2
alle altre religioni
3
; negli anni è così emersa la questione delle conseguenze giuridiche
e pubbliche di questa nuova presenza, un dibattito ancora in corso inerente all’ambito
del diritto di famiglia, alle questioni di genere e parità tra sessi, al ruolo
dell’educazione religiosa nella scuola pubblica
4
.
La questione della presenza musulmana a livello europeo è divenuta perciò sempre
più attuale considerando l’incremento della presenza di cittadini musulmani nei
singoli stati, in primis i figli dei primi immigrati che sono nati in Europa o
quantomeno vi sono cresciuti - le cosiddette seconde generazioni – poi gli stessi
immigrati che hanno acquisito la cittadinanza dopo il decorso del termine legale,
infine gli stessi europei “autoctoni” che hanno abbracciato la fede islamica
5
.
Si è così verificato un avvicinamento tra Europa ed Islam, una rinnovata prossimità
per la quale dall’opposizione “Europa - Islam” si è passati alla situazione de “l’Islam
in Europa”, spingendosi oltre ad un orizzonte in cui si potrebbe già considerare un
“Islam d’Europa”
6
.
È questa del resto la dimensione finora inedita di una prossimità storica legata ai
trascorsi comuni nei quali il mondo europeo cristiano e quello arabo musulmano si
sono confrontati dalle opposte rive del Mediterraneo; un passato i cui dati storici
precisi sono molteplici, che forma una dimensione di opposizione-incontro tra le genti
delle rive mediterranee, fra le quali si frappone una lente particolarmente predisposta
all’ingrandimento dei momenti di scontro ed avara di “fuoco” verso quelli di
relazione pacifica.
Da parte europea soprattutto si è trattato di una visuale per la quale il musulmano
“turco”, o “saraceno”, “moro” o “barbaresco”, coincise con una immagine totalmente
legata alle scorrerie dei pirati maghrebini, legata agli scontri tra l’impero ottomano e
la cristianità vittoriosa agli assalti di Vienna e riunita nella battaglia navale di
Lepanto.
Attualmente tali riferimenti metastorici vengono quindi spesso “rispolverati” ad uso
strumentale nell’ambito delle polemiche sull’immigrazione; anche da questa visuale
si evidenzia l’attualità della questione della presenza musulmana nelle società
3
Vedi, Dassetto, Felice, “Il nuovo islam europeo”, in Ferrari, Silvio, ( a cura di), “L’islam in Europa.
Lo statuto giuridico delle comunità musulmane”, il Mulino, Bologna, 1996, pp. 13-28
4
Vedi, Ferrari, Silvio, “Musulmani in Italia. La condizione giuridica delle comunità islamiche”, il
Mulino, Bologna, 2000
5
Vedi Allievi, Stefano, “I nuovi musulmani. I convertiti all’Islam”, Edizioni Lavoro, Roma, 1999
6
Vedi Ramadan, Tariq, “Essere musulmano europeo”, Oasi editrice, Troina 2002; Allievi, Stefano,
“L’islam in Europa. Una svolta storica”, in “Il Mulino”, n2, 1996
3
europee, che riemerge sotto forma di pregiudizio e come fatto culturale esteso; in
questo senso la “islamofobia” prosegue ancora oggi, legandosi a questioni
internazionali spesso forzatamente riversate nei dibattiti sui musulmani nelle società
europee
7
.
L’Islam e l’Italia: il contesto di riferimento
Grosso modo le dinamiche finora esposte individuano i passi della formazione della
presenza musulmana in Italia, anche se rispetto al contesto migratorio europeo i ritmi
sono stati diversi; in Italia le dinamiche di inserimento e visibilizzazione, che nel
resto d’Europa si sono succedute durante gli ultimi cinquanta sessant’anni, si sono
svolte in un arco di tempo più breve, legandosi alla particolarità del contesto socio-
economico della penisola
8
.
Nel contesto italiano ritorna la questione giuridica del rapporto ufficiale tra lo Stato e
la confessione musulmana, nella tutt’ora non risolta questione dell’Intesa; un dibattito
che in un paese, l’Italia, dove l’elemento cattolico assume un peso incisivo sulla
società, rimanda implicitamente alle pieghe irrisolte del rapporto tra sfera pubblica
aconfessionale ed il religioso come sfera privata.
Emerge poi lo sviluppo di una presenza numerosa, che per quanto non incida
significativamente sulla società italiana
9
, allo stesso tempo rappresenta una realtà
ineludibile con cui confrontarsi, poiché sempre più parte integrata nella realtà sociale,
una presenza che si rintraccia dalle fabbriche alle università ed istituti di ricerca, nelle
scuole e negli asili, fra gli ambulanti e tra i negozi.
A fronte di questa realtà, la conoscenza del “fatto” musulmano è però limitata a poche
nozioni frettolose riferite all’Islam “di carta” del Corano, trascendendo
7
Il termine Islamofobia fu coniato nei primi mesi del 1980, e nel febbraio del 1997 fece la sua prima
apparizione nel rapporto del Runnymede Trust, un’agenzia indipendente britannica impegnata in
ricerche e pubblicazioni in ambito sociale e particolarmente attiva riguardo al razzismo. Il rapporto
analizzava i pregiudizi nei confronti dei musulmani britannici; ad oggi quindi l’islamofobia è divenuta
la categoria che indica gli atteggiamenti pregiudiziali nei confronti degli immigrati musulmani.
