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Grazie ad un prolungato soggiorno in Romania, sono entrato in contatto con una
situazione economica in forte crisi dotata, comunque, di una mutevolezza non
riscontrabile in altre casistiche concernenti le economie in crisi, il che rende del tutto
peculiare la situazione romena.
La mutevolezza tipica del caso, si traduce in un carattere fortemente dinamico che
rappresenta l�elemento imprescindibile nell�approccio allo studio della transizione. Per
questo motivo, nella valutazione dei fatti, il fattore tempo, ha sempre assunto un ruolo
determinante. La collocazione di ogni fatto in un momento preciso, e la relazione tra il
processo dinamico e il fattore tempo � stato fondamentale per chiarire le dinamiche
tipiche del fenomeno.
Uno studio delle economie di transizione permette in via traversale, la ricerca di
un�analisi completa dei pregi e dei difetti dell�economia di mercato, grazie alla
comparazione tra stessi problemi, vissuti con portata diversa, nell�occidente e nell�est
europeo. Le problematiche, spesso facilmente risolvibili nei paesi occidentali si
presentano ad est con una portata molto pi� ampia. Questa diversa forma nel mostrarsi
rende l�individuazione dei problemi pi� chiara, anche se ne complica la risoluzione.
Il lavoro che presento, analizza in maniera dettagliata la situazione della Romania, senza
tralasciare le implicazioni internazionali che influiscono direttamente l�economia
romena.
Per questo motivo, la prima parte si sviluppa in un�analisi dell�area europea centro
orientale, dove vengono prese in considerazione, non solo le economie pi� prossime a
quella romena, come Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacca, e Bulgaria, ma
anche, seppure in maniera minore, l�Albania, i paesi dell�ex Unione Sovietica e della ex
Jugoslavia.
Come punto di partenza l�analisi affronta i problemi tipici del sistema pianificato e ne
individua gli errori strutturali che, col tempo, hanno portato al collasso del sistema.
Di seguito, i problemi interni vengono esaminati attraverso una lettura della situazione
internazionale, che ha contribuito ad accelerare enormemente il processo di
trasformazione.
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Assunto come dato di fatto il carattere univoco nella scelta verso un sistema di mercato,
cercato da tutti i paesi all�uscita dall'economia di piano, le possibili vie di analisi si
concentrano verso l�individuazione dei metodi per la realizzazione di un�economia di tal
tipo. A questo punto, vengono tralasciate le teorie generali sulla convergenza dei sistemi
e sulla possibilit� di creare un socialismo di mercato. Queste teorie hanno caratterizzato
le voci di dissenso al piano durante gli anni settanta e ottanta, sia all�interno del blocco,
sia all�esterno.
Si � scelto, di conseguenza un percorso che potesse permettere l�individuazione di
fenomeni reali, che potessero spiegare in maniera lineare le dinamiche insite nella
transizione.
Va ricordato inoltre che il problema romeno ha sempre caratterizzato il punto di
partenza di ogni successivo approfondimento, e se, di conseguenza, alcuni problemi
della transizione non sono stati affrontati, o hanno rivestito un ruolo marginale
all�interno di questo lavoro, � perch� nell�ambito del caso romeno, hanno rivestito un
ruolo marginale.
Parte I.
Un�analisi dell�area europea centro orientale
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Capitolo 1
1 La crisi strutturale dell�economia socialista e le cause del
cambiamento.
1.1 Il modello ad economia pianificata.
La crisi profonda che ancora oggi, a pi� di dieci anni dal cambiamento, le economie
degli stati dell�est europeo continuano ad affrontare, ha un�origine che nasce e affonda
in quelle che erano le basi del sistema socialista.
Per un�analisi che voglia dare delle risposte sul perch� di un decadimento economico di
tali proporzioni in un�area cos� vasta, � necessario avere chiari i meccanismi che
regolavano quel sistema, sia a livello verticale, con la trasmissione delle informazioni e
delle direttive, sia a livello orizzontale, e quindi come avveniva l�interscambio tra
imprese diverse.
La difficolt� del sistema sovietico, esportato in tutta l�area centro-orientale europea, �
stata poi quella di non aver saputo rispondere agli stimoli del mondo esterno reale, di
non saper adattarsi a quelle che erano le esigenze della gente e del sistema in se.
