ASPETTI GENERALI
3
determinare titoli a caratteri cubitali sui giornali, fonte precipua di
consenso e ammirazione tra la popolazione.
L’educazione delle masse, aveva affermato il Popolo d’Italia
2
il 15
dicembre 1929, come educazione “integrale e totalitaria”, è il “problema
centrale, è tutt’uno col problema politico del fascismo”
3
. In Mussolini vi
era una concezione ben definita delle masse, concezione che, secondo
De Felice
4
, egli aveva ereditato da Sorel
5
e, ancora di più, da Le Bon
6
.
Questi aveva indicato con molta energia i meccanismi che a suo parere
determinavano il comportamento collettivo, la psicologia delle folle. Per
fare colpo sul loro animo le istituzioni erano inefficaci, così come gli
strumenti fino ad allora ritenuti classici. Secondo Le Bon
l’immaginazione delle folle andava colpita ripetutamente con parole tali
da evocare negli animi immagini “grandiose e vaghe”
7
.
2
Giornale fondato da Mussolini nel novembre 1914 ed in seguito diretto dal fratello
Arnaldo
3
Problema politico, in Il Popolo d’Italia, 15 dicembre 1929
4
R. DE FELICE Intervista sul fascismo, 1975, 63
5
Scrittore e uomo politico francese (1847-1922), sostenitore in una prima fase di un
sindacalismo rivoluzionario ed avvicinatosi in un secondo momento ad ambienti monarchici,
reazionari ed antisemiti.
6
Sociologo francese. Noto per La psicologia delle masse (1894). In tale lavoro viene
sottolineato il carattere particolare del fenomeno massa, luogo di fusione delle coscienze e
combinazione originale dei tratti psichici degli individui che ne fanno parte, tale da costituire
un organismo a se stante. Al centro del fenomeno massa si colloca il leader, le cui idee
trovano diffusione per contagio e imitazione.
7
Su questo argomento v. R.DE FELICE Mussolini il fascista, Torino, 1966, 364ss.
ASPETTI GENERALI
4
Tornando al nostro discorso, si capisce che il fascismo riteneva
necessario che le masse
8
si sentissero integrate nel regime ed era
consapevole di come il loro consenso fosse fondamentale per la sua
stessa sopravvivenza. Ma qual era la situazione italiana agli albori
dell’esperienza fascista? A livello sociale vi era un diffuso senso di
stanchezza collegato ad una preoccupazione per le condizioni
dell’economia del paese che riguardava i suoi vari aspetti (produzione,
occupazione, costo della vita). Andando poi ad analizzare la situazione
politica, si può notare come i partiti antifascisti fossero profondamente
screditati agli occhi della popolazione. “Liberalismo, democrazia,
socialismo mancavano in Italia di una robusta tradizione e di una larga
esperienza positiva”
9
; i vari partiti erano reduci da anni di reciproci
contrasti e da innumerevoli critiche che avevano generato nella gente
grande insofferenza verso la loro politica e, ancor peggio, verso gli ideali
di cui essi erano portatori.
Anche il partito fascista non godeva di soverchio credito, però alcuni
fattori giocavano a suo favore. Un primo fattore che non deve essere
8
Per il coinvolgimento in particolare dei ceti sociali più bassi, v. P.V. CANNISTRARO La
fabbrica del consenso, Bari, 1975, 9s.
9
R.DE FELICE Mussolini il fascista, cit., 370
ASPETTI GENERALI
5
sottovalutato (per quanto possa sembrare secondario) concerne i
consensi e i riconoscimenti di cui il fascismo e Mussolini in particolare
godevano all’estero. Questi successi, soprattutto a decorrere dal 1929,
quando ormai la presa del potere era consolidata, diffusero in vasti strati
della popolazione italiana la convinzione di essere protagonisti di fatti
che destavano ammirazione in tutto il mondo.
