2
espressioni figurate, ma soprattutto aventi una spiccata impronta dialettale,
impronta che nel caso dei pescatori ha però resistito – e resiste tuttora – più
a lungo, rispetto agli altri due, all'omologazione alla lingua nazionale, tanto
da aver indotto il Mitzka, autore di un'opera sulle tradizioni popolari dei pe-
scatori, a sostenere che "la lingua dei pescatori corrisponde al dialetto (sot-
tinteso parlato) intorno a un lago o lungo un corso d'acqua"
1
. E' un'afferma-
zione che, per quanto possa apparire esagerata, ha il suo fondo di verità se
si pensa che la più marcata componente dialettale nelle denominazioni di
pesci e di attrezzature per la pesca trova la sua giustificazione nel fatto che, a
differenza delle altre categorie fin qui citate, i pescatori sono tradizionalmen-
te molto meno soggetti ad ondate migratorie, il che ha avuto una parte non
trascurabile nella codificazione del loro gergo su misura dei rispettivi dialetti
regionali e locali. Al di là del fattore dialettale, una peculiarità che merita di
essere messa in risalto in quanto è indicativa della mentalità dei pescatori è la
consuetudine invalsa fra questi operatori di nominare le specie ittiche a se-
conda delle caratteristiche che per loro stessi acquistano rilevanza, come abi-
tudini e ambiente naturale, (rana pescatrice, triglia di fango, triglia di scoglio, gambe-
ro delle rocce
2
) laddove gli zoologi preferiscono il nome latino proprio per evi-
tare le ambiguità dovute alla frequente esistenza di più denominazioni uffi-
ciali per la medesima specie.
1
W. Mitzka, Deutsche Fischervolkskunde, Neumünster 1940, pag. 2, citato da H.-R.Fluck, Fachsprachen, Tü-
bingen, Francke, 1985, p. 69.
2
Si noti che alcune di queste denominazioni altro non sono che la versione italiana di una delle tante va-
rianti dialettali e che non è infrequente il caso di più versioni italiane comunemente accettate, accanto alle
quali coesistono fino a 50 versioni dialettali, alcune delle quali sono entrate a far parte del linguaggio 'uffi-
ciale' con dignità pari alle versioni italiane.
3
Oggi comunque si può constatare come la 'localizzazione' del linguaggio di
questa categoria di operatori economici vada via via sfumandosi sulla scia di
quanto si è verificato negli altri settori produttivi. In primis, la fabbricazione
degli strumenti di lavoro (reti, canne da pesca ecc.) e la lavorazione e distri-
buzione del prodotto non più in proprio, bensì delegate all'industria; la cre-
scente specializzazione, che soprattutto negli ultimi decenni ha portato, an-
che a livello locale, all'adozione di iniziative a sostegno di un settore che ri-
schiava di estinguersi, con l'organizzazione di corsi di formazione aventi il
duplice scopo di attirare nuovi operatori e contenere l'esodo di quelli esi-
stenti verso altri mestieri meno faticosi e almeno altrettanto remunerativi, e
al tempo stesso di sensibilizzarli alle tematiche ambientali, addestrandoli af-
finché siano in grado di conciliare la loro attività di sfruttamento del patri-
monio ittico con le politiche di ripopolamento delle specie marine, fluviali e
lacustri a rischio di estinzione.
In epoca medievale, lo sviluppo di arti e mestieri dà un forte impulso ai lin-
guaggi settoriali. Anche in questo caso – fatta salva la relativa specificità del-
la componente lessicale – si tratta per lo più di linguaggi tramandati oral-
mente e di conseguenza molto vicini alla lingua parlata, ricchi di metafore e
di personalizzazione, quindi ancora ben lontani dai canoni linguistici propri
della microlingua. Accanto alle numerose produzioni di argomento religio-
so, filosofico e letterario, conosce una vera e propria fioritura la produzione,
in lingua volgare e stimolata anche dalla nascita delle prime Università – Bo-
logna e Pisa furono istituite rispettivamente nel 1317 e 1343 – di trattati di
4
filosofia, medicina, chimica, matematica, astronomia, botanica, zoologia. E'
interessante notare come, in generale, la terminologia specialistica del pe-
riodo sia ampiamente caratterizzata da definizioni fantasiose, quasi fossero
ispirate al mondo fiabesco: si tratta delle diffusissime definizioni analogiche
– la cui tradizione si rivelerà così robusta da resistere pervicacemente nel
corso dei secoli – che hanno conservato la loro 'attualità' anche in epoca
moderna rimanendo indenni da sostanziali alterazioni. Lungi dal subire il lo-
goramento dovuto all'usura dei tempo, certe espressioni 'plebee' – in quanto
create e utilizzate da operatori di scolarizzazione medio–bassa (idraulici, sil-
vicoltori, calzolai, falegnami, fabbri, capomastri, carpentieri ecc.) – come pie'
d'oca (bot.), geometra del pino (zool.) prevalgono ancora oggi, sbarrando il pas-
so alle più ricercate chenopodio e fidonia primaria, mentre sono ancora più nu-
merosi i casi in cui le espressioni analogiche si sono rivelate insostituibili, al
punto da entrare prepotentemente nel linguaggio settoriale dove continuano
a mantenere un dominio incontrastato, come dimostrato da definizioni co-
me coda di rondine, gatto a nove code
3
, ranella di piombo, valvola a farfalla e molte al-
tre ancora.
