parte integrante della morbosità e della corruzione che caratterizzano il
protagonista del romanzo.
La vocazione drammaturgica contrassegnò Alban Berg,
allontanandolo notevolmente dall'influsso di Schönberg e di Webern, ai
quali viene di consueto accostato, per il fatto di aver condiviso con essi la
«crisi» del sistema tonale generatasi nella musica tedesca del primo
Novecento.
Il concetto di «serialità», vale a dire il costruttivismo implicito nel
metodo dodecafonico di Schönberg, tornò utile a Berg, con più penetranti e
raffinate modifiche, come elemento di disciplina formale tanto nelle non
molte composizioni cameristiche e sinfoniche, quanto nelle sue opere.
I suoi lavori, e in particolare il concerto per violino, appartengono
alla piena maturità: al raggiungimento, cioè, del perfetto equilibrio tra il
più calcolato e raffinato costruttivismo «seriale», di ascendenza
dodecafonica, e la concezione «contenutistica» che, in lui, era sempre stata
insopprimibile.
A differenza di Berg, Webern concepiva le arti, e la musica in
particolare, come il frutto di una creatività panteistica, scaturita dall'attività
della Natura, secondo la Teoria dei colori di Goethe.
In base a questa concezione dell'arte, egli era anche estraneo
all'assunto «contenutista» che era stato proprio del sinfonismo tedesco
tardo-ottocentesco e che aveva invece trovato in Schönberg e in Berg, e
nella loro approfondita ricerca di nuovi formalismi, o Nuova Musica, come
affermò lui stesso.
Il metodo dodecafonico costituì, quindi, per Webern un ulteriore
mezzo di ricerca delle norme naturali della creatività e venne applicato
senza alcuna relazione con la sua origine, funzionale ad una restaurazione
del linguaggio musicale «contenutista».
In Italia, invece, il compositore più sensibile alle teorie dode-
cafoniche fu Luigi Dallapiccola, il quale usò il metodo dei viennesi in un
puro spirito di libertà e conservando i suoi legami con il lirismo
tradizionale.
Verso la fine degli anni Trenta, anni segnati dall'apogeo del
fascismo, i temi della prigionia e della libertà cominciarono ad os-
sessionarlo, ossessione che durò tutta la vita e che trovò la sua migliore
espressione nell'opera Il prigioniero.
A partire dalla metà degli anni quaranta la dodecafonia cominciò ad
inserirsi nella sua scrittura. Nell'ambito del suo stile dodecafonico
Dallapiccola usava non solo gli intervalli dissonanti propri alla musica
seriale (seconde, settime, none), ma anche intervalli consonanti, cosa che
lo differenzia dai dodecafonici viennesi.
Avendo adottato la dodecafonia liberamente e naturalmente,
Dallapiccola si è liberato da ogni presa di posizione settaria.
Dalle lezioni-conferenza tenute da Webern nel 1933, nacque
l'etichetta di Nuova Musica, ma il significato originario, che si riferiva alla
musica composta secondo il metodo dodecafonico, venne volutamente
adattato alla musica d'avanguardia nel secondo dopoguerra.
La nascita di questa avanguardia avvenne nella città di Darmstadt,
presso Francoforte, dove inizialmente era stato istituito un centro di
informazione e didattica sulla musica moderna, per colmare le lacune
formatesi nella cultura tedesca durante il regime nazista.
In quell'ambiente, l'assunto iniziale di informazione ed ag-
giornamento si radicalizzò, a contatto con la musica di Webern, in un
indirizzo di estremo avanzamento del linguaggio musicale.
L'effetto fu quello di internazionalizzare la «crisi» del linguaggio
musicale che aveva caratterizzato la musica tedesca nell'epoca compresa
fra la morte di Mahler e la morte di Webern.
