contabili nell’uso corrente, specie con riferimento agli aspetti della stima
della utilità pluriennale degli assets (ascrivibile principalmente
all’eccessiva volatilità dei valori prospettici) e della loro valorizzazione
nell’ipotesi di generazione interna (ove manca il momento dello
scambio con terze economie).
Per di più, si rileva addirittura un assoluto “buio tecnico” sugli
aspetti più avanguardisti come nel caso di un bene intangibile,
strategico rilevante, rappresentato da una politica di marketing
prontamente modulabile in funzione delle nuove esigenze fatte palesi
dal mercato in continuo divenire.
Se la comunicazione obbligatoria registra tali gravi limiti, quella
volontaria, promossa fortemente dalle istituzioni poste a presidio del
buon funzionamento dei mercati finanziari, non ha soddisfatto finora le
pressanti attese informative che su di essa storicamente si appuntano.
Il regime di volontaria divulgazione informativa (voluntary
corporate disclosure) infatti, non ha finora avuto come risultato
l’affermazione di un ambiente economico-finanziario più trasparente in
senso informativo.
Le analisi più autorevoli sembrano ricondurre questo fallimento
dei meccanismi informativi del libero mercato innanzitutto alla natura
economica delle risorse intangibili. Per il know-how, ad esempio, la
difficoltà di trovarne riscontro nei bilanci delle società, persino di quelle
quotate, notoriamente sottoposte a vincoli informativi più stringenti,
troverebbe una giustificazione nel dato incontrovertibile per il quale il
valore del know-how discende dalla sua stessa segretezza.
Vi è poi la constatazione di quanti denunciano la mancanza di un
linguaggio comune, per cui, metaforicamente, chi ha sviluppato in
autonomia un proprio linguaggio, escogitando strumenti innovativi di
comunicazione economico-finanziaria delle immaterialità aziendali, non
è riuscito comunque a comunicare efficacemente ai destinatari il
messaggio principale (il “valore” degli intangibles), per quanto nobili e
commendevoli siano state le intenzioni di partenza.
Sul fronte dottrinale (economico-aziendale) la frammentarietà
degli approcci allo studio del tema ha prodotto una forte eterogeneità
nelle conclusioni. Con la conseguenza che di fatto – come di frequente
viene notato in letteratura – esistono e convivono molteplici filoni di
studio, ciascuno poi con orientamenti diversi, dedicati al tema degli
intangibles:
• Giuridico (l’attenzione viene posta sulla identificazione dei tratti
distintivi dei marchi, dei brevetti, delle opere dell’ingegno e della
loro tutela);
• Economico generale (recentissimo è l’interesse alla
comprensione del legame intercorrente tra investimenti e
crescita economica, avendo preso atto che la natura degli
investimenti odierni è prevalentemente intangibile);
• Strategico (le ricerche che si muovono nella direzione della
identificazione delle leve del vantaggio competitivo sostenibile,
riconoscono categorie di intangibles - conoscenza, credibilità,
coesione e dedizione del personale, competenze - come
determinanti primarie del successo aziendale);
• Del marketing (la riflessione si concentra su tematiche quali la
generazione della brand equity o valore economico della marca,
gli attributi intangibili del prodotto, la customer satisfaction);
• Finanziario (in questo ambito si pone l’enfasi sulla difficoltà di
finanziamento di iniziative economiche ad alto contenuto
immateriale e avvinte da asimmetria informativa);
• Contabile (i problemi che qui rilevano maggiormente sono due:
la determinazione del reddito di esercizio e la valutazione del
capitale aziendale in presenza di beni intangibili).
L’angolo di osservazione del presente studio è quello contabile in
senso lato, dato che spesso è ampliato giocoforza fino a comprendere,
secondo gradi differenti, profili propri di “aree dell’immaterialità” –
innanzitutto finanziaria - di matrice non contabile.
