americano considerato regola strategica e non più legge incontrovertibile. Con il
“Watergate” arriva la consacrazione del giornalismo d’inchiesta, il giornalismo come
“cane da guardia” del potere politico, alimentando studi sociali sul giornalismo e
immaginari collettivi sulla professione.
E’ un processo che prende forma e sostanza anche in Europa, ma con andamenti
altalenanti… L’attenzione sociale e culturale nonché accademica sulla fenomenologia
della comunicazione e dell’informazione di massa aveva trovato spazi e dibattito fin
dalle prime decadi del secolo scorso: Max Weber al Congresso di Francoforte del
1910, proponeva uno schema concettuale di riferimento per una Sociologia del
Giornalismo, allora connotata sulla base del quotidiano e della pubblicistica stampata.
Il suo approccio era fondato su una metodologia di scomposizione nell’analisi dei
diversi elementi del quotidiano: “ occorre misurare le superfici dei diversi settori del
giornale con le forbici e il compasso e poi esaminare quali cambiamenti qualitativi
presentano”. Evidente era la doppia prospettiva, quantitativa e qualitativa. Ciò per
capire due realtà complesse l’una di fronte all’altra: la pubblicistica e la società
umana: il giornale come espressione viva e immediata dei fenomeni sociali e
culturali, esso stesso fattore funzionale alla cultura moderna. E’ proprio tra il XIX
secolo e il XX che si costituisce un “campo giornalistico” come “campo socio-
culturale” autonomo, relativo a una prima massificazione dell’informazione
giornalistica d’attualità, una storia che inizia con la “Penny Press” americana e poi
britannica, il giornalismo d’informazione, servizio e pubblica utilità così come
valorizzato nella concezione dello stesso Walter Williams.
L’avvento della comunicazione e dell’informazione elettronica ha suscitato una vasta
gamma di studi e pubblicazioni da cui la teoria si è arricchita di termini, concetti,
neologismi. La genealogia di tale teoria risulta basilare per comprendere i
cambiamenti che si sono verificati nel modo di pensare la comunicazione, di capire le
fasi e i processi che hanno condotto la comunicazione da semplice prodotto
dell’industria mediatica a idea “totalizzante”, appunto una nuova idea “universale”. Il
Novecento ha incarnato il progressivo slittamento dall’ideologia del progresso di
matrice ottocentesca e positivista fino all’ideologia della comunicazione.
La Comunicazione oggi è un universo infinito, dal processo di interazione socio-
culturale con un fine informativo costituito dall’oggetto informativo come materiale
di scambio, alla comunicazione emittente una notizia, un sentimento, un’opinione, un
prodotto o un agire sociale del pensiero umano, incipit del fattore educativo-
formativo nell’acquisizione di conoscenze nei diversi campi del sapere. L’evolvere
della Comunicazione, specie nella sua componente “tecnica”, ha dilatato e stirato
nello spazio e nel tempo la sua configurazione generale, accelerando
quantitativamente e qualitativamente trasmissione, divulgazione, trattamento e
conservazione di materiale informativo e mediale. Vi è quindi tutta una Categoria di
Comunicazione all’interno della quale si sviluppa una sottocategoria: l’Informazione
giornalistica d’attualità. L’informazione giornalistica d’attualità, a differenza della
Comunicazione, presenta una caratteristica intrinseca: il “fattore pubblico”, ossia la
costruzione di una sfera pubblica (di notizie) destinate ad una platea costituita come
collettività anonima, i lettori di giornali e della carta stampata, gli utenti abbonati ad
un portale o sito web, gli ascoltatori di una Radio e i telespettatori televisivi. La stessa
comunicazione pubblicitaria o promozionale sviluppa logiche di orientamento su
quella collettività anonima denominata “pubblico”. La dottrina sociale
sull’informazione giornalistica mette in luce tre elementi:
a) informazione pubblicistiche, vale a dire la fabbricazione della sfera pubblica
delle notizie (conoscenza quotidiana della realtà).
b) Spiegazione riflessiva di quella conoscenza quotidiana (commento).
c) Novità nella sfera dell’intrattenimento (sensazioni).
