6
valore. La competizione, strettamente inerente al fenomeno sportivo,
consiste nella volontà di superare l’avversario.
Dunque, elaborando una definizione empirica dell’attività sportiva, colta
nella sua dimensione sociale, possiamo definirla: “un’attività ludica che
consiste in esercizi atletici o prove di abilità con attrezzi, mezzi meccanici,
o animali, costituenti la prestazione dedotta nel rapporto di competizione, il
quale è finalizzato al conseguimento dei valori sportivi attraverso la
performance”.
2
Molteplici sono le definizione e le interpretazione dello sport, dal punto di
vista storico, sociologico, filosofico e molti altri ancora. Se passiamo alla
prospettiva giuridica ci accorgiamo di una lacuna, mancando una qualsiasi
definizione di sport. Dal mio punto di vista l’ “emersione” , (come viene
definita da alcuni autori ) dell’ordinamento sportivo a livello di quello
statale e l’intervento del legislatore in materia di sport, sono avvenuti nel
momento più opportuno, ossia quando il grande consenso ed interesse
raccolto dallo sport rendevano incontrollabile tale fenomeno, disciplinato
fino agli inizi degli anni ottanta dal C.O.N.I. e dai suoi organi federali.
Scopo di questa tesi è quello di ripercorrere l’evoluzione guirisprudenziale
del fenomeno sportivo, partendo dall’ipotesi che considera l’attività
sportiva con le sue manifestazioni, gare o tornei di qualsiasi disciplina, in
continua evoluzione sia dal punto di vista della complessità e specificità dei
rapporti lavorativi che vengono coinvolti nel fenomeno, sia per la crescente
popolarità che viene riscontrata soprattutto nelle manifestazioni di carattere
internazionale, sia per i notevoli interessi economici che ruotano intorno a
tutto il “sistema sport”.
2
DI NELLA L., Il fenomeno sportivo nella unitarietà e sistematicità dell’ordinamento
giuridico, in Riv. dir. sport. , 1999, I, 31ss;
7
Nel primo capitolo si cercherà di individuare i momenti fondamentali che
riguardano l’intervento del legislatore in materia sportiva. Nello specifico
verrà spiegata la situazione prima dell’intervento legislativo del 23 marzo
1981, momento in cui il fenomeno sportivo ottiene un’adeguata e tanto
aspettata regolamentazione, e le varie fasi controverse ma propositive che
hanno portato a tale disciplina. Partendo da questa legge fondamentale
verranno esplicate le sue successive modifiche, per poi analizzare la
natura giuridica della prestazione sportiva che , prima della l. n. 91/81,
spesso si era trovata sulla linea di confine tra autonomia e subordinazione.
Nel secondo capitolo s’introdurranno le figure tipiche dell’ordinamento
sportivo, figure che a tutti gli effetti vengono considerate sportivi
professionisti ed artefici di tale fenomeno; verrà pertanto fatta distinzione
tra l’atleta, l’allenatore, il preparatore atletico e di direttore tecnico
sportivo. Per completezza alcuni cenni riguarderanno lo staff medico,
sempre presente nell’ambito di ogni manifestazione sportiva, e in merito si
dirà come esso viene considerato dall’ordinamento sportivo. Sarà inoltre
brevemente introdotta la figura dell’ufficiale di gara, quale arbitro e garante
della veridicità e correttezza dell’evento sportivo.
Inoltre, verranno esplicati i requisiti caratterizzanti i professionisti sportivi,
i quali contrassegnano tali figure distinguendole nettamente dal dilettante,
considerato ovviamente in modo differente dall’ordinamento sportivo.
Dopo alcune considerazioni sullo status professionistico e sulla
qualificazione, nel chiudere il secondo capitolo, per ragioni di completezza
in tema di soggetti dell’ordinamento sportivo, verranno introdotte e
contestualizzate le federazioni, il CONI e le società sportive.