La scelta della musica di Webern come archetipo dell'avanzamento
del linguaggio si fondò su uno dei tanti equivoci che rendono feconda
l'evoluzione delle arti: in luogo del determinismo panteistico di Webern e
del suo proporre l'arte come frutto dell'attività della natura, i giovani
musicisti videro nella musica weberniana soltanto l'aspetto esteriore, di
radicale distacco dalla tradizione. In secondo luogo, nel definirsi post-
weberniana, l'avanguardia avanzò il postulato di un indefinito prolungarsi
della propria natura «progressista», in base all'assunto che nuovi linguaggi
implicano nuovi significati sottraendo così la musica, e l'arte in genere, alla
«mercificazione», vale a dire alla fruizione consumistica.
Il concetto di mercificazione e la prescrizione moralistica di
opporvisi (mai avvertita nella tradizione musicale) nacquero dai riferimenti
alla musica contenuti nel pensiero e negli scritti di T. W. Adorno.
Si generò, così, nell'avanguardia post-weberniana, un'ansia di
«avanzamento» proporzionale alla velocità con cui avanzava la
mercificazione, identificata non solo con la fruizione, ma anche con
l'attività «museale» della conservazione e dell'esecuzione.
I principali compositori usciti dall'esperienza di Darmstadt furono
Pierre Boulez, Karlheinz Stockhausen, Bruno Maderna, Luigi Nono,
György Ligeti, secondo una distribuzione geografica che contribuì a creare
un'estetica cosmopolita dell'avanguardia.
A partire dalla seconda metà degli anni cinquanta le strade di questi
compositori si sono naturalmente divise, a cominciare dalla clamorosa
presa di posizione di Nono, che in una conferenza tenuta a Darmstadt nel
1959 “Presenza storica nella musica d’oggi”, rifiuitava di implicare la
musica nuova nella teoria della fine dell’arte, quindi della stessa storia.
Ma, nell'insieme, gli itinerari sono stati simili, nel senso che la
Nuova Musica non è riuscita a conservare proprio quello che era il suo
assunto fondamentale, vale a dire la vocazione ad un perenne
rinnovamento.
In particolare i valori meno durevoli furono quelli fondati sulla
concezione della musica come razionalizzazione assoluta, sul mito della
«serializzazione integrale» di tutti i suoi parametri e, inversamente,
sull'«alea», vale a dire sulla disponibilità delle strutture a possibilità
combinatorie variabili. Di questa seconda tendenza, i rappresentanti più
accreditati sono stati Pierre Boulez e John Cage.
Maggiore flessibilità si è avuta nella musica di Stockhausen e degli
italiani. Stockhausen ha ricreato possibilità costruttiviste in una vasta
produzione che, dalle iniziali serie di Klavierstücke, è passata attraverso
vari tipi di sperimentazione del linguaggio, ivi inclusa l'«alea».
Nono si sottrasse fin dall'inizio alle forme costruttiviste insite nella
ricerca dei post-weberniani (tra i quali invece va collocato Bruno Maderna,
in virtù del suo magistero, quasi un apostolato), dedicandosi ad un
impegno etico-estetico che lo ha indotto, a parte le composizioni
strumentali, ad esplicare una sua vocazione drammaturgica di durevoli
significati.
L'avanguardia italiana, da un lato non insensibile all'influsso post-
weberniano, ha avuto tuttavia un suo sviluppo autonomo, soprattutto con
Luciano Berio.
In Italia, inoltre, l'avanguardia ha avuto un momento di coesione
attraverso una prospettiva critica che si può definire propositiva
2
.
L'avanguardia post-weberniana, infine, ha adottato oltre l’«alea»,
nuove fonti sonore, cioè la «musica concreta» e la «musica elettronica»,
che sono state, nel secondo Novecento, fonti di nuova produzione del
suono ampiamente impiegate nell'ambito dell'avanguardia post-
weberniana, ma non solo in essa
3
.
2
Cfr BORTOLOTTO M., Fase seconda. Studi sulla nuova Musica, Torino, Einaudi, 1969.