Il lavoro di ricerca compiuto che viene qui proposto ha
deliberatamente inteso analizzare in maniera “trasversale” la tematica
degli intangibles, innestandola sia in quella della comunicazione (cap. I)
sia in quella della misurazione del valore (cap. IV). Nella
consapevolezza che così facendo possono affiorare, quasi senza
volerlo e a latere del filo conduttore risorse-valore-comunicazione,
alcune variabili esplicative delle condizioni di funzionamento dell’istituto
aziendale e del suo finalismo, fatte proprie dalle più evolute
teorizzazioni in campo aziendalistico (Knowledge based view, IC
concept, ‘Stakeholders’ approach, Value creation theory).
Sul piano formale il blocco testuale che segue si articola in
cinque capitoli e consta di due appendici finali.
Il capitolo Primo rappresenta la cornice nella quale si sviluppa
il tema delle risorse intangibili d’impresa. In esso si affronta
l’argomento della comunicazione economico-finanziaria d’impresa,
considerandone dapprima l’evoluzione nei suoi tratti dominanti e poi i
caratteri che va assumendo nella prospettiva internazionale. Ci si
sofferma successivamente sulla questione controversa delle
informazioni sulle risorse immateriali nella comunicazione
economico-finanziaria d’impresa che anima il corrente dibattito sui
suoi limiti e la ricerca di forme espressive più efficaci.
I capitoli Secondo e Terzo e Quarto costituiscono il vero
“cuore” della tesi. In essi viene svolto il tema delle risorse intangibili
nell’analisi economico aziendale e nei modelli contabili nazionale e
internazionale, soffermandosi, infine, sul dettaglio delle metodologie
di quantificazione - non solo monetarie - invalse nell’uso corrente.
Nel capitolo Secondo in particolare vengono poste le basi per
le argomentazioni successive sia attraverso la definizione e la
classificazione delle risorse intangibili sia con l’analisi delle loro
intrinseche caratteristiche economiche e della loro valenza
strategica.
Il capitolo Terzo percorre il filone tematico delle immaterialità
d’impresa nei modelli contabili nazionali e internazionali. Dopo un
breve excursus sul pensiero dei classici della ragioneria in materia di
intangibles viene enucleato il trattamento contabile degli stessi nel
contesto italiano, considerando immediatamente di seguito le
indicazioni provenienti dai principi contabili internazionali (IAS/IFRS).
Il Quarto capitolo si occupa della determinazione quantitativa
del patrimonio intangibile. E’ risaputo che la reale potenza dell’analisi
economico-aziendale (rectius economica in senso lato) risiede tutta
nella possibilità di quantificare i fenomeni sotto osservazione. Si
espongono, pertanto, in un quadro ordinato di riferimento, i metodi e
gli approcci volti alla “misurazione” delle risorse intangibili, compresi
quelli di frontiera.
L’ultimo capitolo, il Quinto, fornisce evidenze empiriche sulla
percezione che hanno gli stakeholders più coinvolti nelle vicende
aziendali nei confronti del modello corrente di reporting degli
intangible assets e rispetto alla fattibilità di un potenziamento della
comunicazione economico-finanziaria d’impresa.
* * *
Si ringrazia, con sincera gratitudine, il prof. Mario De Sarno
e la dott.ssa Alessandra Allini per la costante disponibilità e
l’attenzione con cui mi hanno seguito durante ogni fase del meticoloso
lavoro di ricerca e di redazione.
Nella speranza che questo studio possa essere in futuro
approfondito ancora più a fondo e ulteriormente perfezionato, prendo in
carico esclusivo ogni responsabilità per accidentali errori o inesattezze.