Il terzo capitolo può ritenersi centrale e fondamentale dal punto di vista
giuslavoristico, dato che partendo dall’art.4 della legge in esame, tratta
della disciplina del contratto di lavoro subordinato sportivo e partendo da
8
ciò affronta temi quale :l’assunzione, introducendo la figura del procuratore
sportivo; la forma del contratto; la clausola compromissoria e l’arbitrato; la
cessione del contratto; la tutela sanitaria dello sportivo professionista e la
legge antidoping.
Il quarto capitolo è dedicato alla disciplina comunitaria in materia di
attività sportiva, considerando l’evoluzione dei rapporti tra l’Unione
europea e lo sportivo e la connessione tra sport e libera circolazione dei
lavoratori sportivi (legge Bosman).
Verrà inoltre valutato come lo sport viene considerato nelle politiche
comunitarie e quale ruolo assume. Infine le conclusioni cercheranno di
delineare le prospettive future e quali potranno essere i settore critici futuri
che necessiteranno di un nuovo intervento legislativo. Gli interessi
economici che ruotano attorno al mondo sportivo, rischiano di far perdere
alle varie discipline sportive il loro fascino e il loro scopo. Spesso troppo
cinismo ed egoismo intaccano i sani valori che lo sport dovrebbe
trasmettere a chi lo pratica e a chi lo segue.
9
CAPITOLO I
IL FENOMENO SPORTIVO E LA LEGGE 23 MARZO 1981, N.
91, SUBORDINAZIONE ED AUTONOMIA
SOMMARIO: —1. Disciplina anteriore e genesi della legge 91/81
— 2 .Modificazioni della l.n.91/81;— 3. La natura giuridica della
prestazione dell’atleta : subordinazione ed autonomia.
1. — Disciplina anteriore e genesi della legge 91/81.
Originariamente il fenomeno sportivo era regolato , nell’ordinamento
italiano, dalla l. 16 febbraio 1942, n.426, modificata successivamente dal
r.d.l. 2 agosto 1943, n. 704 e dal d.l.c.p.s. 11 maggio 1947, n.369, e dal
d.p.r. 2 agosto 1974, n.530. Con tale legge il C.O.N.I. ( Comitato Olimpico
Nazionale Italiano ), che aveva iniziato ad operare agli inizi del secolo,
acquisiva la personalità giuridica e di fatto era sottoposto alla vigilanza del
Ministero del turismo e dello spettacolo, il quale poteva annullare le
delibere illegittime , approvare bilanci preventivi e consuntivi, nominare il
presidente, ecc… ( art. 12 d.p.r. n. 530). La legge n.426/42 determinava
inoltre i compiti del C.O.N.I.: organizzare e potenziare lo sport nazionale,
conservare, controllare ed incrementare il patrimonio sportivo nazionale,
coordinare e disciplinare l’attività sportiva, sorvegliare le organizzazioni
sportive approvandone statuti e regolamenti direttamente e per mezzo delle
federazioni ( art. 3). Le federazioni, definite dall’art. 5 organi del
C.O.N.I., potevano stabilire con regolamenti interni, approvati dal
presidente del C.O.N.I., le norme tecniche ed amministrative per il loro
funzionamento e le norme sportive per l’esercizio dello sport controllato.
10
L’ordinamento statale si limitava, in questo modo, a costituire un ente per
l’incentivazione e lo sviluppo dell’attività sportiva, determinandone i
compiti. Intorno agli anni cinquanta, alcuni autori già riscontravano
nell’ordinamento sportivo, gli elementi costitutivi dell’ordinamento
giuridico: la plurisoggettività ( atleti, associazioni, enti e persone fisiche ),
l’organizzazione ( si pensi agli apparati, internazionali e nazionali, addetti
alla cura dello sport) e la normazione ( intendendosi tale il sistema di
norme ordinato in principi generali )
3
.