3
Cfr AA. VV., Storia della musica, Torino, Einaudi, 1995, p. 514.
CAPITOLO I
DALLA CRISI DEL ROMANTICISMO ALLA
NASCITA DELLA DODECAFONIA
1.1 La crisi della musica romantica: Wagner e Mahler
Nella musica e nelle altre arti il periodo compreso tra gli ultimi de-
cenni del secolo XIX ed i primi anni del Novecento - l'età del decadenti-
smo e del simbolismo - si pone sotto il segno di inquiete ricerche, di
trasformazioni profonde, in diverse direzioni: per ciò che riguarda il campo
musicale si è soliti riassumerle sotto il segno della crisi del linguaggio
tonale e del superamento - o rinnovamento - delle forme e delle categorie
stesse del pensiero musicale della tradizione classico-romantica.
Non tutti gli autori che scrissero opere determinanti a cavallo tra i
due secoli ebbero una presenza incisiva nelle successive vicende della
nuova musica. Va dunque giudicato improprio e fonte di equivoci l'abuso
dell'aggettivo «tardoromantico» riferito all'esperienza di musicisti come
Mahler, Strauss ed altri autori della generazione immediatamente seguente,
come Schönberg, Zemlisky, Schreker, Reger. Nessuno, ovviamente,
potrebbe negare l'importanza, per la loro formazione, di Wagner, Brahms o
di altri aspetti dell'Ottocento romantico, e l'esistenza di elementi di
continuità storica con esso
1
.
Verso la fine del secolo scorso in Francia, nei paesi di lingua tedesca
e nelle opere di alcuni artisti russi emergono vari elementi riconducibili
all'influsso dell'eredità wagneriana.
1
Cfr AA. VV. Storia della musica, Torino, Einaudi, 1995
L'idea wagneriana dell'opera d'arte totale ha esercitato una rico-
noscibile suggestione sia sulla cultura simbolista che - in seguito - sulle
ricerche sinestetiche di Kandinskij, Skrjabin, Schönberg, conoscendo,
ovviamente, di volta in volta, profondi mutamenti.
La grande opera del romanticismo in campo musicale è la dissolu-
zione degli schemi formali classici e la sostituzione ad essi di una forma
che non conosce schemi preconcetti, ma si plasma direttamente sull'in-
tuizione della fantasia e non si prolunga neanche per una battuta in più
della reale ispirazione. Un'opera simile, naturalmente, trova le sue pre-
messe in un radicale mutamento della poetica a cui obbediscono i musi-
cisti, e va congiunta con una complessa rivoluzione del linguaggio musi-
cale. Questa trasformazione agì prima sul contenuto poi sulla forma del-
l'arte
2
.
Come conseguenza della maturazione rivoluzionaria dell'illuminismo
settecentesco si ebbe il protoromanticismo, strettamente connesso allo
Sturm und Drang: fondato sull'ideologia psicologico-politica dell'artista
come titano in lotta contro la società, apostolo di libertà, fu in sostanza il
romanticismo di Beethoven, di Schiller e del giovane Goethe, vi-
gorosamente ottimistico, positivo, eroico. Il protoromanticismo agì sul-
l'arte, quindi, essenzialmente come bisogno crescente di libertà, intensi-
ficazione dei mezzi espressivi, arricchimento dinamico e, tuttavia, non
ruppe sostanzialmente quello stato di equilibrio che la musica si era venuta
creando da Bach a Mozart: fu piuttosto un potenziamento e un co-
ronamento, che un rovesciamento di quelle concezioni
3
.
2
Cfr CASINI C., Le grandi epoche della musica: dal Barocco al '900 , Novara, DEA, 1993.
3
Cfr AA. VV., Storia della musica, op. cit.
L'armonia era il campo in cui si sentiva più forte il bisogno di libertà.
Artisti che nell'Ottocento conservarono intatta la purezza armonica e il
rispetto delle regole classiche furono odiati con furore dagli innovatori,
come simboli di oscurantismo retrivo
4
.