NAPOLI, OTTOBRE 2003
DANIELE MADDALONI
CAPITOLO I
LA COMUNICAZIONE ECONOMICO-
FINANZIARIA D’IMPRESA
SOMMARIO:
PREMESSA
1.1 L'EVOLUZIONE DELLA COMUNICAZIONE
ECONOMICO-FINANZIARIA D'IMPRESA
1.2 CARATTERI DELLA COMUNICAZIONE
ECONOMICO-FINANZIARIA NELLA PROSPETTIVA
INTERNAZIONALE
1.2.1 LA DISPONIBILITÀ
1.2.2 LA SIGNIFICATIVITÀ
1.2.3 LA COMPARABILITÀ
1.2.4 L'ATTENDIBILITÀ
1.3 LE INFORMAZIONI SULLE RISORSE
IMMATERIALI NELLA COMUNICAZIONE
ECONOMICO-FINANZIARIA D'IMPRESA
PREMESSA
I sistemi aziendali sono al centro di un complesso ampio e
variegato di attese sociali ed economiche. La possibilità di mantenimento
di condizioni di successo aziendale a valere nel tempo sono influenzate da
numerose variabili tra le quali rilevano per importanza:
• la chiara consapevolezza delle risorse e delle capacità distintive;
• la capacità di comunicazione degli sforzi effettuati per il
soddisfacimento delle attese degli stakeholders;
• la capacità di istituire rapporti fiduciari e di creare consenso
esterno.
Razionalmente dunque l’efficacia aziendale scaturisce dai
comportamenti dinamicamente assunti nella esplicazione degli atti di
gestione, assumendo come presupposto necessario la divulgazione di
informazioni finalizzate al soddisfacimento delle attese conoscitive e
valutative delle diverse classi di portatori di interesse nei confronti
dell’azienda.
La capacità di acquisire risorse e consensi, in particolare, risulta
condizionata in modo sempre più determinante:
• dalla diffusione di comunicazioni volte ad agevolare lo sviluppo dei
processi valutativi;
• dall’opportuna selezione dei contenuti, dei tempi e delle modalità di
comunicazione ai destinatari delle informazioni da loro attese.
In tutti i processi di comunicazione preordinati alla creazione e al
mantenimento di condizioni di efficacia di lunga durata, un ruolo primario
è svolto dai messaggi a contenuto economico-finanziario, i quali cercano
di realizzare una logica e opportuna sintesi delle modalità di creazione di
ricchezza.
La comunicazione economico finanziaria in realtà si colloca
nell’ambito del concetto, tanto propagandato dai public relators, di
“comunicazione aziendale integrata”, che si compone di ulteriori aree di
comunicazione:
• istituzionale, tesa a legittimare l’impresa nell’ambiente in cui è
inserita e opera;
• commerciale, volta ad ampliare e consolidare i mercati di
sbocco;
• interna, nel senso di essere rivolta al pubblico interno
dell’impresa, con l’obiettivo di influire sui comportamenti e
processi decisionali al fine di sviluppare forza coesiva.
•
COMUNICAZIONE
ISTITUZIONALE
COMUNICAZIONE
INTERNA
COMUNICAZIONE DI
MARKETING
COMUNICAZIONE
ECONOMICO-FINANZIARIA
FIG. 1 - LE AREE DELLA COMUNICAZIONE INTEGRATA
Attraverso la comunicazione economico-finanziaria l’azienda ricerca il
consenso, intorno al proprio indirizzo strategico, di tutti quei soggetti
interessati a vario titolo al suo andamento economico, patrimoniale e
finanziario.
Ciò permette all’impresa di attrarre le r isorse di cui necessita e di
ottenere l’appoggio delle forze sociali in modo da attivare un circolo
virtuoso che favorisce il conseguimento di risultati economici positivi e la
congrua remunerazione dei fattori produttivi utilizzati.
La comunicazione economico-finaziaria viene realizzata nel
concreto principalmente attraverso tre tipologie: le comunicazioni
periodiche di matrice contabile; le comunicazioni effettuate in particolari
momenti della vita dell’impresa (ad es. in caso di operazioni straordinarie);
la comunicazione personalizzata e diretta a particolari soggetti ( ad es. gli
investitori istituzionali).
1.1 EVOLUZIONE DELLA COMUNICAZIONE ECONOMICO FINANZIARIA D’IMPRESA
La comunicazione economico-finanziaria d’impresa è stata oggetto
negli ultimi anni di una pressione evolutiva che ne ha profondamente
modificato le manifestazioni e i caratteri intrinseci.
