5
I fondi pensione comportano la raccolta di contributi versati dal lavoratore nel corso della
vita lavorativa, l’investimento delle disponibilità così raccolte dal fondo stesso o da altri
soggetti a ciò abilitati e l’erogazione finale al lavoratore al termine dell’attività lavorativa,
di un capitale o di una rendita, in tutto o in parte commisurati alla redditività degli
investimenti effettuati. Funzionamento analogo hanno i piani pensionistici individuali che
sono prodotti offerti da società di assicurazione.
Studi economici effettuati in riferimento alla realtà di altri paesi hanno riscontrato positivi
effetti esplicati dal processo di istituzionalizzazione del risparmio sui mercati finanziari
3
:
ξ maggiore efficienza e professionalità nell’effettuazione degli investimenti da parte
degli investitori istituzionali rispetto ai privati;
ξ ampliamento della gamma e dei volumi dei titoli trattati, diversificazione degli
investimenti verso titoli esteri, allungamento della vita dei titoli pubblici;
ξ utilizzo di strumenti e tecnologie che favoriscono l’innovazione finanziaria.
Scopo della presente ricerca è l’analisi, nell’ambito dell’accennato processo evolutivo del
mercato finanziario italiano, della regolamentazione e dei controlli previsti, nel nostro
ordinamento, in relazione ai fondi comuni di investimento, fondi pensione e piani
pensionistici individuali, ritenuti di importanza prevalente in considerazione della
situazione attuale e della possibile evoluzione della medesima.
3
A. Ferrari, E. Gualandri, A. Landi, P. Mezzani, Strumenti mercati intermediari finanziari,
Giappichelli op. cit. pag. 270.
6
PARTE I
I FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO. NATURA, ORGANIZZAZIONE E
FUNZIONAMENTO.
7
1. Cenni storici e linee guida dell’attuale regolamentazione.
L’origine dei fondi comuni di investimento si fa risalire alla fine del settecento con
l’istituzione, in Gran Bretagna, di ”investment trusts” finalizzati a consentire ad una
pluralità di investitori di limitare il rischio degli investimenti diversificando gli stessi,
utilizzando la tecnica del mandato fiduciario
4
.
L’istituzione del primo “investment trust” dotato di una struttura organizzativa simile a
quella degli attuali fondi si attribuisce a Robert Fleming nel 1873 con il fondo “Scottish
american investment trust”
5
.
L’esperienza italiana
6
inizia nel 1960 con l’istituzione di un fondo di diritto
lussemburghese. Tale scelta fu determinata sia dalle carenze del sistema giuridico italiano,
nell’ambito del quale i fondi non avevano una specifica regolamentazione, sia da ragioni
di carattere fiscale.
La prima regolamentazione in Italia dei fondi comuni di investimento fu introdotta nel
1983, in riferimento ai fondi comuni mobiliari aperti, con la L. n. 77 del 23.3.1983.
Seguirono la L. 14.8.1993 n. 344 sui fondi comuni di investimento mobiliare chiusi e la L.
25.1.1994 n. 86 sui fondi comuni di investimento immobiliare chiusi.
La regolamentazione attuale è contenuta essenzialmente nel D. Lgs. 24.2.1998 n. 58
intitolato Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato
in attuazione della delega contenuta negli artt. 8 e 21 della L. 6.2.1996 n. 52.
Il decreto citato, entrato in vigore il 1.7.1998, realizza l’ammodernamento e la
razionalizzazione della preesistente normativa in materia di intermediari in valori
mobiliari, mercati finanziari, gestione accentrata degli strumenti finanziari e società
emittenti
7
. Tra le caratteristiche della nuova disciplina che più interessano, per il seguito
della presente trattazione, sono il principio della c.d. “delegificazione
8
” e cioè l’ampio
ricorso, per completare la regolamentazione, a provvedimenti emanati dal Ministro del
Tesoro (attualmente denominato Ministro dell’Economia) e dagli organi di vigilanza di
settore e cioè la CONSOB e la Banca d’Italia, e l’introduzione della figura della società di
gestione del risparmio (SGR) e cioè di un soggetto abilitato ad esercitare contestualmente
le gestioni patrimoniali individuali e le varie forme di gestione collettiva del risparmio
9
.
