di assimilazione coatta in vista di una piena omogeneizzazione
culturale, però, non ottennero i risultati sperati. Tant’è vero che, già
nel 1791, la Gran Bretagna fu costretta a considerare l’Upper Canada
(in seguito, Ontario) ed il Lower Canada (in seguito, Québec) come
due giurisdizioni distinte. Nel 1841, poi, il parlamento di Londra
approvò l’Act of Union, attraverso il quale tali entità furono
nuovamente unificate; la Provincia Unita del Canada, così costituita,
ha rappresentato il primo importante passo verso la creazione della
federazione vera e propria e sarà quindi alla base degli sviluppi
successivi. Il Dominion del Canada nacque nel 1867 attraverso
l’approvazione del British North America Act (BNA) da parte del
parlamento di Westminster. La prima Costituzione canadese ha avuto
origine in ambito coloniale ed ha quindi affermato uno stretto legame
istituzionale e politico con la Gran Bretagna. Le province dell’Ontario
e del Québec hanno assunto una posizione centrale nell’intero
processo di costruzione federale. Sono esse, assieme al New
Brunswick ed alla Nuova Scozia, le province originarie della
federazione. Solo più tardi, attraverso un lungo percorso di
allargamento incrementale, altre regioni del Nordamerica sono entrate
a far parte del nuovo Stato. Il Canada è oggi costituito da dieci
province e tre territori.
Nel corso del tempo, la componente francofona non solo è riuscita
a “sopravvivere” all’interno della federazione, ma, ha potuto anche
sperimentare un significativo rafforzamento. Inoltre, il fatto che la
maggior parte degli abitanti di lingua francese risieda nella provincia
del Québec, ha agevolato notevolmente il processo di affermazione
della componente francocanadese. La lingua ha rappresentato
l’elemento essenziale di questa evoluzione; già a partire dal primo
periodo federale, infatti, il governo di Ottawa ha dovuto riconoscere al
francese il medesimo status e quindi le medesime prerogative proprie
della lingua inglese.
1
In questo processo, cruciale è la Révolution
Tranquille (1960-66), momento catalizzatore di un rinnovato senso di
identità provinciale. Si è trattato di un periodo di crescita e,
soprattutto, di sviluppo dal punto di vista economico, sociale e
culturale; il Québec è diventato pienamente consapevole del proprio
ruolo all’interno della federazione ed ha, quindi, aspirato
all’ottenimento di effettivi strumenti politici e costituzionali al fine di
sostenere la propria particolarità culturale e linguistica.
In realtà, anche se il federalismo canadese è da intendersi
principalmente in senso duale, occorre prendere in considerazione
l’alto grado di pluralismo che è andato affermandosi nel corso degli
anni. La differenziazione socioculturale: è questa, come vedremo nel
secondo capitolo, l’altra fondamentale caratteristica della federazione
canadese. Rispetto a questo tema, il Canada ha rifiutato la soluzione
statunitense del melting pot ed ha, quindi, cercato di affermare il pieno
riconoscimento delle differenze di comunità ed etnie; si parla per
questo paese, infatti, della creazione di un vero e proprio “mosaico
etnico”. Esso si è sviluppato in riferimento a due dimensioni
particolarmente rilevanti.
Da una parte, è importante considerare le cosiddette First Nations,
ovvero gli indiani, gli inuit ed i métis; questi gruppi sono stati
lungamente esclusi dal dibattito politico di questo paese, ed hanno
potuto ottenere un primo riconoscimento costituzionale solo
nell’ambito del Constitution Act (1982). In seguito, le popolazioni
aborigene hanno fortemente lottato per il diritto all’autogoverno ed
all’autodeterminazione; si è trattato di un obiettivo fondamentale in
vista di una piena affermazione della propria identità, attraverso
l’identificazione dei cosiddetti diritti atavici. A questo proposito, si
considereranno due avvenimenti particolarmente indicativi: innanzi
1
In seguito, si arriverà all’istituzione vera e propria della politica del bilinguismo;
tale impostazione entrerà ufficialmente a far parte dell’impianto legislativo del
Canada attraverso l’Official Languages Act (1969).
tutto, la ratifica, nell’agosto del 1998, del Trattato Nisga’a; attraverso
questo documento, alcuni gruppi autoctoni si sono visti riconoscere la
piena autonomia di governo in una zona piuttosto ampia della British
Columbia. In secondo luogo, si cercherà di sottolineare l’importanza
della creazione del nuovo territorio di Nunavut (nell’aprile 1999); si è
trattato, in questo caso, di una nuova entità costitutiva ricavata nella
regione del Nordovest. In ragione di tale innovazione, il parlamento di
Ottawa ha affermato la completa autonomia politica della popolazione
inuit, da sempre residente in questa zona.