E tuttavia questa battaglia dell'armonia non fu ancora che un cla-
moroso aspetto esteriore della rivoluzione operata dal romanticismo sulla
musica. Corrispondeva a quella fase del 1830 che è stata definita come
«romanticismo dei soggetti», contrassegnata in Francia dalle grandi
battaglie teatrali per il Cromwell e l'Hernani. Si trattava essenzialmente di
scegliere certi argomenti piuttosto che certi altri, argomenti storici che in
qualche modo riflettessero le aspirazioni dell'epoca alla libertà politica, che
rivelassero all'immaginazione gli aspetti pittoreschi del Medioevo, in luogo
dell'antichità classica di cui si era ormai stufi.
Era, insomma, quel romanticismo temperato che fu proprio dei paesi
latini, e che in musica si manifestò appunto nella brama di indipendenza
armonica e, nell'opera, ancora una volta, nella scelta dei soggetti
5
. Le
novità maggiori erano insomma, nell'effetto esteriore - così come il quadro
storico lo ricercava nel gesto - anziché in valori pittorici. Spettava ai
romantici tedeschi spingere a fondo la rivoluzione musicale.
L'ideale astrattamente costruttivo che un tempo presiedeva alla
creazione musicale viene necessariamente abbandonato, in seguito alla
crescente soggettivazione dell'arte. Anche se mosso inconsapevolmente da
un impulso dell'anima, il compositore del Settecento non si proponeva di
esprimere se stesso, ma di far della musica, secondo leggi determinate ed
4
Fu il caso di Cherubini, artista pur degno di sommo rispetto, autore di musica sacra e strumentale straordinariamente ben
fatta, e nella cui correttezza formale e lessicale non manca un soffio di robusta vita interiore, ma che ebbe il solo torto di
sopravvivere troppo a lungo alla propria età migliore, in una posizione che troppo si prestava a farlo apparire come il tiranno
della vita musicale francese.
5
Così si vide Rossini musicare il Guglielmo Tell, patriottico, medievale, inscenato tra foreste, laghi, montagne.
autonome. La musica era in certo modo, una realtà a sé stante, una meta
che non s'identificava totalmente con la vita interiore del musicista
6
. E'
chiaro che lo spezzamento delle forme classiche doveva essere il principale
risultato della crescente penetrazione psicologico-espressiva, risultato che
non fu raggiunto di colpo, ma per conquiste successive, spesso
compromesse e rimesse in discussione dal prestigio che quelle forme
esercitavano.
Fu necessaria una radicale riforma del linguaggio musicale per
renderlo aderente alla mobilità degli stati affettivi e in genere alle instabili
fluttuazioni della vita dello spirito.
Tutti gli elementi dinamici della musica vengono favoriti e potenziati
e la statica simmetria - l'equilibrio delle relazioni tonali nel piano della
sonata classica - viene ricondotta in un fluire incessante di modulazioni. La
battaglia combattuta dal primo romanticismo per un'esteriore libertà
armonica acquista un senso profondo in questa seconda fase, che mira a
fare dell'armonia una fluttuazione ininterrotta degli accordi.
L'uso sempre più libero della dissonanza non risolta né preparata
finirà per condurre al cromatismo wagneriano, approfondito strumento di
penetrazione psicologica, nella cui affannosa continuità modulativa pare
che vada perduto il senso di riposo della tonalità classica
7
.
Se questa disgregazione dell'armonia classica, nel senso di una il-
limitata mobilità di modulazioni e di un'adeguamento della forma all'in-
tuizione, fu la conseguenza più profonda del romanticismo sul linguaggio
musicale - e forse conseguenza tale da produrre, a lungo andare, mali non
minori dei benefici addotti in un primo tempo - il perfezionamento del
6
Cfr MILA M., Breve storia della musica, Torino, Einaudi, 1993.