4
A. von Ketuic istituì il fondo “Negotiationes “ nel 1774 e “Concordia res parvae crescunt”
nel 1779. G. De Marchi e G. Roasio, I fondi comuni di investimento, Ed. Sole 24 ore, 2000
pag. 1.
5
G. De Marchi e G. Roasio op. cit. pag. 1.
6
Sull’esperienza italiana, G. De Marchi e G. Roasio op. cit. pag. 2 ss.
7
A. Sanguinetti M. Forte, Le società di gestione del risparmio, Giuffrè 2000, p. X.
8
M. Bessone, “Fondi comuni di investimento e gestione collettiva del risparmio. La
posizione istituzionale ed il regime normativo delle SGR. Rivista di diritto bancario
(www.diritto bancario.it), pag. 3.
9
A. Sanguinetti M. Forte, op. cit. pag. X ss.
8
In particolare, per quanto attiene alla gestione collettiva del risparmio, la
regolamentazione introdotta dal TUIF ha permesso di conseguire gli importanti obiettivi
di salvaguardare la competitività degli intermediari italiani rispetto a quelli degli altri
principali concorrenti internazionali e di razionalizzare l’intera attività delle gestioni
patrimoniali.
In tal modo, la SGR realizza in Italia, in coerenza con le direttive comunitarie in tema di
OICR e sull’esempio francese, la figura del c.d. “gestore unico”
10
, che contribuisce a
soddisfare non poche esigenze:
a) protezione dell’investitore, al quale deve essere garantita identica tutela per
prodotti omogenei;
b) consentire agli intermediari che svolgono l’attività in discorso di ottimizzare le
condizioni di struttura e di condotta, sia realizzando economie nell’esercizio
dell’attività di gestione per più soggetti, sia attraverso la indicata parità
concorrenziale con soggetti esteri equivalenti;
c) consentire agli intermediari di affrontare con successo la competizione
internazionale
11
.
10
L’istituzione della figura del “gestore unico”, coerente con le direttive comunitarie,
segue l’esempio delle “Societes de gestion de portfeiulle” introdotte in Francia con legge n.
597 del 1996.
11
A. Sanguinetti M. Forte, op. cit. pag. X ss.
9
2. Nozione di fondo comune di investimento. Natura giuridica, funzione.
Il Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58: "Testo unico delle disposizioni in materia di
intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52",
all’art. 1 comma 1, nell’individuare le definizioni utilizzate nell’ambito del decreto,
definisce il fondo comune di investimento “il patrimonio autonomo suddiviso in quote di
pertinenza di una generalità di partecipanti gestito in monte”.
L’istituzione di fondi comuni di investimento e la loro gestione sono attività che l’art. 36,
primo comma, del D. Lgs. citato riserva alle società di gestione collettiva del risparmio, le
quali possono delegare poteri e responsabilità di gestione ad altra SGR.
La specifica fattispecie di risorse finanziarie e valori che vengono a costituire un
“patrimonio autonomo” e “suddiviso in quote di pertinenza di una pluralità di
partecipanti” ” si configura, pertanto, quando l’attività di gestione del risparmio viene
posta in essere dalle SGR nella forma giuridica denominata “fondo comune di
investimento”.
L’art. 36, comma 6 del TUIF, inoltre, specifica “Ciascun fondo comune di investimento, o
ciascun comparto di uno stesso fondo, costituisce patrimonio autonomo, distinto a tutti gli
effetti dal patrimonio della società di gestione del risparmio e da quello di ciascun
partecipante, nonché da ogni altro patrimonio gestito dalla medesima società.”.
Deriva da tale definizione una soluzione “ope legis” del problema prima dibattuto in
dottrina della natura del fondo.