Ad oggi tale fobia ha ripreso a legarsi a fenomeni internazionali e questioni legate al terrorismo e ai
conflitti riguardanti le aree arabo- mediorientali; in particolare quest’ultimo periodo vede pesare
fortemente sui musulmani in occidente i recenti avvenimenti seguiti agli atti terroristici contro gli
USA. Vedi EUMC, “Summary Report on Islamophobia in the UE after 11 September 2001”; sull’Italia
“Anti-Islamic reactions in the EU after the terrorist act against the USA – Italy”, EUMC, 2002
8
Più dettagliatamente, vedi il cap. 2 par. I
9
L’incidenza dei musulmani sulla popolazione residente è del 1,2%. Vedi Gritti, Roberto, Allam,
Magdi, “Islam, Italia. Chi sono e cosa pensano I musulmani che vivono tra noi”, Guerini e Associati,
Milano, 2001, p. 22
4
completamente dalla realtà quotidiana dei musulmani; la questione della presenza
musulmana si lega anche ad aspetti negativi, come il pregiudizio e, talvolta,
l’intolleranza verso i musulmani presenti in Italia.
In qualche modo la percezione dell’Islam rimane legata ad una sua collocazione
“esterna” ed aliena alla società italiana; si sviluppa così una sottile dissociazione tra
l’immagine percepita dell’islam italiano e la sua realtà effettiva, nella quale esso sta
trasformando il profilo sociale italiano improntandolo ad una dimensione
multiculturale di cui fino ad oggi non ne ha avuto esperienza, essendo stata l’Italia
fino a pochi decenni fa un paese d’emigrazione
10
.
Il passo compiuto nel corso degli ultimi vent’anni in Italia dai musulmani qui
residenti è molto importante, in quanto essi si sono integrati sia a livello pubblico che
privato attraverso gli sviluppi dei singoli percorsi di vita.
A sua volta i riflessi dell’inserimento musulmano riguardano tutta la società italiana,
indirizzandosi implicitamente anche alla semplice quotidianità dei cittadini con il
confronto con gli elementi esteriori dell’identità religiosa musulmana.
In questo senso la presente ricerca intende approfondire la realtà della presenza
musulmana nella regione Friuli Venezia Giulia.
Come accaduto in Europa e nel resto d’Italia, anche nella regione Friuli Venezia
Giulia si è costituita una realtà musulmana, che negli anni si è strutturata formando
una propria fisionomia con proprie caratteristiche; nel corso di tale processo la
presenza musulmana si è rivolta ad un orizzonte più ampio di stabilità, entrando a far
parte del tessuto sociale delle province della regione con l’inserimento socio-
economico nelle attività lavorative e nella formazione delle famiglie e dei legami
personali.
Tornando ad un espressione precedentemente riportata, non ci si riferisce più a
“l’Islam e il Friuli Venezia Giulia” ma a “l’Islam nel Friuli Venezia Giulia”; così,
come accaduto per l’Italia nel suo complesso, la contrapposizione storica con l’Islam
si è tramutata in una integrazione presente.
In questo senso la spinta allo studio della presenza musulmana nel Friuli Venezia
Giulia nasce dall’esistenza di una realtà finora accettata implicitamente, ma alla quale
si è rivolta poca attenzione; l’opinione pubblica regionale, tramite i media, si rivolge
sporadicamente alla vita musulmana in regione solo in occasioni particolari, come per
10
Pacini, Andrea, “I musulmani in Italia”, relazione tenuta nell’ambito del seminario sull’Islam in
Europa e nel mondo, GRIM, Padova, 29 gennaio 2001
5
le celebrazioni delle feste musulmane, ed allo stesso tempo sono mancati finora studi
approfonditi riguardanti l’argomento della presenza musulmana regionale.
Oggi quindi non si può più distogliere lo sguardo da una realtà maturata e strutturata
all’interno del tessuto sociale e pubblico regionale, ma è ormai necessario rivolgerlo
con più attenzione alla sostanza del panorama musulmano regionale; la presenza
musulmana nella regione ha infatti superato la prospettiva limitata della permanenza
temporanea legata al periodo di studio oppure all’esperienza lavorativa breve, come
verrà successivamente evidenziato, e si è quindi proiettata in un orizzonte aperto in
cui la prospettiva della formazione di nuclei familiari stabili, legati al contesto
regionale, appare sempre più comune.
Oggi l’Islam e la sua pratica non sono più infatti un fenomeno distinto nel contesto
sociale; i musulmani anzi oggi ne fanno parte arricchendolo con la loro specificità
culturale ed avvantaggiandosene al tempo stesso, in una vera e propria integrazione
etnica e culturale.
***
Il presente lavoro si divide quindi in tre parti; nella prima si vuole richiamare il
contesto nazionale e le sue caratteristiche, indirizzandosi anzitutto alla dimensione
storica del rapporto tra la penisola italiana e l’Islam per poi tornare al contesto
presente dello sviluppo dell’Islam nella società italiana.
Nella seconda si analizza inizialmente l’ambito dei trascorsi storici che hanno legato
le vicende della regione all’Islam tramite la “osmosi culturale” della dimensione di
frontiera, e poi successivamente ci si rivolge al presente dell’islam regionale,
tentandone una valutazione statistica nel quadro della presenza straniera, per poi
considerare la realtà sociale musulmana a partire dai centri islamici della Venezia
Giulia e dell’Isontino e dell’area del Friuli e della provincia pordenonese.
