura delle principali sorgenti di PM10
Si può facilmente immaginare che in ambiente urbano sia prevalente il particolato
aerodisperso di origine antropica ed in effetti la sorgente traffico, il riscaldamento do-
mestico e le emissioni industriali hanno un ruolo fondamentale nella formazione del
CAPITOLO 1. INQUINAMENTO ATMOSFERICO DA PARTICOLATO 19
PM10 in queste aree. Non è però facile individuare in che misura le fonti di emissione
che originano il PM10 contribuiscano alla sua formazione perché, come abbiamo vi-
sto, i processi chimico-fisici che le particelle subiscono in atmosfera sono vari, perciò
l’analisi della composizione dimensionale del particolato non è sufficiente. Esistono
vari tentativi di “apportionment” in bibliografia, cioè di ripartizione delle concen-
trazioni misurate tra le diverse sorgenti, ma la strada più seguita è quella di stimare
direttamente il peso delle fonti calcolandone le emissioni. Secondo gli inventari di
emissione predisposti in Svizzera, la fonte traffico è significativamente più importan-
te del riscaldamento e le emissioni industriali sono inferiori; si trova d’accordo anche
l’inventario delle emissioni, redatto secondo lametodologia del progetto europeo Co-
rinair dall’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (Arpa) per conto della
Provincia di Milano, secondo il quale le emissioni derivanti dalla sorgente traffico
arrivano a rappresentare ben l’ 83% del PM10, mentre la fonte riscaldamento con-
tribuisce per il 16% (per maggiori dettagli si veda il paragrafo 1.7). D’altra parte in
Gran Bretagna il traffico contribuisce per 25% delle emissioni, in quantità paragona-
bile alle emissioni industriali senza combustione [Harrison e al., 1997]. Chiaramente
le proporzioni sono soggette a variazioni stagionali ed hanno forte dipendenza dalla
zona considerata. La sorgente traffico è inoltre scomponibile in più voci: le emissioni
da combustione di carburante, emissioni da consumo dei pneumatici, freni e altre
parti meccaniche, emissioni da risospensione. Quest’ultima voce consiste nel risolle-
vamento da parte dei pneumatici delle particelle già depositate sul manto stradale o
erose dal manto stesso. Sempre secondo l’inventario nazionale svizzero di emissio-
ni di PM10 la risospensione costituisce di gran lunga la fonte prevalente nell’ambito
delle emissioni da traffico, mentre l’usura dei pneumatici e di altre parti meccaniche
è paragonabile alle emissioni da combustione. Alla stessa conclusione arriva l’inven-
tario francese fatto per l’Ile de France [Jaecke-Voird e Pelt, 2000] secondo il quale le
emissioni da risospensione sono 3-7 volte maggiori di quelle da combustione. Uno
studio effettuato da Harrison per la città di Birmingham nel 1997 conclude invece che
CAPITOLO 1. INQUINAMENTO ATMOSFERICO DA PARTICOLATO 20
le emissioni da combustione sono nettamente superiori. Anche in questo caso sono
molto importanti clima e meteorologia perché, come si può facilmente immaginare,
d’estate l’eventuale diminuzione delle precipitazioni, che aiutano la rimozione del
particolato depositato ed atmosferico, può portare la risospensione a diventare un
fattore molto importante.
La composizione del particolato dunque dipende in maniera massiccia dall’area e
dalla tipologia della sorgente di emissione presenti in tale area, può variare stagional-
mente e, come vedremo più avanti, subisce forti influenze dalla meteorologia. Cer-
chiamo comunque di riassumere qui quali siano in generale le frazioni rappresenta-
tive della composizione del PM10 proposte dalla US-EPA nel 1997 per la caratterizza-
zione chimica del particolato. Inoltre nei grafici in fig.1.4 è riportata la composizione
percentuale del particolato di origine urbana e naturale.
Figura 1.4: Composizione percentuale del particolato di origine urbana e naturale
[Fonte: http://www.minambiente.it, ultima visita 16-07-2003 ]
Materiale Geologico: E’ il pulviscolo proveniente dall’erosione della crosta terrestre,
dunque prodotto di una fonte primaria. Questa componente tende a contribuire per
più del 50% del PM10 e traccia di norma l’attività di emissioni diffuse primarie quali
polveri da risospensione, lavori edilizi e stradali, lavori in agricoltura ed erosione
della crosta terrestre ad opera del vento.
Solfati: Sono prodotti prevalentemente da fonti secondarie perché costituiti in pre-
valenza da solfati e bisolfati d’ammonio. Il loro precursore è biossido di zolfo (SO2)
che reagisce con lo ione ossidrile (OH−).
Nitrati: Anche questi sono prodotti secondari derivanti dalla conversione di NO2