Il comando del dipendente nella giurisprudenza
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L’istituto non trova una specifica normativa nel campo privato, a
meno che non la si voglia ricavare dall’art. 2139 c.c.: “ Fra piccoli
imprenditori agricoli è ammesso lo scambio di mano d’opera e servizi
secondo gli usi”. Da tale norma, al contrario, si ricaverebbe, a nostro
avviso, l’eccezione ad un principio generale che vieta lo scambio di
mano d’opera: l’unico esplicito riferimento del legislatore è quello
contenuto nell’art.8,3° comma del d. legs 21 aprile 1996 n°236
(interventi urgenti per l’occupazione)
1
, dove si propone lo strumento
del distacco, contenuto in un accordo collettivo e in caso di crisi
dell’impresa, come valida alternativa ai provvedimenti di riduzione
del personale.
Questo dato normativo si riferisce ad un’applicazione del distacco
che era già conosciuta in sede di contrattazione collettiva da
importanti società, quali la FIAT, IVECO, nonché dal ccnl per
l’industria chimica
2
. Da ciò si deve supporre che il distacco era
considerato un istituto esistente nel campo dell’impiego privato e che
1
V. D. lgs. 21/04/1996 n° 236 Art. 8, 3° comma (norme in materia di licenziamenti collettivi): “Gli accordi
sindacali, al fine di evitare le riduzioni di personale, possono regolare il comando o il distacco di uno o più
lavoratori dall’impresa ad altra per una durata temporanea”. Nella legislazione regionale si trovano riferimenti
all’istituto (art. 40 L.20 marzo 1975 n° 70). Da ricordare la proposta di direttiva comunitaria riguardante i
lavoratori nelle società di servizi (pro- posta della Commissione del 28 giugno 1991 e la direttiva 25 giugno
1991 n°91/383).
2
V. Accordo collettivo del 20/02/1994 (F.I.A.T). Accordo collettivo del 27/01/1994 (IVECO). Accordo
collettivo del 14/05/1994 (Industria chimica)
Il comando del dipendente nella giurisprudenza
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ne erano già stati delineati i profili di legittimità e i connotati
costituitivi.
In effetti, il comando o distacco nasce nel pubblico impiego.
3
Dalla
normativa del vecchio pubblico impiego si evince che, l’impiegato di
ruolo poteva essere comandato per tempo determinato e, in via
eccezionale, presso altra amministrazione statale (comando) o presso
enti pubblici (distacco). Il trattamento economico solo nel primo caso
era sostenuto dall’ente d’appartenenza perché il dipendente rimaneva
sempre all’interno di un’amministrazione che faceva capo allo Stato;
ma, in ambedue le ipotesi, il periodo trascorso nella posizione di
comando era computato agli effetti del trattamento di quiescenza e di
previdenza.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha, per la prima volta,
trattato un caso particolare di distacco: ”Qualora un dipendente
pubblico sia comandato dall’ente datore di lavoro a prestare la propria
attività presso un soggetto di diritto privato, la ricorrenza di un
autonomo rapporto di lavoro privatistico con detto soggetto, ed il
seguente diritto ad una retribuzione separata rispetto a quella inerente
al rapporto di pubblico impiego, non derivano automaticamente
3
L’istituto è regolato compiutamente, per gli impiegati civili dello stato, dagli art. 56 e 57 del D.P.R
10/01/1957 n°3, il cui testo è stato novellato dall’art. 34 D. P. R. 28 dicembre 1970 n° 1077.
Il comando del dipendente nella giurisprudenza
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dall’atipicità ed illegittimità di detto comando ma postulano la
sussistenza di una specifica pattuizione, ancorché desumibile da fatti
concludenti, con la quale il dipendente stesso e l’ente privato abbiano
previsto la costituzione dell’indicato distinto rapporto”
4
. Da questa
massima risulta chiaramente che secondo la giurisprudenza della
Corte di Cassazione può ritenersi ammissibile un comando del
lavoratore che sia diretto non più verso altra amministrazione statale o
altro ente pubblico bensì verso un datore di lavoro privato (nella
specie si trattava rispettivamente dell’ente nazionale per la protezione
e l’assistenza dei sordomuti e del centro di diagnosi e studio della
sordità) e ciò ha reso sicuramente più semplice configurare un’ipotesi
di distacco che si svolga solo ed unicamente all’interno del rapporto di
lavoro privato. Il lavoratore è destinato dal datore di lavoro
(distaccante) ad altra azienda, dove svolgerà la propria prestazione a
favore di un altro datore di lavoro (distaccatario); quest’ultimo
beneficerà proprio di quella prestazione che il lavoratore avrebbe
dovuto originariamente svolgere presso il suo datore di lavoro e che è
desumibile dal contratto.