La terza parte propone infine l’analisi delle interviste svolte nel corso della ricerca;
qui emergono le considerazioni sugli elementi riconosciuti nell’insieme delle
interviste su cui si è basata la ricerca, con l’esposizione delle generalizzazioni
relative alla presenza musulmana, cercando di riportare la voce dei musulmani che
vivono in regione.
6
Parte Prima
L’Islam in Italia
7
Capitolo Primo.
L’Islam nel passato dell’Italia: la Sicilia, la Puglia e la Calabria e le
incursioni saracene nel Mediterraneo
Oggi l’Islam è presente in Italia. Una affermazione simile, pur nella sua brevità,
esprime l’approdo finale dell’intero processo migratorio che ha riguardato la penisola
italiana a partire dalla fine degli anni ’70; in quegli anni difatti i flussi migratori
europei, avviatosi con la forte richiesta di manodopera nel periodo della ricostruzione
post-bellica del secondo dopoguerra, trovarono sfogo alle chiusure agli ingressi di
molti paesi sviluppando un ciclo migratorio che riguardò oltre che Spagna e Grecia,
anche l’Italia.
Così dai primi anni ottanta ad oggi, quei nuovi flussi hanno formato l’odierna
presenza musulmana in Italia; è una presenza che si è composta progressivamente di
più soggetti che nell’esperienza dell’emigrazione portavano con sé un riferimento
religioso all’Islam, espresso a sua volta in una varietà di forme e di tradizioni etnico-
nazionali che hanno caratterizzato il panorama musulmano italiano.
Rispetto al resto d’Europa, l’Italia prima di allora non aveva avuto contatto diretto
con dei paesi musulmani; essa infatti non conta nel suo passato alcun rapporto
coloniale come quello avuto dalla Francia con l’Algeria, o come avvenuto tra la Gran
Bretagna e i paesi dell’ex-Impero oggi Commonwealth britannico.
L’esperienza italiana quindi non ha avuto dei precedenti prima dell’arrivo dell’Islam
“chiuso nelle valigie degli immigrati”
11
, e a fronte di questa inesperienza ha dovuto
maturare rapidamente delle risposte agli interrogativi posti dallo sviluppo di una
realtà musulmana al proprio interno, mentre questo era già in atto da alcuni anni nel
resto d’Europa.
Quindi a voler fornire la storia dei musulmani presenti in Italia, l’arco di tempo da
considerare è sufficientemente breve.
In realtà è solo una questione di prospettiva: esiste difatti un riferimento storico entro
il quale l’attuale presenza musulmana in Italia trova un legame indiretto, un passato
11
Vedi Stefano Allievi
8
che risale allo stesso periodo dei primi anni in cui l’Islam era stato rivelato per tramite
del profeta Muhammad e in cui dalla penisola arabica partiva la grande espansione
che avrebbe portato l’Islam fino alla Spagna e ad est fino le porte dell’impero
bizantino e nei secoli successivi sino all’assedio di Vienna
12
.
All’inizio della storia dell’Islam ebbe infatti inizio la storia dei musulmani di Sicilia e
con essa quello che oggi è la dimensione storica dell’islam italiano; a partire dal
primo sbarco documentato sull’isola del 652 e fino al 1061, anno in cui prese piede la
riconquista normanna dell’isola, parte della penisola italiana fu Dar al-Islam
13
; la
presenza arabo-musulmana infatti non riguardò unicamente l’isola siciliana, ma si
espanse anche sulla terraferma, dove oltre i numerosi avamposti sparsi su tutta la
penisola nel quadro delle scorrerie di manipoli separati
14
, si erano formati i due
emirati di Bari e Taranto, la prima conquistata nel ‘847 la seconda già nel ‘840.
Queste presenza influenzò la cultura delle terre dove si insediò, lasciando ad oggi
numerosi elementi a testimonianza del suo passaggio; nelle architetture, in iscrizioni
ed epigrafi, negli influssi sulle produzioni letterarie e scientifiche, negli elementi dei
dialetti, nei costumi.
Si tratta di una storia ricca ed importante anche se complessivamente poco
conosciuta; già agli anni della conquista araba della Sicilia molti studiosi e cultori di
scienze coraniche erano conosciuti con l’appellativo di “Siqili”, e con essi anche
alcuni poeti
15
; saranno poi significativi gli influssi che svilupperà la corte Normanna
della Sicilia di Ruggero II e degli Altavilla, basti pensare all’opera del geografo
arabo-magherbino al-Idrisi giunto a Palermo per collaborare ad un’opera geografica
di cui il sovrano si era fatto iniziatore, quella che poi divenne il Kitàb Ruggiàr o nella
12
Nel 711-714 dal nord Africa partì la conquista della Spagna, dove fino al 1492 resistette Granata
contro la “Reconquista”; ad est verso il confinante regno bizantino si compirà la conquista di Bisanzio
nel 1453 con Maometto II (1444-1481), califfo dell’impero ottomano dal 1451 alla sua morte.
