riconosce la tutela del bene culturale nell’ambito del territorio e quindi la
sua funzione economico-sociale); l’operato dell’UNESCO (che con la
convenzione del 1972 ha individuato determinati Beni Culturali
particolarmente meritevoli di tutela e pertanto riconosciuti come
“patrimonio mondiale dell’umanità”); il Documento di Nara
sull’Autenticità stilato in Giappone nel 1994 (nel quale si tentò di fissare
dei principi universali che riconducessero i valori attribuiti al patrimonio
culturale al concetto di identità culturale, intesa come diversità e pluralità
da proteggere in quanto risorsa insostituibile di ricchezza per tutta
l’umanità): sono questi, ed anche molti altri, tutti atti ufficiali che
partono dalla consapevolezza della presenza del bisogno di una valida ed
efficace tutela del patrimonio culturale.
In tal senso è necessario chiedersi cosa effettivamente si intende per
“bene culturale”.
1.2 La definizione di “bene culturale”
E’ opportuno analizzare la definizione ed il concetto stesso di bene
culturale seguendo l’iter che questo ha seguito attraverso gli anni a
seconda delle varie leggi e delle interpretazioni che lo hanno regolato,
fino ad arrivare agli ultimi orientamenti legislativi dei giorni nostri.
Questi sono rappresentati dal “Testo unico delle disposizioni
legislative in materia di Beni Culturali e ambientali, a norma
dell’articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352” e dal Decreto
Legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Il T.U. ha interamente rivisto tutta la disciplina dei Beni Culturali,
provvedendo contemporaneamente ad abrogare le norme finora esistenti
in materia, tra le quali vanno segnalate, come norme basilari, la legge 1
giugno 1939, n. 1089, recante disciplina sui beni di interesse storico-
artistico, e la legge 29 giugno 1939, n 1497, recante quella sulle
"bellezze naturali", modificata dal noto decreto Galasso (decreto legge
27 giugno 1985, n. 312, convertito con modifiche in legge 8 agosto
1985,n 431).
Il primo articolo del T.U. definisce l'oggetto della disciplina ed i valori
costituzionali di riferimento.
La disposizione in esame precisa che i Beni Culturali compongono il
"patrimonio storico e artistico nazionale" e la disciplina di tutela che li
riguarda costituisce attuazione del già citato art. 9 della Costituzione.
L'interpretazione delle disposizioni sulla tutela dei Beni Culturali deve
avvenire quindi in modo da renderla il più coerente possibile con i
principi costituzionali.
Per definire nel modo corretto l'individuazione dell'oggetto della
tutela, gli estensori del testo si sono trovati davanti una precisa
alternativa: accogliere una definizione unitaria di bene culturale oppure
fare riferimento ai singoli beni già previsti dalla legislazione vigente e
quindi formanti oggetto di differenti norme di tutela.
Com'è noto, la prima ipotesi affondava le sue radici in una vasta opera
di elaborazione culturale che ha preso le mosse dai lavori della
cosiddetta "Commissione Franceschini" (istituita con la legge 26 aprile
1964, n. 310) ed è arrivato fino al D.lg. 31 marzo 1998, n. 112.
Nella relazione della suddetta Commissione per la prima volta era
proposta una nozione unitaria di bene culturale che innovava
profondamente rispetto alle tradizionali categorie delle "cose, immobili e
mobili, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o
etnografico", fissate dalla legge 1 giugno 1939, n. 1089, cui la legge 29
giugno 1939, n. 1497 aggiungeva la categoria delle "bellezze naturali".
La "Commissione Franceschini" proponeva invece una definizione
unitaria, per cui il bene culturale era definito quale "testimonianza
materiale avente valore di civiltà". La terminologia nuova doveva
riflettere un modo nuovo di concepire la politica di tutela dei Beni
Culturali. Infatti, la legge del 1939 muoveva da una concezione
dell'intervento pubblico in materia basata essenzialmente sulla finalità di
mera conservazione fisica delle cose di interesse storico o artistico, e
perciò la disciplina faceva perno sull'assoggettamento del bene ad un
rigoroso regime vincolistico.
Il mutamento terminologico avrebbe dovuto comportare un
cambiamento di prospettiva, per cui il regime giuridico si sarebbe
imperniato sul valore culturale che non è rappresentato dall'oggetto
materiale nella sua estrinsecazione fisica, bensì dalla funzione sociale del
bene, visto come fattore di sviluppo intellettuale della collettività e come
elemento storico attorno a cui si definisce l'identità delle collettività
locali.