Secondo la nostra opinione questo malfunzionamento non � tanto da imputare ad errori
umani, quanto a difetti e contraddizioni insite nel sistema.
Ruolo dell�URSS nell�area.
Non va trascurato che il sistema sovietico � nato e si � sviluppato in un�area, quella
russa, che aveva delle proprie peculiarit�, con una propria storia, ed una propria cultura.
Il sistema sovietico � stato esportato, praticamente senza modifiche, nel resto dei
paesi,inclusi nel Patto di Varsavia. All�indomani della seconda guerra mondiale,
nell�area centro orientale europea, la Romania, la Cecoslovacchia, la Bulgaria,
l�Ungheria e la Polonia, entrarono nella sfera di influenza sovietica.
Nel giro di pochi anni, in tutti questi Stati, il partito comunista prese il potere e il
sistema politico venne trasformato in socialista. Il ruolo dell�URSS fu fondamentale per
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l�accelerazione di questo processo, e la �grande madre Russia�, riusc� a portare a suo
vantaggio questo suo ruolo focale nella trasformazione. Si cre� un�interdipendenza
politica radiale fortissima tra gli stati, dove l�URSS rappresentava la guida e il perno
dell�intero processo interattivo. Naturalmente il tutto si risolveva in un�ingerenza
pressoch� totalizzante nelle politiche, non solo estere, ma anche interne degli stati
dell�area.
Questa ingerenza divenne poi, forse la causa stessa della incapacit� del sistema di
evolversi, portandola ad una serie di tensioni strutturali interne che diedero vita
all�implosione che, nel 1989, decret� la fine dell�economia pianificata in Europa.
Diverso fu invece, il percorso evolutivo della Jugoslavia e dell�Albania. Questi due
Stati, nella seconda guerra mondiale, si liberarono senza l�aiuto dell�esercito russo,
tramite la loro lotta partigiana e formarono autonomamente i propri governi comunisti.
L�indipendenza che si conquistarono fu poi rimarcata dalla rottura dei rapporti con
l�URSS.
Prima la Jugoslavia con Tito, si distacco da Stalin, e poi l�Albania di Hoxha ruppe con
quelli che considerava i revisionisti russi alla morte di Stalin, per porsi nella sfera di
influenza cinese, salvo poi distaccarsene alla morte di Mao Tse Tung. Se la Jugoslavia,
con un�economia pi� aperta ad una certa dose di mercato, riusc� a svilupparsi, anche pi�
di altri Paesi del Comecon, l�Albania si chiuse in un isolamento quasi totale che ha
portato al disfacimento dello stato e alla disastrosa situazione economica-sociale
odierna.
Il resto degli Stati non pot� tirarsi indietro, e quando vie alternative a quella russa
furono cercate, anche se sempre all�interno dei modelli socialisti, vennero riportati
all�ordine. Ne sono un esempio le invasioni dell�Ungheria nel 1956 e della
Cecoslovacchia nel 1968. Tra le due, forse la pi� importante, nel segnare il processo di
evoluzione mancato � la seconda. La Primavera di Praga � il simbolo dell�impossibilit�
di cambiare che il sistema aveva in se.
La paura dell�Occidente, la Guerra Fredda, sono state allo stesso tempo la causa e
l�effetto della stigmatizzazione dell�ideologia comunista. Quello che si era cercato di
fare a Praga nel 1968, era il tentativo, non di distruggere il sistema, ma di salvarlo.
Infatti gi� alla fine degli anni sessanta era diventato chiaro il fatto che l�economia
pianificata, cos� com�era, era incapace di uscire dalla prima fase del comunismo,
corrispondente alla costruzione delle basi per una rapida industrializzazione e la ricerca
di un aumento puro e semplice del volume di produzione.
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Gi� a met� degli anni sessanta, questa fase era finita, ed erano necessari i correttivi che
permettessero di migliorare la qualit� dei prodotti, e di sviluppare il settore dei servizi e
dei consumi, lasciato sempre in secondo piano. Prima per� di affrontare questo aspetto,
� necessario analizzare le forme principali di funzionamento del sistema, sia a livello
macroeconomico, sia a livello microeconomico.