L’assedio di Vienna risale al 1683, sotto il sultano Maometto IV che regna dal 1648 al 1687. Vedi
Lapidus, Ira M., “Storia delle società islamiche”, Einaudi ,Torino, 1994; Fage, John d., “Storia
dell’Africa”, SEI, Torino, 1995; Roux, Jean Paul, “Storia dei Turchi. Duemila anni dal Pacifico al
Mediterraneo”, Garzanti, 1988
13
La casa dell’Islam. Termine che indica i luoghi dove l’islam è applicato dalla popolazione
14
Vedi Bono, Salvatore, “Schiavi musulmani nell’Italia moderna. Galeotti, vù cumprà, domestici,
Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999
15
Alcuni tra i molti, il filologo Ibn al-Qattà 1041-1121, il grammaticus siciliano Ibn al-Fahhàm 1030-
1122, il sufi agrigentino al-Karkinti m.983, il grammatico filologo al-Kattani m.1118, vedi Gabrieli,
Francesco, Scerrato, Umberto, “Gli arabi in Italia. Cultura, contatti e tradizioni” Garzanti-Scheiweller,
Italia, 1989, III ed., p. 177; Rizzitano, Umberto, “Storia e cultura nella Sicilia saracena”, S. F.
Flaccovio editore, Palermo, 1975, pp. 169- 195
9
traduzione del titolo arabo per esteso, “Sollazzo per chi si diletta di girare il
mondo”
16
.
L’insieme di questi influssi reciproci tra il mondo musulmano e quello cristiano della
penisola italiana, è a sua volta il segno della dimensione più ampia alla quale si
riferiscono sia la civiltà musulmana che quella cristiana nella penisola italiana; è il
Mediterraneo, come un insieme coerente di vie marittime e terrestri, il mar
Mediterraneo come uno spazio-movimento
17
sul quale si sono snodate ed intrecciate
le propaggini delle numerose civiltà ad esso affacciate nei secoli, un insieme di
ambienti, una molteplicità di paesaggi di montagne, pianure, porti e città.
Dai tanti mari che lo compongono e dalle tante coste che lo cingono, si è impressa
sulla sua superficie il segno dell’unità prima “fisica” geografica e poi umana, nei suoi
destini collettivi e movimenti d’assieme; una storia che narra di imperi, di espansioni,
di commercio
“[…] un’agitazione di superficie, le onde che le maree sollevano sul loro potente
movimento.”
Fernand Braudel, 1946
18
A partire dalla navigazione costiera e dai commerci tra porti vicini, poi con la
rivoluzione nei trasporti e l’aumento dei viaggi in mare aperto nel Cinquecento, con
gli sforzi degli imperi e stati ad impadronirsi del controllo delle rotte perché
l’avversario non possa sfruttarle e controllarle, con i bastimenti di linea del
Seicento
19
, è stato il “luogo” dello sviluppo di più culture; tra chi si affaccia a questo
mare non c’è distanza che già non sia stata superata.
Anche se spesso la storia ricordata è quella degli scontri e delle battaglie, una storia
più feconda, poiché unica a lasciare segni profondi dietro di sé, emerge nel dialogo
implicito che le culture hanno avuto di fronte l’enorme bacino del mar Mediterraneo.
16
Rizzitano, U., op. cit., pp. 267-291 Senza trascurare poi la presenza musulmana nel periodo
Normanno dell’isola con gli Altavilla , di cui ci h dato testimonianza Ibn Giubair, vedi Gabrieli, F.,
Scerrato, U., op. cit., pp. 94-99
17
Braudel, Fernand, “Il Mediterraneo: lo spazio e la storia, gli uomini e la tradizione”, Bompiani,
Milano, 1985, p. 51
18
Braudel, Fernand, “Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II”, Einaudi, Torino, 1986,
nuova ed. , p.XXVII
19
Braudel, F., op. cit., 1985, pp. 31-55
10
Sono quei segni silenziosi che si tramandano nei secoli, come le lingue e le usanze,
nelle forme più evidenti delle architetture e dei palazzi, che formano l’immagine
dell’unità tra le culture dei popoli del Mediterraneo
“[…]la chiusura non è la regola della storia mediterranea.La regola è che la vita del
mare si diffonde lontano dalle sue coste, con larghe ondate compensate da incessanti
ritorni”
Fernand Braudel, 1946
20
L’Italia ha accumulato secoli di storia comune a quelle di molte altre civiltà del
Mediterraneo, e tra queste anche con i popoli e le civiltà sorte nel segni dell’Islam; la
storia che di seguito verrà ricordata rappresenta uno dei momenti più evidenti in cui
l“Islam” e la penisola italiana si sono incontrati, l’apice di una tensione continua che
comunica a tutt’oggi più la prossimità che la distanza, dimostrando prima le affinità
che le diversità; un dialogo costante che ricorre dalle coste del sud Italia sino
all’Adriatico, nelle memorie dell’Islam balcanico storico o nelle gesta degli Uscocchi,
nel mar Tirreno dove assieme a Trieste esiste a Genova un cimitero musulmano, nelle
isole in cui si tramanda la memoria degli incontri-scontri con i “mori” o “saraceni”,
l’equivalente dei “turchi” dell’Adriatico.
In quest’ottica la storia dei musulmani di Sicilia, Bari e Taranto, si ricollega
precisamente all’attuale presenza musulmana in Italia, nonostante le differenze che
corrono tra i musulmani d’allora e quelli arrivati oggi; si tratta in entrambi i casi di
forme storiche differenti che afferiscono alla appartenenza ad un storia comune dei
popoli del Mediterraneo, nelle cui ultime pagine si è visto formare una nuova
presenza musulmana in Italia, tanto da diventare seconda religione praticata nel
territorio.
