Alessandro Villari – Crisi dell’impresa bancaria e autonomia della società.
b) le modalità di svolgimento e di manifestazione della crisi;
c) la natura e l’intensità dei relativi effetti.
Alla base della peculiarità della crisi bancaria rispetto a quella dell’impresa non
bancaria sta la natura fiduciaria dell’attività svolta dalle banche: le scelte dei
depositanti sono guidate dalla componente psicologica in misura decisiva rispetto
alla componente razionale. Questo implica un rilevante grado di incertezza nella
dimensione e nella composizione della struttura finanziaria della banca, perché
anche in presenza di segnali deboli o non significativi sulle proprie condizioni
gestionali il depositante può riaggiustare il proprio portafoglio di verso altre forme
di investimento giudicate più sicure, giungendo al limite a richiedere la conversione
in moneta legale.
Le banche operano quindi per questo motivo in condizioni di strutturale fragilità
finanziaria, patrimoniale ed economica: dal momento che un ruolo
quantitativamente preponderante tra le attività di raccolta è ricoperto dai depositi a
vista, la banca convive con una struttura finanziaria soggetta ad oscillazioni
improvvise e difficili da prevedere, ogni volta che una porzione significativa dei
titolari di depositi a vista ne chieda la conversione in moneta legale. Il fatto che, in
presenza di una “corsa agli sportelli” generalizzata, nessuna banca sia in grado di
far fronte alle richieste di rimborso è all’origine della maggiore probabilità che in
ambito bancario si manifestino delle crisi.
2
Una banca può essere considerata in crisi quando presenti condizioni di
illiquidità o di insolvenza. La crisi di liquidità rappresenta una situazione di
impossibilità di fare fronte in modo tempestivo alle ragioni di credito dei
depositanti. L’insolvenza rappresenta invece lo stato di dissesto in senso pieno,
legato all’incapacità dell’attivo aziendale di coprire il valore delle passività. Se la
crisi di liquidità è spesso transitoria e potenzialmente sanabile, lo stato di insolvenza
è invece tendenzialmente irreversibile e definitivo.
2
Cfr. in proposito anche COSTI, L’ordinamento bancario, Bologna, 1994, p. 642.
1. Natura delle crisi bancarie e interventi di vigilanza.
La duplice manifestazione della crisi in senso di illiquidità o di insolvenza può
essere applicata anche a realtà aziendali non bancarie. Nel caso delle banche però
emerge un elemento tipico: il passaggio dalla condizione di illiquidità a quella di
insolvenza è in genere molto più rapido, e spesso non controllabile a livello della
singola istituzione di credito. Una banca in crisi di illiquidità, incrinato il rapporto
fiduciario che la teneva legata ai propri creditori, di fronte a una consistente
richiesta di conversione dei depositi in moneta legale, è costretta a liquidare
rapidamente e a condizioni penalizzanti le proprie attività: la ricerca di liquidità fa sì
che il valore di liquidazione delle attività scenda al di sotto del valore necessario per
coprire le passività, determinando così l’insolvenza della banca.
Un ultimo carattere tipico delle crisi bancarie risiede nei loro effetti. Se il
dissesto di una impresa di diritto comune si riflette nella maggior parte dei casi sui
soli creditori dell’impresa,
3
lo stesso non vale nel caso di un fallimento bancario,
che determina un effetto non locale, ma sistemico. Il rischio sistemico, secondo una
definizione piuttosto generale, “consiste nella possibilità che le relazioni di natura
reale o finanziaria fra agenti riducano la capacità di ripartizione dei rischi
individuali … per generare ed aumentare invece l’insicurezza generale”.