2
D’altra parte, un ulteriore elemento caratterizzante della
federazione canadese, deriva dalla massiccia presenza di gruppi etnici.
A seguito di un intenso flusso migratorio, già a partire dall’inizio del
novecento, il Canada è oggi uno dei paesi con il maggior numero di
persone provenienti dal resto del mondo. Dal punto di vista sociale, si
è costituita una realtà estremamente composita e quindi di difficile
comprensione. Di conseguenza, nel corso di quest’analisi, si affronterà
solo marginalmente il tema degli stranieri e le numerose questioni ad
esso legate.
Nella seconda parte di questo testo, poi, si prenderà in
considerazione l’assetto politico-istituzionale del Canada. Nell’ambito
del terzo capitolo, in particolare, analizzeremo le varie fasi che hanno
finalmente portato alla realizzazione del distacco costituzionale dalla
Gran Bretagna; un processo che ha dovuto necessariamente includere
anche il problema di una chiara definizione della procedura di
emendamento costituzionale; un meccanismo che, nell’ambito del
BNA (1867), non era stato previsto. A partire dagli anni sessanta del
XX secolo, la riforma della Carta costituzionale ha cominciato ad
2
Nell’ambito del processo d’istituzionalizzazione della diversità, gli autoctoni
hanno rappresentato un soggetto in grado di influenzare la contrattazione politica; la
crescita del nazionalismo pan-aborigeno, basato appunto sul diritto atavico
essere intesa come assolutamente prioritaria. I primi tentativi in tal
senso sono stati numerosi ma, nel loro complesso, totalmente
fallimentari. Essi hanno evidenziato l’impossibilità di creare equilibrio
fra le due componenti più importanti del Canada, ovverosia, il mondo
anglofono ed il mondo francofono.
La negoziazione intergovernativa, sviluppatisi relativamente al
progetto di cambiamento costituzionale, ha finito per rivelarsi
infruttuosa.
3
L’insuccesso della contrattazione interministeriale,
strumento principale di policy-making all’interno della federazione
canadese, è da ricollegare ad una crescente contrapposizione
interprovinciale. Si farà riferimento, a questo proposito, al netto
disequilibrio regionale, proprio della federazione canadese, e che si è
manifestato esplicitamente soprattutto a partire dalla seconda metà del
secolo scorso; le province occidentali del Canada, particolarmente
ricche di risorse naturali, hanno acquisito un sempre maggior peso
economico attraverso un lungo processo di ammodernamento. Sarà
interessante, allora, rilevare le principali conseguenze derivanti da
questo notevole miglioramento socioeconomico, in relazione al resto
del paese. L’Ovest, infatti, è riuscito ad affermarsi, a pieno titolo, fra
gli attori principali del dibattito costituzionale accanto, evidentemente,
al centro federale ed alla provincia del Québec.
La provincia francofona, ad ogni modo, ha rappresentato il
protagonista indiscusso dei primi progetti di riforma costituzionale; in
particolare, il fallimento degli accordi del 1964 e del 1971 è da
ricollegare proprio al rifiuto opposto dal governo québechese. Di più,
questa provincia ha finito per opporsi anche alla patriation della
costituzione durante i primi anni ’80. Con questo termine si indica il
processo attraverso il quale il testo costituzionale canadese viene
all’autogoverno, ha reso sempre più inadeguata la visione dualista della federazione
canadese.
3
A questo proposito, si parla per il Canada di “federalismo esecutivo”; si tratta di un
tipo di assetto che tende ad escludere qualsiasi influenza da parte dell’opinione
“portato a casa”, grazie al Constitution Act del 1982; questo
documento ha sancito la rottura di ogni legame di natura
costituzionale ed istituzionale con l’ex Madrepatria.
4
Relativamente a
questo difficile processo di rinnovamento, non si potrà non
considerare il fondamentale impulso proveniente dal governo federale.
Ai fini di una piena comprensione del progetto costituzionale, infatti,
si è posta particolare attenzione all’operato del primo ministro
federale dell’epoca, Pierre Elliott Trudeau, che pur essendo di origine
francocanadese, ha cercato di rinsaldare il senso di unità nazionale
all’interno del Canada.