10
Un altro fattore da evidenziare è il grande prestigio personale di cui
godeva Mussolini, prestigio che andava a compensare nelle convinzioni
di molti Italiani i limiti ed i lati negativi che l’esperimento fascista
andava vieppiù manifestando. Un ultimo aspetto che indubbiamente
concorse a favorire il fascismo, soprattutto nella fase che lo condusse al
potere, fu il progressivo deterioramento della sensibilità democratica e
costituzionale del paese, dovuto alla disciplina di guerra e agli effetti
psicologici del conflitto sull’opinione pubblica.
11
10
Su questo argomento v. D. BIONDI La fabbrica del Duce, Firenze, 1967 che riporta, tra
le altre cose, una serie di frasi molto significative attribuite al Primo Ministro inglese W.
Churchill e da egli pronunciate nella prima fase dell’esperienza fascista. Eccone alcune:
“Ecco un uomo che mi interessa (…)Se arriva al potere e preserva all’Italia un minimo di
democrazia, potrebbe essere la grande lezione per l’Europa”. Oppure: “E’ facile accorgersi
che l’unico pensiero di Mussolini è il benessere durevole del popolo italiano”. Ed ancora: “
Il genio romano impersonato da Mussolini, (…) , ha mostrato a molte nazioni come si può
resistere all’incalzare del socialismo”.
11
C.GHISALBERTI Storia costituzionale d’Italia 1848/1948, Bari, 1992
ASPETTI GENERALI
6
§2.Le libertà e la concezione dello Stato in epoca fascista
Nel discorso di presentazione alla Camera del suo ministero, il 16
novembre 1922, Mussolini fece un’affermazione che, alla luce dei
successivi atti posti in essere dal suo governo, si rivelò niente più che
una bolla di sapone. Egli infatti disse: “Le libertà statutarie non saranno
vulnerate. La legge sarà fatta rispettare a qualunque costo”. Qualche
anno dopo, nel 1925, quando ormai il Governo si era tramutato in
regime, lo stesso Mussolini rilasciò un’intervista ad un’inviata del
giornale inglese Daily Express nella quale dichiarò, tra le altre cose: “La
libertà! Esiste forse qualcosa di simile che ci si avvicina? (…) Essa non
esiste che nell’immaginazione dei filosofi, che ottengono dal cielo la loro
filosofia impraticabile”
12
. Nei mesi seguenti il capo del Governo ebbe
modo di specificare meglio queste sue affermazioni arrivando a dire, in
un discorso pubblico “La libertà non è un diritto: è un dovere; non è una
elargizione: è una conquista; non è una eguaglianza: è un privilegio”
13
.
A questo punto, volendo comprendere la scaturigine di queste frasi
pronunciate dal fondatore del fascismo, dobbiamo tenere presente la
concezione dello Stato che emerge da quanto teorizzato da egli stesso o
12
Su questo argomento v. A.PETACCO Storia del fascismo, Roma, 1985, II, 393
ASPETTI GENERALI
7
da altri giuristi dell’epoca. Per quanto concerne la posizione di Mussolini
è utile considerare quanto da egli scritto nello statuto del partito del
1938
14
. Innanzitutto Mussolini si impegna a svalutare l’apporto sociale
delle dottrine liberali, socialiste e democratiche fiorite nel xix secolo; in
particolare egli afferma, riguardo l’unità italiana, che “il liberalismo vi
ha avuto una parte assolutamente inferiore all’apporto dato da Mazzini e
da Garibaldi che liberali non furono”. Successivamente, passando a
tratteggiare il fascismo, egli ne sottolinea la concezione di assolutezza
dello Stato, dinanzi al quale individui e gruppi sono delle entità relative.
Mussolini chiude il suo brano dicendo che lo stato fascista “ha limitato le
libertà inutili o nocive e ha conservato quelle essenziali. Chi giudica su
questo terreno non può essere l’individuo ma soltanto lo Stato”.
Consideriamo ora il pensiero di altri autori fascisti: Viviani, D’Alessio e
Lucatello. Nella sua opera
15
Viviani afferma che lo Stato fascista non
può limitarsi ad una funzione di ordine e tutela come quello liberale, ed i
diritti dei cittadini non sono che il riflesso del diritto immanente in esso,
quindi esistono “in quanto esistono lo Stato e la sua sovranità”.