4
Gli effetti delle crisi bancarie si estendono infatti potenzialmente al sistema
economico nel suo complesso, coinvolgendo gli altri intermediari bancari e
finanziari, e tutte le imprese operanti in altri settori produttivi, che dal sistema
creditizio attingono le risorse per le proprie attività. In particolare, la conseguenza
più evidente e tipica di una crisi bancaria è rappresentata dall’effetto di contagio
(effetto ‘domino’) che questa può creare. Il contagio si verifica non solo per lo
stretto intreccio di rapporti di debito e credito tra le diverse banche di un sistema,
3
Effetti negativi generalizzati sull’economia (effetti ‘sistemici’), paragonabili sotto certi aspetti a quelli
prodotti da una crisi bancaria, possono essere prodotti dalla crisi di imprese di rilevanti dimensioni e
con un ruolo di traino rispetto all’intero sistema economico. Per prevenire l’effetto a catena
sull’economia di simili crisi, il legislatore ha approntato l’istituto dell’amministrazione straordinaria
delle grandi imprese, riformato da ultimo con il D.lg. 8 luglio 1999, n. 270, “con finalità conservative
del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività
imprenditoriali” (art. 1).
4
GABBI, Crisi finanziarie, percezione del rischio e comportamento dei risparmiatori, in AA.VV. (a
cura di RUOZI), Le crisi bancarie, Milano, 1995, p. 120.
Alessandro Villari – Crisi dell’impresa bancaria e autonomia della società.
ma soprattutto per la fragilità intrinseca del rapporto fiduciario che lega alle banche
i depositanti: la crisi di una singola banca, anche di non rilevanti dimensioni, può
indurre i depositanti di altre banche alla ‘corsa agli sportelli’. Si produce in questo
modo il cosiddetto ‘panico bancario’, che si manifesta proprio nel generalizzato
desiderio dei depositanti di convertire i propri depositi in moneta non solo presso la
banca in crisi, ma anche presso l’intero sistema bancario. Gli effetti negativi di una
simile situazione sono difficilmente quantificabili, dal momento che occorre
considerare, oltre alle perdite per i depositanti, anche la riduzione di credito
all’economia e la conseguente diminuzione dell’attività economica.
5
Alla crisi di una impresa bancaria si collegano dunque una serie di esternalità
negative che si ripercuotono sul sistema dei pagamenti o delle altre banche. Da
questo discende che non solo le Autorità di vigilanza, ma anche gli stessi
concorrenti della banca in crisi divengano portatori di interessi nell’attività di
quest’ultima.
6
È dunque la maggiore ampiezza degli effetti della crisi bancaria a comportare
una tutela, da parte dell’Organo di vigilanza, anticipata rispetto a quella approntata
dal legislatore nel caso di instabilità di un’impresa di diritto comune. L’Autorità
può infatti intervenire, con i molteplici strumenti a sua disposizione, non solo in
caso di un’insolvenza conclamata, ma anche nel caso di un dissesto soltanto temuto,
ad esempio in presenza di irregolarità anche quando queste non siano accompagnate
da perdite patrimoniali.
7
Proprio per la gravità degli effetti di una crisi bancaria, l’ingerenza dell’Organo
di vigilanza nell’operatività dell’impresa bancaria è assai più ampia di quella
5
Cfr. CACCIAMANI, Identificazione e determinanti delle crisi bancarie, in AA.VV. (a cura di
RUOZI), Le crisi bancarie, op. cit., p. 16.
6
Cfr. ZORZOLI, Le soluzioni esogene alle crisi bancarie, in AA.VV. (a cura di RUOZI), Le crisi
bancarie, op. cit., pp. 192-195.
7
In particolare afferma COSTI, L’ordinamento bancario, op. cit., p. 643, che “sembra, pertanto, che la
nozione di crisi presa in considerazione con riferimento alle banche non sia diversa da quella rilevante
per il diritto comune dell’impresa: la differenza consiste nel fatto che, mentre il diritto comune prende
in considerazione solo le ipotesi di difficoltà o incapacità attuali di adempiere, quello bancario considera
sufficiente per sostituire gli organi gestori o per disporre la liquidazione dell’impresa la presenza di
comportamenti «pericolosi» per la futura solvibilità della stessa.”
1. Natura delle crisi bancarie e interventi di vigilanza.
dell’Autorità giudiziaria nel caso di un’impresa di diritto comune, ed interviene già
nella fase prodromica della crisi, attraverso una molteplicità di strumenti preventivi
del tutto sconosciuti al diritto comune fallimentare.