Per la medicina, un primo sforzo di istituzionalizzazione del linguaggio me-
dico in volgare risale all' XI-XII secolo
4
, ma bisognerà attendere fino al '600
prima di incontrare personalità dotate di coscienza e maturità linguistica
3
Espressione qui intesa come arnese da tappezziere
4
Cfr. M. Cortelazzo, Lingue speciali, La dimensione verticale. Padova, Unipress, 1991, pag. 23.
5
per ottenere, grazie all'impegno profuso dal Redi
5
, una semplificazione
della terminologia anatomica che, rivoluzionando la tradizione della termi-
nologia plurima e stratificata, abbandoni l'abitudine di conservare contem-
poraneamente, in ossequio ai rispettivi autori, il termine greco, arabo, latino
e volgare, operando invece una scelta preferibilmente a favore di quest'ul-
timo. Tale semplificazione costituirà in epoca successiva, nel '700 – '800,
l'impianto di base per giungere alla codificazione e stabilizzazione in termi-
nologia istituzionalizzata, e quindi pressoché priva di sinonimi concorrenti,
del lessico medico.
1.2 IL '700 COME SPARTIACQUE TERMINOLOGICO
Nel '600 e '700, mentre comincia a delinearsi nella sua specificità la figura
dello scienziato moderno, si fa sempre più pressante anche l'esigenza di a-
dattare il lessico alle sue necessità mettendogli a disposizione un serbatoio
privilegiato a cui egli possa attingere a seconda dei bisogni via via creati dal-
l'approfondimento delle diverse discipline. Si sviluppa così a cavallo fra i
due secoli anzidetti, sulla scia della tradizione già avviata da Galileo,
Newton e poco dopo da Lavoisier, nonché, in misura minore, per sugge-
stione dovuta all'influenza dei modelli francesi, quel filone letterario - scien-
tifico che ha il merito di associare alla specializzazione lessicale l'a-
dozione di moduli tipici di una sintassi semplificata e razionale: non a torto
5
Cfr. L. Serianni, Saggi di storia linguistica italiana, Napoli, Morano, 1989, pag. 138.
6
si può già parlare di incubazione dei criteri di costituzione delle lingue spe-
ciali.
Dal punto di vista strettamente lessicale, un grande processo ridefinitorio
viene attuato da Linneo
6
, il cui volume Systema Naturae (1737) adotta per la
prima volta quella divisione degli elementi del mondo naturale nei tre grandi
regni (animale, vegetale e minerale) che è valida ancora oggi. Ciascuno dei 3
regni viene a sua volta suddiviso in gruppi e sottogruppi (generi, ordini e
classi) distinti secondo criteri chiari e coerenti e contrassegnati da termini la-
tini e greci i quali garantivano sicuramente – in quanto provenienti da lingue
morte e quindi non passibili di essere impiegati nella lingua parlata. – una
maggiore monoreferenzialità rispetto alle parole d'uso comune che avrebbe-
ro potuto generare ambiguità e distorsioni.
