Introduzione
Bisogna tenere in considerazione, comunque, il fatto che queste
disposizioni appaiono quali eccezioni in un sistema basato su principi di
eguaglianza formale e di libertà contrattuale.
Il diritto dei contratti è stato da sempre ritenuto, infatti, il luogo
elettivo della libertà da interventi normativi dello Stato.
Il principio della libertà o autonomia contrattuale si basa sul
postulato che il contratto sia il risultato dell’accordo delle volontà delle
parti, le quali sono libere non solo di concluderlo, ma anche di
determinarne il contenuto, in funzione dei propri interessi, senza alcuna
ingerenza esterna sotto forma di intervento dell’autorità giudiziaria o del
legislatore, diretti a tutelare gli interessi del contraente più debole.
Tuttavia, di fronte all’evidente inidoneità del libero mercato a
produrre automaticamente un assetto ottimale dei rapporti economici,
avanza l’opportunità di conferire al giudice o alla legislazione il ruolo di
tutelare la giustizia contrattuale.
Così, oggi giorno, il diritto dei contratti viene chiamato a svolgere
un duplice ruolo: da un lato assicurare il corretto esercizio dell’autonomia
privata e, dall’altro, rimuovere le disparità sostanziali tra i contraenti
secondo il principio enunciato all’articolo 3 della nostra Costituzione.
Così, se fino ad oggi la nozione giuridica di disparità di potere
contrattuale è rimasta ancorata al fenomeno della tutela della posizione
contrattuale del consumatore, contraente debole per eccellenza, lasciando
Introduzione
alla situazione giuridica di disparità di potere contrattuale per quanto
riguarda le imprese un ruolo residuale, ci si accorge quasi bruscamente
come anche nei rapporti tra imprenditori possano realizzarsi situazioni di
disparità economia e di esperienza negoziale, da cui una parte tragga
ingiustamente beneficio a danno dell’altra. Sembra più realistico, a tal
proposito, rilevare che la disparità di status tra imprenditori esiste, o
perché dotati di forze economiche non equivalenti o perché dotati di un
livello diverso di informazione o per qualsiasi altro motivo.
È in questa nuova prospettiva che si inserisce la disciplina del
contratto di subfornitura, che per la tecnica usata e per le finalità che si
propone di raggiungere, rientra pienamente nella categoria di norme tese
ad assicurare la protezione del contraente debole, ponendo rigidi vincoli
all’autonomia contrattuale.
L’esigenza di operare autoritativamente un controllo sul contenuto
in favore del contraente debole, che ispira la legge sulla subfornitura,
appare ormai espressione di un principio generale, che tra l’altro sembra
caratterizzare gran parte della legislazione privatistica di derivazione
comunitaria
1
.
1
Si pensi alla disciplina dei contratti negoziati fuori dai locali commerciali, d.l. 15 gennaio 1992,
n. 50, o alla regolamentazione del credito al consumo, d. lg. 1° settembre 1993, n. 385, o ancora al
contratto turistico, d. lg. 17 marzo 1995, n. 111.
Introduzione
La legge sulla subfornitura introduce poi una previsione di carattere
generale, destinata, cioè, ad operare oltre l’ambito specifico del rapporto di
subfornitura, che vieta l’abuso di dipendenza economica in tutti i rapporti
tra imprese, sanzionando con la nullità il patto con cui si realizzi tale
abuso.
Il divieto di abuso di dipendenza economica ha carattere generale,
nel senso che concerne qualunque contratto stipulato da un’impresa in
stato di dipendenza economica nei confronti di un’altra impresa cliente o
fornitrice.
Si tratta di una norma particolarmente importante, potenzialmente
suscettibile di incidere profondamente sulla disciplina del contratto in
generale, dato che con essa, per la prima volta, viene affermato in modo
esplicito che l’obbiettivo squilibrio tra le prestazioni, cioè la mera
ingiustizia delle ragioni di scambio, determina l’invalidità del contratto, a
prescindere da considerazioni relative al consenso o alla capacità di agire
dei contraenti.
La norma, inoltre, può essere considerata un’applicazione specifica,
al singolo rapporto contrattuale, del più generale divieto di abuso di
posizione dominante della legge antitrust, in funzione della tutela del
mercato. Tale norma compare già, comunque, in veste di strumento
antimonopolistico, inserito nella normativa antitrust francese e tedesca.
Introduzione
Sembra, dunque, che si possa affermare sin d’ora che la sempre più
numerosa normativa, più o meno derivante dall’ordinamento comunitario,
a tutela di soggetti deboli contrattualmente e la comparsa di principi, come
il divieto di abuso di dipendenza economica, comportino il dovere di una
profonda revisione del ruolo e della funzione tradizionalmente assegnati
alla nozione di autonomia privata, che, tenendo anche (e soprattutto) in
considerazione i valori costituzionali, appare sempre meno concepibile
come valore in sé , dovendo essa conformarsi alle scelte di fondo che
caratterizzano l’ordinamento giuridico.