Nonostante il rifiuto québechese, la Corte Suprema canadese ha
affermato, in modo inequivocabile, la piena validità della nuova Carta
costituzionale su tutto il territorio nazionale. Vero è che Ottawa ha
sempre aspirato ad un’accettazione generalizzata ed onnicomprensiva
del Constitution Act (1982), in vista di un’evoluzione costituzionale
coerente. Da qui, la continua ricerca da parte del governo federale, di
includere il Québec all’interno del processo riformista.
5
Relativamente
ai successivi incontri tra il primo ministro federale ed i vari capi degli
esecutivi provinciali, si porrà l’accento sui due maggiori tentativi di
contrattazione intergovernativa: il Meech Lake Accord (1987) ed il
Charlottetown Accord (1992). Entrambi gli accordi in questione
hanno avuto un esito negativo: essi non hanno potuto apportare nessun
tipo di innovazione costituzionale all’impianto del 1982. A seguito di
quest’ultimo insuccesso, si è prodotta una difficile condizione di
pubblica. L’accordo tra élites è quindi inteso come preminente nell’ambito della
contrattazione politica canadese.
4
Nell’ambito del rimpatrio costituzionale, è bene considerare anche un ulteriore
elemento estremamente innovativo: nella prima parte del Constitution Act (1982) è
stata inserita una vera e propria Carta dei diritti e delle Libertà. Tale documento si è
rivelato essenziale in riferimento al carattere multiculturale di questa federazione.
5
Nelle parole di Olivetti, “Con la conclusione della Patriation, qualcuno (l’allora
primo ministro Trudeau) si era illuso che l’assetto costituzionale della Federazione
fosse destinato a restare stabile per un millennio. Prevalse invece la tesi di
modificarlo ulteriormente, affinché anche il Québec accettasse la Patriation e lo
facesse «with honour and enthusiasm»” [Olivetti Rason 1996, 95].
stallo, che ha compromesso irreparabilmente l’evoluzione
costituzionale di questo paese.
A partire dai primi anni ottanta, ci si è trovati di fronte ad un
pressoché totale disinteresse del Québec rispetto a qualsiasi progetto
federale. La provincia francofona ha cercato di porre in essere un
percorso politico ed istituzionale assolutamente unilaterale, a
prescindere dal resto della federazione; si farà riferimento, in
particolare, al referendum provinciale del 1995. E’ in quell’anno,
infatti, che i québechesi sono stati chiamati a pronunciarsi, per la
seconda volta, sul futuro della propria provincia, ed in particolare,
sulla separazione dal resto del paese. Protagonista principale di questa
aperta sfida all’unità dello Stato canadese, è il Parti Québécois (PQ);
tale formazione partitica, nata nel 1976 ed al potere nella provincia
francofona quasi ininterrottamente fini ai giorni nostri, si è posta
infatti come espressamente indipendentista. A questo riguardo, si
prenderà in considerazione anche il primo referendum sulla
“sovranità/associazione”, indetto nel 1980. A differenza della
consultazione popolare del 1995, ad ogni modo, il quesito del 1980
era teso unicamente al ripristino del dialogo con il governo federale.
Relativamente all’ultimo referendum, di contro, è stato necessario
ampliare significativamente la nostra prospettiva di analisi, fino a
considerare anche le possibili conseguenze estreme della
contrapposizione all’interno della federazione.
Nel quarto capitolo di questo testo, si farà ricorso ad un approccio
che fa propri gli assunti della teoria della scelta razionale; in
particolare, si assume che gli attori siano razionali e che essi tendano
al raggiungimento di determinati obiettivi. Attraverso tale approccio,
si cercherà di mettere a fuoco l’identità e la natura degli attori rilevanti
(governo federale, governo québechese ed esecutivi delle provincie
occidentali, complessivamente intesi), nonché le loro preferenze, o per
meglio dire, l’ordine delle loro preferenze, in merito all’assetto
federale canadese. Si considereranno, poi, gli eventi principali
dell’evoluzione storica del Canada, al fine di una reale comprensione
del modo in cui tali preferenze sono state forgiate nel corso del tempo.
