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Complesso perch� presenta diverse facce: � un dispositivo
tecnologico produttore d�informazione e di spettacolo, una
realt� economico-industriale, uno strumento di potere, un
catalizzatore di desideri, un archivio di diverse espressioni
culturali, una presenza che attinge ed incide sui ritmi del
quotidiano e tante altre cose. Anche se ci concentriamo
�solamente� sulle relazioni modali e funzionali che il mass-
media allaccia con l�universo culinario, come faremo qui, la
complessit� non diminuisce: l'esame del linguaggio comporta
l'analisi degli effetti sociali e trascina implicazioni ideologico-
politiche.
D�altra parte la tv � anche un oggetto elusivo, qualcosa che
muta continuamente tanto da rendere impossibile una sua
sintetica definizione. Non esiste, infatti, �una� televisione, ma
convivono tanti suoi modi d�essere che si rincorrono, si
sovrappongono e si sostituiscono, a seconda dei luoghi e dei
tempi: dalla televisione del pubblico servizio a quella del
servizio pubblicitario, dal programma contenitore a quello
specializzato, dal broad casting al narrow casting. Ma la tv �
un oggetto elusivo anche perch� non esiste la televisione come
realt� isolabile da quanto la contorna: dagli altri ambiti della
comunicazione e dello spettacolo (giornali, cinema, pubblicit�,
internet) con i quali intreccia un fitto dialogo; dagli eventi che
accadono accanto a noi, che �nutrono� quanto viene trasmesso
sul piccolo schermo e insieme ne sono �alimentati�.
Oltre a ci�, bisogna ricordare al lettore che nell�indagine
sul cibo in tv, fino ad ora, non si era mai avventurato
nessuno, n� critici, n� studiosi, rendendo cos� tristemente
deserti, contrariamente agli altri argomenti fluttuanti in
tiv�, gli scaffali della gastronomia televisiva. Tuttavia
questi impedimenti avvaloreranno maggiormente gli
strumenti metodologici e le teorie prese in prestito dalle
diverse discipline e ci permetteranno di tracciare una
rotta libera senza essere troppo influenzati da un
apripista che in Italia non esiste. Infatti il nostro compito
sar� quello di farci strada in un terreno incontaminato,
ma con dei mezzi gi� collaudati da altri esploratori su
simili superfici. Con questo spirito tenteremo, dunque, di
compiere un volo a mezza altezza, variando di continuo il
punto di vista, mediante un simpatico esercizio
interdisciplinare che raccoglie dubbi che abbracciano
l�antropologia come la neuropsicologia, le scienze della
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comunicazione come la storia sociale, la letteratura come
la musica. Queste ed altre discipline forniranno gli
strumenti di verifica per giudicare l�analisi testuale de
"La prova del cuoco", condotta con quelle metodologie che
lo studio degli audiovisivi prende in prestito dalla
semiotica.
La raccolta del materiale video riguarda solo trasmissioni
registrate a partire dal febbraio 2001 fino al maggio 2002,
con l�aggiunta di programmi, visionati presso gli archivi
video di Mediaset, mandati in onda da Rete4 e Canale5
da dicembre 1998 a dicembre 2001.
Durante la preparazione di questo lavoro, ho avuto la
fortuna di ricevere consigli da diversi colleghi che lo
hanno letto e mi hanno offerto suggerimenti:
Matteo Baroni, Marco Castellani, Federica Falgio,
Kristiana Ferroni, Paola Secchia, Valeria Villari.
Dalle amichevoli discussioni che i loro commenti hanno
suscitato, ho appreso moltissimo, specie quando non �
stato possibile trovare alcun accordo.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno fatto dono del loro
tempo, delle loro conoscenze e della loro saggezza, tra i
quali: prof. Giovanni Boccia Artieri, dott.sa Maria Elena
Palange, prof.sa Gabriella Pinnnar�, prof. Piero Ricci che
mi ha fatto assaporare il pasticciaccio simbolico
dell�universo culinario. Una persona merita una
menzione speciale per il suo supporto pi� specifico e pi�
generoso: il mio maestro e amico Maurizio Del Ninno che,
da sempre, � miniera inesauribile di idee amicizia e
realismo critico e che mi ha fatto iniziare un viaggio
affascinante nell�antropologia ed, al suo interno, nella
semiotica.
Un ultimo ringraziamento, pi� affettuoso, � rivolto alle
mie nonne, per il loro sostegno psicologico e perch�
rappresentano, insieme al loro cibo, la mia passione.
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Capitolo 1.
Il sapore glocale
�Il piacere della tavola � di tutte le et�,
di tutte le condizioni, di tutti i paesi e di
tutti i giorni: pu� associarsi a tutti gli
altri piaceri e rimane per ultimo a
consolarci della loro perdita�.
Anthelme Brillat-Savarin.