Durante l’evoluzione giuridica dello sport italiano, caratterizzata da
interventi normativi distanti circa trent’anni l’uno dall’altro, si è cercato
di trovare il giusto equilibrio che garantisse coerenza tra ordinamento
statale, ordinamento sportivo e principi comunitari. Fino agli anni ottanta il
rapporto tra professionista e associazione sportiva era regolato da
strumenti tecnico-giuridici provenienti dal diritto privato. Ciò
sottolineava “l’indifferenza dell’ordinamento statuale verso le esigenze
proprie del mondo dello sport ”
4
. Tali rapporti erano disciplinati dagli
Statuti e dai Regolamenti delle Federazioni Sportive riconosciute dal
C.O.N.I. ( Comitato Olimpico Nazionale Italiano ) che rappresentava e
rappresenta tuttora l’ordinamento sportivo nazionale con la finalità di
regolamentare e organizzare lo sport servendosi delle Federazioni
Nazionali e delle associazioni sportive, alle quali i professionisti sportivi
risultavano iscritti attraverso il tesseramento che riconosceva il rapporto
tra l’associazione e l’atleta. Più precisamente si trattava di un’affiliazione
federale comparabile sul piano giuridico ad un’autorizzazione
3
FRATTAROLO V., Lo sport nella giurisprudenza,in Raccolta sistematica di giurisprudenza
commentata, CEDAM, PADOVA, 1979, 3ss;
4
In tal senso VIDIRI G. , Il lavoro sportivo tra codice civile e norma speciale, in Riv. it. dir.
lav., 2002, 41ss;
11
amministrativa. Con il tesseramento l’atleta entrava a far parte della
comunità sportiva, acquisendo lo status professionistico. L’associazione
sportiva veniva così a creare un vincolo nei confronti dell’atleta
professionista
5
.
Tale vincolo, abolito in seguito per effetto dell’art.16 della legge 23 marzo
1981, n.91, nasceva con il tesseramento e conferiva all’associazione
sportiva il diritto di disporre in modo esclusivo delle prestazioni
agonistiche dell’atleta e di decidere, senza il suo preventivo consenso, il
trasferimento dello stesso a favore di un’altra società. In questo modo
l’atleta rinunciava alla libera scelta e ai vantaggi “ legati alla progressione
della propria carriera ”. Per questi motivi, il vincolo sportivo poteva essere
equiparato al patto di non concorrenza ( art. 2125 c.c. ). Inoltre, questo,
vietava allo sportivo professionista la possibilità di recedere dal contratto
( argomento che sarà approfondito nel terzo capitolo). Fino al maggio del
2000 tale vincolo rimase valido per lo sport dilettantistico. Infatti, il
Consiglio Federale del 14 maggio 2002 ratificava un'intesa che segnava un
vero e proprio punto di svolta per il calcio dilettantistico: dopo quasi due
anni di duro lavoro, era stato finalmente approvato il progetto che
prevedeva l'abolizione graduale del vincolo e la tutela degli accordi
economici per i calciatori non professionisti. Questo valeva non solo per i
calciatori delle società del Campionato Nazionale Dilettanti fino alla Terza
categoria, ma anche per quelli tesserati per le squadre della Divisione
Calcio a 5 e le calciatrici della Divisione Calcio Femminile.