L’indicata disciplina individua un genus “fondo comune”
12
inteso come “patrimonio
autonomo suddiviso in quote di pertinenza di una generalità di partecipanti gestito in
monte”, caratterizzato dal costituirsi - in ordine alla titolarità di detto patrimonio - di una
comunione “sui generis” dei partecipanti che devono possedere quote di eguale valore,
devono far gestire detto patrimonio “in monte” da una SGR e rispettare le altre norme
previste.
Nel TUIF sono disciplinati l’”iter autorizzativo” delle SGR, le norme sull’istituzione e
gestione dei fondi, il sistema di vigilanza e controlli, la crisi dei soggetti “gestore” ed il
sistema sanzionatorio.
Risultano, dal complesso di tale disciplina, delineati i caratteri distintivi di un comparto
dell’economia finanziaria che assicura all’investitore ampie garanzie ed opportunità di
particolare interesse
13
.
A mezzo dei fondi comuni la società proponente può offrire ai risparmiatori - anche per
investimenti di piccolo importo - ciò che, sul piano economico finanziario, è “più
desiderabile”
14
e cioè la professionalità della gestione del risparmio, una diversificazione
12
A.P. Soda in Commentario al TUIF a cura di Carla Rabitti Bedogni, Giuffrè 1998, pag.
293.
13
M. Bessone: Fondi comuni di investimento e gestione collettiva del risparmio. La
posizione istituzionale ed il regime normativo delle SGR. Rivista di diritto bancario,
novembre 2002, pag. 2 ss.
14
M. Bessone, op. cit. pag. 2.
10
del portafoglio di investimenti, il frazionamento del rischio finanziario, un regime di
obbligata trasparenza nella gestione, la garanzia di pubblici controlli.
Connotazione caratteristica dell’attività di gestione del risparmio, derivante dalla nozione
prima esposta, è comunque che i rischi di investimento sono assunti direttamente dai
risparmiatori poiché le variazioni di valore delle attività patrimoniali del fondo –
derivanti dalle operazioni poste in essere dai soggetti gestori - si riflettono
immediatamente sul valore delle singole quote.
L’attività di gestione dei fondi rientra nel più generale concetto di gestione di patrimoni (
termine anglosassone “asset management”
15
) che sta ad indicare il compimento di una
serie di scelte di investimento in strumenti finanziari da parte di un soggetto autorizzato
per conto e nell’interesse di un investitore. Tale attività viene svolta in base ad una delega
ad operare su disponibilità messe a disposizione del gestore da parte di un cliente-
delegante.
Il gestore assume essenzialmente i seguenti impegni:
a) agire nel rispetto delle indicazioni e nei limiti specificati nel mandato gestorio;
b) operare professionalmente.
Per l’esercizio della sua attività percepisce dall’investitore una remunerazione in genere
rappresentata da commissioni (di gestione o di incentivo se parametrate ai risultati positivi
conseguiti).
Per contro, i frutti ( o le perdite) dell’attività gestoria sono di pertinenza dell’investitore
che, come si è detto, sopporta integralmente i rischi connessi agli investimenti posti in
essere nel corso dell’attività gestoria
16
.
Gli elementi comuni tra gestioni individuali e collettive sono rappresentati dalla delega alla
gestione, dal mandato fiduciario e dal contenuto economico delle due forme contrattuali.
L’essenziale tratto distintivo tra gestioni collettive ed individuali è che nelle prime la
titolarità dei valori mobiliari è del fondo comune e i diritti connessi ai titoli facenti parte
del fondo vengono esercitati dal gestore nell’interesse degli investitori (seppure con limiti
successivamente descritti per quanto concerne il diritto di voto connesso ad azioni o la
partecipazione a sindacati di controllo), nelle seconde, invece, la proprietà dei titoli è
dell’investitore il quale, conseguentemente, è titolare di tutti i diritti connessi con i valori
mobiliari acquisiti
17
.