La gamma cristallizzata di forme espressive assunte dall’informazione pubblicistica
assume nuovi contorni informativi e comunicativi: l’avvento delle tecnologie della
comunicazione e dei processi socio-culturali innestati dai new media e da dinamiche
di consumo variabili, evidenziano un rimescolamento ancora in fase di definizione: i
tre rami della pubblicità promozionale, la comunicazione politica per il consenso e le
pubbliche relazioni, hanno sviluppato organi e apparati di comunicazione strutturanti
una sorta di “Para-Informazione” in costante rapporto con le tradizionali e nuove
forme e strumenti divulgativi dell’informazione pubblicistica: Carta stampata, Radio,
Tv e Internet, nelle quali periodicità, accessibilità, continuità e diffusione subiscono,
hanno subito e subiranno mutazioni nella dimensionalità e nella configurazione
mediale. Il divenire cronologico come metodologia di riferimento dell’informazione
pubblicistica è soggetto a una dilatazione e stiramento nello spazio e nel tempo, uno
spazio oggi potenzialmente infinito e disponibile in tempo reale. Se lo studioso opta
per una classificazione verticale nelle sequenze per argomento, l’informazione
pubblicistica assume un criterio orizzontale nella produzione di conoscenza su ciò che
avviene in un dato momento in diversi settori tematici. Quindi, gli avvenimenti sono
presentati senza una soluzione di continuità sistematica, ma solo in base all’attualità
come “novità-eccezionalità” dell’avvenimento. In questo senso Arturo Schopenauer
diceva di come l’informazione pubblicistica fosse la “lancetta dei secondi della storia
mondiale”…
La costruzione sociale della realtà-verità dei media, della comunicazione mediale e
dell’informazione giornalistica d’attualità è correlata dal rapporto stesso con la realtà
sociale, con un ambiente sociale esterno da cui ricavare i fattori e gli elementi degni
di notiziabilità. Questo è il contatto socio-informativo che si instaura con le fonti, e
dal loro utilizzo dipende il “comportamento” dell’informazione. La mediazione socio-
culturale con le fonti si sta modificando, proprio perché è sempre più labile il confine
tra fonti primarie e secondarie, fonti attive e passive e fonti deboli e forti. La presenza
di agenti comunicativi nell’arena sociale e la loro operatività nella produzione
comunicativa porta ad una “sovra-sollecitazione” informativa difficilmente
assorbibile dalla produzione giornalistica, trasformando i criteri e le logiche editoriali
e mediali di metamorfosi della notizia nel prodotto giornalistico. Si hanno quindi due
momenti decisivi nell’immagine sociale che possono allontanare la realtà-verità per
una quasi pseudo realtà-verità: tramite una produzione mediale e simbolica come
conoscenza di riferimento nell’agire individuale e sociale, e perchè i media sono oggi
a loro volta la Fonte… luoghi privilegiati dell’immagine sociale, forti nell’essere la
più importante possibilità di costruzione mediata della realtà sociale, alla luce di una
moltiplicazione della produzione informativa e comunicativa in relazione ad una
parallela propagazione dei mezzi e organi d’informazione a tutti i livelli.
Ma se la costruzione della realtà sociale fa capo ai produttori di informazione, e se i
produttori di informazione risultano a loro volta dipendenti da una rete comunicativa
così estesa e variegata, la Comunicazione si pone sempre di più come costruttore
primario della conoscenza, nell’essere auto-informazione del potere politico,
economico e simbolico. “Il News Processing”, notizie trasformate in prodotto
giornalistico come costruzione e ricostruzione della realtà sociale, vede la notizia
come cellula base della conoscenza umana elevata a istituzione sociale dotata di
autorità e credibilità, favorendo un processo in cui la costruzione sociale dei media si
sovrappone a quella reale e cerchi di sostituirla o quanto meno orientarla. La
creazione della “non-notizia” che caratterizza il prodotto informativo su un
determinato tema da sollevare conduce ad un ondata di spettacolarizzazione
dell’informazione nella rappresentazione mediata della realtà sociale a fini di
intrattenimento, dove le notizie diventano facilmente elementi comuni di uno stesso
prodotto, contando allo stesso modo nella sfera pubblica, consumate con medesimi
modalità di fruizione e meccanismi di appropriazione riflessiva. Con l’aggiunta di una
conformistica accettazione referenziale delle agende tematiche e dell’effetto
rimbalzante della notizia da un media all’altro, ecco una doppia omologazione.