La rilevanza crescente acquisita sul piano socio-economico dall’attività
sportiva agonistica, tra gli anni settanta e ottanta, determinò un
interessamento da parte del legislatore statale a materie che fino a quel
5
Così SANINO M. , Diritto sportivo, PADOVA, 2002, 1ss
12
momento erano state di competenza esclusiva dell’ordinamento sportivo. Si
venne così a determinare “un’ emersione” dell’ordinamento sportivo ai
livelli di quello statale
6
. “La legge 23 marzo 1981, n. 91 (“Norme in
materia di rapporti tra società e sportivi professionisti”), costituisce
adempimento di un’obbligazione naturale, dato che, la disposizione
contenuta nell’art. 2 del d.l. 367/78 prevedeva l’emanazione entro un anno
dalla sua entrata in vigore, di una legge di disciplina organica che, nel
rispetto dell’ autonomia dell’ordinamento sportivo, tutelasse gli interessi
economici e professionali degli atleti”. Il d.l. 17 luglio 1978, n. 367,
nasceva da una sollecitazione esercitata dalla F.I.G.C. e dal CONI nei
confronti del Governo, al fine di rispondere al decreto del Pretore di Milano
(Decreto Castigliola ), il quale rischiava di compromettere il mercato
estivo dei calciatori e l’inizio del campionato, visto che vietava alle
società calcistiche della Lega Nazionale Professionisti di iniziare o
proseguire trattative e di stipulare contratti che riguardassero il
trasferimento dei calciatori. L’intervento della Federcalcio e della Lega
Nazionale Professionisti impedirono gli effetti di questo “dissennato”
decreto, facendo pressione sul Governo affinché disciplinasse in modo
organico i rapporti tra atleti iscritti alle Federazioni ed enti sportivi. Il
Decreto Castigliola, valutava il rapporto tra calciatori professionisti e
società, nell’ambito del lavoro subordinato. Questa considerazione derivava
dal fatto che in tale rapporto si evidenziavano i caratteri dell’onerosità
della prestazione, della subordinazione e dell’estraneità ai rischi
dell’impresa. Tuttavia, l’atipicità del rapporto di lavoro sportivo non
permetteva che ad esso fossero applicati i consueti istituti di diritto del
lavoro ( ad es. la legge che impone l’assunzione di una certa percentuale di
6
LANDOLFI S. , La l. n. 91/1981 e l’emersione dell’ ordinamento sportivo, in Riv. dir. lav. ,
1986, 36;
13
operai ed invalidi ). Questa fu l’ipotesi di partenza da cui partì l’iniziativa
del Pretore Castigliola. Infatti, considerando i calciatori lavoratori
subordinati, riteneva che anche per loro dovessero valere le norme sul
collocamento ( l. 29 aprile 1949, n.264, D.P.R. 5 giugno 1950 ). Era
evidente, però, che mancando gli uffici autorizzati demandati al
collocamento nel settore sportivo, il reato insinuato dal Pretore di
Milano non sussisteva. Questo decreto, impedendo di fatto l’inizio del
campionato, avrebbe potuto avere notevoli ripercussioni sul piano politico
e, presumibilmente, dell’ordine pubblico. Il tempestivo intervento del
Governo, culminato col d. l. 17 luglio 1978, n. 367, stabilì che i rapporti
tra atleti e società, in quanto ritenuti speciali ed autonomi, rimanessero di
competenza degli statuti e regolamenti delle Federazioni riconosciute dal
C.O.N.I. e determinò che a questi rapporti non fossero applicabili le
disposizioni sul collocamento, tralasciando di chiarire la questione relativa
al vincolo sportivo, che continuava a considerare a tempo indeterminato il
legame tra atleta e società sportiva, limitando la libertà contrattuale e quella
di recesso, di cui ogni atleta ha il diritto di godere
7
.
L’esigenza era quella di garantire “ordine e certezza, indispensabili per il
regolare esercizio di ogni attività agonistica”, anche perché il settore
calcistico si stava sviluppando sempre più velocemente sia sul piano
sociale, sia su quello economico. L’obiettivo diventava quello di assicurare
una reale tutela degli interessi degli atleti, evitando in tal modo la
possibilità del proliferare di “forme di sfruttamento e di prevaricazione da
parte delle società a scapito di questi ultimi”
8
. L’atipicità del fenomeno
7
ROTUNDI F. , La legge 23 marzo 1981, n.91 ed il professionista sportivo: genesi, effetti e
prospettive future, in Riv. dir. sport. , 1990, 312ss ;
8
CUCCINIELLO B. , considerazioni in tema di “contratto di lavoro sportivo professionista”:
prescrizioni di forma e di contenuto nell’art. 4 l. 23 marzo 1981, n.91, in Rass. Dir. civ., 1996,
449;
14
sportivo impediva che esso potesse essere collocato nell’ordinamento
statuale. La legge n. 91 / 1981 segnava “l’intervento dello stato in una
zona tradizionalmente riservata alla competenza dell’ordinamento
sportivo e nell’inserzione di questo all’interno dell’ordinamento generale”.
