fondamentalmente, attraverso tre meccanismi principali: 1) esfoliazione diretta delle cellule
tumorali da un tumore primario in una cavit� corporea con successivo impianto; 2)
invasione del sistema linfatico e trasporto delle cellule tumorali; 3) invasione diretta dei
vasi sanguigni con disseminazione degli emboli neoplastici attraverso il sistema sanguigno.
Per poter metastatizzare, il tumore deve avere la capacit� di invadere e distruggere la
matrice extracellulare nel sito di origine (le cellule tumorali che propendono a
metastatizzare, infatti, producono anche diversi enzimi coinvolti nella degradazione del
collagene delle membrane basali e della matrice extracellulare), penetrare nella membrana
basale e quindi nel lume dei vasi migrando successivamente in organi distanti, dove si
insediano e producono metastasi.
Le origini della neoplasia sono numerose e diverse, ma il comune denominatore che le
unisce � la presenza di alterazioni in quelle porzioni di DNA che controllano la divisione
mitotica e la differenziazione. Tra le cause di queste mutazioni vi sono errori spontanei
nella replicazione del DNA o eventi esogeni di varia natura (come ad esempio: radiazioni,
sostanze cancerogene e virus oncogeni).
Le basi molecolari dei tumori sono rappresentate da tre meccanismi principali: mutazioni
puntiformi, riarrangiamenti cromosomici e amplificazione genica. Per quanto riguarda le
mutazioni puntiformi, la proteina di trasduzione del segnale ras, rappresenta l�esempio pi�
eclatante; sono state identificate numerose variazioni genetiche e tutte portano ad una
drastica riduzione della attivit� GTP-asica che risulta, infatti, scarsamente stimolata da
GAPs (una proteina che accellera il passaggio della ras da attiva ad inattiva).
Esistono, poi, due tipi di riarrangiamento cromosomico che possono attivare i proto-
oncogeni: la traslocazione e l�inversione; la prima pu� attivare questi geni in due modi:
1) posizionandoli in prossimit� di sequenze promoter o enhancer che aumentano
l�espressione genica (ad esempio: elementi regolatori delle immunoglobuline o dei loci per
il recettore delle cellule T, come nei tumori linfoidi).
2) portando alla formazione di geni ibridi che codificano per proteine chimeriche
promuoventi la crescita.
Il linfoma di Burkitt � l�esempio di una traslocazione che induce overespressione di un
proto-oncogene; in questo caso il gene myc viene trasposto dal cromosoma 8 al 14.
Il cromosoma Philadelphia, invece, costituisce l�esempio della fusione di due geni normali
portando alla formazione di chimere; in questo caso avviene una traslocazione reciproca tra
il cromosoma 9 e 22, riposizionando una porzione troncata del proto-oncogene c-abl vicino
a bcr sul cromosoma 22. Il gene ibrido c-abl/bcr codifica per una proteina chimerica che ha
attivit� tirosin-chinasica.
I tumori sono, quindi, proliferazioni monoclonali che spesso originano da una singola
mutazione genetica che rende le cellule trasformate e cos� non pi� suscettibili ai
meccanismi di controllo genico che regolano la normale crescita e differenziazione
cellulare. In appropriate circostanze, la singola cellula trasformata sopravvive, sfugge al
controllo atto ad eliminarla e si divide in situ dando origine a cellule figlie con propriet�
simili. Questo processo viene definito iniziazione; durante il corso dell�espansione clonale,
possono verificarsi altre mutazioni genetiche che conferiscono maggiore o minore capacit�
di sopravvivenza alla progenie di queste cellule (progressione). Gli agenti iniziatori
possono essere cancerogeni direttamente o dopo metabolizzazione, solitamente reagiscono
con siti ricchi di elettroni (come il DNA, le proteine, l�RNA), spesso inducono mutazioni
ben definite e, affinch� la popolazione cellulare rimanga �iniziata�, � necessario che la
cellula si divida entro le 72-96 ore dalla mutazione, altrimenti intervengono processi
riparativi del DNA. Gli agenti promotori, invece, da soli non sono in grado di indurre
neoplasia, hanno un�azione reversibile e non sono mutageni ma inducono la proliferazione
delle cellule iniziate.