L’attenzione sarà posta, infine, sulle reali possibilità di
conciliazione relativamente alle diverse scelte costituzionali. Secondo
Cairns, “…i canadesi stanno giocando a tre tipi di giochi costituzionali
sul federalismo simultaneamente: (1) il gioco normale della politica
federale, lavorando sul sistema attuale; (2) il gioco del federalismo
rinnovato per tenere il Québec all’interno del Canada attraverso un
cambiamento costituzionale formale, come tentato negli Accordi
fallimentari del Meech Lake e di Charlottetown; questo gioco si
svolge attualmente; e (3) la rottura del gioco del Canada, lo scopo del
Bloc Québécois e del Parti Québécois” [Cairns 1995, 316]. La terza
opzione individuata da Cairns costituisce il perno del dibattito politico
attuale. In effetti, la grande questione sul tavolo delle trattative è
rappresentata dall’eventuale fuoriuscita del Québec dalla federazione e
quindi le conseguenze che ne deriverebbero per il Canada stesso.
Nell’ambito di tali priorità di scelta, il mancato riconoscimento del
Québec, quale Distinct Society all’interno della federazione, non ha
fatto altro che radicalizzare i toni del nazionalismo francofono.
L’opzione secessionista è stata esplicitata in modo chiaro, soprattutto
a seguito dell’importantissima pronuncia della Corte Suprema
canadese, nell’agosto 1998; in questa occasione, infatti, il più alto
tribunale canadese ha sancito la legittimità di un’eventuale
separazione negoziata e, non unilaterale, da parte del Québec.
6
In sintesi, il Canada presenta alcuni caratteri di particolare
interesse; l’evoluzione storica di questo paese ed i suoi elementi
preminenti sono alla base di una corretta comprensione
6
Elazar coglie perfettamente il culmine della situazione canadese: “…nei sistemi
federali del Nordamerica più vecchi e dalle fondamenta più solide, la rinnovata
enfasi sulle differenze etniche e culturali ha messo in crisi gli ordinamenti federali
comunemente accettati. In Canada questa sfida ha assunto la forma di un movimento
secessionista…” [Elazar 1995, 10].
dell’esperienza canadese. Date queste premesse, il nostro esame si
pone l’obiettivo di verificare se l’assetto federale abbia saputo
rispondere prontamente, o se del caso adattarsi in modo efficiente, alla
profonda differenziazione interna. Come noto, essa si struttura sulla
base di due prospettive differenti, ma tendenzialmente interrelate. Da
una parte, il netto bipolarismo tra la componente anglofona e la
componente francofona e, dall’altra, l’insieme dei numerosi gruppi
minoritari; la crisi della federazione canadese è, oggi, più che mai
complessa. In breve, è difficile pensare ad una persistenza efficiente
della federazione canadese, almeno in questi termini. Nel corso
dell’analisi, si cercherà di tracciare un quadro generale, passando
attraverso l’esame dei principali elementi di natura strutturale e
contestuale. A conclusione del nostro elaborato, quindi,
considereremo anche alcuni possibili esiti istituzionali, relativamente
al futuro dello Stato canadese.
PARTE PRIMA
Capitolo 1
L’evoluzione storica del federalismo canadese
Analizzare lo sviluppo storico del Canada significa principalmente
considerare l’evoluzione della federazione canadese. L’assetto
federale, pur rappresentando la struttura portante dello Stato, sembra
costituire oggi un’importante causa di instabilità politica. Il
federalismo canadese può essere inteso, secondo Brown-John, come la
continua oscillazione di un pendolo. Dal 1867, cioè, il controllo del
potere è passato alternativamente dal governo federale ai governi
provinciali secondo le diverse contingenze storiche [Brown-John
1990, 180]. Si tratta, allora, di evidenziare come la scelta federale del
secolo scorso, prettamente strategica rispetto alla conciliazione
nazionale, possa ancora rappresentare una risposta soddisfacente
all’interno di uno stato fortemente differenziato sia dal punto di vista
culturale, e sia da quello linguistico.
1.1 I prodromi della federazione canadese ed il primo periodo
federale
La caratteristica preminente del Canada fu, fin dall’inizio della
colonizzazione, l’esistenza e quindi la necessaria coesistenza
dell’Upper Canada, a maggioranza anglofona, e del Lower Canada, a
maggioranza francofona. La definitiva sconfitta dei francesi da parte
dell’esercito inglese nel 1760, infatti, non risultò in un predominio
assoluto dei coloni di Sua Maestà britannica nella regione. Le due
realtà socioculturali rimasero ben distinte all’interno del territorio
nordamericano e rappresentarono da subito la vera peculiarità della
storia canadese. Secondo Bothwell, occorre evidenziare “…in ogni
esame dei due maggiori gruppi linguistici del Canada, due aspetti
della loro storia, ed, in un certo senso, due storie” [Bothwell 1995, 7].