Da subito, questa normativa venne qualificata “legge mal fatta per le
soluzioni tecnico-giuridiche adottate”, definite non armoniche e non
omogenee a causa di imprecisioni già riscontrabili durante il dibattito
parlamentare del testo originario. Il disegno di legge (febbraio 1979),
prevedeva l’eliminazione graduale del vincolo sportivo, considerava i
rapporti sportivi disciplinati dall’ordinamento giuridico dello Stato e
riconducibili allo schema della collaborazione coordinata e continuativa,
riconducibile all’alveo del lavoro subordinato, conferendo nuovamente
potere assoluto alle Federazioni e alle società sportive per tutto ciò che
riguardava la regolamentazione dello sportivo professionista
9
.
In seguito all’approvazione di questo disegno legislativo da parte del
Senato, la Camera dei Deputati intervenne per ribaltare l’impostazione di
fondo che prevedeva l’esclusione dell’esistenza di un rapporto di lavoro
subordinato. L’intervento della Camera qualificò il contratto di lavoro
degli sportivi professionisti come subordinato, con caratteristiche
specifiche dovute al tipo di prestazione. Il contenuto della legge 91/1981
riproduce il testo elaborato dalla Camera e determina, in tema di lavoro
sportivo, la competenza dell’ordinamento statuale con rinvio alle normative
federali che di fatto non modificano la sostanza di questa soluzione. La
legge 23 marzo 1981, n.91, risulta suddivisa in quattro capi: il primo
dedicato allo “Sport professionistico”( artt. 1-9 ), il secondo alle “Società
sportive e Federazioni Sportive Nazionali” ( artt. 10-14 ), il terzo alle
9
BIANCI D’URSO, VIDIR G. , La nuova disciplina del lavoro sportivo, in Riv. dir. sport. ,
1982, 4ss;
15
“Disposizioni di carattere tributario” ( art.15), e il quarto alle “Disposizioni
transitorie e finali”(artt. 16-18 ).
La struttura logica di questo schema è coerente con il punto di vista scelto
per la disciplina del fenomeno sportivo, preso in considerazione con
riferimento ai rapporti contrattuali nel cui ambito si svolge l’attività
sportiva professionistica. Tali rapporti sono oggetto, per la prima volta, di
una globale valutazione da parte dell’ordinamento statale; perciò la
disciplina tiene conto anche della normativa precedente l’entrata in vigore
della legge e introduce così delle “disposizioni transitorie” volte a
temperare la sua portata innovativa. Per il futuro, poi, il legislatore scinde
la valutazione del rapporto seguendo una duplice direzione: separa le
norme che riguardano gli sportivi professionisti da quelle che riguardano le
società e le Federazioni sportive, ed unifica in un solo capo le disposizioni,
anche transitorie, in materia tributaria.
Questo provvedimento normativo, vivamente atteso nel mondo dello
sport, risponde agli interrogativi e alle esigenze relative al settore dello
sport professionistico, anche se anziché disciplinare il fenomeno
sportivo in tutti i suoi aspetti e nelle sue varie forme agonistiche,
regolamenta essenzialmente lo sport del calcio date le sue consistenti
problematiche giuridiche che originavano spesso incertezze interpretative,
trascurando le altre discipline di minor seguito
10
.