CAPITOLO PRIMO
AUTONOMIA PRIVATA E GIUSTIZIA
CONTRATTUALE IN UNA PROSPETTIVA STORICA
1.1 PREMESSA.
Il nostro ordinamento trova il suo fondamento in leggi e codici che
sono stati, e sono, espressione di un'ideologia e di una visione del mondo
diversa da quelle che caratterizzano la società moderna, ed altresì diversa
da quelle che sono presenti nella nostra Costituzione. Ogni realtà
normativa, infatti, è espressione di una più ampia e più complessa realtà
storica, sociale, culturale ed ideologica della quale quella regola, quella
norma finisce per essere il riflesso. In ogni epoca storica si stabilisce,
quindi, una reciproca influenza fra gli aspetti sociali, economici e quelli
normativo-giuridici, per cui la trasformazione degli uni finisce per incidere
sull'assetto degli altri e viceversa.
Nel tempo si è assistito al continuo alternarsi di valori; valori in cui
prevalgono aspetti patrimoniali della proprietà, dell'iniziativa economica
privata, dell'impresa, che potremmo definire propri dell’ “avere”; e valori
in cui prevalgono aspetti esistenziali, vale a dire, dei diritti fondamentali
Autonomia privata e giustizia contrattuale in una prospettiva storica
della persona (diritto al lavoro, allo studio, all’informazione, alla libertà,
all'uguaglianza sostanziale), cioè dell’ “essere”
2
. Da sempre, dunque, la
società è stata caratterizzata dal conflitto tra questi due aspetti, che ha
visto a volte la supremazia dell'uno, a volte la supremazia dell'altro.
Con un breve excursus storico, dalle prime codificazioni,
cercheremo di individuare quali principi hanno influito maggiormente sui
vari ordinamenti giuridici, con particolare attenzione al contratto e al
relativo principio dell'autonomia privata.
2
P. PERLINGIIERI, Profili istituzionali del diritto civile, Camerino, 1975, p.10.
Autonomia privata e giustizia contrattuale in una prospettiva storica
1.2 GENESI DEL CONTRATTO E SIGNIFICATO STORICO-
POLITICO.
Il contratto moderno sorge sul principio della libertà o autonomia
contrattuale, considerato uno dei valori fondamentali degli ordinamenti
giuridici.
L'interesse e l'iniziativa privata individuale esistono già nella vita
sociale indipendentemente dalla tutela e dal riconoscimento che ricevono
dall'ordinamento giuridico. Il negozio giuridico, ed il contratto, che dal
primo si distingue in ragione della sua funzione patrimoniale oltre ad
essere necessariamente bilaterale, avrebbero la loro genesi, dunque, nella
vita di relazione, come atti con il quale l'individuo dispone dei propri
interessi, spinto dai propri bisogni: atti di autonomia privata, per
l'appunto, che consiste nel potere di determinare e regolare i propri
interessi
3
.
Questa raffigurazione del contratto come accordo di volontà
appartiene, tuttavia, ad epoca relativamente recente e trova per la prima
volta accoglimento in Francia nel Code Napoléon con la denominazione di
convention.
3
E. BETTI, Teoria del negozio giuridico, 2° ed., Camerino-Napoli, 1994, p. 44 ss..
Autonomia privata e giustizia contrattuale in una prospettiva storica
1.2.1 Evoluzione dal diritto romano al diritto intermedio. Cenni.
Nel diritto romano classico il termine contractus ( ellissi di
negotium contractum ) non indicava un accordo bensì la conseguenza di
esso, cioè il rapporto o vincolo obbiettivamente considerato. La figura
corrispondente del moderno contratto è da ricercarsi, invece, nel pactum o
conventio sorto nel diritto giustinianeo, in epoca post-classica dove spicca
l'elemento del consenso. Ma il contratto-convenzione stenta ad affermarsi
e non diventerà categoria generale idoneo di per se a produrre
obbligazioni.
Il contratto si evolve ancora verso l'attuale dimensione nel diritto
intermedio in un lento processo dove confluiscono una serie di fattori, fra
cui l'opera dei canonisti e il sorgere di un fiorente commercio nelle città
che esigeva una maggiore snellezza dei traffici. Si tendono così a sciogliere
i rapporti dal peso delle forme solenni e dalla consegna della res,
affermando il principio consensualistico.
Autonomia privata e giustizia contrattuale in una prospettiva storica
1.2.2. Il ruolo centrale dell’autonomia privata nel Code
Napoléon.