Nell’indifferenza generale prodotta da un marasma di stimoli informativi, il
superamento si ha con le notizie che, come si suole dire, riescono a “bucare” lo
schermo… , ad abbattere un muro generalizzante di apatia informativa per la loro
morbosità, emozionalità e drammaticità. Il simbolico sensazionistico schiaccia il fatto
cronistico! La notizia è come la punta di un iceberg grande e profondo, in cui c’è
molto poco di tutto, un nuovo “cicaleccio” di superficialità e banalità generate da un
flusso informativo velocizzato che premia l’istantaneità in primis, quello che è appena
successo; un avvenimento è importante solo perché è accaduto e si è divulgato.
L’interesse riflessivo, il momento riflessivo necessario per appropriarsi singolarmente
e collettivamente dell’informazione ricevuta non c’è più o dura pochissimo, nella
brevità di vita delle notizie e nelle volontà di consumo rapido delle stesse.
Sulla base delle riflessioni e dei ragionamenti fin ad ora presentati, ecco la
motivazione di uno studio-inchiesta sulla comunicazione e l’informazione nei
processi culturali, nella quale andare a contestualizzare le principali argomentazioni
teoriche e descrittive della sociologia moderna e post-moderna, fornendo un quadro
d’insieme (Cap. 1) in grado di esplicitare in primo luogo un discorso di apertura su
approcci, prospettive e paradigmi utili per definire una Sociologia della
Comunicazione e del Giornalismo (1.1). Il concetto sociale e sociologico di Cultura, i
rapporti tra Realtà e Conoscenza sono interpretati attraverso il “costruttivismo”
sociale dei media, riproponendo i ragionamenti di Goffman, Mc Luhan, Berger e
Luckmann… (1.2). Dalla ricostruzione dei fondamenti naturali e sociali della
comunicazione (1.3), si è arrivati a ripercorre il tratto storico e sociale in merito all’
affermazione concettuale della comunicazione (1.4). Il passaggio dalla
comunicazione e all’informazione (1.5), porta a considerare la funzionalità artificiale
della scrittura (1.6) come forma oggettivante del pensiero, in particolare con
l’invenzione della stampa a caratteri mobili. Una esaustiva panoramica teorico-
descrittiva sulla comunicazione e l’informazione non poteva che sviluppare una
tensione verso il “tema-allegato” del Linguaggio e il suo valore e ruolo nelle
interazioni socio-culturali e nell’organizzazione dell’agire socio-comunicativo (1.7.1
e 1.7.2). Incentrando il discorso sullo sviluppo delle comunicazioni di massa nella
loro azione-influenza nelle relazioni sociali (Cap. 2), si è proposto attraverso le teorie
di Giddens e Thompson un percorso argomentativo rivolto ad illustrare come lo
sviluppo della complessa “macchina istituzionale” moderna sia in rapporto diretto con
gli sviluppi dei mezzi di comunicazione, con tutte le conseguenti modifiche nei
processi interattivi della concezione spazio-tempo, operate proprio dalla produzione
comunicativa, mediale e informativa in una dimensione globale e locale (2.1). Dopo
aver condotto una valutazione storica e tecnologica di tale evoluzione (2.2), si arriva
all’analisi di una trilogia essenziale: “Comunicazione-Tecnologia-Guerra”; con una
serie di argomentazioni storiche e tramite il materiale informativo ricavato da alcuni
principali organi di stampa, si è cercato di configurare la trilogia in rapporto al
conflitto bellico iracheno nonché alla connotazione della Guerra postmoderna (2.3).