Già a partire dal periodo coloniale (1750-1867), i rapporti fra gli
anglocanadesi ed i francocanadesi furono piuttosto difficoltosi; basti
ricordare le ribellioni del 1837-38. Si trattò in quel caso, per
Codignola, di “manifestazioni dichiaratamente insurrezionali”
[Codignola 1999, 301]. Esse si espressero contro lo status quo e, pur
essendo assimilabili ad altri eventi degli anni ’30 nel resto del mondo
occidentale, misero in evidenza il netto contrasto fra i Patriotes del
Basso Canada ed i Reformers dell’Alto Canada. Entrambi i gruppi,
inoltre, cercarono di affermare in quell’occasione la necessità di
rinnovamento rispetto al potere corrotto del governo britannico. Il
malcontento, quindi, fu condiviso da ambo le parti ed il destino
politico del Canada fu profondamente segnato da questi continui
episodi di contrapposizione interna.
A seguito di tali avvenimenti, infatti, le autorità britanniche
decisero di prevenire il manifestarsi di ulteriori scontri cambiando la
struttura di governo delle due colonie [Metcalfe 1982, 205]. Si arrivò
quindi all’approvazione, nel 1841, dell’Act of Union grazie al quale fu
istituita un’unica unione legislativa. Furono conservate le istituzioni
principali stabilite dalla costituzione precedente del 1791: “Un
governo responsabile davanti al parlamento britannico, un consiglio
esecutivo nominato dalla Corona ed un consiglio legislativo di 24
membri, nominati a vita (solo nel 1853 quest’organo diventò elettivo)”
[Hamelin 1981, 83]. La costituzione della Provincia Unita del Canada
esplicitò la volontà della madrepatria inglese, e quindi del governatore
generale dell’epoca Thomson, di assimilare la comunità francofona al
resto del paese.
In quella direzione, andava il “Rapporto Durham” (1839).
Nell’accogliere tale atto, infatti, il parlamento di Westminster
affermo’ chiaramente la supremazia linguistica, culturale, sociale e
quindi politica del Canada anglofono, nonché la necessità di una
graduale eliminazione della cultura francese [Codignola 1999, 398].
Lord Durham, influente politico liberale dell’epoca, fu nominato
governatore generale di tutto il Nordamerica britannico (ad eccezione
della provincia di Terranova) col preciso compito di analizzare le
cause delle ribellioni e proporre, di conseguenza, i rimedi necessari. Il
Rapporto che derivò da quest’esperienza fu alla base del nuovo assetto
istituzionale, e fu strutturato lungo due direttrici principali. In primo
luogo, fu raccomandata l’unione del Lower ed Upper Canada.
Secondariamente, fu stabilita una forma di governo responsabile di
fronte all’assemblea legislativa e quindi più in linea con la tradizione
parlamentare britannica. La necessità di risolvere la questione
linguistica rimase, in ogni caso, il fulcro dell’intero progetto e le
autorità politiche dell’epoca cercarono di imporre la lingua inglese
come unico idioma veramente significativo. L’inglese doveva essere
la lingua della politica, della diplomazia, degli affari, ma anche della
vita quotidiana di tutti i canadesi. Nelle parole di Durham, “…per
quanto riguarda il carattere nazionale che deve essere dato al Lower
Canada; esso deve essere quello dell’Impero Britannico; tale razza
deve diventare, in un lasso di tempo relativamente breve,
predominante in tutto il continente Nordamericano” [Russell 1992,
15].
Ciononostante, i tentativi di assimilazione forzata non riuscirono a
produrre i risultati sperati; anzi, la comunità francofona riuscì
ugualmente a rafforzarsi. La popolazione di lingua francese aumentò
considerevolmente e continuò a concentrarsi nel Québec. In questa
regione, organizzata come un’autentica provincia britannica attraverso
la Royal Proclamation del 1763, la proporzione dei francofoni fu
presto pari all’80 per cento della popolazione e così rimase fino a
tempi molto recenti. Inoltre, lo sviluppo economico ed il processo di
urbanizzazione della città di Montréal furono notevoli.