Se nell’impiego pubblico ha una certa rilevanza distinguere tra
comando e distacco, poiché indicano una diversa destinazione del
4
V. Cass. 18 ottobre 1982 n°5398 in Foro it. 1982, 901 (solo massima).
Il comando del dipendente nella giurisprudenza
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trasferimento del lavoratore, da un lato amministrazione dello Stato
dall’altro ente pubblico, nel campo privato i due termini sono sinonimi
ed usati indifferentemente.
Il distacco è una lecita e possibile utilizzazione dell’attività lavorativa
da parte di un soggetto diverso dal datore di lavoro. La legittimità del
distacco è garantita dalla necessaria presenza di alcuni elementi che
tutelano il lavoratore e che distinguono la fattispecie da altre ritenute
illegittime o vietate per legge. Il distacco comporta, infatti, una
scissione della titolarità del rapporto di lavoro: da un lato abbiamo il
titolare del rapporto, distaccante, dall’altro il beneficiario reale della
prestazione dedotta in oggetto dal contratto, distaccatario.
Questa fattispecie, così come ora descritta, assomiglia a quella
vietata per legge dell’intermediazione vietata di mano d'’opera
5
, che si
ha quando gli imprenditori, al fine di alleggerire il costo della mano
d’opera, evitano di assumere direttamente e formalmente il personale,
lasciando che l’assunzione avvenga da parte di terzi che svolgono una
funzione d’intermediazione, ed impedendo ai lavoratori, così assunti,
di favorire di un trattamento paritario ai dipendenti interni. La
conseguenza prevista per legge è che in queste ipotesi, dove
l’intermediazione risulti accertata, indipendentemente da ciò che
5
V. art. 1 e art. 3 della legge 23 ottobre 1960 n° 1369.
Il comando del dipendente nella giurisprudenza
9
abbiano voluto realizzare le parti, i lavoratori sono considerati ai fini
legali come se fossero stati assunti alle dirette dipendenze del datore
di lavoro e quindi il rapporto di lavoro risulta avere una derivazione
non contrattuale ma legale.
Esiste inoltre un’ipotesi, del tutto distinta dal distacco, che è stata
recentemente regolata dal legislatore
6
e prende il nome di lavoro a
prestito o lavoro interinale. Essa consiste in una nuova forma
d’utilizzazione della forza lavoro in “affitto” che permette alle società
di “affittare” temporaneamente dei dipendenti che formalmente e
giuridicamente sono assunti a tempo indeterminato o a tempo
determinato da un’altra società tramite un accordo che impegna la
società fornitrice al pagamento delle retribuzioni e dei contributi
previdenziali. Il lavoro interinale è previsto dai contratti collettivi ed
ha specifiche limitazioni poste a tutela dei lavoratori. Le differenze
con il distacco sono evidenti: nel distacco il lavoratore presta la sua
opera a favore del distaccatario in via eccezionale e nell’interesse del
datore di lavoro originario; tra i due datori di lavoro può anche non
sussistere alcun accordo scritto, se risultano evidenti rapporti
economici od organizzativi che possano ben giustificare un interesse
apprezzabile del datore di lavoro a che la prestazione sia svolta in altra
6
V. L. 26 luglio 1997 n° 196 “Norme in materia di promozione dell’occupazione”. (Pacch. Treu).
Il comando del dipendente nella giurisprudenza
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sede. Nel lavoro interinale, la società fornitrice ha assunto il
dipendente al solo scopo di utilizzarlo presso le imprese utilizzatrici e
questo è anche l’oggetto del contratto. Nel distacco il dipendente non
è stato assunto per svolgere la prestazione presso il terzo e ciò non è
oggetto del contratto ma il trasferimento presso l’azienda del terzo è
un evento eccezionale e di natura temporanea essendo previsto per il
lavoratore il ritorno nella propria sede dove continuerà a svolgere
l’obbligazione lavorativa per la quale è stato assunto. Il distacco
rispetto al rapporto di lavoro è una vicenda che si presenta ex post,
mentre nel lavoro interinale il trasferimento del dipendente è insito nel
contratto ab origine.