Di riflesso, sulla nuova concezione dei Beni Culturali si è potuta
facilmente sviluppare una nuova visione dell'intervento pubblico in
materia, consistente nel passaggio da un'attività di tutela statica del bene
ad un intervento diretto a garantire alla collettività una fruizione ampia
ed effettiva del valore culturale custodito nel bene. Ciò comporta che
l'intervento pubblico sui Beni Culturali non dovrebbe esaurirsi
nell'attività di tutela, ma dovrebbe attribuire sempre più rilievo alle
attività dirette a favorire la fruizione collettiva dei Beni Culturali, e cioè
le attività di valorizzazione e di gestione.
A questa nozione unitaria di bene culturale si è recentemente rifatto
anche l'art. 148 del D.lg. 112/1998.
Con la lettera a) del primo comma dell'art. 148 entra nel nostro
ordinamento una definizione completa di "Beni Culturali", dopo che
l'espressione era invalsa nell'uso corrente ed era stata utilizzata (senza
però alcuna definizione connessa) nella normativa a partire dagli atti (l.
5/75 e d.p.r. 805/75) istitutivi del ministero per i Beni Culturali ed
ambientali. La medesima espressione è stata usata dagli anni cinquanta
in numerosi atti internazionali sull'argomento e, più di recente, in
direttive e regolamenti della Comunità europea.
È noto che la dottrina giuridica sui Beni Culturali aveva mostrato i
limiti della impostazione della l. 1089/39, incentrata sulle "cose d'arte",
che, da un lato, esprimeva una visione estetizzante idonea solo per una
parte dei beni in questione; dall'altro rimaneva ancorata al bene materiale
che supporta fisicamente il valore culturale del bene, e mal si adattava
alle molteplice interpretazioni che ritengono le attività culturali parte
della generale categoria dei Beni Culturali.
La nozione tradizionale dell'oggetto di quest'ordinamento quindi,
incentrata come detto sugli oggetti o le cose d'arte o storico artistico,
reputava essenziali le connotazioni della materialità (si trattava di cose
che erano effettivamente tangibili) e della normatività (si trattava di
categorie di cose espressamente nominate dalla legge); questa
concezione muoveva da un'accezione tradizionale di cultura (dal latino
"colere") e di arte dai caratteri esclusivi, classici e ristretti di originaria e
irripetibile creazione intellettuale o artistica dello spinto umano e
individuale.
La definizione data dal citato art. 148, comma 1, lett. a) - sono Beni
Culturali "quelli che compongono il patrimonio storico, artistico,
monumentale, demoetnoantropologico, archeologico, archivistico e
librario e gli altri che costituiscono testimonianza avente valore di civiltà
così individuati in base alla legge" - è estremamente ampia ed unisce
nella stessa formulazione le principali categorie finora individuate di
Beni Culturali con il riferimento agli altri beni che costituiscono
testimonianza avente valore di civiltà, categoria residuale e per
definizione aperta.
Si risente qui l'eco diretta della prima dichiarazione della proposta
della Commissione Franceschini, tuttora assai attuale. Ma con due
differenze di non piccolo peso: la prima, rappresentata dalla
eliminazione dell'aggettivo "materiale" dalla espressione "testimonianza
avente valore materiale di civiltà"; la seconda dall'ultimo inciso del
nuovo testo che parla dei beni "così individuati dalla legge".
L'aver eliminato il riferimento alla "materialità" della testimonianza
avente valore di civiltà dimostra la piena rapportabilità delle attività
culturali alla categoria generale dei Beni Culturali.
1.3 Considerazioni finali
In queste pagine si è tentato di dare una definizione del concetto di
“bene culturale” attraverso un approccio legislativo; ma in realtà, la
definizione di “bene culturale” si offre a innumerevoli sotto-
interpretazioni, legate ad altre sfere di conoscenza che esulano quello già
trattato; queste possono essere rappresentate, per esempio, da un
approccio al concetto da un punto di vista meramente “culturale” (nel
senso lato del termine), giuridico e, non ultimo, quello di tipo economico
e patrimoniale, che sarà oggetto di discussione nei capitoli a seguire.
Comunque, al di là di tutti i campi dello scibile e al di là di tutte le
interpretazioni possibili, una corretta definizione del “bene culturale”
non può prescindere dal riferimento alla sua naturale nozione di base: e
cioè, da quello che è il concetto di “cultura” .
Vi è poi da chiedersi a quali “varietà” e tipologie di cultura lo scorrere
dei tempi ci metterà di fronte; allora forse, anche il concetto e la
definizione di bene culturale dovrà essere rivisto e messo al passo dei
tempi.