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Il professore si dimostrò un aiuto preziosissimo quando mi indicò il
percorso da svolgere : da una parte documentarsi su libri che parlavano
di Firenze in quel periodo, della prostituzione in generale e dall’altra
leggere alcune denuncie a danno delle stesse meretrici, presenti
all’Archivio di Stato.
E così iniziò la mia ricerca, attraverso la lettura di vari libri e vari
articoli di riviste, prevalentemente trovati nelle biblioteche comunali, in
quelle dell’università e alla biblioteca Nazionale.
La tesi è divisa in quattro capitoli : il primo analizza il concetto di
prostituta attraverso i secoli, dando a quell’antico mestiere una
collocazione storica, ma anche sociale e giuridica.
Il secondo capitolo parla di Firenze, tra il 1600 e la fine del 1700, e il
rapporto che la città, le sue genti e le istituzioni avevano nei confronti
del meretricio.
Nella terza parte riporto vari casi, tratti da denuncie ai danni delle
prostitute stesse, o casi di cronaca che le riguardavano da vicino ; infine,
grazie al prezioso aiuto degli studiosi dell’Accademia della Crusca, ho
stilato un piccolo vocabolario dei termine più usati nell’universo della
prostituzione, la loro definizione in quel periodo storico e la loro origine
etimologica.
3
Capitolo primo. Per una storia della prostituzione:
considerazioni introduttive
Il tema della prostituzione e dei suoi risvolti socio-politici è stato molte
volte dibattuti durante il corso dei secoli ; mai nessuna definizione come
quella di “ mestiere più antico del mondo” è stata più azzeccata, se è
vero che già nell’antica Grecia il meretricio era una pratica piuttosto
diffusa.
Durante questo lavoro si analizzeranno le varie tematiche che si
sviluppano intorno al tema della prostituzione, dal controllo sociale alla
visione morale della donna ; la prima parte del lavoro cercherà di
chiarire il termine prostituta, una sua rapida storia, l’evoluzione
attraverso i secoli, la visione della donna, i suoi ruoli, attraverso
pensatori, filosofi e letterati, i ruoli del mondo femminile, le condanne
sulla lussuria e le posizioni della Chiesa, per arrivare al tema del
controllo sociale e giuridico. La seconda parte analizzerà la Firenze tra
la fine dei Medici e l’inizio del regno dei Lorena, e nel contesto storico
la visione del mondo della prostituzione ; infine la terza parte riporterà
dei veri e propri casi, tratti da alcune denunce sporte verso meretrici o a
danno di esse, omicidi, rapine o violenze subite.
Il lavoro di questi mesi si è svolto sia attraverso la ricerca e il successivo
studio dei testi che trattato di temi attinenti al tema da me trattato, sia
attraverso l’analisi di denuncie, trovate prevalentemente all’Archivio di
Stato.
Si è detto come fino dai tempi dell’antica Grecia il meretricio fosse già
diffuso: esistevano infatti le cosiddette prostitute sacre (hierodoulai ),
quelle cioè che, dopo essere state consacrate alla divinità, si vendevano
4
ai pellegrini, donando parte dei loro guadagni al tempio presso cui
prestavano servizio.
Il loro stato giuridico è stato molte volte dibattuto, perché vi era chi le
riteneva delle schiave del tempio, mentre altri pensavano che la
consacrazione alla divinità le rendesse libere, “ anche se obbligate a
vivere nel tempio e a prestare ivi servizio come prostitute “
1
.
Antecedente al mondo greco vi era stato un altro esempio illuminante di
prostituzione sacra, quello dell’antica Babilonia, dove era legge che ogni
donna, almeno una volta nella vita, si fosse dovuta recare al tempio di
Venere e qui donarsi ad uno straniero.
Durante il Medioevo era pratica abbastanza diffusa quella che portava
gli uomini non sposati a frequentare prostitute per poter dimostrare,
principalmente a se stessi, la propria virilità.
La Firenze del Quattrocento visse al suo interno uno strano fenomeno,
quello di una diretta connessione tra la sodomia e il meretricio
femminile ; “ questo fatto, se non escluse la ricorrenza anche in questo
caso del modello generale di gestione della prostituzione a base
postribolare tipico del tempo, lo rese tuttavia assai più elastico che
altrove, alla luce dell’interesse primordiale della collettività ad
esorcizzare in qualche modo ( e quindi attraverso l’impiego vistoso delle
prostitute e la loro presenza diffusa nella città…) l’abominevole vizio
sodomitico “
2
.
In sostanza le autorità avevano scelto il minore dei male, per cercare di
far rinascere il desiderio negli uomini del tempo, nel tentativo di
risolvere uno dei problemi maggiori che la città aveva in quel periodo
storico : il calo delle nascite.