La vicinanza fra i due istituti è testimoniata dal decreto legislativo
del 5 gennaio 1993 n.1, poi decaduto per mancata conversione, che
conteneva in tema di interventi urgenti per l’occupazione un
riferimento anche al distacco. “La presente disciplina, non si applica
alle imprese diverse da quelle di cui al comma uno, che distacchino
propri dipendenti presso altri datori di lavoro. Tale distacco può essere
effettuato sempreché sia caratterizzato dalla temporaneità e sussista un
interesse dell’impresa distaccante, affinché propri dipendenti svolgano
l’attività lavorativa presso un altro soggetto.” Il confronto tra i due
istituti non è però casuale. Proprio perché il distacco non trova una
Il comando del dipendente nella giurisprudenza
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norma ma deve necessariamente far riferimento all’orientamento
maggioritario della giurisprudenza e all’applicazione pratica, il
confronto con istituti simili rende più facile una ricostruzione
completa di tutti gli aspetti della fattispecie, soprattutto per quel che
riguarda il rispetto dei diritti del lavoratore durante il distacco, il
riconoscimento del lavoro prestato al rientro in azienda e il
trattamento economico che spetta al dipendente durante il distacco.
Il distacco è stato a lungo considerato, rispetto all’intermediazione
vietata di mano d’opera, l’altra faccia della medaglia la cui legittimità
è assicurata da due elementi indefettibili: l’interesse del datore di
lavoro originario a che il dipendente svolga la sua opera a favore del
distaccatario, soddisfacendo così l’obbligazione dedotta nel contratto;
la temporaneità del distacco in modo che sia assicurato il rientro in
azienda del lavoratore e che risulti l’eccezionalità del provvedimento.
L’individuazione di questi elementi è il frutto di un’elaborazione
giurisprudenziale che, seguendo le indicazioni della Suprema Corte,
ha ricostruito l’istituto in ambito privato. Per questo motivo si può
parlare di una trasposizione giurisprudenziale di uno strumento che
era conosciuto solo nel pubblico impiego.
Numerose sentenze si sono occupate di delineare i profili di
legittimità del distacco: “Presupposti del distacco del lavoratore
Il comando del dipendente nella giurisprudenza
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subordinato dal datore di lavoro presso un terzo... sono il carattere di
temporaneità .... e l’interesse del datore di lavoro distaccante.........”.
7
Ci sono altri elementi del distacco che sono molto importanti ma
questi due sopra citati possono essere a buona ragione considerati
requisiti di legittimità della fattispecie ed indefettibili giacché la loro
assenza comporta il ricondursi della fattispecie all’intermediazione
vietata di mano d’opera con l’automatica conseguenza che il
prestatore di lavoro risulti assunto legalmente dal distaccatario e
l’originario rapporto di lavoro esaurito. La peculiarità del distacco,
invece, consiste proprio nel fatto che il rapporto di lavoro originario
continua ad esistere, nonostante che il lavoratore presti la propria
opera altrove, conservando quindi sia i diritti sia gli oneri che derivano
dal contratto originario ma allo stesso tempo assumendone dei nuovi
nei confronti del datore di lavoro, presso cui è stato distaccato, che
avranno attinenza con la concreta attuazione della prestazione
lavorativa.
Questa duplicità si presenta anche dal lato dei datori di lavoro
distaccante e distaccatario. Al primo, infatti, spetta la titolarità del
rapporto e i principali oneri, specialmente quelli connessi alla
retribuzione, al secondo spetterà temporaneamente e per tutto l’arco
7
V. Cass 8 febbraio 1988 n.1325 in Not .giurisp. lav .1988, 648.
Il comando del dipendente nella giurisprudenza
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temporale del distacco, l’esercizio del potere di conformazione, in
altre parole indirizzerà il lavoratore nello svolgimento dell’opera, sarà
responsabile della sua salute nell’ambiente di lavoro ed in generale
eserciterà tutti i poteri connessi allo stretto esercizio dell’attività
lavorativa.
L’inserimento di un lavoratore nell’organico di un’altra azienda
può anche configurare un’ipotesi di successione nel rapporto con la
conseguenza che l’originario rapporto si estingue e il distaccatario
diventa successore del distaccante. Generalmente, in queste ipotesi si
ha un accordo tra le società e due rapporti nettamente distinti. Nel
distacco si ha, non successione nel rapporto, ma successione nel
credito e ciò comporta che il rapporto dal lato del datore di lavoro
presenti due soggetti, il titolare originario, che rimane titolare del
debito retributivo, e il nuovo imprenditore, titolare del credito. La
fattispecie, secondo Magno, può essere anche costruita diversamente:
il distaccatario diventa un mero adiectus solutionis causa cioè un
mero indicato per il pagamento
8
, semplice strumento per
l’adempimento dell’obbligazione, risultando estraneo alla titolarità di
qualunque posizione soggettiva con riguardo al lavoratore. Secondo
8
V. Art. 1088 c.c. e v. a favore: P. Magno “Le vicende modificative del rapporto di lavoro subordinato”
Padova, Cedam 1976. Contra: Cass. sez. lav. 16 aprile 1984 n° 2471 in Foro it. 1985, 142.