Poich� i geni colpiti da mutazione sono, assieme ai loro prodotti, responsabili del ciclo
cellulare, � necessario comprendere il meccanismo che sta alla base di questo processo e
l�interazione che esiste tra i suoi componenti. L�input al ciclo cellulare � dato dai fattori di
crescita che interagiscono con i rispettivi recettori e portano alla attivazione di diversi
substrati. I recettori per i fattori di crescita sono proteine con un sito di legame esterno e un
dominio tirosin-chinasico che si trova nel citoplasma. In condizioni normali, l�attivit�
chinasica, attivata dal legame dei rispettivi fattori di crescita, � transitoria ed � seguita da
una rapida dimerizzazione dei recettori e dalla fosforilazione di diversi substrati che fanno
parte della cascata mitotica. Un ruolo fondamentale in questo processo � svolto dalle
proteine di trasduzione del segnale come le GTP-Binding Proteins, codificate dai geni della
superfamiglia ras. Nello stato inattivo ras lega il GDP e, quando le cellule sono stimolate
dall�arrivo di un fattore di crescita o da un altro tipo di interazione, si attiva grazie allo
scambio di GDP con GTP e pu�, cos�, dare il via al pathway delle MAP-chinasi
intracitoplasmatiche. Le MAP-chinasi attivate hanno come bersaglio i fattori di trascrizione
nucleare che possono promuovere la proliferazione. In condizioni normali questo
fenomeno � transitorio, anche perch� l�attivit� GTP-asica, intrinseca alla normale proteina
ras, � fortemente accelerata dalle GTP-ase activating proteins (GAPs). Tutti i segnali del
pathway di trasduzione, infine, interagiscono a livello nucleare con numerosi geni che
coordinano la progressione del ciclo mitotico controllando la trascrizione dei geni della
crescita. I fattori di trascrizione legano il DNA in specifici siti e possono attivare o inibire
la trascrizione dei geni adiacenti. La progressione ordinata delle varie fasi del ciclo
cellulare � realizzata dalle cicline, dalle chinasi-cicline dipendenti (CDKs) e dai loro
inibitori; mutazioni nei geni che codificano per questi regolatori del ciclo cellulare sono
stati riscontrati in molti tumori umani.
Le CDKs sono espresse costitutivamente durante il ciclo cellulare ma in forma inattiva;
sono attivate tramite fosforilazione dopo legame con le cicline che sono, invece,
sintetizzate solo in specifiche fasi. La sintesi delle cicline D, che legano CDK4 e CDK6, �
stimolata all�inizio della fase G
1
; successivamente viene indotta la sintesi della ciclina E
che si lega al CDK2. I complessi cilina D/CDK4, cilina D/CDK6 e ciclina E/CDK2
fosforilano la proteina Rb; quest�ultimo � un anti-oncogene che, nelle cellule quiescenti, �
presente in forma attiva ipofosforilata e blocca la progressione del ciclo cellulare da G
1
a S
sequestrando E2F. In seguito a fosforilazione la proteina Rb rilascia E2F che pu�, in ultima
analisi, attivare la trascrizione di diversi geni target; dopo la mitosi una fosfatasi defosforila
la proteina e la cellula torna in fase Go. L�ulteriore progressione alla fase G
2
� facilitata
dalla up-regolazione della ciclina A che si lega alla CDK1 e alla CDK2; successivamente
subentra la ciclina B che forma un complesso con CDK1 e che permette alle cellule di
passare dallo stato G
2
alla fase M fosforilando una serie di proteine richieste per la mitosi.