Il funzionamento del sistema economico.
La struttura politica in tutti gli stati comunisti europei era basata su un partito unico, il
Partito Comunista, dove il principio direttivo della struttura interna era il centralismo
democratico. Gli organi del partito si identificavano nello Stato e costituivano l�asse
portante del sistema nella sua interezza. Pur cambiando le sfumature da uno Stato
all�altro, tutti i partiti comunisti si rifacevano alla struttura dell�Unione Sovietica che era
cos� suddivisa in ordine crescente di importanza:
1. Il Congresso
2. Il Comitato Centrale
3. L�Ufficio Politico
4. La Segreteria e il segretario generale.
Il Congresso si riuniva almeno una volta ogni cinque anni. Il suo compito era quello di
definire la linea del Partito in materia di politica interna ed estera e l�elezione del
Comitato Centrale e della Commissione Centrale di Controllo.
Il Comitato Centrale rappresentava l�organo dedito a dirigere l�attivit� di partito, con il
compito di procedere al reclutamento e alla ripartizione dei quadri dirigenti, designare i
comitati di redazione dei giornali e delle riviste di partito. Esso eleggeva l�Ufficio
Politico.
In Unione Sovietica, prima di Gobarchev, il CC era composto da 540 membri, diventati
poi, con le riforme 430. Il CC era composto per il 35%-40% da segretari del partito
nazionali, regionali e locali, per il 18% da ministri e presidenti di Comitati di Stato, e
per il restante da esponenti di vari gruppi, professionali, intellettuali, ecc.
L�Ufficio Politico, il Politburo in URSS, deteneva il potere decisionale, non solo del
partito, ma dello Stato. Era composto da 15 membri a pieno titolo e da 6 membri
supplenti senza diritto di voto. Il numero dei componenti era per� variabile.
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L�Ufficio Politico includeva oltre al Segretario Generale, il presidente del Consiglio dei
ministri e il Presidente del Soviet Supremo e ne facevano parte, di solito, i ministri dei
Dicasteri pi� importanti.
Il Segretario Generale del Partito Comunista aveva enormi poteri, e all�esterno
rappresentava il partito stesso. Pi� o meno ovunque questo ruolo era detenuto da una
stessa persona per un lungo periodo, cos� come fu per i vari segretari generali: Stalin,
Breznev, Kruscev in URSS; Hoxha in Albania; Georgiu-Dej e Ceausecu in Romania
Il Comitato di Controllo del Partito rappresentava un importante organo di controllo
interno sulla condotta dei membri del partito. Non se ne conosceva la composizione. In
quasi tutti i Paesi era affiancato da una polizia politica, il KGB in URSS, la Stasi nella
RDT, la Securitate in Romania, che ne sono un esempio tristemente noto.
L�organizzazione della produzione, si presentava come un processo organico al sistema
politico. Anche questa era organizzata attraverso una struttura verticistica, dove in
ordine discendente si trovavano:
1. Il Consiglio dei Ministri,
2. La Commissione Statale per la Pianificazione,
3. I Ministeri economici,
4. Gli Enti Amministrativi intermedi (associazioni di settore o economiche e
autorit� regionali).
5. Le imprese.
Le imprese produttive possono essere classificate in cinque categorie: imprese
industriali e commerciali di Stato, imprese cooperative, aziende agricole di stato,
imprese agricolo-industriali e imprese del settore privato. In un sistema di economia
pianificata la struttura produttiva � determinata interamente dalla Commissione Statale
per la Pianificazione che decide tutte le componenti dell�economia, il numero di inputs e
di outputs che devono essere prodotti, la ripartizione degli investimenti e dei consumi, il
volume di scambi interni ed esteri.
Dal punto di vista puramente teorico, si poteva pensare che la pianificazione fosse
capace di funzionare, e potrebbe essere in grado di correggere con maggiore efficienza
di un sistema di mercato le distorsioni, sia di allocazione che di produzione, cosi come
Oskar Lange, gi� dimostr� negli ani trenta.
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Nella realt� il sistema presentava delle strozzature, dei problemi strutturali, che alla resa
dei fatti, non furono mai eliminati, e che portarono all�implosione del sistema. Per
capire questi problemi � necessario analizzare come le decisioni e le scelte venivano
trasmesse, sia a livello verticale che orizzontale.