1
Eva Cantarella, “L’ambiguo malanno la donna nell’antichità greca e romana “, Einaudi scuola,
Milano, 1995, pag. 51
2
Romano Canosa, Isabella Colonnello, “ Storia della prostituzione in Italia : dal Quattrocento alla
fine del Settecento, Sapere 2000, Roma, 1989, pag. 27
5
Gli uomini si sposavano sempre più tardi, intorno ai 34 anni all’inizio
del XV secolo, per arrivare fino ai 40 anni nella parte centrale del
Quattrocento.
Si ritiene che una delle principali cause dell’omosessualità maschile a
Firenze fosse costituita dalla perdita in età adolescenziale del padre ; le
donne che li allevavano monacavano le loro figlie, rimanendo in attesa
di una sistemazione per i loro figli, che spesso venivano adescati da
uomini anziani che garantivano loro denaro se non addirittura una
sistemazione, in cambio di favori sessuali
3
.
Non è chiaro se sia stato un atto cosciente e deliberato o meno il ricorso
alla prostituzione per “sconfiggere “ l’omosessualità,
quello che si sa per certo è che, da lì a poco, il calo demografico si
sarebbe ridimensionato, fino a non rappresentare più un reale problema.
La sodomia non era certo nata a Firenze, era una pratica antica quanto
l’uomo, ma di certo nella città toscana trovò uno sviluppo davvero
notevole : basti pensare a Dante e alla condanna, nella Divina
Commedia, del suo maestro Brunetto Latini o a come in età moderna
questa pratica fosse comunemente chiamata “ vizio fiorentino”.
Sempre nella Commedia, nel canto XXIII del Purgatorio, vi è una aspra
invettiva contro le donne fiorentine, accusate, attraverso le parole di
Farese Donati, di essere più disoneste e spudorate di quelle selvagge
della Barbagia.
La sodomia era diventata quasi una moda, per cui vi erano al tempo
stesso ragazzi che si prostituivano ed altri che erano costretti ad
acconsentire alle attenzioni di nobili uomini, ricchi e potenti. Infatti il
vizio fiorentino non era diffuso solo nei ceti più popolari, ma anzi era
ampliamente praticato anche da uomini di cultura. Le leggi contro la
pratica sodomita furono severe ed è possibile trovare numerose
3
Cfr. R.C. Trexler, “Public Life in Renaissance Florence “, Accademie Press, New York, 1980
6
testimonianze di esemplari punizioni, che potevano arrivare persino
all’impiccagione.
Nello stesso periodo furono introdotti due nuovi uffici, quello dell’
Onestà e quello degli Ufficiali di notte : il primo, creato nel 1403, aveva
il compito di vigilare sulla moralità pubblica e sulla prostituzione,
disponendo di poteri molto ampli sulla gestione e l’amministrazione di
bordelli, il secondo, nato nel 1432, doveva controllare scrupolosamente
gli atteggiamenti sessuali maschili dei Fiorentini, con una particolar
attenzione al problema della sodomia.
Anche durante il 1500 l’Ufficio dell’Onestà rappresentò la massima
autorità cittadina sul tema della prostituzione ; esisteva un vero e proprio
registro, nel quale erano presenti i nomi delle “ lavoratrici” ed era
obbligatorio esservi segnate per non dover incorrere in guai con la
polizia.
Ovviamente iscriversi la prima volta nel registro ( ma addirittura anche
cancellarvisi ) richiedeva il pagamento di una tassa ; erano sempre gli
stessi ufficiali che, circa una volta l’anno, ridisegnavano le aree dove era
consentito, all’interno della città, prostituirsi.
Sostanzialmente il problema maggiore per le autorità del tempo era
quello di non far vedere che le prostitute esistevano, relegarle il più
possibile in aree prestabilite e cercare di tenerle lontane dalla vita
“regolare” ; una delle più lampanti dimostrazione è il divieto di usare
mezzi di trasporto, pena un’ammenda di dieci scudi d’oro.
Questa ed altre regole si trovavano, per volontà del Granduca, nella
riforma del 1577 alle leggi che regolavano gli Ufficiali dell’Onestà.
L’influenza delle madri veniva considerato fondamentale, ed era per
questa ragione che le giovani figlie non venivano mai accettate nei
bordelli ufficiali, soprattutto per paura del dilagare
incontrollato del fenomeno.
7
Le meretrici dovevano portare un segno distintivo, che le facesse
riconoscere chiaramente, una sorta di marchio ; nel caso fiorentino il
marchio era rappresentato da una listra d’oro o seta o comunque di
materia gialla da portare bene in vista, pena altri dieci scudi d’oro. Gli
ufficiali esercitavano un potere che andava al di là di ciò che la legge
prescriveva, e gli abusi risultavano essere una triste norma, soprattutto
per quel che riguardava le pene pecuniarie, che, il più delle volte,
venivano arbitrariamente aumentate.
Nel 1633 una nuova disposizione fece esonerare dall’iscrizione al
registro dell’Onestà tutte quelle donne che si erano sposate e si erano
prostituite prima del matrimonio.