Società della Comunicazione e costruzione mediata della realtà (Cap. 3), ha
l’obiettivo di indicare le radici socio-storiche del binomio Globalizzazione e
Comunicazione (3.1), constatare lo status dei processi culturali in rapporto ai new
media e all’interattività mediale virtuale (3.2); infine, valutare l’attuale
configurazione della comunicazione pubblicistico-mediale (3.3), specie in una fase di
forte aumento della comunicazione prodotta da uffici stampa, di pubbliche relazioni,
da service d’informazione… Quali direzioni possibili nella logica comunicativa
“promozionale”…
Una Sociologia del Giornalismo del nuovo millennio, tra una pluralità di Giornalismi,
nell’arena globale e locale, implica verificare la produzione giornalistica sulla realtà
sociale attraverso la “notizia pubblicistica” costitutiva della Sfera Pubblica,
sostanziare la convergenza tra tecnologie della comunicazione e processi di
velocizzazione, a rischio… La cronistica in tempo reale dell’attualità e una riflessività
problematica. A quando la costituzione di solidi istituzioni preposte per una vera,
organica e plurale Formazione al Giornalismo? Queste le linee guida del Seminario di
Studi promosso dalla Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” di Firenze, in
collaborazione con l’A.I.S. (Associazione italiana Sociologia – Sezione processi
culturali) per il Corso di Laurea in “Media e Giornalismo”: Narrare il quotidiano, il
giornalismo italiano fra globale e locale. Il Cap. 4 presenta le valutazioni teoriche,
descrittive ed empiriche relative alle Sessioni Tematiche delle diverse tavole rotonde
costitutive del programma di lavoro del Seminario. Successivamente a una premessa
sul Giornalismo nella Sociologia della Conoscenza (4.1), si è voluto inquadrare la
cangiante identità del giornalismo italiano attraverso la lente di ingrandimento del
“Quotidiano” come architrave del sistema giornalistico e mediatico (4.2.1. e 4.2.2), il
giornalismo nella duplicità socio-culturale di “Cronaca” e “Riflessione” (4.3.1 e
4.3.2) e la narrazione giornalistica come trattazione della notiziabilità sociale, tra una
dimensione locale e una globale in relazione alle nuove tecnologie delle
comunicazione (4.4); in conclusione, Giornalismo e Formazione in Italia tra progetti,
sogni e ritardi… (4.5). Il significato della ricerca teorico-empirica sul Giornalismo
(5.1), è confluita in una ricerca empirica rivolta a scandagliare la produzione
giornalistica e la comunicazione mediale in rapporto alle tematiche e alle
argomentazioni sviluppate, nonché sui processi in corso nella complessiva produzione
informativa. Attraverso il metodo dell’intervista diretta a risposta multipla, ho
intrapreso una indagine sociale sui media sulla base di cinque tematiche-guida
sottoposte al campione intervistato: 1) Comunicazione e Informazione, quali
differenze tra vecchi e nuovi ruoli. Il gran parlare della Società della Comunicazione
e dell’Informazione è un grande bluff, oppure Comunicazione e Informazione
rappresentano i paradigmi sostanziali strutturanti la realtà sociale, culturale politica ed
economica; 2) Comunicazione e Globalizzazione, i new media e il nuovo approccio
“tecnologico” alla professione giornalistica. Rapporto Comunicazione e Guerra o il
recente scandalo al “New York Times”; 3) Comunicazione e Potere, o meglio poteri,
con riferimento sia a condizionamenti interni alla redazione che esterni. Rapporto con
le Fonti nel passaggio da “comunicazione soggettiva” a “informazione oggettivante”
la realtà; 4) Produzione giornalistica e editoriale. Rapporto Cultura-Notizia in una
doppia polarità: processo di velocizzazione dell’informazione, istantaneità e notizia in
tempo reale da un lato, e attualizzazione omogenea della realtà nelle agende
tematiche. Un Giornalismo tra Cronaca e Riflessione nella dimensione globale e
locale; 5) Interattività con i destinatari dei messaggi informativi: “multidirezionalità”
comunicativa o ancora una “unidirezionalità mediata”. Ruolo dei New Media.
NB: La documentazione completa della ricerca empirica effettuata è disponibile nell’
Appendice in allegato (5.2).