Gli esseri umani, come gli altri animali, possono nutrirsi
con cibo crudo ed in parte lo fanno. Ma essi cucinano il
loro cibo e, inoltre, lo cucinano e lo servono in una gran
variet� di modi. Con grande intuizione, L�vi-Strauss ha
osservato che questi comportamenti sono espressivi come
quelli tecnici. Egli sostiene in primo luogo che cuciniamo
il cibo allo scopo di dimostrare che siamo uomini
civilizzati, non animali selvaggi, e che differenziamo i
modi di cucinare e preparare il cibo come espressioni di
occasioni sociali, secondo un codice binario sistematico.
Abitualmente consumiamo differenti tipi di cibo e di
bevande, preparati e serviti in modi diversi, come
indicazioni distintive di occasioni sociali particolari. La
ripetitivit�, sia nella preparazione del cibo che nella
scelta delle portate, arricchisce l'evento sociale di una
ritualit� propria, contribuendo alla sua identificazione
culturale. Molto spesso nelle cerimonie di paese l'atto del
mangiare e del bere cadono in un momento ricorrente del
loro svolgimento e l'uso di determinati cibi e bevande non
� mai casuale. Animali vivi commestibili, animali morti
commestibili, cibo preparato crudo, cibo preparato cotto
sono i maggiori componenti in quasi ogni sistema rituale
di scambio di doni. Cibi particolari, quali le �torte nuziali�
o le �fave dei morti� vengono comunemente associati ad
occasioni particolari. Secondo L�vi-Strauss, tali
opposizioni binarie (crudo/cotto, cotto/imputridito,
arrosto/bollito, bollito/affumicato) costituiscono
lineamenti distintivi di un codice e vengono usate
egualmente nell�esecuzione rituale e nella mitologia.
�L�alimentazione non appartiene agli ambiti semiotici,
ma a quelli biologici; e in quanto sostanza sta sotto la
soglia del linguaggio; i codici del gusto e del disgusto,
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invece, delineano un luogo di connessione tra sostanza e
forma, forzando cos� quella ricerca, che andava sotto il
nome di semiologia della cultura, a tentare descrizioni e
formalizzazioni dei protocolli e delle retoriche che
organizzano i comportamenti alimentari, le manipolazioni
culinarie, le regole dello stare a tavola, la messa in scena
del pasto. Tra l�osservazione del biologo, che definisce
l�uomo come l�unico animale privo di un segnale che gli
impedisca di mangiare troppo, e quella dell�antropologo
che vede l�uomo come l�unico animale capace di
distinguere l�acqua naturale dall�acqua benedetta, si apre
un vasto spazio nella ricerca semiotica, che pu� definire le
pratiche culinarie come un sistema semi-simbolico ―
linguaggio molare ― caratterizzato dalla conformit� di
alcune categorie� (Ricci 1990, p.84).
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1.1 Il cibo: l�immagine di un prodotto sinestetico
Nella "Fisiologia del gusto", a proposito dei provini
gastronomici, Savarin �medita� un metodo secondo il
quale bisogna definire indegni coloro nei quali �non si
scorge n� il lampo del desiderio n� il raggiare dell�estasi�
alla sola �apparizione� di una pietanza dalla squisitezza
commovente. Ma l�organo della vista non deve scorgere
un particolare artificio, che spetta semmai al gusto e
all�olfatto, bens� come prima cosa la quantit�. �Perch� un
provino produca sicuramente l�effetto � necessario che
esso sia adoprato in vasta proporzione: l�esperienza,
fondata sulla conoscenza del genere umano, ci ha
insegnato che la rarit� pi� saporita perde la propria
efficacia se non appare in quantit� esuberante; perch� il
primo moto che imprime nei convitati � giustamente
impedito dal timore di poterne avere una porzione troppo
piccola o di essere, in certe situazioni, costretti a rifiutare
per cortesia: cosa che accade in casa degli avari fastosi
antenati dei nouveaux chefs� (Savarin 1985, p.169).
In Giappone, pi� che altrove, il sapore � incompiuto senza
la partecipazione della vista: le portate sono �vedute�,
piccole sceneggiature ideografiche di piatti cucinati.
Funade, �la nave che parte�, � ottenuta con un gran pesce
scarlatto tra alghe verdi e candidi fiori di seppia tra
scogliere d�uova di salmone e tonno crudo, � chiari di
luna� sono i Tsukimi Soba, spaghetti di grano saraceno in
un brodo scuro di alghe dove campeggia un tuorlo d�uovo;
esposti su piccoli vassoi, i dolci modellati a forma di tre
montagne avvolte in carta kumo (nuvola)
rappresentavano il monte Meru, centro del mondo per la
cosmologia orientale; al pesce crudo si dava un assetto sul
piatto detto o-tsukuri che sta per �paesaggio innevato�
ecc.