L�attivit� delle CDKs � regolata da due famiglie di inibitori: la prima � composta da tre
proteine, p21, p27 e p57, che hanno effetto su tutte le CDKs; la seconda famiglia ha un
effetto selettivo sui complessi ciclina D/CDK4 e ciclina D/CDK6 ed � composta da 4
membri, p14, p16, p18 e p19, chiamati anche INK4.
I geni coinvolti nella formazione dei tumori sono stati suddivisi in 4 gruppi: 1) proto-
oncogeni; 2) anti-oncogeni o cancer suppressor genes; 3) geni coinvolti nella regolazione
dell�apoptosi; 4) geni coinvolti nella riparazione del DNA.
Gli oncogeni, o geni che causano il cancro, derivano dai proto-oncogeni e sono coinvolti
nel ciclo cellulare e nella differenziazione; le proteine da loro prodotte sono simili a quelle
sintetizzate a partire dai proto-oncogeni ma la loro produzione � indipendente da stimoli
esterni e molte di esse non hanno una funzione regolatoria. Il tumore compare quando
queste proteine diventano anomale, cio� costitutivamente attivate, per mutazioni geniche o
se sono presenti in gran quantit� processo alla cui base vi sono traslocazioni o gene
amplification.
Le oncoproteine rappresentano, dunque, la versione alterata della loro controparte normale
e possono essere raggruppate sulla base della funzione che svolgono nella cascata della
trasduzione del segnale e nella regolazione cellulare. Ritroviamo 5 principali categorie di
proteine codificate da oncogeni: fattori di crescita; recettori per fattori di crescita; proteine
di trasduzione del segnale; proteine di trascrizione nucleare; cicline e chinasi cicline-
dipendenti (CDKs).
Per quanto riguarda i fattori di crescita, � stata riscontrata una mutazione nel gene c-sis che
codifica per la catena β del PDGF e i tumori che lo esprimono (astrocitomi e osteosarcomi)
producono PDGF ma anche molti recettori per lo stesso, portando ad una stimolazione
autocrina. Un meccanismo PDGF dipendente � stato riscontrato anche nel fibrosarcoma
vaccino-indotto del gatto.
I recettori per i fattori di crescita, se mutati, presentano una dimerizzazione ed
un�attivazione persistente senza che vi sia nessun legame con il fattore di crescita
extracellulare; tutto questo pu� accadere grazie a mutazioni frequenti, riarrangiamenti
genici e over-espressione, come nel caso del recettore per l�EGF che aumenta dell� 80%.
Altro esempio � RET, recettore per i fattori di crescita neuroendocrini in cui si assiste ad
una mutazione nella parte extracellulare o intracellulare o, addirittura, ad un
riarrangiamento con altri gene partner, con comparsa della sindrome Neoplasia Endocrina
Multipla di tipo 2 (MEN 2).
Le proteine di trasduzione del segnale ras mutate, invece, legano si GAPs, ma la loro
attivit� GTP-asica non viene incrementata e quindi persiste uno stato di attivazione che
risulta in una stimolazione patologica del pathway per la proliferazione. Oltre a ras, molte
tirosin-chinasi non recettore associate, possono funzionare nella via di trasduzione del
segnale fosforilando proteine intracellulari in risposta a stimoli esterni. Si riscontrano in
oncovirus animali mentre nell�uomo � nota solo una mutazione del gene c-abl che si sposta
dal cromosoma 9 al 22 dove forma una chimera con il gene bcr provocando una leucemia
linfoide.
Non sorprende poi che, le mutazioni dei geni che codificano per i fattori di trascrizione
portano, inevitabilmente, a trasformazioni di carattere maligno. In molti tumori vi �, infatti,
la overespressione di proto-oncogeni (come myc, myb, jun e fos) che causano un persistente
stimolo replicativo. Tra questi il proto-oncogene myc � il gene pi� comunemente coinvolto
in neoplasie umane ed � espresso virtualmente in tutte le cellule eucariote; appartiene a
quel gruppo di geni che sono rapidamente indotti quando le cellule quiescenti ricevono il
segnale di dividersi. Sia prima che dopo il trasporto nel nucleo, forma un eterodimero con
un�altra proteina chiamata max; l� eterodimero myc-max si lega a sequenze specifiche di
DNA (E-boxes) ed � un potente attivatore trascrizionale mentre, quando myc si unisce a
mad, origina un eterodimero con funzione di repressore trascrizionale. Mad pu�, quindi,
essere considerato un anti-oncogene o un tumor-suppressor gene.