20
Braudel, F., op. cit., p. 168
11
1.1) La Sicilia e la dominazione araba
L’insediamento arabo in Sicilia durò stabilmente per oltre due secoli; rispetto le altre
conquiste arabe si trattò di una invasione affatto fulminea, tanto che quasi vi fu
impiegato lo stesso tempo occorso all’affermazione su tutta la costa nord dell’Africa,
mentre meno della metà fu sufficiente affinché l’isola venisse perduta
21
.
Fu quindi conquista e perciò storia di conflitto, ma anche esempio di convivenza, i cui
risultati positivi possono essere rintracciati già all’epoca
22
, così come soprattutto nei
numerosi segni architettonici e artistici, che in Sicilia testimoniano a tutt’oggi questa
parte di storia e cultura
23
.
Il primo sbarco documentato sull’isola avvenne nel 652, sotto la guida di Mu’awiya
ibn Hudaig
24
, e per tutto il resto della seconda metà del settimo secolo, nel quadro
dello scontro tra la resistenza bizantina e l’espansione araba in Africa, seguirono
molte altre incursioni non solo verso la Sicilia ma anche verso la Sardegna
25
; dalle
cronache dell’epoca ci giunge ancora la notizia di una spedizione in Sicilia meglio
organizzata nel 740, ma anche questo tentativo non ebbe successo e gli uomini
dovettero ritirarsi a causa dell’esplodere della rivolta berbera nel nord Africa
26
.
21
Vedi Gabrieli, F., Scerrato, U., op. cit., p.35
22
Alcuni positivi riscontri furono l’incremento urbanistico di alcune città, lo sviluppo dei traffici
mercantili, i miglioramenti in campo agricolo, di cui importante segno fu il frazionamento del
latifondo, così come la convivenza tra arabi e autoctoni, che si espresse anche nelle opere di importanti
arabi siciliani che ebbero peso nel panorama culturale e giuridico islamico; tra questi, Ibn al-Qatta (
1041-1121), Ibn al-Fahhàm ( 1030-1122), e Ibn Makki dell’XI secolo. Vedi Rizzitano, U., op. cit., pp.
122, 170-176, 190, 198
23
Per la trattazione del tema dell’arte islamica, come ancora degli influssi positivi della presenza araba
in Sicilia, vedi Gabrieli, F., Scerrato, U., op. cit.
24
Vedi Amari, Michele, “Storia dei musulmani di Sicilia”, Romeo Prampolini Editore, Catania, 1935,
vol. I p. 194; Gabrieli, F., Scerrato, U., ibidem
25
Nell’Amari viene ricordata l’incursione del 669 a Siracusa, in particolare riguardo un documento
coevo di un monaco Benedettino, che scrive di “…sanguinosa strage nel monastero dell’Ordine a
Messina…”, su cui l’autore avanza alcune perplessità riguardo la veridicità della memoria del fatto, in
base all’analisi del teso. Sull’incursione scrive “Le memorie europee dicono concordemente ch’essi
irruppero in Siracusa con molta strage, che i cittadini si rifuggirono nelle montagne e nelle rocche più
munite dell’isola e che il nemico ritornò in Alessandria portando via grandissima preda; tra le altre
cose il bronzo e le immagini che Costante avea tolte in Roma” in Amari, M., ibidem, p. 216
26
“Apparecchiate assai maggiori forze che per l’addietro, e fattene venire anco di Spagna, Ubayd
Allah le affidava ad Habibi e scagliavale un’altra fiata su la Sicilia, con evidente disegno di
conquisto…Sbarcato Habibi del 122 (740) a rafforzatosi com’ei pare in campo…mandava intorno i
cavalli col proprio figliuolo Abd ar-Rahman; il qual ruppe quanti gli veniano allo scontro, e corse
vittorioso in Sicilia, dicono i cronisti musulmani, più largamente che niun altro condottiero.
Apprentatosi sotto le mura di Siracusa, Abd ar-Rahman sconfisse le genti uscite a combatterlo; strinse
d’assedio la città, e spiovvi tanto terrore, che un dì poté cavalcare egli stesso fino una porta, e
percossala con la spada in atto di minaccia, lasciovvi il segno. Calaronsi infine i cittadini a pagare una
taglia. Doma la capitale, Habib volgeasi a soggiogare il rimanente dell’isola; quando fu
12
Fu parecchio tempo dopo invece, che si apprestò il primo vero disegno di conquista
della Sicilia; ciò accadde nell’827 a seguito di un fatto singolarmente analogo
all’occasione di conquista della Spagna Andalusa. Quell’anno un ufficiale della flotta
bizantina di Sicilia, Eufemio, propose agli Aghlabiti di Qairawàn
27
la conquista
dell’isola rimettendosi come tributario del loro governo
28
; l’emiro Ziyadat Allàh
sottopose la proposta al consiglio degli ottimati e ai dottori della legge, che dibatté
animatamente dividendosi tra il timore della rottura della tregua stipulata nell’813 con
i bizantini
29
, e l’acceso interventismo di chi voleva ingaggiare frontalmente Bisanzio,
cui apparteneva l’isola siciliana.
Il fautore di questa seconda ipotesi, Asad ibn al-Furàt
30
, guadagnò il consenso
dell’emiro, e con esso il comando della spedizione.
Venne organizzata una forza di circa diecimila uomini, Arabi, Persiani e Berberi;
raccoltasi in Susa, uno dei porti di Ifrìqiya, salpò a metà giugno dell’827, sbarcando
quindi a Mazara sulla costa sud-occidentale della Sicilia.
