INTRODUZIONE
-2-
rispettivamente, anche, caratteristiche del capitale di rischio o di
quello di credito
1
.
1
Già ASCARELLI, in Variet� di titoli di credito e investimento, in Problemi
giuridici, t. 2, Milano, 1959, p. 687 ss, sottolineava come la fenomenologia
della pratica dimostra “i limiti della dicotomia e della tradizionale distinzione
tra azionisti e obbligazionisti” affermando in particolare, che “il diritto
tradizionale contrappone nella società soci e finanziatori; nella società per
azioni azionisti e finanziatori e così azionisti e obbligazionisti; l’ evoluzione
più recente conserva la distinzione, ma da un lato la articola e dall’altro (e
per ciò stesso) la rende logicamente più rigorosa, superando caratteristiche
differenziali non necessariamente connesse con la distinzione stessa” (p.
687); più recentemente cfr. NOTARI, Azioni e strumenti finanziari: confini delle
fattispecie e profili di disciplina, Relazione al Convegno di Firenze “Verso un
nuovo diritto societario: dubbi e attese”, 16 novembre 2002, reperibile sul sito
http//www.notarlex.it/news/notari.pdf., il quale rileva come “già le due
figure tipiche delle azioni e delle obbligazioni consentono una non
disprezzabile elasticità. Tra i due estremi - le azioni ordinari e le obbligazioni
“pure e semplici” - è infatti possibile dar vita ad una serie di varianti, tale da
creare una gamma di tipologie intermedie (quasi) senza soluzione di
continuità”; TOMBARI, Azioni di risparmio e strumenti ibridi �partecipativi”,
Torino, ed. provv. 2000, Passim.; LAMANDINI, Struttura finanziaria e governo
nelle societ� di capitali, Bologna, 2001, Passim.; STAGNO D’ALCONTRES
voce Le obbligazioni, in Enciclopedia del diritto, agg. VI il quale dopo aver
osservato che “da noi le obbligazioni vengono tradizionalmente distinte dalle
azioni sul presupposto che, mentre queste ultime - titoli di partecipazione -
conferiscono la qualità di socio e, con ciò, il diritto di concorrere alla
determinazione delle attività oggetto dell’ impresa sociale, beneficiando dei
vantaggi ad essa riconnessi ed esponendosi al rischio dell’insuccesso, le
obbligazioni non rappresentano quote di partecipazione e attribuiscono ai
possessori (non già la qualità di socio, bensì) un credito, più o meno certo
nell’ammontare e nella misura degli interessi, esposto al solo rischio di
inadempimento/insolvenza della società emittente”, rileva che “tale criterio di
distinzione......sembra però risultare inadatto ad essere applicato ad alcune
varianti dei modelli primigeni che, tanto tra le obbligazioni, quanto tra le
azioni, hanno trovato, anche in Italia, espresso riconoscimento e disciplina
legislativa” riferendosi in particolare alle azioni di risparmio; vedi ancora
FERRO-LUZZI, “L� assetto e la disciplina del risparmio gestito�, in Riv. dir.
comm., 1998, I, p. 197 il quale rileva che “nella classica dicotomia capitale di
rischio e capitale di credito si sono inserite delle forme intermedie che
tendono a costituire una forma pressoché continua di passaggio fra i due
estremi, e che molto difficilmente consentono divisioni rigidamente
dicotomiche”; per osservazioni sostanzialmente analoghe cfr. inoltre PETTITI,
I titoli obbligazionari delle societ� per azioni, Milano, 1964, pp. 85-86; FERRI,
Le societ�, 3 ed., Torino, 1987, p. 523 ss.; CAMPOBASSO, Le obbligazioni, in
Trattato delle societ� per azioni, diretto da Colombo e Portale, 5, Torino, 1988,
pp. 392-393; LIBONATI, Titoli di credito e strumenti finanziari, Milano, 1999,
p. 210. Alle medesime conclusioni giunge anche la letteratura straniera: e
vedi per un quadro generale, relativo alle realtà dei paesi con mercati
finanziari più avanzati, Mc CORMICK-CREAMER, Hybrid corporate securities:
international legal aspects, London, 1987, p. 1 ss.(“There are signs that the
INTRODUZIONE
-3-
La locuzione “strumenti ibridi”- utilizzabile, come vedremo, per
inquadrare in una categoria dogmatica la ricca e variegata
tipologia di titoli con caratteristiche intermedie tra “l’azione” e l’
“obbligazione” - non è nostra, ma è stata importata dalla
letteratura di quegli ordinamenti in cui più ampia è la diffusione
di queste forme di strumenti finanziari (hybrid securities, hybrid
Finanzierungsinstrumente, valeurs mobili�res hybrides)
2
.
international markets for debt and equity are becoming less distinct. It is in
these new areas that hybrid securities are beginning to assume a more
important role”: p. 2), con specifico riferimento con l’esperienza statunitense
v. già HANSEN, Hybrid securities: a study of securities which combine
characteristics of both stocks and bonds, in New York University Law
Quarterly Review, 1935-1936, p. 407 ss., e più di recente, cfr., tra gli altri,
KLEIN-COFFEE JR., Business organization and Finance, 6 ed., Westbury New
York, 1996, p. 225; HAMILTON, The law of corporations, 3. ed., Westbury.