15
Tale termine è composto dal termine “asset”, che indica “qualsiasi bene tangibile o
intangibile, di proprietà o possesso…che abbia un valore e che possa essere usato per il
pagamento di un debito”, e del termine “management”, che indica l’attività di un gestore
che ha il compito di “investire nel modo migliore i capitali raccolti in linea con il mandato
ricevuto dai clienti”. M.Gabrielli e S. De Bruno, Dizionario della finanza, Ed. Sole 24Ore,
2000, voci “asset” ed “asset manager”.
16
CONSOB, Quaderni di finanza, n. 28, 1998, “Lavori preparatori per il TUIF”, pag. 21 ss.
17
CONSOB, Quaderni di finanza, op. cit. pag. 22.
11
3. La struttura soggettiva e l’organizzazione di un fondo comune di investimento.
Deriva da quanto esposto che la struttura soggettiva di un fondo comune di investimento
è essenzialmente costituita da quattro soggetti ognuno con ruoli, funzioni, competenze e
diritti/doveri ben distinti
18
:
3.1 La società di gestione.
Essa ha essenzialmente il compito di impiegare i capitali conferiti dai partecipanti e di farli
rendere al meglio. In tale ottica essa deve curare sia la scelta iniziale del portafoglio di
investimento sia le scelte successive, avuto riguardo alle prospettive dei mercati, in
coerenza con quanto stabilito dal regolamento del fondo. Compiti primari della SGR sono quindi
l’analisi della situazione economica e dei singoli mercati, l”asset allocation” e cioè la scelta
della ripartizione del patrimonio tra grandi categorie di investimento (es. azioni,
obbligazioni, investimenti di durata più o meno lunga), tra aree geografiche, tra settori
merceologici (es. azioni di società operanti in diversi settori merceologici), lo “stock
picking” e cioè la scelta dei titoli da acquistare, il ”market timing”e cioè la scelta del
momento più favorevole per effettuare le operazioni di investimento/disinvestimento
19
.
Ai sensi dell’art. 33 de TUIF, la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio
è riservata alle società di gestione del risparmio ed alle Sicav.
Alle società di gestione del risparmio sono riservate possibilità operative più ampie
considerato che esse possono:
a) prestare il servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento per
conto terzi;
b) istituire e gestire fondi pensione;
c) svolgere le attività connesse o strumentali stabilite dalla Banca d'Italia, sentita la
CONSOB.
Va osservato, per quanto attiene ai fondi comuni di investimento, che il gestore del fondo,
nel quadro di criteri di allocazione del risparmio definiti di tempo in tempo, può affidare
specifiche scelte di investimento a intermediari abilitati a prestare servizi di gestione di
patrimoni
20
.
Per quanto riguarda il procedimento autorizzatorio all’esercizio dell’attività delle SGR va
detto che la competenza spetta alla Banca d'Italia, sentita la CONSOB. La B.I. autorizza
l'esercizio del servizio di gestione collettiva del risparmio da parte della SGR quando
ricorrono le seguenti condizioni (art. 34 c. 1 TUIF):
a) sia adottata la forma di società per azioni;
b) la sede legale e la direzione generale della società siano situate nel territorio della
Repubblica;
18
L’impostazione seguita è tratta da G. De Marchi G. Roasio, I fondi comuni di
investimento, Ed. Sole 24 ore, 1999 p. 11 ss.
19
G. De Marchi G. Roasio, op. cit. pag. 11 ss.
20
A. Sanguinetti M.Forte, Le società di gestione del risparmio, Giuffrè 2000, p. 80 ss.
12
c) il capitale sociale versato sia di ammontare non inferiore ad 1 milione di euro;
d) i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo abbiano i
requisiti di professionalità e onorabilità indicati dall'articolo 13 del TUIF;
e) i partecipanti al capitale abbiano i requisiti di onorabilità indicati dall'articolo 14 TUIF;
f) la struttura del gruppo di cui è parte la società non sia tale da pregiudicare l'effettivo
esercizio della vigilanza sulla società stessa; tale valutazione deve basarsi su criteri inerenti
alla dislocazione del gruppo, alla correttezza delle relazioni di affari, alla situazione
finanziaria ed alla onorabilità dei soci
21
;
g) venga presentato, unitamente all'atto costitutivo e allo statuto, un programma
concernente l'attività iniziale nonché una relazione sulla struttura organizzativa;
h) la denominazione sociale contenga le parole "società di gestione del risparmio.