13
Frase riportata da G.S.SPINETTI Fascismo e libertà, Padova, 1941
14
Brano tratto da A.AQUARONE L’organizzazione dello stato totalitario, Torino, 1978,
576s
15
L.VIVIANI Che cosa è il fascismo, Isola del Liri, 1926
ASPETTI GENERALI
8
Chiudendo questo concetto egli retoricamente sostiene che lo Stato
totalitario è necessario “per assorbire trasformare e potenziare tutta
l’energia e la speranza di un popolo”.
Nello stesso solco D’Alessio
16
vede lo Stato come organo di attuazione
di finalità che non possono riferirsi ad alcuno dei singoli cittadini o
gruppi che lo compongono. In particolare la collettività non deve essere
confusa coi singoli; essa ha una propria vita alla quale si subordina la
vita dei singoli. “I bisogni possono essere coincidenti (…); possono
essere divergenti o contrastanti e in tal caso, (…), i bisogni della
collettività prevalgono su quelli dei singoli”. Per l’autore il diritto
soggettivo non è elemento necessario della norma giuridica, ma solo una
manifestazione di essa meramente eventuale e non necessaria. E’ per
questo motivo, secondo D’Alessio che l’interesse generale è protetto e
garantito anche nell’interesse individuale. Ne deriva una protezione
indiretta ed occasionale, ma pur sempre efficace, di tali interessi privati.
La conclusione del giurista è che “dal fatto che un diritto subiettivo
possa risolversi o venire limitato non può inferirsi che esso non esista o
non sia riconosciuto”.
ASPETTI GENERALI
9
Considerando infine l’opera di Lucatello
17
notiamo come egli sottolinei
il fatto che, a differenza degli stati democratici, gli ordinamenti italiano e
tedesco non riconoscono più ai singoli individui un assoluto diritto di
libertà. Essi non sono limitati, nella salvaguardia degli interessi generali
della comunità, dalla manifestazione del diritto di libertà, “che consiste
nell’affermare anche pubblicamente il proprio pensiero politico”, e non
permettono agli individui di propagandare le loro opinioni circa un
eventuale mutamento della struttura dello Stato.
A questo punto è però interessante ricordare come nel fascismo delle
origini, quanto meno a livello di dichiarazioni ufficiali, si fosse ben
distanti da questi principi. E’ a proposito molto significativo quanto
riporta in una sua opera un costituzionalista dell’epoca, Silvio Trentin
18
.
Questi fa riferimento a quanto scritto dallo stesso Mussolini sul Popolo
d’Italia in giorno 11 novembre 1919, ove è detto: “Noi affermiamo che
se domani i nostri più feroci avversari fossero vittime in tempi normali di
un regime di eccezione, noi insorgeremmo perché siamo per tutte le
libertà, (…). Si tratta della cosa più sacra al mondo: la libertà.” Anche la
16
F.D’ALESSIO Lo Stato fascista come Stato di diritto, in Scritti giuridici in onore di
S.Romano,Padova,1940
17
G.LUCATELLO Profilo giuridico dello Stato totalitario, in Scritti giuridici in onore di
S.Romano, Padova, 1940
ASPETTI GENERALI
10
chiusura dell’articolo lascia perplessi: “Noi vogliamo la libertà per tutti,
noi vogliamo che la libertà universale ci governi, non la volontà di un
gruppo o di un uomo, chiunque esso sia.”.
In conclusione di questo paragrafo, nel quale abbiamo citato le
affermazioni non solo del fondatore del partito fascista, ma anche di
giuristi dell’epoca, è però bene rammentare quanto ci dice
Calamandrei
19
. Egli ci mette in guardia da quanto possiamo leggere nei
trattati di quel periodo perché, anche quando non vi era servile
esaltazione delle leggi fasciste, comunque per lo più ci si asteneva dal
ricercare nelle formule giuridiche la realtà politica che nascondevano. I
manuali dissertavano dei diritti di libertà del cittadino come se essi non
fossero stati violentemente soppressi; trattavano delle fondamenta
costituzionali dello Stato come se fossero rimaste immutate e, infine,
parlavano dello Statuto albertino come se non fosse stato tradito.