New York, p. 13, nota 2; Nella letteratura tedesca v. da ultimo, K. SCHMIDT,
Gesellschaftsrecht, 3. ed., Klon usw., 1997, p. 786 ss. ; LUTTERMAN, Kapital
und Genu�rechte, Tubingen, 1998, p. 23; con riguardo, infine alla realtà
francese ed inglese, ed a titolo meramente esemplicativo, BONNEAU, La
diversification des valeurs mobili�res: ses implications en droit des soci�t�s, in
Revue trim. Droit comm. Et droit �conom., 1988, p. 598 ss, il quale parla di
«dèclin de la distinction classique» tra «action» e «obligation», GOWER,
Principles of modern company law, 5. ed., London, 1992, p. 357 ; BIRDS-
FERRAN-VILLIERS-BOYLE (Editors), Boyle&Birds� Company law, 3 ed.,
Bristol, 1995, p. 209.
2
E v., innanzitutto, Mc CORMICK-CREAMER, Hybrid Corporate Securities:
International Legal Aspects, cit., ove la precisazione che “a hybrid securities is
so called because it combines some features of a debt security with some
feature of an equity security” (p.2); di hybrid securities parla anche Van RYN,
Securities and Securities Holders, cit., p. 66. Sebbene con significati non
sempre perfettamente coincidenti, l’impiego della locuzione “strumenti ibridi”,
per indicare la realtà oggetto in esame, si ritrova nella letteratura di diversi
paesi: così con riferimento alla realtà statunitense, v., già negli anni trenta,
HANSEN, Hybrid securities: a study of securities which combine
characteristics of both stocks and bonds, cit., p. 407 (“It is in the intermediate
zone between stocks and bonds that the �Hybrid Securities� is found - a
security which represents an attempt to encompass the advantages of both
classifications�), cui adde, più recentemente, HENN-ALEXANDER, Laws of
Corporations, 3. ed., St. Paul., Minn., 1983, p. 409 ss.; HAMILTON, op. cit.,
p. 128 (Corporations may created mixed or �hybrid� securities which have
some of the characteristics of debt and some of equity”); nella letteratura
tedesca la locuzione Finanzierungsinstruments si ritrova ad esempio, in
LUTTERMAN, op. cit., p. 1; THIELE, Das Eigenkapital im handelsrechtlichen
Jahresabschlu�, Dusseldorf, 1998, p. 225 ss.; di “formes hybrides de valeurs
mobili�res” parla BONNEAU, La diversification des valeurs mobili�res: ses
implications en droit des soci�t�s, cit. p. 538.
INTRODUZIONE
-4-
In via preliminare, e per sottolineare la rilevanza di un fenomeno
forse ancora eccessivamente sottovalutato dalla nostra dottrina,
è opportuno rilevare alcuni dati statistici sulla diffusione degli
“strumenti ibridi” nell’esperienza internazionale e
comparatistica. Così con riferimento a paesi come la Germania e
gli Stati Uniti, è stato osservato che: a) circa il 5 % ed il 15 %
rispettivamente delle società di capitali tedesche e delle
corporations americane ammesse al mercato dei capitali si
finanziano attraverso strumenti ibridi (o di quasi capitale); b) tali
strumenti rappresentano circa il 20 %, in Germania ed il 25 %,
negli Stati Uniti, del “capitale proprio” iscritto in bilancio
3
.
Per quanto riguarda l’esperienza italiana, si deve invece
constatare, pur in mancanza di dati statistici sul punto, che
titoli “ibridi” non sono presenti nelle stesse dimensioni
conosciute in mercati di capitali di altri ordinamenti
4
.
3
Per questi dati v. TOMBARI, Azioni di risparmio e strumenti ibridi
�partecipativi”, cit. p. 7, il quale rinvia a HERRMANN, Quasi-Eigenkapital im
Kapitalmarkt- und Unternehmensrecht, cit. p. 28 ss. (e v. p. 32, per alcune
valutazioni comparative delle due realtà).
4
Sul limitato sviluppo del mercato dei prestiti subordinati, v.