Si tratta di un cambiamento significativo i cui termini, peraltro assai
complessi e articolati, vengono ricondotti dalla Campedelli
1
,
sinteticamente e con attenzione alle problematiche internazionali, ad
alcuni profili esplicativi che riguardano:
a) destinatari della comunicazione;
b) strumenti di diffusione impiegati;
c) contenuti del messaggio;
d) riferimenti tecnici di elaborazione e presentazione delle informazioni.
a) Con riferimento ai soggetti cui la comunicazione economico-
finanziaria d’impresa è indirizzata, il cambiamento si correla
principalmente a due fenomeni. Da un lato si è assistito al ben noto
processo di globalizzazione che ha determinato una progressiva
internazionalizzazione dei destinatari della comunicazione. Dall’altro, si è
verificato un non meno importante processo di ampliamento delle
categorie di soggetti cui tale comunicazione è indirizzata.
La globalizzazione degli interessi economici unitamente alla
maggiore tempestività e circolazione delle informazioni, alla concreta
mobilità di uomini e capitali, alla dinamicità dell’ambiente sociale ed
economico e al fatto che le comunicazioni relative alle performance delle
imprese sono sempre più frequentemente utilizzate al di fuori dei confini
dei paesi in cui esse sono predisposte, ha progressivamente imposto
l’esigenza della definizione di forme espressive tali da favorirne la
comparabilità e l’agevole diffusione.
1
B. CAMPEDELLI, L’internazionalizzazione della comunicazione economico-
finanziaria d’impresa, FrancoAngeli, 2003.
La spinta alla internazionalizzazione della comunicazione
economica e finanziaria d’ impresa — la quale oggi appare finalmente
orientata verso l’ accettazione di uniformi principi contabili — è frutto di
uno sforzo sinergico di diversi attori appartenenti allo scenario politico
internazionale, al mondo della cultura e della professione contabile.
Sul piano poi dell’al largamento delle categorie di destinatari
cui la comunicazione aziendale è rivolta, si osserva che le imprese via via
stanno divenendo sempre più consapevoli della necessità di coinvolgere i
propri stakeholders.
Una crescente attenzione viene quindi riservata anche ad aspetti
prima trascurati, propri di una dimensione sociale dell’impresa, quali la
tutela dei consumatori, le condizioni di lavoro dei dipendenti, l’inserimento
di giovani inoccupati, l’apprezzamento dell’impatto ambientale.
Al riguardo la Salvioni
2
constata e scrive di una vera e propria
“transizione da una cultura della reticenza ad una cultura della
trasparenza”, segnalatrice di una maturità comunicativa che poco a poco
va affinandosi.
Si assiste in altri termini ad una crescente tensione da parte delle
imprese verso la cosiddetta accountability (il “rendere conto”), condizione
indispensabile per il mantenimento di un rapporto armonico tra impresa e
società.
2
D. M. SALVIONI (a cura di), L’efficacia della comunicazione economico-
finanziaria e l’analisi della concorrenza, Giappichelli, 2002.
FONTE: AIAF 2003
b) Un ruolo non meno importante nel cambiamento in atto nella
comunicazione economico-finanziaria d’impresa viene ricondotto agli
strumenti utilizzabili, nel duplice significato di forme espositive e mezzi di
divulgazione.
In relazione a questi ultimi occorre sottolineare gli atout del più
potente canale mediatico oggi esistente: la rete Internet. Nell’ottica dei
navigatori, il proliferare di siti aziendali e connessioni più facili ed
economiche, rendono reperibile un patrimonio informativo pressoché
illimitato e soprattutto con livelli di aggiornamento che approssimano il
tempo reale. L’interattività dello strumento poi accresce di misura la
possibilità per l’impresa di relazionare, seppure “a distanza”, con la platea
di potenziali interlocutori.
Sul piano delle forme espositive vanno diffondendosi - come in
parte già detto - informazioni che trascendono le più tradizionali aree di
rendicontazione strettamente connesse ad adempimenti fiscali e civilistici.
Qui si sottolinea che il bilancio di esercizio rimane nonostante tutto
“protagonista” nel senso di essere elettivamente rappresentazione
periodica e codificata della dinamica aziendale.