E' invece Galileo ad adottare alcuni moduli sintattici diventati in seguito
molto comuni nelle microlingue, ma certamente innovativi per il suo tempo,
come la nominalizzazione, la costruzione di sintagmi collegati tra loro per
asindeto o costituiti da nome + nomen agentis avente funzione di attributo,
l'associazione di avverbio di modo e aggettivo, come pure è ipotizzabile con
buona approssimazione che la maggiore diffusione dei termini con il
suffisso --metro rispetto ai composti in -scopio osservata proprio a partire
dal '600 – termometro, barometro, igrometro, idrometro, micrometro – sia in parte da
attribuire all'influenza esercitata dalla visione galileiana fondata più sull'in-
terpretazione quantitativa che qualitativa delle cose che, rivalutando il con-
6
Cfr. M. Gotti, I linguaggi specialistici, Firenze, La Nuova Italia,1991, pag. 23 e sgg.
7
cetto di "misura", lo considera più 'scientifico' rispetto al generico e più sog-
gettivo "vedere" suggerito dal suffisso –scopio.
7
Ed è sempre Galileo, da scienziato di grande levatura quale era e quindi sen-
sibile al problema delle insidie che si nascondono nel linguaggio, a sottoline-
are come nell'imposizione del nome sia sempre in agguato il rischio di
commettere un errore scientifico: non a caso, pur accettando il termine nebu-
lose che deriva dalla tradizione, egli si premura di precisare che trattasi di
"drappelli di stelle"
8
, ammettendo implicitamente le sue perplessità sull'uso
di termini 'convenzionali', che in alcuni casi specifici possono generare equi-
voci o distorsioni. Per contro, ciò che importava a Galileo era l'assoluta cer-
tezza che il termine da lui impiegato, per quanto 'convenzionale' esso fosse,
suggerisse ai suoi interlocutori proprio il concetto che intendeva lui, in altre
parole fosse univoco:
Quando a V.S. non piacesse il vocabolo di composta, chiamiamola incom-
posta o impastata o confusa, o in qualunque modo più aggrada a V.S, solo
accordandoci in questo, che quando poi avremo tre grandezze dello
stesso genere ed io nominerò la proporzione incomposta o impastata o con-
fusa vorrò intendere la proporzione che anno l'estreme di quelle gran-
dezze e non altro […]. Ora intesa e stabilita la difinizione della propor-
zione composta in questo modo (la quale non consiste in altro fuori
che nell'accordarsi che sorta di roba noi intendiamo sotto quel nome)
[…].
9
7
Cfr. M. L. Altieri Biagi, "Aspetti e tendenze dei linguaggi della scienza oggi", in AA. VV. Italiano d'oggi.
Lingua non letteraria e lingue speciali, Trieste, Lint, 1974, pag. 78.
8
Cfr. Galileo Galilei, Opere, Firenze, Edizione Nazionale,1929-1939, citato da M. L. Altieri Biagi, op. cit.
pag. 98.
9
Galileo Galilei, Opere, Firenze, Edizione Nazionale, 1929-1939, citato da M. L. Altieri. Biagi, op. cit.
pag. 110.
8
Mancando, all'epoca, organi internazionali incaricati di fissare e omoge-
neizzare la terminologia tecnico - scientifica da ufficializzare e da omologare
con la pubblicazione di vocabolari tecnici plurilingue, l'imposizione del no-
me era appannaggio del singolo scienziato il che dava luogo, in particolare
in fisica, a distorsioni e ridefinizioni tali da ribaltare completamente alcuni
concetti: da Aristotele a Galileo, da Galileo ad Einstein, che ha esteso la re-
latività galileiana riguardante la meccanica a tutti i fenomeni fisici, la comu-
nicazione scientifica ha subito dei veri e propri rivolgimenti, persino su con-
cetti che sembravano definitivamente cristallizzati.
Ma a posare la pietra miliare nell'ambito della sistematizzazione nel campo
del linguaggio specialistico, svolta che ha fornito vere e proprie regole di
formazione terminologica, superando l'anarchia nell'assegnazione dei suffissi
(prevalentemente di origine greca) impiegati nella formazione dei neologi-
smi, è il chimico francese Lavoisier. Nella sua prefazione al Méthode de nomen-
clature chimique (1737)
10
egli infatti sostiene la necessità che il termine evochi
immediatamente l'idea che esprime, sulla scorta di quella concatenazione fra
fatti che costituiscono la scienza, le idee che a tali fatti si ricollegano e le pa-
role che queste idee esprimono. Fra queste 3 entità costitutive di ogni scien-
za e indissolubilmente legate tra loro, la nomenclatura avrebbe il compito di
esprimere specularmente fatti e idee nella loro esattezza, senza lasciare al-
cun margine a soppressioni e aggiunte. Derivando da questa fondamentale
osservazione il principio in base al quale il lessico specialistico, a differenza
10
Cfr. M. Gotti, I linguaggi specialistici, op. cit. pag. 22 e sgg.