Quando, dalla verifica delle condizioni indicate nel comma 1, non risulta garantita la sana
e prudente gestione l’autorizzazione deve essere negata.
E’ pure disciplinata dalla Banca d'Italia - sentita la CONSOB - la procedura di
autorizzazione e le ipotesi di decadenza dall'autorizzazione quando la società di gestione
del risparmio non abbia iniziato o abbia interrotto lo svolgimento dei servizi autorizzati
(art. 34 c. 2 TUIF).
Presso la Banca d'Italia è istituito un apposito albo in cui sono iscritte le società di gestione
del risparmio autorizzate ad operare in Italia. L’avvenuta iscrizione è comunicata alla
CONSOB.
Le SGR sono tenute ad indicare, negli atti e nella corrispondenza, gli estremi dell'iscrizione
all'albo (art. 35 TUIF).
3.2 Gli investitori partecipanti.
Essi sono i “proprietari” del fondo, portatori del fondamentale interesse di far gestire il
patrimonio conferito in modo da massimizzare i profitti e contenere le perdite a seguito di
una gestione professionale attenta e “trasparente” posta in essere dalla SGR.
L’individuazione degli interessi dell’investitore e la loro tutela saranno trattati nella parte
II del presente lavoro.
3.3 La banca depositaria.
L’art. 36 c. 2 del TUIF stabilisce che la custodia degli strumenti finanziari e delle
disponibilità liquide di un fondo comune di investimento debba essere necessariamente
affidata ad una banca che viene perciò definita “depositaria”.
Le ulteriori funzioni della banca depositaria sono stabilite all’art. 38 del TUIF e consistono
essenzialmente nel controllare e verificare la regolarità dell’operato del soggetto gestore e
nella custodia dei titoli e la liquidità del fondo.
21
A. Sanguinetti M. Forte, op. cit., p. 29. Secondo A. Cinque - in Commentario al TUIF a
cura di Rabitti Bedogni, op. cit. pag. 286 - tale disposizione trova fondamento nella
Direttiva 95/26 CE, che richiede alle autorità competenti di ciascun paese di “ negare
l’autorizzazione quando sussistono stretti legami tra intermediari e altre persone fisiche e
giuridiche tali da ostacolare, anche per effetto della legislazione dei paesi terzi in cui
queste ultime sono insediate, l’effettivo esercizio delle funzioni di vigilanza.”
13
In particolare la banca depositaria, nell'esercizio delle proprie funzioni svolge i seguenti
compiti.
a) accerta la legittimità delle operazioni di emissione e rimborso delle quote del fondo, il
calcolo del loro valore e la destinazione dei redditi del fondo;
b) nelle operazioni relative al fondo, accerta che la controprestazione sia ad essa rimessa
nei termini d'uso;
c) deve eseguire le istruzioni della società di gestione del risparmio solo se non sono
contrarie alla legge, al regolamento o alle prescrizioni degli organi di vigilanza.
Le condizioni per l'assunzione dell'incarico di banca depositaria e le modalità di sub-
deposito dei beni del fondo sono stabilite dalla Banca d'Italia, sentita la CONSOB.
Qualora le funzioni di gestione e collocamento dei fondi siano svolte da soggetti diversi,
entrambi dovranno intervenire nella convenzione con la banca depositaria per stabilire le
necessarie forme di coordinamento
22
.