8
1.2. Le determinanti delle crisi bancarie.
La crisi di un’impresa bancaria può essere determinata da più fattori, interni o
esterni all’attività della banca. Le cause naturalmente non si verificano in genere
singolarmente, ma la crisi deriva da una molteplicità di determinanti che operano
congiuntamente o si susseguono in un lasso di tempo assai breve.
I fattori interni, i cosiddetti rischi endogeni, possono essere di natura strategica o
gestionale.
I primi concernono scelte di fondo di lungo periodo degli amministratori riguardo
agli indirizzi da imprimere alla banca: gli effetti negativi di scelte erronee possono
manifestarsi anche parecchio tempo dopo le decisioni prese. I rischi gestionali,
essendo tipicamente connessi alla gestione ordinaria, hanno implicazioni negative
sull’impresa già nel breve termine.
I rischi strategici derivano da una parte dalle scelte di investimento, e dall’altra
dalle decisioni sulla struttura del passivo. Scelte di investimento rischiose possono
essere legate alle modalità di espansione dell’impresa bancaria, in particolare
quando tale espansione è attuata attraverso l’acquisizione o l’incorporazione di altre
società bancarie o parabancarie. Può accadere infatti che il valore e la qualità delle
attività delle imprese incorporate sia valutato erroneamente e sovrastimato.
Per quanto riguarda le crisi bancarie conseguenti ad errori strategici sulla
struttura del passivo, la causa principale è costituita dall’eccessivo indebitamento
della banca, qualora ad esso non corrisponda una adeguata redditività degli
investimenti.
8
Cfr. sull’argomento anche COSTI, L’ordinamento bancario, op. cit., pp. 641-644; TARANTOLA
RONCHI, La vigilanza sulle banche e sui gruppi bancari, Bologna, 1996, pp. 194-200.
Alessandro Villari – Crisi dell’impresa bancaria e autonomia della società.
Per quanto riguarda i rischi di natura gestionale, le scelte erronee possono
riguardare tutti gli aspetti della gestione bancaria, sia patrimoniali che finanziari.
Per quanto riguarda le scelte di natura patrimoniale, il rischio tradizionale
dell’impresa bancaria si ricollega all’attività di erogazione del credito, cioè alla
possibilità che la controparte debitrice sia insolvente. Una cattiva gestione della
composizione e della dimensione delle voci di attivo e passivo può derivare da una
scarsa diversificazione o da un limitato frazionamento del portafoglio prestiti, come
nel caso di una eccessiva esposizione nei confronti di un singolo debitore:
l’eventuale insolvenza di quel debitore si ripercuoterà sulla solvibilità della banca
creditrice.
A scelte errate sul fronte patrimoniale conseguono logicamente squilibri
finanziari, che si manifestano in una minore liquidità dell’attivo rispetto al passivo,
la quale può ben essere sostenuta dalla banca nel breve periodo, ma a costi elevati e
attraverso fonti straordinarie di rifinanziamento. Nel medio e lungo termine, quindi
una tale situazione risulta non soltanto insostenibile, ma anche capace di
compromettere la fiducia del pubblico depositante, con le conseguenze, in termini
di panico bancario e di effetto domino, di cui si è parlato nel precedente paragrafo.
Una eccessiva o una errata assunzione di rischio può derivare da errori o
incapacità riferibili ai vari livelli della struttura aziendale, ma anche, nei casi più
gravi, da una mancanza di autonomia della banca, che si determina quando gli
amministratori sono condizionati nelle loro scelte allocative e gestionali dalle
volontà di soggetti terzi, di matrice industriale o finanziaria, spinti da interessi
diversi da quelli del miglior funzionamento dell’azienda. Al limite tali interessi
possono sfociare in comportamenti fraudolenti da parte degli amministratori.
Altro fattore di natura gestionale, per quanto non immediato, all’origine di una
crisi bancaria può risiedere in accentuate carenze di tipo organizzativo, il cosiddetto
rischio operativo. L’appesantimento o il sovradimensionamento della struttura
organizzativa, infatti, se può essere fronteggiato in periodi di bassa competizione
1. Natura delle crisi bancarie e interventi di vigilanza.
attraverso tassi di prestito più alti, diventa insostenibile in contesti di elevata
concorrenza, in cui non è possibile ricorrere a tale fonte di ricavo.