9
del lessico comune, debba consentire una rapida decodificazione del signifi-
cato di un termine attraverso l'analisi superficiale della forma superficiale di
esso, egli elabora un nuovo sistema di denominazione dei composti chimici
che, fornendo ad ogni suffisso un significato preciso e rendendo funzionale
l'opposizione tra termini simili (nitrico e nitroso, solfito e solfato ecc.), stabili-
sce proprietà comuni per tutti i composti designati con un determinato suf-
fisso. Lavoisier che con la sua opera ha elevato la chimica al rango di scien-
za, ha così il merito di stabilire un quadro teorico e un coerente apparato
terminologico e concettuale 'scientifico', che ha portato alla ridefinizione di
elementi già noti e valido anche per la designazione di elementi nuovi, desti-
nato a prendere il posto delle designazioni basate sull'aspetto esterno o su
altri criteri empirici.
Anche in campo economico è il '700 a segnare una svolta: la vecchia termi-
nologia mercantile viene profondamente rinnovata e ridefinita e vengono
gettate le basi della lingua economica. In particolare si affermano due ten-
denze: il lessico astratto e teorico si evolve nella direzione del francesismo e
dell'europeismo, con la diffusione fra gli economisti di termini come valore o
produzione; per contro, la terminologia riguardante i nomi di merci, di istitu-
zioni, di consuetudini giuridiche rimane più ancorata al regionalismo, come
dimostra la diversificazione in calmiere, meta, assisa o voce per indicare l'impo-
sizione dei prezzi dall'alto, rispettivamente nelle versioni settentrionale,
lombarda e napoletana. Con l'avvio del processo di industrializzazione e la
conseguente separazione tra casa e officina, con la parziale rinuncia a pro-
10
durre 'in casa propria' i ferri del mestiere per affidarne il compito all'indu-
stria, i linguaggi specialistici si moltiplicano e si differenziano sempre più
dalla lingua comune. Di certo, un forte contributo in tal senso scaturisce
dall'ormai accentuata divisione del lavoro, affermandosi il principio che
"non tutti i lavori sono uguali, ma vanno ripartiti e differenziati a se-
conda delle inclinazioni naturali dell'individuo". Lo sviluppo di microlingue
'nazionali' caratterizzate da una sempre più accentuata specializzazione e con
connotazioni stilistiche e caratteristiche lessicali ben precise è oramai un da-
to di fatto, alimentate dal progresso e dalla nascita di discipline nuove.
1.3 DALL' '800 AI GIORNI NOSTRI
L''800 aggiunge alle microlingue alcuni elementi ulteriori e ne irrobustisce
altri: con un procedimento inverso rispetto ai due secoli precedenti, prolife-
rano le definizioni eponime quasi a voler sottolineare la paternità delle nuo-
ve 'leggi', formule, scoperte scientifiche. Questa tendenza non deve sorpren-
dere, dato che l'800 è il secolo dei grandi nazionalismi, ragione per cui l'or-
goglio nazionale andava esaltato piantando la bandiera nazionale persino sul-
le malattie: così se la paternità della sifilide veniva volentieri disconosciuta
nel '500 e nel '600, al punto che gli Italiani la definivano mal francese, i Fran-
cesi mal napoletano e i Turchi mal cristiano e se al posto di epilessia si predilige-
va la generica definizione male del caduto, ora si preferisce abbandonare tabù,
superstizioni e pregiudizi per dare, invece, risalto al valore scientifico della
11
scoperta e lustro e fama allo scopritore. In medicina, fisica, matematica,
chimica, mineralogia e, in generale, in tutte le discipline dove non è sempre
possibile ricorrere a definizioni semantiche, gli eponimi si moltiplicano in
misura esponenziale: ancora oggi il morbo di Alzheimer, la membrana di Reissner,
l'area di Wernicke sarebbero altrimenti intraducibili – a meno di ricorrere a
locuzioni complesse – mentre moltissimi altri coesistono con una o più de-
finizioni 'tecniche', con dignità pari o addirittura superiore a queste ultime.