La necessità di dedicare un intero articolo del TUIF alla banca depositaria conferma il
ruolo di evidente rilevo delle funzioni attribuite ad essa, tanto da far ritenere a più di un
autore che il sistema dei fondi comuni abbia carattere “triadico” (partecipanti al fondo –
SGR – Banca depositaria)
23
.
La scelta del legislatore si è quindi orientata, innanzi tutto, nel senso di scindere la
responsabilità della gestione del fondo dai possibili rischi derivanti o connessi alla
custodia del patrimonio del fondo, attività quest’ultima affidata alla banca depositaria.
Sarebbe tuttavia riduttivo ritenere tali compiti i più importanti rispetto a quelli di vero e
proprio controllo di legittimità sull’operato della SGR attribuiti dall’art. 38 a detta banca.
Circa i contenuti di tale attività di controllo è evidente che esso non può essere esteso al
merito delle scelte di investimento effettuate dal gestore
24
. In ordine al tempo del
controllo, si discute, poi, se esso deve essere eseguito ex ante - al fine di evitare operazioni
non conformi da parte della SGR – oppure possa anche essere eseguito ex post, nell’intento
di non arrecare intralcio all’attività della SGR
25
.
In ogni caso va tenuto presente il chiaro disposto normativo riportato al punto c) del 1°
comma dell’art.38 ove è specificato che la banca, qualora sia chiamata ad eseguire
istruzioni impartite dalla SGR deve eseguire dette istruzioni “solo se non sono contrarie
alla legge, al regolamento o alle prescrizioni degli organi di vigilanza”.
Sul piano delle responsabilità, la banca depositaria - recita il 2° comma dell’art. 38 - “è
responsabile nei confronti della società di gestione del risparmio e dei partecipanti al
fondo di ogni pregiudizio da essi subito in conseguenza dell'inadempimento dei propri
obblighi”.
22
Sanguinetti-Forte op. cit. p. 51.
23
Così A. Scioti, in Commentario al TUIF op. cit., commento all’art. 38, p. 301.
24
A. Scioti, op. cit. pag. 302.
25
A. Scioti, op. cit. pag. 303.
14
Mentre la responsabilità della banca verso la SGR è evidentemente riconducibile allo
schema della responsabilità contrattuale, è incerta la natura della responsabilità verso gli
investitori.
La natura di tale ultima responsabilità è secondo alcuni contrattuale mentre secondo altri
aquiliana ex art. 2043 C.C..
Quale che sia la soluzione prescelta, come opportunamente osservato
26
, dal punto di vista
pratico le differenze non appaiono rilevanti poiché ai risparmiatori spetta comunque
l’onere di fornire la prova nella prima ipotesi dell’inadempimento della banca, nel secondo
del comportamento pregiudizievole di questa.
A prescindere dai rapporti Banca-SGR, gli amministratori e i sindaci della banca
depositaria riferiscono senza ritardo alla Banca d'Italia e alla CONSOB - ciascuna per le
proprie competenze - sulle irregolarità riscontrate nell'amministrazione della società di
gestione del risparmio e nella gestione dei fondi comuni, al fine di attivare i poteri di
intervento di cui dette autorità dispongono (art. 38 c. 4 TUIF).
3.3 La struttura di vendita delle quote.
I fondi comuni sono, per la quasi totalità, “collocati” presso i risparmiatori, e cioè
sottoscritti dai risparmiatori stessi attraverso “reti” costituite da SIM e/o da Banche. Tali
soggetti possono, a loro volta operare direttamente a mezzo di proprie sedi oppure
avvalersi di soggetti privati che devono avere la qualifica di “promotori finanziari”, essere
iscritti nell’apposito albo ed attenersi a specifiche norme nello svolgimento della propria
attività
27
.
Quando la SGR intenda avvalersi di dette strutture di vendita devono essere stabilite con
apposita convenzione i rapporti della società – rete con la società prodotto.
26
A. Scioti, op. cit. pag. 304.
27
G. De Marchi G. Roasio, I fondi comuni di investimento, Ed. Sole 24 Ore 1999, p.13 ss.