La svolta decisiva si ha con la dottrina del diritto naturale
4
,
rinvigoritasi nel Seicento e, successivamente nel periodo dell'illuminismo
(Settecento) che proclama la libertà individuale e, interpretando la nuova
coscienza economica e sociale del tempo, afferma il principio
dell'autonomia della volontà del singolo come necessaria e sufficiente per
giustificare le obbligazioni assunte dal soggetto.
Questi principi furono adottati pienamente dalla Francia del fine
Settecento, attraversata da un radicale rinnovamento della realtà socio-
politica. La situazione francese era, infatti, estremamente critica per la
sopravvivenza di strutture politiche e giuridiche che non corrispondevano
più alle esigenze della classe che stava assumendo sempre maggiore
importanza economica, culturale e politica. Se da un lato, infatti, la
borghesia, e cioè i mercanti, i banchieri, gli agricoltori capitalisti, veniva
via via acquistando un ruolo determinante nell’economia e nella cultura,
dall’altro, lo Stato e le strutture giuridiche dell'ancien régime
rispecchiavano interessi di classi parassitarie, statiche e improduttive
4
Con l’espressione diritto naturale si fa riferimento ad un complesso di regole ispirate ad un
superiore ed universale principio di giustizia la cui validità prescinde dalle singole normazioni
positive, che ad esso sarebbero anzi subordinate. L’idea di un diritto naturale, quale eterno
modello di giustizia, nasce dalla ricerca di una limitazione all’arbitrio della legge di fronte alle
prevalenti esigenze morali avvertite dall’uomo.
Autonomia privata e giustizia contrattuale in una prospettiva storica
dell'alto clero e dell'aristocrazia, le quali, grazie a diritti signorili, si
appropriavano gran parte della ricchezza prodotta.
Queste ed altre situazioni portarono alla Rivoluzione francese ed in
nome della libertà e dei diritti dell'individuo furono cancellate le gerarchie
sociali, i privilegi, l'assolutismo. L'uomo fu considerato come arbitro delle
proprie decisioni e del proprio operare, come individuo libero ed uguale
agli altri in nome di quei diritti considerati naturali, razionali, assoluti,
eterni, propri dell'uomo astrattamente considerato (idee anticipate dai
giusnaturalisti
5
e dagli illuministi francesi
6
).
L'impegno alla realizzazione di un codice nacque proprio in questo
clima, e, con l’ importante contributo delle opere di due grandi giuristi,
Domat e Pothier
7
, fu approvato nel 1804 il Code Napoléon.
5
Col termine giusnaturalismo si sogliono indicare teorie e ideologie molto diverse tra loro.
Comunque, caratteristica esenziale del giusnaturalismo è l’elemento razionale che esprime
l’esigenza che il diritto non sia frutto dell’arbitrio, ma sia espressione dell’uomo e della società in
quanto tali. Esponenti del giusnaturalismo sono Grozio, ritenutone il padre, e ancora Hobbes e
Locke.
6
L’illuminismo avanza la rivendicazione di una lista di diritti e libertà naturali che vanno tutelati
sia nei confronti degli individui, sia nei confronti dello Stato. L’illuminismo contribuisce alla
trasformazione dello Stato di ancien régime, gettando le basi per la nascita dello Stato liberale di
tipo europeo continentale.
7
Il pensiero di Domat e Pothier si inserisce nel filone del pensiero giusnaturalistico.
Il primo, dotato di grande spirito sistematico, divise il diritto privato dal diritto pubblico. Una delle
idee chiave di Domat, che condizionerà per un cero tempo la cultura giuridica e il processo di
codificazione, è che il diritto privato (naturale) si deve poter ridurre a principi razionali, sui quali
costruire un sistema compiuto per evitare confusione. La sistematica di Domat che si rifletterà
nella codificazione napoleonica ha importanza perché consente la semplificazione della legge.
Non meno importante fu il contributo di Pothier, il quale si preoccupò di unificare il diritto
francese eliminando le distinzioni del diritto scritto e del diritto consuetudinario, del diritto feudale
e del diritto canonico, presenti nella cultura illuministica francese.
Autonomia privata e giustizia contrattuale in una prospettiva storica
Il codice, al centro del quale era stato posto l'individuo quale
soggetto di diritti, aveva lo scopo di tutelare la sfera di autonomie dei
soggetti, sia nei confronti dello Stato, sia nei confronti degli altri individui.
Con l'abolizione degli antichi privilegi, infatti, furono sancite la
libertà e l'uguaglianza formali, fu data a tutti la possibilità, ma solo in
astratto, di agire, di lavorare e di arricchirsi. Al centro del sistema furono
collocati i beni e la proprietà quale diritto inviolabile e fondamentale.