E' il caso di sindrome di Conn per "aldosteronismo primario", sindrome di Op-
penheimer per "ipotonia muscolare congenita", sindrome di Down per "mongo-
lismo", valvole del Morgagni per "valvole anali", ganglio spinale del Corti per "gan-
glio spinale della coclea" e via dicendo.
Non mancano inoltre esempi in cui la competizione per aggiudicarsi la pa-
ternità di una scoperta si è conclusa senza vincitori né vinti, con l'adozione
di soluzioni salomoniche che vedono nell'eponimo la compresenza di due o
più 'contendenti', tendenza, questa, di cui la definizione morbo di Calvé-Legg-
Perthes-Waldenstroem ne rappresenta l'esasperazione!
Analogamente, si adottano denominazioni eponime per le unità di misura, la
cui definizione conosce nell''800 un vero e proprio boom: vengono definiti-
vamente codificate l'Ohm, l'Ampère, il Watt, l'Henry, il Jaoule, il Gauss, il Volt e
molte altre, secondo una tradizione che si è protratta fino ai giorni nostri, in
cui si assiste addirittura ad una rivalutazione dei nomi degli scienziati appar-
tenenti al passato.
12
Oggi, ferme restando le peculiarità semantiche, stilistiche e sintattiche dei
singoli settori (o gruppi di settori) microlinguistici e che saranno oggetto di
trattazione nei capitoli successivi, le microlingue – dato il ritmo inarrestabile
del progresso tecnologico – sono destinate ad entrare prepotentemente nella
lingua comune, della quale erodono porzioni sempre maggiori. Complici di
questa 'espropriazione' sono anche l'acculturazione che, fortunatamente, in-
teressa strati sempre più ampi delle popolazioni dei paesi avanzati, e i mezzi
di comunicazione di massa (tra i quali spiccano per l'altissimo potenziale le
reti informatiche), con il loro ruolo di stimolo della curiosità individuale e
collettiva e quindi fonte inesauribile di suggestioni culturali e linguistiche.
Ma non basta: se nell''800 le microlingue hanno potuto contribuire alla stan-
dardizzazione linguistica e se, in Italia, hanno avuto una parte rilevante nel
favorire la spinta in senso unitario, a scapito delle oscillazioni del regionali-
smo, oggi questa 'standardizzazione' ha varcato i confini nazionali per e-
spandersi a livello internazionale. E' proprio questa internazionalizzazione a
'dare il la', oggi, all'evoluzione delle microlingue. Come una forza superiore,
essa le risucchia nel cosmo, le plasma, le trasforma e poi le restituisce, trave-
stite da lingue nazionali, ai comuni mortali. Si pensi alla proliferazione delle
sigle (Hiv, LEM, DIN ecc.) omologate da Enti e Istituzioni internazionali,
all'omologazione internazionale di criteri di fabbricazione, di processi e di
materiali, di standard di qualità e di sicurezza, ora più che mai sollecitata e
perseguita nell'ambito dell'Unione Europea. Vale la pena di sottolineare che
non si tratta di un esercizio puramente linguistico, bensì di un fenomeno
13
che scaturisce da una reale e concreta necessità, divenuta imprescindibile in
un mondo che si avvia verso la globalizzazione.
Si pensi ancora all'enorme diffusione di termini anglosassoni (staff, briefing,
executive, manager …) sovente dovuta a ragioni di intesa sovranazionale, ma
anche alla supremazia esercitata (in questo caso da inglesi e americani) in de-
terminate discipline e campi di ricerca, da cui non può che derivare una sor-
ta di egemonia linguistica.
Per concludere questo breve excursus storico, si può constatare come oggi le
microlingue siano soggette a spinte fra loro contrastanti: da un lato l'evolu-
zione in senso sovranazionale che ne favorisce la standardizzazione nei ri-
spettivi settori, dall'altro la sempre più accentuata settorializzazione che ten-
de a confinarle in nicchie esclusive, alimentando anche un certo snobismo
culturale. A tutto ciò fa da corollario il rapporto costante con la lingua co-
mune che, mentre si arricchisce di nuovi termini, 'contamina' le lingue spe-
cialistiche comportandone il rischio di imbarbarimento e volgarizzazione.
Quello delle microlingue è pertanto un mondo tutt'altro che perfetto e ordi-
nato come potrebbe sembrare agli occhi del profano, bensì una sorta di ca-
leidoscopio soggetto a trasformazioni rapide e inarrestabili.