La reazione bizantina mancò in rapidità e lo scontro con gli invasori ebbe luogo
soltanto in luglio, lungo il corso del Belice a ovest di Corleone; nonostante la
superiorità numerica delle forze greche accorse, gli uomini guidati da Asad ebbero la
meglio tanto che il Palata condottiero delle forze greco-bizantine riparò addirittura in
Calabria
31
.
premurosamente richiamato in Africa, ove i Berberi s’erano sollevati di nuovo…L’isola dunque fu
salva mercé quella ribellione” Amari, M., op. cit., vol. I pp. 299-300
27
Dinastia a cui il califfo abbaside Harun ar-Rashid ( 786-809) affidò nell’800 in feudo ereditario
l’Ifriqya, territorio corrispondente grossomodo alle attuali Tunisia e Algeria orientale, poi persa nel
910 sotto l’azione dei Fatimidi. Vedi Lapidus, Ira M., “La diffusione delle società islamiche. Secoli X-
XIX”, Einaudi, Torino, 1994
28
La leggenda colora il tradimento di Eufemio di venature romantiche, presumendo tale suo atto sulla
base di una presunta offesa ricevuta da una donna di cui si era innamorato ( Costantino Porfirogenito
riferisce dell’innamoramento di una monaca, poi rapita e quindi della autoproclamazione ad imperatore
dell’Eufemio, che così chiamò in aiuto gli Arabi) come il secolo precedente il conte Giuliano di
Spagna; è ben più probabile però presumere una meno ispirata sete di dominio, sia esso dipendente che
sotto il potere Aghlabita. Gabrieli, F., Scerrato, U., op. cit., p. 36-45 Sulle analoghe vicende di Spagna
e Sicilia e sulla loro critica in sede storica, Rizzitano, U., op. cit., pp.251-252
29
Il patto dell’813 venne stipulato con il patrizio di Sicilia; prevedeva una tregua di dieci anni,
scambio dei prigionieri, garanzia ai mercanti musulmani che potessero andare dall’Africa alla Sicilia e
soggiornarvi, così come valeva l’opposto, verso i Siciliani. Vedi Amari, M., op. cit., vol. I pp. 356-358
30
Asad ibn al-Furat fu una singolare figura; nato nel 759, si iniziò alle scienze teologiche e giuridiche,
apprendendone le arti grazie l’insegnamento di validi maestri, come Malik ibn Anas (m.795),
fondatore della scuola giuridica malikita, di Muhammad ibn al-Hasan (m.805) e di Abd ar-Rahman ibn
al-Qasim (m. 806). Dopo il 798, tornato in Ifryqia, si diede all’insegnamento; fu poi nominato qadi
dall’emiro Ziyadat Allah, che poi, come si è visto, gli affiderà la conduzione della prima vera
invasione della Sicilia, quando Asad aveva circa una settantina d’anni. Vedi, Rizzitano, U., op. cit., pp.
4-15
31
Vedi Amari, M., op. cit., vol. I pp. 396-399
13
Fu questo solo l’inizio della lunga conquista araba della Sicilia; ben sfruttando questa
prima vittoria, Asad condusse le forze Arabe verso Siracusa, sede dello Stratego di
Sicilia, base primaria della flotta siciliana, ma l’assedio non ebbe la stessa fortuna
dello sbarco; lo scontro si protrasse a lungo senza riuscire ad espugnare la città, e nel
corso dell’828 lo stesso Asad morì
32
.
Nonostante la scomparsa del loro primo condottiero, le forze arabe proseguirono
inoltrandosi all’interno dell’isola, dove conquistarono la rocca di Mineo, tentando
anche per la prima volta l’assedio a Castrogiovanni
33
.
Nell’830 sbarcò sull’isola Asbagh ibn Wàkil il Farghalùs, un avventuriero al
comando di una schiera di musulmani di Spagna, unendosi alle forze arabo-berbere
che stavano proseguendo l’avanzata in Sicilia; venuto in soccorso agli uomini
asserragliati nella fortezza di Mineo contro l’assedio dei bizantini, morì vittima di una
epidemia e molti dei suoi uomini, ritrovatisi ormai senza guida, si imbarcarono
facendo ritorno in Spagna
34
.
Il passo decisivo dell’avanzata araba fu la presa di Palermo, conquistata nel settembre
dell’831
35
, dove si formò il centro da cui proseguirono gli altri attacchi verso il resto
dell’isola; in particolare sotto il governo del principe Abu l-Aghlab Obrahìm, che
durò quindici anni dopo i precedenti quattro del fratello Abu Fihr, l’avanzata giunse
al controllo di tutto il Val di Mazara, poi di Messina (842), Modica (845), Ragusa
(849), obbligando gli altri centri cristiani a tributo. Sotto il governo di Abbàs ibn al-
Fadl si riuscì inoltre ad espugnare Castrogiovanni nell’859, il principale caposaldo
della resistenza bizantina. Si susseguirono altri governi e altre conquiste, come la
presa di Noto nell’864 e quella di Malta nell’870, fino all’importante e decisiva
occupazione di Siracusa, espugnata dopo nove mesi di resistenza il 21 maggio 878,
sotto il governo a Palermo di Gia’far ibn Muhammad
36
.