“ Il provvedimento, che mirava a non legalizzare l’adulterio, mantenne
tuttavia le maritate soggette alle pene per l’adulterio, qualora avessero
continuato a meretricare. Inoltre esse avevano l’obbligo di lasciare in
eredità le loro sostanze al monastero delle Convertite. Lo stesso
provvedimento ripristinò anche alcune norme che sembravano superate
e dispose nuovamente che le prostitute fossero iscritte, portassero il
segno ed abitassero nei luoghi deputati “
4
.
Nel 1664 fu nuovamente vietato alle prostitute alloggiare in alberghi e
locande, utilizzare carrozze e farsi vedere nelle vicinanze di chiese e
sagre.
Lo sviluppo demografico del XVI secolo fece aumentare, in maniera
consistente, il numero delle donne che non riuscivano a sposarsi e
restavano, il più delle volte, sole e quindi emarginate dalla società.
Tra il XVI e il XVII secolo la prostituzione diventò espressione
generalizzata di marginalità sociale. Le trasformazioni dell'agricoltura,
l'aggravio persistente sui piccoli proprietari terrieri dei diritti signorili,
4
Romano Canosa, Isabella Colonnello, op. cit. , pag. 100
8
oltre al già citato aumento demografico fecero crescere, ponendoli fuori
dalla società, una massa di
diseredati.
Alla prostituzione ufficiale, quella che le varie società tolleravano e
conoscevano, andava sommandosi una prostituzione tanto reale quanto
nascosta : un esercito di prostitute di riserva oggetto, nel ‘600, di quella
che Focault chiamerà “la grande reclusione” che riempirà gli istituti di
correzione, gli ospizi, le navi dei deportati nei possedimenti d'oltremare.
Da questo periodo ci una sarà una correlazione, che andrà
ingigantendosi in proporzioni esponenziali, tra l’aumento delle classi
povere e la diffusione della prostituzione.
In alcune città portuali non c’era solo un gran numero di ecclesiastici,
ma anche di soldati e marinai, che automaticamente si portavano dietro
un numero alto di prostitute.
La presenza di un esercito, soprattutto in tempo di pace, sconvolgeva
spesso la vita di una comunità. I soldati diventavano infatti i principali
clienti dei bordelli, e spesso erano attivi protagonisti di molestie sessuali
contro serve o donne che si erano avventurate nei pressi degli
accampamenti militari.
E’ interessante sottolineare come, in periodi di povertà, anche le ragazze
“per bene” avessero l’abitudine, usanza abbastanza comune nella nostra
penisola, di prostituirsi per un breve periodo di tempo, atto a mettere da
parte i soldi per la dote, elemento indispensabile per il matrimonio
5
.
Questo curioso aspetto era per lo più sconosciuto alla maggioranza della
società, che aveva nella sua testa chiara una divisione tanto netta quanto,
ovviamente, imprecisa : quella tra donne vergini, che successivamente
5
Cfr. O. Hufton, “ Destini femminili : storia delle donne in Europa, 1500- 1800, Mondadori, Milano,
1996
9
sarebbe diventato brave madri di famiglia, donne oneste, e prostitute,
perse nel loro peccato.
In realtà infatti, soprattutto per quel che riguarda il XIX secolo, si può
affermare che “ la prostituzione, quindi, non trasformava le
donne in paria morali, ma rappresentava soltanto una scelta tra la
gamma limitata di occupazioni disponibili ( tutte sgradevoli ) “
6
.
Durante le persecuzioni dei marrani molte donne ebree convertite e
povere si trasferirono dalla Spagna a Roma : qui vivevano insieme alle
altre vedove immigrate, procurandosi da vivere in parte col lavoro
domestico ed in parte con la prostituzione.
Durante il 1500 Venezia fu eletta la capitale del meretricio italiano, e più
in generale è corretto affermare che il Rinascimento decretò abbastanza
apertamente il diritto degli uomini dotti e di cultura elevata di godere del
proprio corpo e della propria sessualità, riprendendo quelle che erano
state le linee guida della tradizione classica.
“ La cortigiana, donna di una certa cultura, generalmente dotata di
talento musicale, bellezza fisica e gusti raffinati, oltre che maestra
dell’ars amandi, divenne uno stereotipo nella cultura veneziana del
Cinquecento”
7
.
Le donne che svolgevano questa attività venivano solitamente divise in
tre principali categorie : quelle volgari, che sono riconosciute tali ed
esercitano senza la paura di essere scoperte, visto che tutti, in città
conoscono la loro natura, quelle libere, che cioè non si assoggettano alle
regole, che non sono segnate ufficialmente nei registri ne frequentano
prostiboli, ed infine quelle privilegiate, solitamente benestanti, che si
concedono solo ai nobili e risultano essere, anche nell’aspetto, nei modi
e nell’abbigliamento ben diverse dalle prime due categorie.
6
M. Gibson, “ Stato e prostituzione in Italia, 1860- 1915, Il Saggiatore, 1995 , pag. 268
7
O. Hufton, op. cit. , pag. 262