MAZZUCCHELLI-SORGE, Subordinati in stallo: regole troppo strette, in Il Sole
24-Ore, 23 gennaio 1999, p. 37; è da ricordare tuttavia, che nell’ottobre 1999
la Banca Commerciale italiana s.p.a. ha proceduto all’emissione di
obbligazioni subordinate di terzo livello per 400 milioni di euro. In ordine alla
scarsa diffusione delle azioni privilegiate senza diritto di voto quotate in borsa
cfr. PIGOLI, Azioni privilegiate ma non dal mercato, in Affari & Finanza,
supplemento alla Repubblica, 2 febbraio 1998, p. 22. Sul calo relativamente
costante della capitalizzazione delle azioni di risparmio a partire dal 1991 v
ASSOGESTIONI (a cura di), Le azioni di risparmio, Roma, 1997, p. 22 ss. E’ da
segnalare, infine, che , stando ai dati del maggio 1999, soltanto una società
(il Banco Desio e della Brianza s.p.a.) ha emesso azioni di risparmio dopo
l’entrata in vigore della nuova disciplina, contenuta nel Testo unico
dell’intermediazione finanziaria del 1998; sull’intenzione, poi venuta meno,
della Parmalat finanziaria s.p.a. di aumentare nell’ agosto 1998 il capitale
mediante emissione di azioni di risparmio cfr. BREALEY-MYERS-SANDRI,
Principi di finanza aziendale, 3 ed. Milano, 1999, p. 372, nota 33.
INTRODUZIONE
-5-
Tuttavia anche nel nostro Paese lungo la linea che mette in
comunicazione le azioni con le obbligazioni è possibile
individuare una molteplicità di fattispecie intermedie.
Per una idea di carattere generalissimo, e rinviando al proseguo
per una analisi accurata dei singoli “tipi” di strumenti “ibridi”
partecipativi, si pensi (in via di prima approssimazione, sul
versante dei titoli azionari) a forme giuridiche come le azioni
privilegiate senza diritto di voto, le quali, se da un lato
attribuiscono al loro titolare la qualità di socio della società
emittente, al pari di ogni azionista, dall’altro sono private (al
pari di ogni creditore sociale) del diritto di voto, ossia del più
importante dei diritti amministrativi spettanti all’azionista, e
dotate di una serie di “quasi-debt benefits”, cioè di una
remunerazione dell’investimento molto vicina a quella spettante
all’obbligazionista come ad esempio il diritto ad un dividendo
fisso e privilegiato
5
.
Partendo, invece dal versante opposto, ossia quello delle
obbligazioni o comunque degli investimenti fondati su rapporti
di natura obbligatoria e non sociale, si ricordino, a titolo
meramente esemplificativo: le obbligazioni partecipanti
6
, le
obbligazioni indicizzate agli indici di borsa, i prestiti subordinati
ed irredimibili
7
, e sopratutto le obbligazioni convertibili in azioni,
5
V. Mc CORMICK-CREAMER, Hybrid Corporate Securities: International Legal
Aspects, cit., p. 11 ss.
6
Su questa particolare forma di obbligazione cfr., per una sintesi
comparatistica, CAMPOBASSO, Gli strumenti di finanziamento: le
obbligazioni, in Il diritto delle societ� per azioni: problemi, esperienza, progetti,
a cura di Abadessa e Rojo, Milano, 1993, p. 257 ss; Van RYN, Securities and
Securities Holders, in Internatinal Encyclopedia of Comparative Law, XII,
Business and Private Organizations, cap. 5.; Mc CORMICK-CREAMER,
Hybrid Corporate Securities: International Legal Aspects, cit. p. 44 ss.
7
E sui fenomeni, diffusi in quasi ogni realtà giuridica ed economica
avanzata, della subordination e dei perpetual debentures v .Mc CORMICK-
CREAMER, op. ult. cit. p. 51 ss.; CAMPOBASSO, Gli strumenti di
INTRODUZIONE
-6-
ritenute frequentemente come la forma intermedia tra “azione” e
“obbligazione” più comune
8
, le quali, se da un lato attribuiscono
tutti i diritti normalmente ricollegati ad un prestito
obbligazionario, dall’altro sono munite “di un diritto di opzione,
esercitabile da parte del possessore, alla conversione del valore
di rimborso dell’obbligazione in valore di acquisto o
sottoscrizione di azioni dell’emittente (procedimento diretto) o di
altre società (procedimento indiretto)”
9
.
Ancora più al confine tra azioni ed obbligazioni si colloca la
nuova disciplina delle azioni di risparmio, così come riformata
dagli artt. 145 ss. del Testo unico delle disposizioni in materia di
finanziamento: le obbligazioni, cit. p. 262 ss. Nella nostra letteratura
sottolinea il carattere di “prestazioni di rischio” dei prestiti subordinati ed
irredimibili, PORTALE, “Prestiti subordinati� e �prestiti irredimibili�, in Banca
borsa tit. cred., 1996, I p. 6 ss..