Il piano
Dal punto di vista generale i piani per l�economia avevano un carattere quinquennale.
Nel particolare, per� venivano redatti annualmente. L�autorit� pianificatrice nasce,
secondo una logica marxista, col fine di distruggere il mercato. Ecco perch� il suo ruolo
invadeva ogni ambito dell�economia e ne decideva ogni processo.
Il piano doveva tenere conto del totale di outputs da produrre, degli inputs necessari per
la produzione, e allo stesso tempo delineava lo sbocco dei prodotti, sia di quelli
intermedi che di quelli finali. All�interno del sistema per� si sono via, via create delle
inefficienze, dovute in parte ad una burocrazia farraginosa, in parte all�incapacit� del
sistema di adattarsi alla realt� circostante e alle necessit� della popolazione.
Nei Paesi comunisti, ogni Ministero si comportava come un gruppo di interesse
cercando di ottenere dei piani facilmente realizzabili, col fine di poter riscuotere i premi
dovuti a chi li realizzava.
Ottenere piani facilmente realizzabili significava possedere un alto livello di risorse e di
dotazioni tecniche. In questo modo la somma totale degli inputs richiesti tendeva ad
essere superire a quella necessaria. Questo perch� le forniture indicate dal piano
venivano fatte proprie tramite buoni, non esistendo il mercato, ma la scarsit� di beni
portava le imprese a tesorizzare risorse materiali per i periodi di crisi, innescando un
fenomeno per il quale la scarsit� provoca ulteriore scarsit�. A causa stessa di questo
fenomeno, il pianificatore era spesso costretto ad apportare tagli alle forniture richieste.
Un�altra distorsione del sistema comportava che, in caso di scelta tra tagli alle forniture
all�industria prioritaria, di norma quella �pesante�, o all�industria dei consumi, si
sceglieva la seconda. Questo porta con se altri problemi: l�irregolarit� delle consegne, le
varie strozzature e tagli alle forniture, inducevano ogni Ministero a sviluppare tendenze
autarchiche, cio� a predisporre riserve di fattori produttivi da utilizzare in sostituzione
delle forniture pianificate.
Il problema contribuisce quindi a crearne di altri, se da una parte queste riserve
sostenevano il ciclo produttivo, dall�altra rappresentavano un onere, sia in termini reali,
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in quanto risorse non pienamente utilizzate, sia in termini finanziari abbassando la
produttivit� e l�efficienza del sistema.
Asimmetria informativa.
Una caratteristica del sistema ad economia pianificata � la presenza a tutti i livelli di
asimmetria informativa. La presenza di una burocrazia sovradimensionata e di una
lunga gerarchia faceva si che le informazioni corressero, tra i vari livelli, in maniera
imprecisa, saltuaria e insufficiente.
I Ministeri, cos� come i direttori di impresa, tendevano sempre a sopravalutare il grado
di utilizzazione della capacit� al fine di ottenere maggiori investimenti, il che non vuol
dire altro che un pi� ampio ammontare di inputs produttivi. Questo fenomeno che
riguarda una distorsione a livello microsistemico, non � correggibile con accorgimenti
macroeconomici.
Le osservazioni dell�Ufficio Centrale di Statistica infatti, non erano in grado di
contraddire questa sottostima dei livelli di produzione, in quanto le osservazioni non
coprivano tutte le imprese e venivano fatte ogni tre anni. Come sappiamo la presenza di
distorsioni sistemiche ne crea di altre.
I pianificatori, consci dell�interesse di Ministri e imprese di ottenere piani facili,
nascondendo la vera produttivit� delle imprese, elaboravano obiettivi di piano
tendenzialmente superiori a quelli compatibili con le informazioni fornite dal basso. Ci�
portava i Ministri a sviluppare una rete di forniture extra piano. Per fare ci� veniva
utilizzato ogni mezzo, dalla bustarella all�utilizzo di procacciatori per introdursi negli
ambienti che contano, al fine di ottenere favori.