Il cibo si esibisce visivamente, nella forma iperreale di
simulacri di plastica, che oltre a rispondere ad ovvi motivi
di conservazione, sono metafore che ne estendono il senso
e ne integrano il sapore (cfr. Fabbri 1991, p.76).
C�� chi intravede la presenza di un idealismo e di un
classicismo del vedere, senso che opera a distanza.
�Quella visiva � una ragion pura che manca per� gli
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aspetti non generali, non esterni, non oggettivi che
caratterizzano gli altri sensi; la loro irriducibile
singolarit�� (ibidem, p.78).
Anche nel marketing e meglio ancora nel food designer
industriale, si dichiara l�esistenza di un ponte tra le
caratteristiche sensoriali di un prodotto e le sue modalit�
d�uso, grazie al concetto di sinestesia.
La cucina � forse il pi� vasto esperimento con cui i sensi
si passano il �testimone� del significato.
Il colore non � mai catalogo di tinte ma indicatore di
tattilit�; la doratura, ad esempio, � spia delle consistenze
di testura e, durante la cottura, delle variazioni
dell�aroma. Cos� pure per il vino, dove vista e olfatto
precedono il gusto: �Essi sorrisero di piacere vedendo la
tavola pronta, biancheria candida, apparecchio per tre e a
ogni posto due dozzine d�ostriche, con un limone
luccicante e dorato. Ai due capi della tavola troneggiava
una bottiglia di Saut�rne accuratamente pulita, meno che
nel tappo, il quale mostrava chiaramente che
l�imbottigliatura era stata fatta molto tempo prima�
(Savarin 1985, p.178).
Meroni, food designer, sostiene l�azione di trasferimento
tra due o pi� sistemi sensoriali; per questo, quando
vediamo un cibo di colore e apparenza particolari, siamo
portati ad immaginare il suo sapore, la sua consistenza e
quindi la sua opportunit� rispetto a quello di cui abbiamo
voglia al momento: �attraverso la sinestesia possiamo cos�
collegare la qualit� visiva di un cibo con la sua qualit�
d�uso ed intervenire sugli elementi che ne determinano la
cosiddetta estetica dell�interazione� (Meroni 2002, p.98).
Ossia la considerazione simultanea di diversi elementi: la
simbologia che � implicita od esplicita; la temporalit� che
� legata alla stagione, alle ore della giornata, al momento
del consumo, all�et� di chi lo consuma; la preparazione
che definisce il carattere e comporta complesse ritualit�;
il colore, la testura e la disposizione che definiscono un
linguaggio le cui regole sono parte del nostro vissuto pi�
intimo; la disponibilit� ossia la quantit� e le forme di
reperibilit�. Queste caratteristiche rendono il cibo
un�unit� inscindibile di materia commestibile, packaging
e servizio, cio� un �sistema� rispetto al quale � possibile
lavorare tanto sulle qualit� tattili e sensibili che, ad
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esempio, sul senso dell�occasione, sul rituale e sulla
presentazione e l'offerta �che evidenziano l�importanza di
progettare l�intera esperienza sottesa al consumo di un
alimento, poich� il piacere del suo �uso� non risiede tanto,
e soltanto, nel risultato dell�azione (il nutrimento) ma
prevalentemente nel suo svolgimento, nel processo, nella
degustazione percettiva e coreografica� (ibidem, p.99).
Questi sono i principi per la realizzazione di un cibo
fantasma che sfama la cultura dell�immagine e del
desiderio: immagini massmediatiche che ci porgono solo
gli �effetti speciali� di spettatori satolli e una
conversazione che valorizza l�atto di consumo e il
voyerismo dei suoi effetti.
Il cibo ha sub�to con l�industrializzazione lo stesso destino
degli altri beni di largo consumo: anzi, prima di altri, il
sistema alimentare ha dovuto fare i conti con grandi
numeri e deriva tecnologica.
Oggi, inoltre, � in corso una trasformazione delle
tecnologie di preparazione, conservazione e distribuzione
del cibo cos� sostanziale, da rendere sovente �necessaria�
la progettazione d'identit� alimentari radicalmente nuove
che materializzino valori nuovi e diversi da quelli sui
quali � fondato il linguaggio tradizionale.
Presentare un cibo non significa pi� farlo buono e sano,
bens� farlo apparire buono, sano, bello e, in quanto tale,
desiderabile. Proliferano, quindi, segni culinari che si
trovano a dover competere, sugli scaffali affollati in quei
non luoghi che sono i supermercati come pure nell�offerta
della ristorazione di massa, con l�immaginario emotivo e
funzionale dei beni e servizi industriali di largo consumo
che alimentari non sono. Ossia con i piccoli e grandi
elettrodomestici, con le suppellettili, cogli utensili e con
quant�altro viene quotidianamente aggredita la nostra
coscienza, imponendoci un'ossessionante condizione
d'iperscelta.