Il campione intervistato comprende 32 giornalisti e operatori della comunicazione
(elencati per funzione professionale e testata di appartenenza in Appendice), in un
prospetto mediale e informativo coerente con l’approccio “plurale”, “aperto” e
“multivalente” ad una analisi sociale sui media nella conoscenza umana. Ecco la
motivazione a ricercare testimonianze provenienti dalla Pluralità della produzione
giornalistica e mediale, tanto in termini dimensionale quanto configurativa
nell’architettura informativa e mediale: Agenzie di Stampa, Testate on line, Radio,
Tv, Quotidiani, Riviste e Case editrici: i potenziali “produttori-costruttori” della
conoscenza istantanea e quotidiana della realtà sociale. Inutile negare per un giovane
giornalista-pubblicista desideroso di intraprendere la professione giornalistica,
l’emozione e l’interesse intellettuale nel recarmi all’interno di redazioni “storiche” del
giornalismo genovese e ligure, colloquiare sulle tematiche della ricerca in maniera
aperta con intervistati di un certo rilievo professionale e da anni impieganti nella
produzione giornalistica, rispettando comunque l’impostazione proposta dalle
tematiche-guida di base e secondo gli obiettivi del pubblico dibattito… Oltre a Firenze
per la partecipazione al Seminario di cui riportato sopra, intervenendo tra l’altro con
una relazione nella sessione tematica “Giornalismo e Tecnologie”, a conclusione del
lavoro empirico mi sono recato a Milano nel desiderio di completare ulteriormente il
quadro della ricerca empirica con ulteriori interviste al fine di una “allargata”
valutazione comparativa delle risposte indicate dai vari giornalisti e operatori della
Comunicazione.
Un ringraziamento speciale al mio Relatore, il Professore Giuliano Carlini, che mi ha
permesso di condurre questo “studio-indagine” sulla comunicazione e l’informazione
nella Sociologia dei Processi Culturali, fornendo le indicazioni bibliografiche
sull’argomento, materiale pubblicistico relativo a riviste specialistiche e la
documentazione web necessaria a svolgere una completa analisi teorica e descrittiva.
Un ringraziamento a tutti i 32 giornalisti e operatori della comunicazione che hanno
collaborato, con le loro testimonianze e i loro contributi, a delineare un quadro
empirico sui processi della produzione giornalistica e mediale dai significativi
riscontri qualitativi e quantitativi.
Un ringraziamento al Professore Agostino Petrillo per avermi seguito durante la
gestazione del presente lavoro, dalla scaletta argomentativa iniziale di presentazione,
all’analisi delle fonti bibliografiche e on line, allo screening della pubblicistica
sociologica sulla comunicazione e sull’informazione (raccolta e selezionata grazie al
lavoro di emeroteca svolto al DI.S.PO.S.), fino all’impostazione generale della parte
concernente la Ricerca empirica della Tesi in oggetto riportata e documentata
nell’Appendice in allegato.
Capitolo 1. La comunicazione e l’informazione nei processi
culturali.
Una Sociologia del Giornalismo e una Sociologia della Comunicazione…
Una indagine sulla comunicazione e l’informazione d’attualità nelle sue dinamiche
culturali implica una parallela analisi della concezione dell’individuo e del suo
rapporto dialettico con la società. Analizzare tale rapporto, oltre ad individuare e
spiegare i nuovi percorsi e le recenti direzioni sociologiche e culturali della
comunicazione e dell’informazione, significa altresì evidenziare le implicazioni
psicologiche e antropologiche che si celano dietro al complesso apparato della
costruzione mediata della realtà o, come direbbe Alberto Cavallari, la fabbrica del
presente
1
.
La cultura nel suo valore normativo appare oggi certamente insufficiente, poiché in
un mondo tenuto assieme da flussi comunicativi su scala planetaria, viene
irrimediabilmente meno un’autocoscienza (kantiana) come fattore di obbligazione
morale e vincolo intersoggettivo per scoprire e far valere la spontaneità individuale
nella sua autenticità e unica norma nella formazione del Sé; il soggetto è in un fase di
estrema debolezza. Nel mondo globale e tecnologicamente progredito sembra che le
garanzie contro le barbarie si stiano bruscamente sgretolando. Dall’homo sapiens
socratico, all’homo videns, siamo giunti all’homo sentiens, compiacente e talvolta
inconsapevole di una miriade di stimoli che gli piombano a velocità prima impensate,
un flusso e una circolazione di informazioni che sempre di più incidono sulla
psicologia sociale e comportamentale, divenendo in molte situazioni della realtà non
controllabili razionalmente.