Lo sviluppo di una rete extra piano, in mancanza di mercato libero, porta di fatto alla
creazione di un mercato nero illegale, che, oltre ad essere causa di corruzione, fu anche
una delle cause dell�inflazione reale, quasi sempre molto alta, nonostante che gli organi
di governo insistessero a considerarla inesistente.
L�impresa
L�atto di costituzione di un�impresa risultava da un atto governativo. L�impresa
riceveva gratuitamente dallo Stato impianti, capitale e risorse materiali, in cambio
doveva rispettare gli obbiettivi di piano, realizzarlo e versare i profitti, o una parte di
essi, al bilancio dello Stato. Il direttore di impresa veniva eletto dall�alto, e quindi dal
partito, e aveva responsabilit� verso chi lo nominava.
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La realizzazione del piano permetteva di ottenere premi di produzione da reinvestire o
da devolvere al miglioramento delle condizioni di lavoro. L�autonomia dell�impresa
risultava alquanto limitata dal fatto che: i prezzi di inputs e outputs erano fissati dal
pianificatore e le forniture di materie prime erano regolamentate e ottenibili solo con
buoni di consegna.
La quasi inesistente autonomia dell�impresa, viene dal fatto che, un�impresa �, nel
sistema sovietico, un organo esecutivo. Per la gestione non si ricercavano conoscenze e
abilit� di economia aziendale, ma quelle di tecnici di imprese. Infatti, in un�economia
pianificata lo sbocco della produzione dell�impresa � dato dal piano, cos� come il totale
di inputs, sia di capitale che di forza lavoro.
In un sistema di questo tipo la preoccupazione di un direttore di impresa non � pi�
quella di vendere o di trovare un�area di mercato, ma quella di far si che si realizzi il
piano. Possiamo dire che i compiti del direttore si materializzavano in due campi: il
primo riguardava l�ottenimento di piani facilmente realizzabili, il secondo riguardava
l�organizzazione dei fattori produttivi per giungere ai risultati voluti.
Come gi� visto a livello ministeriale, la ricerca di piani facilmente realizzabili portava il
direttore di impresa, che pur ne conosceva perfettamente le capacit� produttive, a fornire
agli organi superiori notizie imprecise, che sottostimavano le capacit� di produzione per
evitare di vedersi assegnati piani tesi e di difficile realizzazione. Allo stesso tempo,
l�irregolarit� nelle consegne delle forniture facevano si che l�interesse del direttore di
impresa fosse quello di accumulare riserve di risorse materiali per scopi precauzionali,
senza rivelarlo agli organi superiori, che avrebbero potuto ridistribuirle.
Un�altra caratteristica del piano � quella di esprimere la quantit� di prodotto richiesta in
numero di pezzi o in volume. Se il piano era espresso in numero di pezzi l�impresa
realizzava il numero desiderato a scapito della qualit�; se espresso in volume venivano
realizzati beni pesanti o ingombranti, qualunque ne fosse stato l�uso dei consumatori
intermedi o finali. Se come detto la qualit� non � il primo obiettivo, l�impresa tender� ad
assumere in numero maggiore addetti non qualificati (a basso salario) e un numero
inferiore di personale specializzato (a pi� alto salario).
Questo consente di avere manodopera di riserva, mentre il personale tecnico che
potrebbe favorire una maggiore qualit�, non � necessario, se come detto, quel che si
cerca non � la qualit�.
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La ricerca di metodi per una pi� facile realizzazione dei piani da vita ad altri fenomeni.
Per ottenere una maggiorazione dei fondi salari, l�impresa doveva dimostrare di aver
superato i piani, per fare questo l�impresa era solita dividere il piano annuale in piani
mensili o trimestrali fissando livelli di produzione programmati bassi e facilmente
realizzabili nei primi mesi. Non va dimenticato che, per il lungo lavoro necessario alla
sua determinazione, il piano arrivava alle imprese in ritardo, a febbraio-marzo, il che
comportava un ritmo di produzione difforme dal piano, poich� anche le consegne
dipendevano da questo.
Nei primi mesi dell�anno quindi, la produzione era lenta e spesso si fermava, portando
ad un ulteriore squilibrio input-output. Per aggirare questa deformazione l�impresa
aveva l�interesse a registrare la produzione in tempi e volumi non conformi alla realt� di
personale.