Dal punto di vista istituzionale, la netta contrapposizione fra i due
popoli del Canada rese necessario un accorgimento interessante: già
dagli anni ’50 s’instaurò la prassi della “doppia nomina”. Per ogni
governo, cioè, dovevano essere nominati due primi ministri, uno per il
Canada Est, ed uno per il Canada Ovest (nel 1841 queste due diciture
sostituirono ufficialmente i vecchi nomi di Lower e Upper Canada). Si
dovette quindi rinunciare alla possibilità di realizzare completamente,
nella pratica, il principio ispiratore dell’Act of Union. Già nel 1849 il
francese e l’inglese furono dichiarate le lingue ufficiali dell’unione; in
quell’anno, il governatore generale annunciò che il francese avrebbe
avuto lo stesso status dell’inglese. Entrambe divennero, allora, le
lingue della burocrazia, della giustizia e dell’istruzione. Si
svilupparono, in questo modo, due sistemi distinti. Fu come se
l’assetto politico-istituzionale funzionasse su due binari paralleli ed
indifferenti l’uno rispetto all’altro per la maggior parte del tempo. In
una situazione del genere, la condivisione del potere risultò spesso
poco efficiente; in particolare, nei casi in cui la coppia al potere
rappresentava due partiti contrapposti, fu necessario trovare
meccanismi di convivenza più chiari. Un esempio importante si ebbe
con la creazione di un governo di minoranza tra il moderato George-
Etienne Cartier (francese e leader del Partito Blu) e John A.
Macdonald (scozzese e leader del partito conservatore).
L’eccezionalità dell’avvenimento in questione sta nel fatto che,
mentre Cartier poté godere di un ampio consenso elettorale (essendo
stato votato dalla maggioranza del Canada Est), Macdonald visse
l’esatta situazione opposta. Egli, infatti, pur essendo stato votato solo
da una minoranza di elettori del Canada Ovest, si trovò a ricoprire
ugualmente la suddetta carica esclusivamente in virtù della propria
origine linguistica. I due uomini al potere, rappresentanti di forze
politiche totalmente opposte, dovettero tentare di imbastire una
compagine governativa comune. Fu chiaro, fin da questo primo
periodo federale, che la netta differenziazione linguistica avrebbe
costituito un ostacolo importante per la neonata unione canadese.
L’esperimento del governo di coppia, (o della cosiddetta leadership
duale), anche se fu abbastanza instabile, pose le prime basi di quello
che sarebbe stato lo sviluppo federale successivo ed, in ogni caso, fu
utile per evidenziare la necessità del cambiamento istituzionale. La
crisi politico-istituzionale della prima metà degli anni ’60, vide la
creazione della cosiddetta “Great Coalition”. Nel 1864, i già citati,
Etienne Cartier e J. A. Macdonald riuscirono a costituire un governo
di coalizione, anche con la partecipazione di George Brown
(riformista e scozzese). Il nuovo esecutivo, pur essendo fortemente
differenziato al suo interno, espresse un comune desiderio: la
formazione di una vera unione federale [Vipond 1991, 17]. A tale
scopo, i tre padri della federazione canadese, compresero la necessità
di coinvolgere anche altri territori nordamericani. Il centro propulsivo
del progetto federale rimase rappresentato dall’attuale Ontario e dal
Québec, ma il percorso dovette necessariamente allargarsi anche ai
territori limitrofi. L’occasione propizia si presentò nei primi giorni di
settembre del 1864. In quel periodo, infatti, i rappresentanti delle
cosiddette tre province marittime, New Brunswick, Nova Scozia, ed
Isola del Principe Edoardo, si incontrarono a Charlottetown (capitale
dell’Isola del Principe Edoardo) per discutere di una loro possibile
unificazione. Macdonald non si fece sfuggire l’occasione e chiese di
poter partecipare all’incontro per illustrare il progetto di
un’unificazione più ampia, comprendente anche la Provincia Unita del
Canada. I colloqui fra i ventitré delegati diedero risultati molto
positivi; il buon andamento delle trattative fu confermato anche
durante la seconda riunione sulla federazione.
La conferenza di Québec, svoltasi nella capitale della provincia
francofona dal 10 al 27 ottobre del 1864, costituì, infatti, il primo
passo verso la costruzione della federazione. Essa fu organizzata in
modo molto simile al meeting di Charlottetown; le delegazioni furono
costituite da leaders sia dell’opposizione e sia del governo. Ognuna di
esse poté godere di un voto, tranne il Canada che ebbe il diritto di
esprimerne due. L’intera discussione si svolse, anche in questo caso, a
porte chiuse. Rispetto agli sviluppi in corso, comunque, vi furono
anche numerose voci contrarie. Per esempio, nella Provincia del
Canada, l’opposizione al suddetto progetto fu espressa dalla