E l’homo humanus? Escludendo le possibilità dell’oltre-uomo di Nietzsche e la
concezione dell’uomo unico di Stirner, è necessario andare alla ricerca dell’uomo
umano, perno di relazioni e processi culturali pienamente inclusivi e non esclusivi,
aperto ad una prospettiva dialogica nel flusso comunicativo, limitando una direttrice
spesso autoreferenziale dai contorni labirintici, chiusi e mal definiti.
La sociologia della comunicazione, nell’attuale fase storica e sociale, assume una
importanza vitale. Non solo perché il mondo accademico ufficiale ha posto la
Comunicazione al centro delle discipline sociali di riferimento, nella inconfutabile
constatazione analitica che la mediologia oggi rappresenta ciò che la sociologia
generale ha rappresentato nella fase di industrializzazione, ma anche perché nei
processi culturali e nella costruzione della conoscenza, Comunicazione e
Informazione possiedono delle potenzialità enormi, dal semplice contesto locale a
quello macroregionale e planetario, sviluppando una serie di circuiti di
interconnessione reciproca senza precedenti. Per tali motivazioni, la formazione
dell’individuo socialmente orientato non può che essere il tema del futuro, un
avvenire dalle forme e dai contenuti non ancora ben codificati. Da questo punto di
vista, assai interessante è la riscoperta dell’uomo multivalente proposta dal sociologo
americano, libertario e controcorrente, Alfred McClung. Il suo approccio rovescia
buona parte della scuola sociologica americana, in cui si sono formati i cosiddetti
“tecnici sociali”, preoccupati del metodo e della acquisizione di una strumentazione
di ricerca, dai questionari, alla scale di gradazione degli atteggiamenti, alle interviste
particolari, ai test proiettivi, ai sondaggi d’opinione… Insomma tutta quella scuola di
ricerca sociale che ha portato l’elemento quantitativo al di sopra di tutto e di tutti,
schiacciando ogni fattore qualitativo. Da tali studi sociologici hanno preso forma le
moderne tecniche di indagine sulla società, il Marketing sociale, i Focus Group… La
ricerca sociale fondata esclusivamente sulla strumentazione statistico-matematica ha
davvero condotto ad una deviazione quantofrenica, e forse schizofrenica. Infatti,
assieme alla componente certamente importante costituita dall’elaborazione
matematico-statistica di dati quantitativi raccolti per studiare la società o una sua
parte, è necessario visualizzare e rendere operativa una parallela analisi qualitativa
basata su un retroterra teorico, un sostrato insomma che permetta di analizzare
l’elemento quantistico in un ottica correlativa ed interattiva proprio con l’elemento
qualitativo.
1
V. Alberto Cavallari, La Fabbrica del presente. Lezioni d’informazione pubblica, Milano,
1990, Feltrinelli.
Il riscontro empirico riguardo al binomio quantità/qualità non lascia dubbi, nel senso
che tutta l’industria editoriale e mediatica sta incentivando il “paradigma
quantitativo” a fattore dominante nella produzione di informazione e comunicazione,
con inevitabili conseguenze nella procedura di rappresentazione mediata della
realtà. Se assumiamo che la costruzione sociale della realtà risulta sempre di più
influenzata dai messaggi informativi veicolati dai media, è logico supporre che il
“paradigma quantitativo” non potrà che essere inglobato anche nei processi culturali
di interazione sociale mediale ai più svariati livelli. La questione socio-culturale non è
comunque nuova, poiché ha interessato tutta una vasta pubblicistica che ha visto
protagonisti fin dagli anni ’60 importanti giornalisti ed intellettuali italiani: Umberto
Eco, Pier Paolo Pasolini , Giorgio Bocca, Paolo Garimberti e altri… Il problema
risiede semmai nell’osservazione di come nell’ultimo decennio tale tendenza abbia
intrapreso una accelerazione tale da far assumere il “paradigma quantitativo” a
elemento endemico, immodificabile, appunto “istituzionale”. Il numero impressiona,
il numero e il calcolo statistico-matematico si addice alla massa prima, al pubblico
dopo e all’utente consumatore adesso: le tirature (numero di copie stampate) della
carta stampata di tutti i suoi settori (quotidiani, periodici, riviste), gli ascoltatori delle
emittente radiofoniche, l’auditel della programmazione televisiva, il numero
degl’utenti-consumatori dei new media, determinano e orientano la produzione
dell’informazione e della comunicazione all’interno dei medium sopra indicati. Il
mercato dell’informazione, nei suoi meccanismi di domanda e offerta, alimenta il
“paradigma quantitativo” e viceversa.