Il sistema non era autonomamente portato alla ricerca dell�innovazione, la bassa qualit�
e la mancanza di un numero adeguato di personale tecnico specializzato, ne erano una
concausa. Allo stesso tempo il sistema non incentivava le innovazioni tecniche: sia
perch� chi percepiva l�idea di rinnovare doveva prima �vendere� l�idea a colleghi e
gerarchi superiori, cosa che rende insicura l�appropriabilit� dei benefici, sia perch� la
burocrazia che controllava l�impresa non riceveva segnali di mercato e non era quindi in
grado di compiere valutazioni economicamente fondate rispetto ai progetti alternativi di
ammodernamento tecnologico.
Dal micro al macro.
L�analisi del funzionamento dell�impresa, a livello microeconomico, pu� aiutarci a
capire meglio come il sistema si muoveva a livello aggregato. Per questo secondo
livello di analisi bisogna prendere atto di quali erano gli obbiettivi di un�economia
socialista.
Le economie socialiste si sono basate su un complesso fondamento ideologico, quello
marxista-leninista. Naturalmente per dare una risposta su come il sistema sia stato
applicato e se questo seguisse veramente le idee di Marx e Lenin, sarebbe necessaria
un�analisi e una valutazione al di fuori della portata di questo lavoro. Sarebbe altres�
affascinante spiegare come si siano scontrati diversi modi di vedere il comunismo, e
come questi abbiano influito sulla vita quotidiana di milioni di persone.
Il conflitto tra Tito e Stalin, i rapporti dell�Albania di Hoxha con URSS prima e con
Cina poi, hanno sicuramente influenzato la politica internazionale, e la politica
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cosiddetta alla Breznev ha soffocato ogni cambiamento nell�Europa centro orientale.
Proprio quest�ultimi rapporti sono quelli che pi� hanno interessato il cammino dei Paesi
al centro dell�analisi.
Le economie socialiste hanno sempre formulato i loro obiettivi su una crescita di tipo
macroeconomica, di tipo sociale, ma hanno finito col fallire a livello microeconomico.
La distinzione di due stadi di sviluppo, in un�economia di tipo socialista, ci pu� aiutare
a capire meglio queste carenze sistemiche.
Il primo stadio corrisponde alla costruzione delle basi per una rapida industrializzazione
e alla ricerca di un aumento puro e semplice del volume di produzione; il secondo stadio
� l�intensificazione dei processi produttivi e il mantenimento di elevati tassi di crescita
attraverso l�aumento della produttivit� del lavoro e del capitale. � questo il percorso
evolutivo della Russia e dell�Unione sovietica, diventato poi la base teorica per la
politica economica di ogni economia pianificata europea.
La rapida industrializzazione, oltre a creare la classe operaia laddove era inesistente o
minoritaria, serviva a colmare il gap con le economie gi� sviluppate. Se questa politica �
stata per certi versi vincente nel primo stadio, permettendo spesso un grande
avvicinamento, in tempi relativamente brevi, nei confronti delle economie occidentali,
questa � fallita nella seconda fase di crescita.
L�economia di piano, con la sua ingerenza onnivora, con l�obbligo di controllare ogni
minimo settore, non ha mai permesso, forse per un semplice problema materiale di
tempo e complicatezza del calcolo, di dare una risposta ai bisogni minimi delle persone.
Le economie socialiste sono state quindi caratterizzate da un eccesso di domanda
aggregata nei confronti dell�offerta e questo squilibrio ha raggiunto i suoi valori pi�
critici nel settore dei consumi privati.
Il settore dei consumi.
Per uno studio del settore dei consumi in un sistema socialista, bisogna tenere presente
la distinzione tra consumi privati e sociali. Questa distinzione ha assunto una notevole
importanza. Il consumo privato rappresentava i tre quarti del consumo totale ed era
costituito da quei beni e servizi che il consumatore acquistava con i propri guadagni e
sulla base della propria libert� di scelta. Il consumo sociale comprendeva l�assistenza
pubblica all�infanzia, l�istruzione a tutti i livelli, la salute pubblica, le pensioni, gli
alloggi, le mense comunali, le villeggiature speciali, i trasporti, i divertimenti e i servizi
culturali.