A questa data la Sicilia si trovava ormai per tre quarti sotto governo arabo; importante
risultato, limitato però dagli endemici contrasti in seno agli stessi musulmani tra arabi
e berberi
37
, ed insidiato dalle ultime sacche di resistenza cristiana, concentrate in Val
32
“Quando una moria s’appiccò nell’esercito; della quale, altri si dice di ferite, trapassava il grande
Asad ibn al-Furat, nella state dell’828, ed era sepolto nel campo”, Amari, M., op. cit., vol. I p. 406
33
Cui corrisponde l’attuale Enna
34
Amari, M., op. cit.,vol. I pp. 418-421
35
Amari, M., op. cit.,vol. I pp. 422-425
36
Rizzitano, U., op. cit., pp. 77, 80; Gabrieli, F., Scerrato, U., op. cit., pp. 46-47
37
“Arabi e Berberi dunque: ecco la profonda, insanabile divisione della colonia siciliana. Tra gli uni e
gli altri non era divario di condizione legale. […] In Sicilia le due genti, venute insieme a combattere la
guerra sacra, vantavano uguale diritto ai premi della vittoria. Se non ché di fatto, gli emiri dell’esercito
14
Démone, nella zone circostanti l’Etna e nella zona dei Peloritani, tra Rametta e
Taormina
38
.
Per arrivare all’assoggettamento completo dell’isola si dovette attendere l’alba del X
secolo, grazie il diretto intervento degli Aghlabiti di Qairawàn.
Ibrahìm ibn Ahmad o Ibrahim II, asceso al potere nell’875, inviò il figlio Abdallàh al
governo dell’isola, il quale riprese le ostilità con i bizantini portando gli scontri sin
sulla terraferma della penisola italiana, dove occupò Reggio nel 901
39
.
Nel 902 Ibrahìm II cedette il potere in Africa al figlio Abdallàh, assumendo egli
stesso il governo dell’isola siciliana; in agosto portò a successo la conquista di
Taormina, poderosa rocca di ardua espugnazione, mentre altri corpi arabi riportavano
analoghe vittorie verso altre sacche di resistenza (Rametta, Demona, Aci). Fu in
questo momento che Ibrahìm II sviluppò l’ambizioso piano di proseguire la conquista
per portarla attraverso Roma sino a Bisanzio sede dell’impero d’Oriente; così
nell’estate del 902 sbarcò sulla terraferma devastando la Calabria fino a Cosenza,
sotto le cui mura in ottobre trovò la morte, terminando con sé l’ondata arabo-sicula
che si richiuse definitivamente sull’isola siciliana
40
.
Nel frattempo nel nord Africa, nel 910, la dinastia Aghlabita venne soppiantata da
quella dei Fatimidi
41
; la Sicilia passò quindi nell’orbita dei possedimenti della nuova
dinastia sciita, sotto il primo califfo Fatimida Al-Mahdi. Il controllo dell’isola venne
affidato come sempre a governatori fedeli, che dovettero badare a insurrezioni come
quella del 913-916 di un notabile siciliano, Ibn Qurhurbm che contrario
siciliano nascean di sangue arabico; di sangue arabico o persiano i dottori, gli ottimati, la più parte dei
cavalieri del gùnd […]I berberi poi non si tenean da meno di loro[…] LE inclinazioni economiche
divideano alsì l’una all’altra gente: gli Arabi oziosi, i berberi industri gli uni pastori di vassalli[…] gli
altri agricoltori. Dovevano dunque i primi bramar che si lasciassero le terre ai vinti siciliani; i secondi
che le si dividessero. E bastava sol questa , se fosse mancata ogni altra cagione, a suscitare la guerra
civile” Amari, M., op. cit., pp. 53-60
38
Gabrieli, F., Scerrato, U., op. cit., p. 48
39
“…fè’ salpare il navilio a’ venticinque marzo del 901. Egli con l’esercito andò a porre il campo a
Demona…risaputo d’un grande sforzo di genti che i Bizantini radunavano in Calabria…volò con
l’esercito a Messina…Abd Allah passava immantinente lo stretto. …Abd Allah irruppe senza ostacolo
in città il dieci giugno” vedi Amari, M., op. cit., vol. I pp. 90-91
40
Gabrieli, F., Scerrato, U., op. cit., pp. 53-54
41
La dinastia Fatimide trova origine nella propaganda di alcuni emissari sciiti che giunsero dallo
Yemen verso la fine del nono secolo; ispirati allo scismo, nominatisi dal nome della figlia di Maometto
sposa di Ali, nella loro predicazione trovarono riposta tra i berberi Kutama, da tempo in scontro con i
governi dell’Ifriqiya che volevano assoggettarli, così come tra le stesse popolazioni agricole
dell’Ifriqiya, disponibili a insorgere contro il sistema di tasse imposto dagli Aghlabiti. Vedi D. Fage,
John, “Storia dell’Africa”, Società Editrice Internazionale, Torino, 1998, II ed., p.160
15
all’impostazione eretica della dinastia Fatimida, si fece riconoscere emiro dal califfo
abbaside al-Mùqtadir, tentando invano di sollevare la Sicilia
42
.
Dopo quattro primi governatori, il governo dell’isola fu affidato nel 947-948 ai Banu
Kalb, stirpe araba fedele alla dinastia Fatimide, detta dei Kalbiti
43
.
Il periodo kalbita è descritto come l’età dell’oro dell’Islam siciliano; fu infatti un
periodo in cui assieme all’espansione territoriale vi fu una notevole fioritura di arte e
lettere presso la corte
44
. Fu però anche l’ultima dinastia araba che tenne il controllo
della Sicilia; difatti la successione dei dinasti Kalbiti si sfaldò progressivamente,
nonostante importanti vittorie (Presa di Taormina 963, presa di Rametta e vittoria
navale dello stretto dello stesso anno 965), come anche l’inizio di una vigorosa
offensiva in Calabria,; riconfermati al governo della Sicilia nel 970 dal califfo al-
Mu’izz, videro affermarsi il secondo ramo della dinastia, con Yusuf (990-998).