Nel secondo dopoguerra, alcuni sociologi americani, Talcott Parsons e Thomas
Merton per la scuola del funzionalismo sistemico, Herbert Marcuse, ma anche
Theodor Adorno, Jurgen Habermas e la cosiddetta Scuola di Francoforte, hanno
concettualizzato le categorie sociologiche di cultura i primi e di industria culturale i
secondi, quest’ultimi nella constatazione di una fenomenologia sociale di
“unidimensionalità dell’individuo”, stretto dalla morsa della società industriale e
urbana, sui cui i mass-media influiscono con la loro manipolazione delle menti e con
la irrefrenabile espansione di una “falsa coscienza” per incuneare nella conoscenza
simbolica, intellettiva e percettiva la cultura della società capitalistico-borghese. Il
sociologo americano Alfred McClung Lee ha evidenziato invece una posizione del
tutto particolare, con al centro dell’analisi una Sociologia del Giornalismo, seguendo
il suo maestro Robert Ezra Park, padre della sociologia empirica americana sui media,
specialista nello studio del ruolo della stampa nella formazione dell’opinione, il quale
per ben quarant’anni ha esercitato una notevole influenza in una delle massime scuole
mondiali di studi sociologici sulla produzione giornalistica, la University Chicago
Press. L’indagine sociologica della produzione giornalistica risultava la chiave di
volta per capire già allora il ruolo centrale che l’informazione e la comunicazione
avevano nella produzione della conoscenza e nella costruzione sociale della realtà.
Dall’industria editoriale e mediale si sviluppavano universi simbolici che
istituzionalizzavano determinate dimensioni culturali, oggettivando al tempo stesso
schemi mentali che si riflettevano nei pensieri, nelle azioni e nei comportamenti
all’interno delle dinamiche e delle interazioni sociali di individui, gruppi e
organizzazioni. McClung Lee è comunque esponente di una “sociologia
individualista”, critica e piena di giudizi di valore. La sua è una battaglia
anticonformistica, per questo non che essere una sociologia “impegnata”. Egli
propone l’essere umano nella sua vocazione multidimensionale, che gli consente di
prendere le distanze dalla teoria sistematica dell’ “uomo all’interno
dell’organizzazione”, astratta e mistificatoria, basata sulla conformistica accettazione
di icone e stereotipi che si plasmano nei processi culturali, parcellizzando e
segmentando l’impatto sociale relativo agli studi sociologici. La tutela delle libertà
creatrici ed individuali dell’essere umano devono essere prerogativa di una visione
“polivalente” dell’uomo, secondo una propulsione pluralistica e “riformistica” che si
allontana sia da quella “elitistica” che da quella “rivoluzionaria”. La sua prospettiva
di società vede una coacervo di individui che si muovono nelle più svariate direzioni
secondo interessi e motivazioni, che al più possono raggrupparsi in gruppi sociali
primari, labili, che anche nel momento collettivo di partecipazione mantengono
tuttavia intatta una loro connotazione socio-culturale di matrice personale
2
.
Una sociologia della comunicazione all’interno della quale analizzare un approccio
socio-culturale sulla comunicazione mediale e la produzione giornalistica delle
informazioni, implica cogliere i due elementi sostanziali delle società umane: quello
2
Franco Ferrarotti, Appunti sulla comunicazione interculturale, in “La critica sociologica”, 2002, pp.
28-38.
istituzionale e quello naturale, il primo come struttura oggettivante la realtà, il
secondo come soggettività permanente che si manifesta nella spontaneità, nelle
esigenze e aspirazioni particolari.