9
Infine, per quanto riguarda le componenti esterne o oggettive della crisi, esse
attengono all’ambiente, economico, giuridico e di mercato, in cui la banca opera, da
cui possono derivare elementi perturbativi sia in termini di accentuazione dei livelli
concorrenziali, sia di modificazione qualitativa della domanda rispetto ai prodotti
offerti dall’impresa.
10
1.3. Gli strumenti di prevenzione delle crisi bancarie.
Come accennato in precedenza, proprio a causa del ruolo centrale delle imprese
bancarie nel sistema finanziario ed economico, gli interventi dell’Organo di
vigilanza si concentrano assai più nella fase prodromica della crisi, privilegiando le
soluzioni preventive rispetto all’adozione di provvedimenti di rigore.
1.3.1. Le soluzioni interne.
Innanzitutto, una situazione di crisi di tipo reversibile, se percepita
tempestivamente dagli organi aziendali e ricondotta alle sue cause, può essere
risolta all’interno della banca, senza che si renda necessario l’intervento delle
autorità di controllo. Le soluzioni per via interna possono consistere in:
a) variazioni nella strategia dell’azienda, in termini di composizione del
portafoglio e di posizionamento nel mercato;
b) ricerca di nuove fonti di finanziamento;
c) ristrutturazione organizzativa e ridefinizione dei sistemi informativi e di
controllo;
9
Cfr. per una trattazione più approfondita CACCIAMANI, Identificazione e determinanti delle crisi
bancarie, op. cit. , pp. 22-27.
10
Cfr. sull’argomento anche TARANTOLA RONCHI, La vigilanza sulle banche e sui gruppi bancari,
op. cit., pp. 200-202; BOCCUZZI, I caratteri delle crisi bancarie e gli strumenti di intervento previsti
dall’ordinamento, in RESTUCCIA, La prevenzione della crisi bancaria nell’ordinamento italiano e
comunitario, Napoli, 1996, pp. 22-25.
Alessandro Villari – Crisi dell’impresa bancaria e autonomia della società.
d) cambiamenti dell’alta direzione, sia per l’ingresso di nuovi azionisti che per
la necessaria sostituzione del management coinvolto o responsabile della crisi.
11
1.3.2. Vigilanza regolamentare e moral suasion.
Il Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia del 1993 ha attribuito
alle Autorità molteplici strumenti di intervento, comportanti una ingerenza più o
meno ampia nell’operatività della banca, con la possibilità di attivarli secondo
criteri di discrezionalità e flessibilità, secondo le soluzioni concrete, gli obiettivi
specifici da perseguire e l’ampiezza degli interessi in gioco.
Gli interventi dell’Organo di vigilanza possono avere differenti funzioni: in una
graduazione degli effetti di ingerenza nell’autonomia dell’impresa possono
distinguersi una funzione conoscitiva, laddove sono volti all’acquisizione di
ulteriori elementi informativi; una funzione preventiva, quando gli interventi sono
tesi ad evitare che deterioramenti della situazione tecnica possano arrivare a tradursi
in uno stato di problematicità; una funzione correttiva, quando sono finalizzati
all’adozione di piani di risanamento atti a ricondurre la banca in una situazione di
normalità.
12
Un primo gruppo di strumenti di natura preventiva è costituito dall’insieme dei
provvedimenti previsti dalle prime tre lettere del terzo comma dell’art. 53 T.U., a
norma del quale la Banca d’Italia può:
a) convocare gli amministratori, i sindaci e i dirigenti delle banche per
esaminare la situazione delle stesse;
b) ordinare la convocazione degli organi collegiali delle banche, fissandone
l’ordine del giorno, e proporre l’assunzione di determinate decisioni;
c) procedere direttamente alla convocazione degli organi collegiali delle banche
quando gli organi competenti non abbiano ottemperato a quanto previsto dalla
lettera b).
11
Cfr. TARANTOLA RONCHI, La vigilanza sulle banche e sui gruppi bancari, op. cit., pp. 203-204.