18
S.TRENTIN Dieci anni di fascismo, Roma, 1975, 41
19
P.CALAMANDREI La funzione parlamentare sotto il fascismo, in A.AQUARONE-
M.VERNASSA (curr.) Il regime fascista, Bologna, 1974, 57
ASPETTI GENERALI
11
§3.Agonia di uno Statuto
Al di là dei metodi violenti con cui i fascisti si erano impadroniti del
potere, non vi è dubbio che la Carta emanata da Carlo Alberto
20
aveva
potuto egregiamente servire alla instaurazione dello Stato autoritario e
dittatoriale e, nello stesso tempo, si era rivelata un’ottima base teorica
per la giustificazione del regime fascista.
Lo Statuto era stato approvato dal Re, l’8 febbraio 1848, in una seduta
straordinaria del Consiglio di conferenza, composto dai ministri e da
altri dieci alti funzionari di stato, sull’onda emotiva dei moti che
quell’anno avevano sconvolto l’intera Europa. Dal punto di vista formale
fu un atto ottriato, cioè concesso dal sovrano che con la sua emanazione
mutò la monarchia da assoluta in costituzionale rappresentativa. In
particolare Lavagna
21
sottolinea che solo formalmente lo Statuto può
essere ricompreso tra le carte ottriate, perché in realtà esso fu il risultato
di un compromesso tra le forze conservatrici e innovatrici di una società
dominata da moderati. A causa della mancanza di precedenti istituzioni
liberali e dell’incertezza (che in seguito si rivelerà fatale) degli stessi
20
Re di Sardegna (1831-49)
ASPETTI GENERALI
12
fautori della Carta sui limiti da porre al potere esecutivo, lo Statuto fu
sostanzialmente ricalcato, anche linguisticamente, sulle Costituzioni
francese del 1830 e belga del 1831
22
.
La Carta albertina del 1848 appartiene al genere, molto diffuso nello
scorso secolo, delle costituzioni brevi, assai più attente ai problemi
concernenti l’organizzazione costituzionale dello Stato piuttosto che al
complessivo modo di essere dell’ordinamento giuridico statale. Inoltre si
trattava (secondo la maggior parte degli autori
23
) di una costituzione
flessibile, parificata alla altre leggi dello Stato; questo fatto non poté che
favorire la violazione di quanto in esso statuito ad opera dei legislatori
fascisti. Secondo Cereti
24
, le costituzioni si distinguono in rigide e
flessibili a seconda del modo di formazione e modificazione delle norme
costituzionali. In particolare vanno definite rigide quelle nelle quali ,
stabilendosi una ben precisa distinzione tra il potere costituente ed il
potere legislativo ordinario, le leggi costituzionali possono essere
rivedute solo da speciali organi o con particolari procedure, e nelle quali
21
C.LAVAGNA Istituzioni di diritto pubblico, Torino, 1970, 116
22
Sulla nascita dello Statuto v. S.ROMANO Corso di diritto costituzionale, Padova, 1933,
32s.; O.RANELLETTI Istituzioni di diritto pubblico, Milano, 1954, 303s. ; C.CERETI
Corso di diritto costituzionale italiano, Torino, 1958, 27s. ; G.U.RESCIGNO Elementi di
diritto pubblico, Bologna, 1991, 128s. ; L.PALADIN Diritto costituzionale, Padova, 1998,
75s.