All'art. 1101 del libro III del codice venne definito il contratto come
convention e trovò accoglimento il principio consensualistico avente il
compito di promuovere la più moderna e dinamica organizzazione sociale
di tipo industriale e borghese. La maggior quantità di beni prodotti e
scambiati richiedeva, infatti, un mercato in cui lo scambio, l'affare potesse
concludersi senza lungaggini ed intralci propri di una complessa situazione
giuridica che finiva necessariamente per paralizzare ogni iniziativa
economica.
Grazie alla sua struttura astratta e generale, il contratto risultò
essere lo strumento essenziale delle relazioni giuridiche fra gli individui; i
principi del consensualismo e dell'autonomia privata davano alla volontà
individuale un ruolo centrale nella vita giuridica, economica e sociale; ciò
veniva tradotto nel cosiddetto laissez faire, laissez contracter, che
intendeva assicurare a chiunque il potere di concludere contratti, di
divenire proprietari. Del resto l'automatico aggiustamento della domanda
Autonomia privata e giustizia contrattuale in una prospettiva storica
e dell'offerta a livelli ottimali, insito nel perfetto sistema concorrenziale ,
sembrava condurre naturalmente all'esclusione degli "incapaci"
assicurando l'equilibrio del sistema attraverso il funzionamento delle
"regole del gioco".
1.2.3 L’Italia alla fine del secolo: il codice civile del 1865.
In Italia, in seguito alla unificazione politica della penisola e la
proclamazione del Regno nel 1861, si sentì la necessità di unificare anche
la legislazione civile. Ciò non fu difficile da realizzare; si credeva, infatti,
che per garantire l'autonomia dell'individuo e per consolidare gli equilibri
politici raggiunti, lo strumento idoneo fosse proprio un codice strutturato
sulle orme di quello francese. Il codice fu promulgato nel 1865.
Pur riconoscendo, a differenza del Code Napoléon, l'esistenza dei
gruppi intermedi (associazioni, partiti, sindacati, ecc.), l'impostazione
generale faceva ancora leva sull'individuo, al quale si doveva assicurare la
più ampia possibilità di realizzare ed esprimere l'autonomia privata, e
riconoscere massima importanza alla terra e in genere alla proprietà
immobiliare.
Il contratto, anche qui, viene collocato al centro del sistema delle
relazioni economico-sociali, con la significativa denominazione di
Autonomia privata e giustizia contrattuale in una prospettiva storica
"accordo" all'art. 1098. Si accoglie il principio consensualistico e si esalta la
libertà contrattuale, perché la libera circolazione dei beni e libero gioco
delle forze economiche crea automaticamente soddisfacenti equilibri
sociali senza che l'ordinamento giuridico interferisca con limitazioni e
restrizioni alla libertà contrattuale, o, in generale all'iniziativa privata. La
miglior garanzia che il contratto concluso sia buono, cioè socialmente utile,
è che sia voluto dalle parti contraenti. Si ritiene infatti che nel valutare i
propri interessi, nessuno è miglior giudice di se stesso; l'ordinamento deve
perciò lasciare ai privati ampia libertà di autodeterminarsi, di decidere,
cioè, con chi stipulare un affare, se stipularlo e a quali condizioni sul
presupposto che il perseguimento dell'utile individuale vale indirettamente
a promuovere il benessere collettivo.
Da questa breve disaminina storica delle codificazioni ottocentesche
risalta in modo nitido quei principi che tuttora, anche se rivisitati e più
attenuati, permeano l'ordinamento giuridico attuale. La libertà,
l'autonomia contrattuale, l'uguaglianza formale degli individui di fronte
alla legge, la parità di trattamento; il contatto giusto in ogni caso, se
scaturito dalla libera iniziativa privata. Non c'è dubbio, quindi, che in
questa epoca storica risalti il valore supremo dell' "avere": i valori
esistenziali si subordinano a quelli patrimoniali. È il possesso, la proprietà
individuale a determinare quella distinzione tra cittadini ritenuti tutti
formalmente uguali.
Autonomia privata e giustizia contrattuale in una prospettiva storica
Se è possibile affermare che compito del diritto è sia quello di
"conservare", sia quello di "trasformare" le strutture esistenti nella
società
8
, ci rendiamo conto che mentre i principi fondamentali di quei
codici rispecchiavano e garantivano a pieno le esigenze nascenti proprie di
quell'epoca, contribuivano, inevitabilmente, allo sviluppo economico e
industriale che avrebbe condotto la società ad assumere quella fisionomia
che oggi conosciamo, di società opulente, consumistiche e industrialmente
avanzate.
8
Questa affermazione è di P. PERLINGIERI, Profili istituzionali del diritto civile, op. cit., p. 3.