E� facile comprendere, anche, come le mutazioni che agiscono sulle cicline e sulle CDKs
possono alterare la proliferazione cellulare ed essere, cos�, origine di tumori; infatti, in
molte neoplasie, si riscontra una overespressione di cilina D e/o CDK4 e CDK6 che attiva
costantemente il ciclo.
Il secondo gruppo di geni colpiti da mutazione � rappresentato dai tumor-suppressor genes,
o anti-oncogeni, che portano ad un�interruzione della proliferazione e la cui funzione � di
regolare la crescita cellulare. Quindi, si ha tumore se questi geni mancano o se non
funzionano. Esistono tre classi di tumor-suppressor genes:
1) molecole che regolano la trascrizione nucleare e il ciclo cellulare
2) molecole che regolano la trasduzione del segnale
3) recettori di superficie.
Nella prima categoria troviamo il gene Rb le cui mutazioni sono localizzate in una regione
chiamata �Rb pocket� coinvolta nel legame a E2F. La perdita omozigote di Rb induce
apoptosi, ma non nella retina; in altri tumori, invece, non vi sono mutazioni di Rb ma in
altri geni coinvolti nel processo.
L�altro tumor-suppressor gene � la p53 ed � il target pi� comune delle alterazioni genetiche
nei tumori, infatti � presente in quasi il 50% di questi; la sua perdita omozigote si riscontra
in tutti i tipi di neoplasia. La trasmissione ereditaria di un allele mutato predispone allo
sviluppo di tumori maligni e, i pi� comuni nell�uomo, sono sarcomi, leucemia, tumori al
cervello e carcinomi mentre, in Medicina Veterinaria, la p53 � risultata mutata in una
grande variet� di tumori. La p53 agisce come una sentinella che previene la diffusione di
cellule danneggiate geneticamente; � localizzata nel nucleo e, quando indotta (ad esempio
in seguito a danni causati da radiazioni, UV o sostanze mutagene), la sua prima funzione �
di controllare la trascrizione di molti altri geni. In caso di necessit� la sua sintesi viene
incrementata, la p53 si lega al DNA e stimola la trascrizione di geni che mediano i due
suoi pi� importanti effetti: l�arresto del ciclo cellulare e l�apoptosi. Il ciclo � bloccato
perch� la p53 stimola la sintesi dell�inibitore p21 che inibisce i complessi cicline/CDK e,
quindi, la fosforilazione di Rb; la ragione della pausa sta nel dare alle cellule il tempo
necessario per riparare al danno subito. La p53 aiuta, inoltre, questo processo inducendo la
trascrizione di GADD45, una proteina coinvolta nella riparazione del DNA. Se il danno
viene ripristinato con successo la p53 attiva un gene chiamato mdm2 il cui prodotto si lega
e down-regola la stessa p53. Al contrario la p53 attiva i geni che inducono apoptosi come
bax, che lega e antagonizza l�azione dell�inibitore dell�apoptosi bcl-2. E� chiaro che la
perdita omozigote di p53, in una situazione di mancata riparazione del DNA, porta alla
fissazione della mutazione che si diffonde alle cellulle figlie e genera una trasformazione
maligna.