Una società dell’informazione impone un rapporto tra società e comunicazione inter-
culturale dalla consistenza sempre più fluida, mobile, ancora non pienamente
compiuta, stabilita grazie ad una serie moltiplicata di circuiti comunicativi aventi la
precisa funzione di rendere rapida e veloce la circolazione delle informazioni da
veicolare e diffondere, ribaltando punti di vista, opinioni e conoscenze acquisite, in
base a una logica di istantaneità permanente cui deve rispondere l’informazione
d’attualità. Se da un lato l’incremento quantitativo nella produzione culturale
permette di raggiungere conoscenze sempre maggiori in tutti i campi, dall’altro tali
conoscenze risultano continuamente modificate e rimescolate nei flussi e nei circuiti
comunicativi, rendendo la conoscenza stessa assai più sfumata e imperfetta rispetto ad
un recente passato. La nuova dimensione pubblica si trova segmentata da una serie
sempre più cospicua di sotto-dimensioni pubbliche, rendendo necessario un
processo di formazione e aggiornamento continuo tramite una interazione frequente
con gli schemi e modelli della comunicazione e dell’informazione. Tale
fenomenologia socio-culturale influenza e sconvolge i medesimi meccanismi di
socializzazione, i quali a loro volta risultano sottoposti ad un progressivo
frazionamento e scomposizione, in una mescolanza e rimescolanza difficilmente
controllabile da parte sia dei singoli individui, sia dei gruppi sociali “storici come
famiglie, amici e scuola, ed infine dalle stesse organizzazioni della vita adulta, nel
quadro di una società sempre più complessa culturalmente, impossibilitata dalla
mancanza di riferimenti concettuali in grado di descrivere, capire e progettare la
realtà e le prospettive future. Gli ideal-tipi classici del pensiero occidentale come
Progresso e Civiltà appaiano appartenere ormai al museo socio-storico dei ricordi!
Comunicazione e Cultura: Costruttivismo sociale e realtà mediata.
La pubblicistica e la letteratura sociologica ha esplicitato la differenza fondamentale
tra la specie animale – il cui comportamento è studiato dalla disciplina scientifica che
prende il nome di Etologia – e la specie umana evoluta nella forma organica
conosciuta come homo sapiens sapiens: tale diversità risiede nel fatto che la prima ha
come fondamento della propria “organizzazione sociale” l’insieme di informazioni
depositate nel proprio patrimonio genetico, mentre la seconda sviluppa la sua
dinamica di “organizzazione sociale” grazie all’accumulazione di informazioni
trasmesse mediante processi di apprendimento veicolati, seppur con modalità, forme e
mezzi tecnici distinti durante l’evoluzione storica, attraverso la Comunicazione e il
Linguaggio, quest’ultimo identificato dalla sociologia della conoscenza di approccio
costruzionista dei sociologi Berger e Luckman come forma di comunicazione
oggettivata dell’espressività umana
3
.
L’insieme di quelle informazioni costituisce ciò che viene definito con il termine
Cultura. A livello antropologico e sociologico, la parola “Cultura” è stata spiegata
attraverso una serie di definizioni e concetti.
In termini teorici generali, la Cultura si innesta su un piano di “vissuto reale” in
quanto esiste con l’esistenza in sé degli esseri umani. Di fatto non esiste una cultura
slegata dagli uomini poiché ogni uomo vive una cultura. Nel contesto concettuale del
mondo occidentale, la cultura è stata spesso associata alle dinamiche di “istruzione”
come percorsi formali di apprendimento conoscitivo, inserendo il momento formativo
della conoscenza durante l’età scolare, in quella che la sociologia generale ha
considerato fase decisiva della socializzazione secondaria. Questo indirizzo rimane
certamente riduttivo. La realtà è infatti nella nostra cultura, si insedia come un
qualcosa di dato e dunque indipendente da noi. Nelle fasi e nei processi di
socializzazione, a livello empirico la scelta tra ciò che è reale e ciò che non lo è , è
dimostrabile. Tra i padri fondatori della sociologia moderna, Karl Marx, Emile
Durkheim e Max Weber, solo quest’ultimo ha qualche dubbio, mentre per gli altri due
la realtà è un qualcosa di dato. In base a ciò , la realtà come costruzione sociale
implica l’esistenza di fatti e strutture sociali che costruiscono e determinano la nostra