12
Cfr. TARANTOLA RONCHI, La vigilanza sulle banche e sui gruppi bancari, op. cit., p. 192.
1. Natura delle crisi bancarie e interventi di vigilanza.
Per gli organi di controllo si pone il problema di prevedere in modo tempestivo
l’emergere di una situazione di crisi, e di coglierne le cause e le caratteristiche di
fondo in modo da assumere i più opportuni correttivi.
13
Per fare ciò la Banca d’Italia ha a disposizione gli strumenti della vigilanza
informativa e ispettiva, attraverso cui l’Autorità è in grado di monitorare la
situazione tecnica delle banche, con particolare riferimento al rispetto dei requisiti
di vigilanza prudenziale (in particolare dei coefficienti patrimoniali), e alla capacità
della banca di fronteggiare, sotto il profilo patrimoniale e organizzativo, i diversi
rischi assunti.
Il monitoraggio riguarda in particolare l’adempimento delle disposizioni di
vigilanza regolamentare emanate a norma dell’art. 53 T.U., in conformità delle
deliberazioni del CICR,
14
in materia di:
a) adeguatezza patrimoniale;
b) contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni;
c) partecipazioni detenibili;
d) organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni.
In risposta alle esigenze di attribuire una più marcata valenza prospettica e un
maggior rigore formale all’attività di monitoraggio, si è inoltre sviluppato, a partire
dagli anni settanta, l’uso dei cosiddetti early warning system. Si tratta di modelli
statistico-matematici, attraverso i quali si cerca, in modo rigoroso e valicato dai
riscontri empirici del passato, di classificare le banche in gruppi distinti sulla base
della loro diversa probabilità di incorrere in situazioni di crisi lungo un arco
temporale futuro predefinito.
15
La possibilità di monitoraggio della situazione tecnica delle banche pone in via di
principio l’Organo di vigilanza in grado di giungere a dei giudizi globali
sull’andamento delle singole aziende di credito. In presenza di andamenti non
13
Cfr. TARANTOLA RONCHI, La vigilanza sulle banche e sui gruppi bancari, op. cit., p. 204.
14
Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio, le cui funzioni, di alta vigilanza in materia di
credito e di tutela del risparmio, sono attribuite nell’art. 2 T.U..
15
Per una trattazione approfondita degli early warning system cfr. LAZZARI, La vigilanza bancaria:
controlli tradizionali e sviluppo degli early warning system, in RUOZI (a cura di), Le crisi bancarie, op.
cit.; TARANTOLA RONCHI, La vigilanza sulle banche e sui gruppi bancari, op. cit., pp. 185-191.
Alessandro Villari – Crisi dell’impresa bancaria e autonomia della società.
soddisfacenti, un primo livello di interventi è costituito dalla rappresentazione agli
organi aziendali dell’effettivo stato in cui la banca si trova e dalla esternazione da
parte della Banca d’Italia delle proprie valutazioni, osservazioni e proposte circa il
modo di superare i problemi riscontrati: l’obiettivo è quello di sensibilizzare i
responsabili aziendali sulle situazioni problematiche, e di provocare all’interno della
banca la necessaria dialettica per il loro superamento.
16
In questa ottica, in cui all’Autorità di vigilanza è attribuito un compito non di
intervento diretto, ma di moral suasion nei confronti dei quadri amministrativi della
banca, si collocano in primo luogo gli incontri con amministratori, sindaci e
dirigenti previsti dalla lettera a) del terzo comma dell’art. 53 T.U..
17
I provvedimenti richiesti possono riguardare, ad esempio:
a) nell’ipotesi di crisi risanabili in via autonoma, il rinnovamento degli organi di
amministrazione e di controllo dimostratisi incapaci di condurre l’azienda secondo
principi di sana e prudente gestione, come presupposto per un’azione di
risanamento più generale che abbracci gli assetti tecnici, organizzativi e gestionali;
b) quando la crisi non è superabile con le risorse della proprietà, la riallocazione
proprietaria o operazioni di concentrazione nelle varie forme previste
dall’ordinamento;
c) ove non siano percorribili tali ipotesi operative, la liquidazione volontaria
della banca, con modalità di realizzo unitarie del complesso aziendale in modo da
preservare la continuazione dell’attività aziendale in capo ad altro soggetto
bancario.