Questi, colto da paralisi, passò prematuramente il potere ai suoi quattro figli, con i
quali si svolse l’epilogo dell’emirato kalbita; legati sempre ai Fatimidi, non brillarono
per buon governo, dovendo difatti fronteggiare gravi spinte centrifughe. Uno di loro,
Al-Akhlal, si rivolse addirittura al nemico bizantino
45
, causando così il rapido
intervento degli Ziriti succeduti ai Fatimidi nel nord Africa
46
. L’intervento si chiuse
sedata la rivolta, ucciso Al-Akhlal e designato emiro l’ultimo dei quattro fratelli
rimasti in Sicilia, Hasan Samsam, ma fu la fine della dinastia kalbita; nel 1053
l’emiro Hasan venne deposto dai suoi stessi sudditi. Nel mentre, a partire già dal
1038-40 quando i bizantini ripresero una vigorosa controffensiva durata fino al 1050,
l’unità e la resistenza della Sicilia araba si sfaldarono; l’unitario emirato siciliano si
42
Eletto emiro dell’isola, nonostante un’iniziale ritrosia, ebbe il ruolo delicato di condurre il generale
clima di scontento verso la dipendenza alla dinastia Fatimide, precedentemente espresso in più
disordini. Mosse guerra ed ebbe vittorie importanti. Il naufragio di una sua armata presso Gagliano,
causò l’indebolimento della flotta che in uno scontro successivo dovette fronteggiare le forze navali
Fatimide; la cattura di tutte le navi causò uno scontento tale, che presto si prese a malvolere l’emiro.
Deluso, stava per recarsi in spontaneo esilio in Spagna, quando il 14 luglio del 916 venne preso mentre
si imbarcava e tradito con i suoi a Susa, a Al-Mahdi. A lui , i figli e i compagni, vennero mozzate mani
e piedi, e i loro cadaveri vennero sospesi a dei pali . Vedi Amari, M., op. cit., pp. 172-183
43
Primo governatore fu Hasan al-Kalbi
44
Rizzitano, U., op. cit., p.p. 82-83
45
Vedi Amari, Gabrieli, F., Scerrato, U., op. cit., p. 85; Amari, M:, op. cit., pp. 423-437
46
“Quando i Fatimidi se ne erano andati dall’Ifriqiya, nel 973, avevano affidato la carica di viceré del
loro impero occidentale agli Ziridi. Gli Ziridi appartenevano a una famiglia di capi berberi sanhaja
provenienti dai monti Cabili che avevano combattuto per i Fatimidi contro gli attacchi sferrati
all’Ifriqiya dagli Zenata e dagli Ibaditi e che avevano fornito dei soldati per le campagne militari
fatimide nel Maghreb occidentale. Quando fu evidente che i Fatimidi non sarebbero più tornati in
Ifriqiya, gli Ziridi incominciarono a trasformare il loro vicereame in un regno indipendente, anche se
non fu che nel 1048 che essi intrapresero il passo finale e decisivo di eliminare il nome del Califfo
fatimide dalle preghiere comunitarie del venerdì per sostituirlo con quello del Califfo di Baghdad”
vedi D. Fage, J., op. cit., pp. 164-165
16
frazionò in minuscoli principati indipendenti, che la storiografia arabo-andalusa
chiamò i “Re Provinciali”
47
.
Da questa disunione sorsero le cause della successiva conquista normanna dell’isola;
l’occasione alla conquista fu fornita dai furori ciechi per una donna, Maimuna, sorella
di Ibn al-Hawwàs e moglie prima di Ibn al-Maklati e poi del suo vincitore Ibn al-
Thumna
48
, tutti signori locali sorti sulla frammentazione dell’emirato siciliano.
In lite con il secondo marito Ibn al-Thumna, Maimuna si rifugiò dal fratello Ibn al-
Hawwàs scatenando il conflitto tra lui ed il suo secondo marito. Fu Ibn al-Thumna,
signore di Catania e Siracusa e primo marito di Maimuna, che dopo il vano assedio a
Castrogiovanni capeggiata da Ibn al-Hawwas, chiese l’intervento di Ruggero il
normanno, già in possesso di una base a Mileto in Calabria, presumibilmente
sperando di ottenere in seguito un’improbabile dominio dell’isola
49
: così non fu
difatti, e con lo sbarco a Calcara e la resa di Messina ai normanni, iniziò nel 1061 il
declino lungo un trentennio della presenza politica araba in Sicilia.
47
Gabrieli, F., Scerrato, U., op. cit., p. 86
48
Questi erano rispettivamente signori di Castrogiovanni e Girgenta, di Catania; l’ultimo, già signore
di Siracusa, scontratosi con Ibn al-Maklati lo uccise e ne acquisì la signoria su Catania, così come dopo
aver atteso il tempo prescritto di vedovanza, ottenne la mano della di lui mogie Maimuna. Vedi
Gabrieli, F., Scerrato, U:, op. cit., pp. 86-87; Amari, M., op. cit., vol. II pp. 615-617
49
Vedi Amari, M., op. cit., vol. II pp. 613-619