La legge n.91 configura una transazione tra le forze collettive, formulata
con il “concorso delle categorie interessate, il concorso delle forze
10
VIDIRI G. , La disciplina del lavoro sportivo autonomo e subordinato, Giust.civ., 1993, II,
207;
16
politiche e cioè di tutta la complessa realtà sociale che gira intorno al
mondo dello sport
11
.
A causa dei caratteri di autonomia e specialità del fenomeno, di fronte alla
legge n.91 /1981, si ripropongono “problemi di coordinamento e addirittura
di compatibilità tra gli istituti del diritto sportivo”. Gli aspetti
regolamentati da questa normativa, riguardano la natura giuridica della
prestazione dell’atleta professionista, la disciplina del rapporto che lo lega
alla società sportiva e la normativa applicabile a tale società
12
.
L’art.1 della suddetta legge, determinando la libertà dell’esercizio
dell’attività sportiva in ogni sua forma, applica al mondo sportivo i valori
garantiti dall’art. 2 della Costituzione, il quale “riconosce e garantisce i
diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali
ove si svolge la sua personalità”.
Da questo punto di vista lo sport diventa il mezzo attraverso il quale l’atleta
tutela la propria salute ed esprime la propria personalità. Quest’articolo
pone un limite ad eventuali intromissioni, sia dell’ordinamento sportivo
che di quello generale, che potrebbero eventualmente ostacolare
l’agonismo sportivo. In realtà, il monopolio delle Federazioni in relazione
ai singoli settori sportivi, ridimensiona di fatto la libertà sancita nell’art.1
della l .n. 91/1981, che presenta altri due limiti. Il primo deriva dal fatto
che tale libertà è destinata esclusivamente all’attività qualificata come
sportiva e professionistica secondo la disciplina emanata dal C.O.N.I.. Il
secondo, nasce automaticamente nel momento in cui l’ordinamento
sancisce una libertà, assumendosi l’impegno di promuovere e tutelare
11
MEZZAPESA , in Atti parlamentari - Senato della Repubblica, VIII Legislatura, resoconto
stenografico della 142a seduta, 7511;
12
MACRI C. , Problemi della nuova disciplina dello sport professio-nistico, in Riv. dir. civ.
1981, II, 483;
17
l’attività sportiva, senza poi provvedere alla costruzione di impianti e
strutture che possano favorire tale libertà. Va comunque sottolineato che
l’esercizio dell’attività sportiva “non deve essere necessariamente
esercitata nell’ ambito delle strutture organizzative previste dalla legge …
ben potendo essere svolta come attività ricreativa e, al tempo stesso
formativa, come impiego del tempo libero”
13
. Con l'entrata in vigore della
legge 91, per lo sport professionistico italiano sono cambiate molte cose ;
una sorta di "nuova vita" per gli atleti con il conseguimento di molte
certezze giuridiche. La l. n. 91 non ha fatto altro che ribadire quelle
conquiste che l'Associazione Calciatori prima del 1981 aveva già
provveduto a garantire in tema di "assicurazioni sociali" ( vale a dire la
pensione e la liquidazione al termine della carriera, conquiste
fondamentali datate rispettivamente giugno '73 e gennaio '75 )
14
.
Il contratto di lavoro sportivo è disciplinato (e regolamentato) da questa
legge e dal successivo Accordo Collettivo tra Federazione Italiana Giuoco
Calcio, Lega Nazionale Professionisti, Lega Nazionale di Serie C e
Associazione Italiana Calciatori teso alla predisposizione del contratto-tipo
tra calciatori professionisti e società sportive.
13
PICCARDO E. , Commentario alle legge 23 marzo 1981, n.91, in Nuove leggi civili
commentate, 1982, 561;
14
www.assocalciatori.it;
18
2.— Modificazioni della l.n.91/81e situazione attuale.