18
16
Cfr. TARANTOLA RONCHI, La vigilanza sulle banche e sui gruppi bancari, op. cit., p. 193;
CLEMENTE, Commento sub art. 53 T.U., in CAPRIGLIONE, Commentario al Testo Unico delle leggi
in materia bancaria e creditizia, Padova, 2001, p. 414.
17
Con tale disposizione il legislatore del Testo Unico ha formalizzato in una norma primaria
comportamenti ormai consolidati, che trovano conferma negli stessi lavori preparatori della precedente
legge bancaria: nella relazione a tale legge si auspicava infatti che il ruolo dell’Ispettorato (ora Banca
d’Italia) si concretizzasse anche mediante lo sviluppo di rapporti non burocratizzati con le aziende di
credito e che esso, nell’esercizio delle sue funzioni, potesse “considerarsi soprattutto come un organo
consultivo alla cui sensibilità, come anche alla tempestività della sua azione, è in grandissima parte
affidata la realizzazione dei benefici effetti che la legge si propone di conseguire”. Citato in
CLEMENTE, Commento sub art. 53 T.U., op. cit., p. 413.
18
Cfr. BOCCUZZI, I caratteri delle crisi bancarie e gli strumenti di intervento previsti
dall’ordinamento, op. cit., pp. 29-31.
1. Natura delle crisi bancarie e interventi di vigilanza.
Caratteristica saliente di questo tipo di intervento è il fatto che esso non limita
l’autonomia dei competenti organi aziendali nella scelta degli strumenti da
utilizzare per risanare l’impresa: le interferenze di questa forma di controllo con le
scelte di merito dei responsabili aziendali si limitano alla prospettazione di
particolari decisioni.
Anche nel caso in cui, nell’inerzia degli esponenti aziendali, si renda necessario
da parte dell’Autorità di vigilanza il ricorso ai provvedimenti previsti dalle lettere b)
e c) del terzo comma dell’art. 53 T.U.,
19
l’imperatività del provvedimento è relativa
solo alla convocazione e non coinvolge le decisioni, che rimangono di competenza
degli organi della banca.
20
1.3.3. I provvedimenti per il singolo caso.
La previsione contenuta nella lettera d) del terzo comma dell’art. 53 T.U.
consente alla Banca d’Italia di adottare provvedimenti particolari nei confronti di
singole banche, in tema di adeguatezza patrimoniale, contenimento del rischio,
partecipazioni detenibili, organizzazione amministrativa e contabile e controlli
interni.
L’Organo di vigilanza ricorrerà a tali provvedimenti qualora l’azione di moral
suasion non abbia buon fine, ovvero quando la situazione della banca appaia
abbastanza grave da ritenere preferibile un intervento diretto dell’Autorità.
In questo modo la Banca d’Italia potrà attuare in via autonoma quei
provvedimenti di cui ha inutilmente proposto (o avrebbe potuto preventivamente
proporre) l’attuazione agli organi competenti: in particolare potranno essere disposti
il ricambio degli organi di vertice, aumenti di capitale, l’ampliamento della base
sociale, l’applicazione di coefficienti patrimoniali individuali (più elevati di quelli
19
Ovvero l’ordine di convocazione degli organi collegiali (con fissazione dell’ordine del giorno), o la
diretta convocazione degli organi collegiali da parte della Banca d’Italia.
20
Cfr. CLEMENTE, Commento sub art. 53 T.U., op. cit., p. 414.
Alessandro Villari – Crisi dell’impresa bancaria e autonomia della società.
previsti per la generalità delle banche), etc..
21
Risulta in questi casi ristretto l’ambito di autonomia gestionale della banca, dal
momento che la Banca d’Italia ne comprime l’operatività per ridurre i rischi che la
banca stessa potrebbe assumere, ovvero richiede che a fronte di tali rischi vengano
assicurate risorse patrimoniali maggiori rispetto agli altri intermediari.