Il comando del dipendente nella giurisprudenza
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quest’orientamento il comando sarebbe una vicenda che avrebbe
rilevanza di mero fatto dal punto di vista del rapporto di lavoro, nel
senso che essa inciderebbe soltanto sulle modalità materiali
d’esecuzione della prestazione di lavoro, destinatario della quale
resterebbe giuridicamente il datore di lavoro sia pure tramite il terzo;
quest’ultimo è quindi visto come mero strumento indicato dal
creditore-datore per l’adempimento dell’obbligazione di lavoro. “Il
comando finisce così per l’annegarsi nell’indistinta categoria
d’ipotesi, nelle quali la prestazione di lavoro viene, di fatto, eseguita
presso un soggetto diverso dal datore di lavoro”
9
. Tale categoria non
ha tuttavia autonomia concettuale, ma richiama semmai il concetto di
comando improprio trattandosi di una vicenda che risulta circoscritta
nell’ambito dei soggetti originari del rapporto non coinvolgendo
alcuna figura giuridicamente rilevante di terzo. Si ha comando
improprio quando è connaturato con l’esercizio della prestazione il
fatto che essa debba svolgersi presso il terzo. Pensiamo al dipendente
di una società di servizi che svolge la sua prestazione presso il cliente
della società: il cliente è un mero indicato per l’esecuzione
dell’obbligazione lavorativa, essendo solo il tramite per lo
svolgimento della prestazione. Nel comando proprio, invece, il terzo
9
V. Magrini: “La sostituzione soggettiva nel rapporto di lavoro” Angeli, Milano 1980,73.
Il comando del dipendente nella giurisprudenza
15
beneficiario deve ritenersi portatore di un interesse giuridicamente
rilevante alla prestazione stessa, per la cui realizzazione s’instaura, fra
il beneficiario e il lavoratore, un rapporto obbligatorio che ha come
contenuto le posizioni soggettive attinenti allo svolgimento della
prestazione. Si può anche parlare di un nesso di derivazione, nel senso
che l’adempimento dell’obbligazione contrattuale del lavoratore nei
confronti del datore di lavoro comporta anche l’assunzione di
un’obbligazione collaterale di lavoro nei confronti del terzo con
contenuto più ridotto e in funzione strumentale rispetto
all’obbligazione originaria.
Il distacco è considerato interposizione vietata di mano d’opera
anche quando si verifica una sostanziale estraneità del lavoratore
all’organizzazione funzionale e gerarchica del datore di lavoro
distaccante. In questo caso, infatti, risulta poco giustificabile secondo
la sentenza della Corte di Cassazione
10
un trasferimento in altra
azienda dove le mansioni esercitate dal lavoratore sono diverse e non
funzionali alle esigenze tecniche – organizzative dell’azienda del
distaccante.
10
V. in tal senso Cass. 26 febbraio 1982 n. 1264 in Not. Giur. Lav. 1982, 107 (solo massima) e ivi tratto da
Canali De Rossi nota alla sentenza della Cass.16 giugno 1992 n.7328 in Dir.lav. 1993 II 443.
Il comando del dipendente nella giurisprudenza
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Vi è un’altra sentenza della Corte di Cassazione
11
sezione penale,
unica nel suo genere, che è importante citare per dovere di
completezza. La sentenza inserisce, sic et simpliciter, nel regime dei
divieti stabilito dall’art. 1 della L. 23 ottobre 1960 n° 1369
“l’esecuzione di mere prestazioni di lavoro effettuate nelle forme del
comando o del distacco”. Due società, la Marozzi viaggi e la Mai,
avendo fatto opposizione ai decreti penali di condanna furono citate in
giudizio dal Pretore di Roma che, riconoscendo nel caso di specie
un’intermediazione di mano d’opera, le condanna per la violazione
dell’art. 1della legge 1369/1960 e per omissione di contributi di vari
titoli assicurativi, previdenziali ed assistenziali dovuti all’INPS,
INAIL ed INAM. Le due società si erano accordate per un prestito
reciproco dei propri dipendenti. Contro la decisione, le società
ricorrono in Cassazione facendo valere questi motivi: manca il
compenso per appalto d’opera e l’utilizzazione di macchinari e
capitali altrui, si tratta di distacco tra società appartenenti ad un unico
gruppo finanziario e non d’intermediazione vietata.
è
l
o
11
V. Cass.sez. penale III 12 novembre 1980n. 11895 in Massimario della giur. del lav. 1982, 73