ASPETTI GENERALI
13
nuove norme costituzionali non possono essere emanate che da detti
organi o con le procedure speciali. In questo caso le leggi ordinarie sono
subordinate alle leggi costituzionali alle quali debbono conformarsi
25
. Si
dicono invece flessibili le costituzioni le cui disposizioni possono venire
modificate dai normali legislatori con le procedure ordinarie. sono
ricalcate sul modello inglese. Nell’analizzare ora le cause della
flessibilità dello Statuto, possiamo fare riferimento ad una recente opera
di Bignami
26
. L’argomento determinante sottolineato dagli studiosi,
secondo quanto detto in precedenza, è quello della mancanza di una
norma statutaria volta a disciplinare la procedura di revisione della Carta,
che in ciò si discosta dal modello della Costituzione belga del 1831.
Questa causa, secondo l’autore, farebbe pensare ad una sorta di
onnipotenza legislativa che in realtà, soprattutto in epoca liberale,
raramente si configurò. Anzi, “Se vi fu un Potere che avvertì in maggior
misura il vincolo statutario esso non fu né la Corona, né la magistratura,
23
V. infra 12ss.
24
C.CERETI Corso di diritto costituzionale italiano, Torino, 1958, 18
25
Per la definizione di costituzione rigida v. anche P.VIRGA Diritto costituzionale, Palermo,
1952, 50
26
M.BIGNAMI Costituzione flessibile, costituzione rigida e controllo di costituzionalità in
Italia (1848-1956), Milano, 1997, 5ss.
ASPETTI GENERALI
14
ma il legislativo, al punto da non abrogare mai formalmente una
disposizione della Carta.”. Altre cause di flessibilità furono:
a) L’incapacità dello Statuto di rispondere alle speranze popolari. Da ciò
derivò l’inserimento, nei programmi del primo Governo
costituzionale, della richiesta di attribuire alle Camere la libertà di
attuare nella Carta tutte quelle modificazioni che le circostanze
avrebbero richiesto.
b) Il fatto che lo Statuto, non appena fu emanato, sembrò dover essere
una costituzione “di passaggio”, destinata a durare fino a quando non
si fosse raggiunta l’unità d’Italia. Nel momento in cui essa fosse stata
ottenuta, lo Statuto sarebbe stato accantonato a favore di una nuova
Legge Fondamentale che meglio avrebbe saputo rispondere alle
esigenze del nuovo stato.
c) La subordinazione dell’ordine giudiziario agli altri Poteri dello Stato,
in particolar modo all’Esecutivo. Una magistratura forte, prestigiosa,
autonoma, avrebbe potuto indossare la veste di giudice delle leggi, ed
imporre con le proprie sentenze la rigidità della Costituzione, sulla
scia della Corte Suprema americana, il cui operato era largamente
ASPETTI GENERALI
15
noto tra i giuristi. Come si dice nel testo di Caretti-De Siervo
27
, una
costituzione flessibile, quale era lo Statuto albertino, che non
prevedeva nessun meccanismo di reazione sul piano giuridico ad una
sua disapplicazione ad opera di norme o di comportamenti di organi o
soggetti pubblici, può sopravvivere solo grazie alla reattività delle
forze politiche e sociali operanti nell’ordinamento. In questo modo è
favorito l’adattamento del sistema costituzionale ai processi di
evoluzione del sistema politico, ma, d’altro canto, è offerta una
garanzia molto fragile alle situazioni individuali o collettive in esso
garantite.
E’ interessante a questo punto notare come, in epoca fascista, si
sottolineasse come un merito la flessibilità dello Statuto. In proposito
ricordiamo un articolo di Marchi
28
ove si afferma che è proprio grazie
alla sua flessibilità che esso può adattarsi senza problemi, e
gradualmente, al mutare della coscienza giuridica, “quasi albero
secolare, che, mantenendo saldo il suo tronco, si spoglia, via via, di rami
inutili e secchi per rinverdirsi al soffio di ogni nuova primavera.”.
27
P.CARETTI-U.DE SIERVO Istituzioni di diritto pubblico, Torino, 1994, 59
28
T.MARCHI Lo Statuto albertino ed il suo sviluppo storico, in Riv. Dir. Pub., Roma, 1926,
I, 187