7
Senso di riposo che viene sentito come arbitrario, in quanto pretendeva di porre una conclusione, un taglio netto nella vita
dello spirito che non conosce soste né interruzioni.
gusto timbrico fu un altro aspetto, indubbiamente più esteriore, ma
sviluppato fino a risultati di enorme importanza, della consapevole volontà
espressiva prodotta dal romanticismo
8
.
Nell'Ottocento, e ancor più ai nostri giorni, l'appropriatezza stru-
mentale diventa oltre che una delle maggiori cure del compositore, uno dei
suoi mezzi espressivi più efficaci.
Sommerso nel cromatismo dell'antica plasticità tonale, molte volte
l'eloquio orchestrale di Wagner si configurerà essenzialmente come una
giustapposizione di macchie di colori strumentali governata, appunto, da
un'accorta combinazione e successione di timbri. Tutta una corrente della
musica romantica, che fa capo a Berlioz e a Liszt e giunge fino a Richard
Strauss, coltiverà con particolare cura questa prevalenza - in un certo senso
materialistica - della forma esterna (orchestra, timbro strumentale) sul
nocciolo melodico, armonico e ritmico del linguaggio musicale.
L'assoluta dedizione dell'arte romantica all'interiorità dell'individuo
produce l'inesauribile versatilità dei suoi aspetti, che vanno da un
romanticismo temperato - semplice effusione di sentimentale tenerezza, di
nostalgie amorose, di ebbrezze contemplative di fronte agli spettacoli
naturali - ad un più intenso e sofferto romanticismo, fatto di chimeriche
aspirazioni ideali, di allucinazione morbosa, di slanci appassionati cui se-
guono le più mortali disperazioni. Un complesso spiritualmente psicolo-
gico, per il quale fu coniata l'espressione di «mal del secolo», prende il
posto dell'animoso e battagliero fervore, ottimistico e moralmente positivo,
che aveva caratterizzato il primo romanticismo
9
.
8
Cfr AA. VV., Storia della musica , op. cit.
9
Cfr NICOLODI F., Orizzonti musicali italo-europei 1860-1980, Roma, Bulzoni, 1990.
A questa umanità tormentata, presa tra l'ebbrezza dei sensi e l'an-
goscia dell'infinito, perduta nell'impossibile aspirazione ad un accordo
cosmico tra il finito dell'io e l'infinito del divino, malata di misteriose
vertigini, di morbido misticismo e d'inquietanti fantasie, la musica con-
tribuì largamente e diede almeno una tra le personalità più rappresentative:
quella dell'infelice Robert Schumann, che si schiera degnamente a fianco
di letterati come Tieck, Wackenroder, Novalis, Schlegel, Hoffmann,
Schleiermacher. E' in queste menti che si forma la tipica concezione ro-
mantica della musica, intesa come espressione, anzi come linguaggio ca-
pace di estrinsecare quel particolare messaggio che è la nozione dell'in-
finito, magica comunione con la natura, mediazione soprannaturale fra
sensi e spirito, fra l'individuo e il tutto.
Quanto vi è di viziato e corrotto nella generale concezione romantica
della vita e dell'arte contribuisce alla formazione di una pericolosa poetica
della musica che, se non vieta ai romantici il conseguimento di splendidi
risultati artistici, prepara la crisi post-wagneriana della musica europea e
spiega la reazione antiromantica tentata dal Novecento.
Come è noto, il romanticismo letterario e artistico fiancheggiò vo-
lentieri il moto politico ottocentesco di crescente affermazione della na-
zionalità, accostandosi all'anima del popolo e studiandone le usanze, ap-
prezzando l'ingenuità dei suoi canti, ricercando in esso una lezione di
sincerità. La musica partecipò largamente a questo indirizzo e specialmente
l'opera vi trovò finalmente una via maestra per riscattarsi dall'incertezza di
argomenti gratuiti e convenzionali ereditati dal Settecento ed accostarsi
alla schiettezza della vita vissuta.