Nella categoria delle molecole che regolano la trasduzione del segnale troviamo i prodotti
dei geni APC e NF-1. Una funzione importante della proteina APC � di degradare le β -
catenine che sono coinvolte nella trasduzione del segnale, inviando segnali replicativi nel
nucleo, e nella adesione cellulare mediante il legame con le E-caderine. L�inattivazione del
gene per la APC porta alla perdita della proteina e, conseguentemente, ad un aumento dei
livelli di β -catenine che traslocano nel nucleo e up-regolano la proliferazione cellulare. Per
quanto riguarda NF-1, gli individui che ereditano un allele mutato sviluppano numerosi
neurofibromi benigni, mentre l�inattivazione del secondo allele porta ad una
neurofibromatosi di tipo I che pu� evolvere in neurofibrosarcomi. La proteina prodotta
(neurofibromina) � una GTP-asi che dovrebbe inattivare il gene ras; se per� presenta una
mutazione la conseguenza � una iperattivazione di ras.
Tra i recettori di superficie vi sono diverse molecole che regolano il ciclo cellulare come i
recettori per gli inibitori della proliferazione (TGF-β ) e proteine che regolano l�adesione
cellulare (caderine), proteine di adesione la cui mancanza pu� favorire un fenotipo maligno
permettendo un facile distacco delle cellule che, partendo dalla popolazione originaria,
possono invadere localmente o metastatizzare.
Il terzo grande gruppo � costituito dai geni che regolano l�apoptosi e tra questi il primo
identificato � stato bcl-2, appartenente ad una famiglia di proteine, alcune delle quali
inibiscono l�apoptosi (lo stesso bcl-2 e bcl-xL) mentre altre la promuovono (bax, bad e bcl-
xS). Ad esempio, una overespressione di bcl-2, come quella che si verifica nei linfomi delle
cellule B a seguito di una traslocazione del gene per bcl-2 vicino a regioni
trascrizionalmente attive, protegge le cellule dalla apoptosi, prolunga la vita cellulare e
facilita altre mutazioni di proto- ed anti-oncogeni. La famiglia di bcl-2 regola l�attivazione
di enzimi proteolitici responsabili della morte cellulare, le caspasi. Il rapporto tra fattori
pro-apoptotici (bax, bad e bcl-xS) e anti- apoptotici (bcl-2 e bcl-xL) determina come la
cellula risponder� ad uno stimolo apoptotico; il tutto � operato dalla dimerizzazione
competitiva tra i vari membri. Quindi, omodimeri di bcl-2 favoriscono la sopravvivenza
mentre omodimeri di bax l�apoptosi.
Il ruolo dei geni che regolano la riparazione del DNA nella predisposizione dei tumori �
illustrato molto bene dal caso della sindrome HNPCC (hereditary nonpolyposis colon
cancer). In questa patologia si verificano numerose mutazioni che non vengono corrette
dall�attivit� di �correzione di bozze�della DNA polimerasi (attivit� proofreading); quindi,
gli errori si accumulano in molti geni e tra questi possono essere danneggiati anche i proto-
oncogeni e i tumor-suppressor-genes. Le conseguenze pi� comuni sono l�alterazione dei
recettori per TGF-β e per bcl-2.
Tutti i tumori umani analizzati mostrano alterazioni genetiche multiple che coinvolgono
l�attivazione di numerosi oncogeni e la perdita di due o pi� cancer-suppressor genes.
Ciascuna di queste alterazioni rappresenta uno step cruciale nella progressione da cellula
normale a maligna. Un esempio dell�acquisizione crescente del fenotipo maligno �
documentata dallo studio sul carcinoma del colon; queste lesioni evolvono attraverso una
serie di passaggi morfologicamente evidenziabili: iperplasia epiteliale del colon seguita
dalla formazione di adenomi che progressivamente aumentano e, in ultimo, assumono
carattere maligno. In questa sequenza di eventi � di fondamentale importanza il momento
in cui compaiono le mutazioni a carico dei geni prima descritti; sono, infatti, loro a
determinare la propensione allo sviluppo del tumore.
E� necessario sottolineare, cos�, che molti oncogeni non riescono da soli ad indurre
neoplasia ed ogni tumore ha molteplici attivazioni geniche che spesso compaiono anche in
momenti successivi.