La legge n.91 del 1981 si rivelava buona per quanto riguardava gli aspetti
relativi al rapporto di lavoro tra atleti professionisti e società sportive, visto
che poneva limiti all’autonomia dell’ordinamento sportivo “ attraverso la
garanzia, nei confronti ed all’interno di esso, dei diritti dei lavoratori dello
sport”
15
, cui è stata attribuita la possibilità di una libera contrattazione in
seguito all’abolizione del vincolo sportivo. L’atleta diventava così libero
nelle sue scelte di vita e allo stesso tempo vedeva il suo rapporto garantito
sia sotto l’aspetto retributivo che assicurativo. Se, considerando il rapporto
tra atleta e società, l’efficacia di tale normativa si rivelava buona, rimaneva
carente la disciplina relativa agli aspetti societari dei sodalizi sportivi. La
negazione del carattere lucrativo delle società sportive, impediva alle stesse
di sfruttare le possibilità di introiti che offre l’esercizio dell’attività
agonistica a livello professionistico ( maggiormente nel settore calcistico ).
Motivo per cui i bilanci di tali società presentavano spesso considerevoli
perdite
16
. Le modifiche apportate a tale legge con il d.l. 17 maggio 1996, n.
272 e d.l. 20 settembre 1996, n. 486, convertito in legge 18 novembre 1996,
n. 586 ( art. che contiene disposizioni urgenti per le società sportive
professionistiche), “rendono compatibile con le società sportive
professionistiche le finalità di lucro, il che porta ad un più accentuato
accostamento delle disposizioni sulle società sportive a quelle codicistiche
sulle società di capitali con scopi egoistici, con l’effetto tra l’altro di
eliminare i controlli in precedenza operati dalle Federazioni sui singoli atti
gestionali delle società professionistiche, e di sopprimere il potere delle
stesse Federazioni di richiedere la messa in liquidazione delle suddette
15
DURANTI D., L’attività sportiva come prestazione di lavoro, in Riv.it.dir.lav., 1983, I, 700;
16
VIDIRI G., Profili societari ed ordinamentali delle recenti modifiche alla legge 23 marzo
1981 n.91, in Riv.dir.sport., 1997, 3 ss;
19
società, consentendo invece agli ordinamenti sportivi soltanto una mera
verifica della loro gestione amministrativa prima dell’inizio dei
campionati, al fine di evitare che nel corso di questi sopravvengano eventi
capaci di alternarne la regolarità”
17
.Con il recupero delle finalità di lucro
nelle società sportive, viene meno l’elemento caratterizzante sulla quale
veniva modellata in gran parte la relativa disciplina, con una
consequenziale regressione dell’ordinamento sportivo. Il d.l. n. 485/96
nasce quale risposta del legislatore italiano alla sentenza della Corte di
giustizia della comunità europea del 15 dicembre 1995 ( c.d. sentenza
Bosman ). In realtà, risponde all’esigenze delle società di calcio, che da
tempo cercavano di svincolarsi dalla tutela del C.O.N.I.. Questo
provvedimento legislativo ridefinisce lo scopo sociale e i rapporti tra
società da una parte e il C.O.N.I. e le federazioni dall’altra. Prima di tali
modifiche, era impensabile considerare che anche le società sportive
potessero organizzare l’esercizio di un’attività con criteri economici diretti
alla produzione di utili. Infatti, l’art 10, comma 2, della l. 23 marzo 1981,
n.91, stabiliva che l’atto costitutivo delle società sportive “deve prevedere
che gli utili siano interamente reinvestiti nella società per il perseguimento
esclusivo dell’attività sportiva”. Anche l’art.13, comma 2, incideva sulla
natura dello scopo, prevedendo che in fase di liquidazione della società, la
quota spettante a ciascun socio non potesse superare il valore nominale
della relativa partecipazione.
17
VIDIRI G. , Profili sociali ed ordinamentali delle recenti modifiche alla l. 23 marzo 1981,
n.91, in Riv.dir.sport. 1997, 19-20;