P/BV > 1
P/BV = 1
FIG. 2 - EVOLUZIONE DELLA COMUNICAZIONE FINANZIARIA IN ITALIA
Le nuove forme dunque fiancheggiano il bilancio e si caratterizzano
per non obbedire a nessuna regola prescrittiva essendo il frutto del
riconoscimento della “strategicità” della comunicazione nel moderno
contesto aziendale.
A titolo esemplificativo si menzionano le relazioni trimestrali o
semestrali degli organi istituzionali di governo dell’impresa, le “lettere agli
azionisti” e le “lettere ai risparmiatori. Ma le forme che più sembrano
assumere consistenza nel dare rappresentazione alla dimensione
relazionale dell’impresa moderna sono note con la denominazione
“bilancio sociale” e “bilancio ambientale”.
c) La modificazione degli strumenti e dei soggetti destinatari della
comunicazione economico-finanziaria si lega indissolubilmente a quella
dei suoi contenuti.
La crescente esigenza della piena comprensione dell’economia di
un’impresa sempre più dinamicamente coinvolta nel rapporto con
l’ambiente circostante e tesa a soddisfare i portatori delle molteplici attese
che su di essa convergono spinge verso il superamento dei limiti
contenutistici della comunicazione.
Al riguardo, è risaputo che il bilancio si manifesta sempre più
inadeguato in rapporto ad elementi che si rivelano sempre più critici nel
determinare il successo di una iniziativa economica. Cosi, ad esempio,
aree dell’impresa come quella delle immaterialità sono solo tratteggiate o
persino assenti nelle tradizionali raffigurazioni di bilancio.
Se infatti quest’ultimo è in grado di fornire una sufficientemente
analitica indicazione delle risorse materiali – fisiche e finanziarie - non
parimenti efficace si dimostra nel visualizzare le risorse immateriali o
peggio ancora quelle più intangibili come il capitale umano o la cultura
d’impresa. Questo stato di cose promuove una importante evoluzione
contenutistica della comunicazione d’impresa, la quale va arricchendosi di
nuovi dati - strategici e operativi innanzitutto – che si intrecciano con quelli
di matrice contabile.
d) Relativamente ai riferimenti tecnici in base ai quale le
informazione sono predisposte, si registra un loro ampliamento e una loro
progressiva armonizzazione.
Limitando l’osservazione al contesto italiano, il quadro delle regole
di riferimento ha subito una notevole espansione nel senso che oggi oltre
a leggi, decreti, regolamenti, interpretazioni ministeriali o giurisprudenziali,
cresce l’influenza esercitata da un lato dalle diverse autorità di controllo
(Consob, Isvap, Banca d’Italia) e dall’altro dalla cosiddetta fonte
professionale (Commissione per la Statuizione dei Principi Contabili,
l’Assonime, l’Assirevi, l’Abi) .
Questo fenomeno testimonia una evoluzione del modello italiano di
regolazione contabile verso una maggiore autoregolamentazione (self-
regulation), in linea peraltro con quanto accade nel resto d’Europa.
Emblematica in tal senso è la recente costituzione in Italia dell’Oic
(Organismo Italiano di Contabilità), in Europa dell’Efrag (European
Financial Reporting Advisory Group) e del rinnovato ruolo dello Iosco
(International Organisation of Security Commissions) a livello mondiale.
L’aspetto dell’armonizzazione internazionale trova il momento di più
alta affermazione con l’emanazione del Regolamento (CE) 1606/2002 del
luglio 2002 che obbliga all’applicazione dei principi contabili internazionali
nella redazione del bilancio consolidato delle società quotate, lasciandone
per ora facoltativa l’applicazione alle altre società.
La convergenza verso gli International Financial Reporting
Standards (gli ex International Accounting Standards) elaborati dallo Iasb
(già Iasc) per il tramite di una più agevole comparabilità delle informazioni
diffuse, è rivolta a produrre un effetto di contenimento dell’incertezza
relativa all’attendibilità e significatività della comunicazione economico-
finanziaria dell’impresa e, conseguentemente, una riduzione delle
asimmetrie informative a tutela del risparmio e del corretto funzionamento
dei mercati finanziari.