22
1.3.4. Operazioni di rifinanziamento.
Quando la banca attraversa una crisi di liquidità, determinata ad esempio da una
rapida diminuzione dei depositi, tale da non poter essere risolta attraverso l’utilizzo
di riserve di liquidità della banca stessa o con altre risorse acquisibili in via
ordinaria, si rende necessario il ricorso alla Banca centrale nella sua qualità di
prestatore di ultima istanza. L’intervento della Banca d’Italia consiste in operazioni
di rifinanziamento nei confronti della banca in crisi attraverso cui a questa vengono
forniti, in modo tempestivo e diretto, i fondi necessari per impedire l’estensione
della crisi stessa. In assenza dell’intervento della Banca centrale, la banca in crisi
dovrebbe infatti ricorrere ad altri intermediari bancari o finanziari, con il rischio di
coinvolgerli nella sua insolvenza (effetto contagio); in alternativa, il management
della banca potrebbe perseguire un immediato realizzo di liquidità con operazioni a
breve termine, ma a costo di sacrificare le prospettive a lungo termine: con il rischio
di ritardare semplicemente il manifestarsi della crisi, aggravandone le proporzioni e
le conseguenze.
23
21
“La necessità di contemplare la possibilità di adottare provvedimenti particolari era stata già presa in
considerazione dal legislatore del ’36. L’art. 33, comma 2 della legge bancaria, aveva infatti previsto
che le disposizioni del medesimo art. 33 e dell’art. 32, nei quali era contenuta parte dei poteri
regolamentari, potessero essere applicate, non solo con riferimento alla generalità delle banche, ma
anche nei confronti di determinate categorie di aziende ovvero di singole banche”. CLEMENTE,
Commento sub art. 53 T.U., op. cit., p. 415.
22
Cfr. BOCCUZZI, I caratteri delle crisi bancarie e gli strumenti di intervento previsti
dall’ordinamento, op. cit., p. 31;. CLEMENTE, Commento sub art. 53 T.U., op. cit., p. 415.
23
Soluzioni meno ortodosse, e più rischiose, potrebbero consistere anche in politiche di tasso aggressive
sulla raccolta di denaro, per attirare i depositanti, aumenti di capitale o emissione di prestiti subordinati
a condizioni onerose, etc..
1. Natura delle crisi bancarie e interventi di vigilanza.
Il rifinanziamento avviene principalmente per il mezzo dell’anticipazione a
scadenza: con essa la Banca d’Italia fornisce un certo ammontare di fondi alla banca
richiedente, la quale si impegna a restituirli entro una data determinata.
La Banca centrale non è peraltro obbligata a concedere credito alla banca in crisi;
la valutazione del se e del quanto credito concedere alla banca richiedente ha
riguardo da una parte alla liquidità dell’intero sistema bancario: perciò le esigenze
della banca richiedente vengono soddisfatte nella misura in cui non contrastino con
gli obiettivi di politica monetaria; dall’altra alla valutazione discrezionale della
Banca d’Italia sugli strumenti più idonei per risolvere la crisi: l’Organo di vigilanza
potrebbe ritenere più opportune, sempre nell’interesse del sistema bancario nel suo
complesso, soluzioni diverse, quali interventi sulla proprietà dell’impresa bancaria
(fusioni o cessioni), ed eventualmente l’adozione di provvedimenti di rigore
(amministrazione straordinaria, gestione provvisoria, chiusura di succursali, divieto
di intraprendere nuove operazioni, liquidazione coatta amministrativa).
24
1.3.5. Gli interventi sulla proprietà.
L’assetto proprietario della banca ha una rilevanza fondamentale nell’ottica della
corretta gestione e della stabilità della banca.
L’Organo di vigilanza ha la possibilità sia di controllare preventivamente
l’assetto proprietario della banca, nell’ottica di garantirne una sana e prudente
gestione, sia di imporre, in caso di crisi, operazioni di riallocazione proprietaria
(cessioni, fusioni, scissioni) che consentano di conservare l’avviamento insito nella
struttura aziendale, al fine soprattutto di tutelare i depositanti e il mercato.
24
Cfr. TARANTOLA RONCHI, La vigilanza sulle banche e sui gruppi bancari, op. cit., pp. 204-207.