8
V. LIBONATI, Titoli di credito e strumenti finanziari, cit., p. 228 (“Gli è che
l’obbligazione convertibile ha in se un valore potenziale che la che la
individua e la connota ab origine, come modello bivalente in sequenza,
dapprima obbligazione e poi (a scelta dell’investitore) azione, ma pronto fin
dal primo momento, quando è obbligazione, ad essere azione, in un contesto
di procedure e di discipline prestabilite e già operative”). Si è osservato,
peraltro che l’obbligazione convertibile è solo economicamente e non anche
giuridicamente una figura intermedia tra l’azione e l’obbligazione, poiché
diritti corporativi esistono solo dal momento in cui viene esercitato il diritto
di conversione, mentre prima di tale momento la posizione del titolare è
quella di un mero obbligazionista: così LUTTER, in Kolner Komm. Zum
Aktiengesetz, 2 ed., Bd. 5/1, Koln-Berlin, 1995, par. 221, Rdn. 92, p. 549; in
senso analogo nella nostra letteratura, CAMPOBASSO, Le obbligazioni, cit.,
pp. 446-447, il quale ritiene “inaccettabile l’affermazione risalente e tutt’ora
ripetuta secondo cui le obbligazioni convertibili sarebbero titoli intermedi tra
l’azione e l’obbligazione”, dal momento che “fino all’esercizio del diritto di
conversione l’obbligazionista è un creditore della società, in quanto il diritto
al rimborso della somma erogata ed alla remunerazione periodica convenuta
non si atteggiano diversamente da quelli dell’obbligazionista ordinario”;
considera, invece, superfluo chiedersi se con l’obbligazione convertibile “ci si
trovi davanti a un tertium genus fra obbligazione ed azione” LIBONATI, Titoli
di credito e strumenti finanziari, cit., pp. 228-229, secondo il quale
“probabilmente è un problema di scelta semantica. Il richiamo a un tertium
genus può però apparire, per molti versi, riduttivo, in quanto non esprime la
ricchezza giuridica della costruzione, univoca ma, alternativamente, in due
diverse raffigurazioni”.
9
Così, STAGNO D’ALCONTRES, voce, Le obbligazioni, cit., p. 788.
INTRODUZIONE
-7-
intermediazione finanziaria (D. lgs. n. 58 del 1998). Detta
riforma, modificando radicalmente la disciplina contenuta nella
L. 216/74 - in un ottica di estensione della autonomia
statutaria e di competitività del nostro ordinamento giuridico
per ciò che riguarda l’ampliamento dei canali di finanziamento
della società quotata - ha privato completamente queste azioni
del diritto di voto, demandando interamente all’ autonomia
negoziale, cioè all’ atto costitutivo, di determinare “il contenuto
del privilegio, le condizioni, i limiti e i termini per il suo
esercizio” (art. 145, comma 2).
Mediante tale previsione, il Legislatore del Testo unico - in
contrapposizione a quello del 1974 (artt. 14-16) -sembrerebbe
aver tolto, quantomeno con riguardo al suo contenuto
economico, ogni “tipicità normativa” al titolo “azione di
risparmio”
10
, il quale viene sostanzialmente a configurarsi come
un titolo “tipico” con contenuto “atipico”.
11
Come è stato efficacemente rilevato
12
, tale disciplina aveva
rappresentato la via prescelta dal Legislatore del Testo unico per
consentire alla s.p.a. quotata - anche in un’ottica di
competizione tra ordinamenti giuridici - un ampliamento dei
mezzi di raccolta del capitale attraverso l’emissione di strumenti
“ibridi” partecipativi.
Il cammino verso l’aggiornamento del nostro ordinamento
societario, intrapreso come detto dal Legislatore del T.u.f. nel
1998 per ciò che riguarda le società quotate, è stato portato a
termine con l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri
10
In questi termini PORTALE, op. ult. cit., p. 373., per considerazioni
sostanzialmente analoghe, v. TOMBARI, Azioni di risparmio e strumenti ibridi”
partecipativi”, cit., p. 37 ss.
11
La fortunata espressione è di PORTALE, op. ult. cit., p. 374.
12
TOMBARI, op. ult. cit., p. 9.
INTRODUZIONE
-8-
dei D.lgs. n. 6 e 7 del 2003 emanati in attuazione della Legge
delega n. 366 del 2001 recante “Delega al Governo per la riforma
del diritto societario”.
La riforma, elaborata dalla Commissione Vietti, ha infatti attuato
una “rivoluzione” degli assetti legali della struttura finanziaria
delle società di capitali. “Rivoluzione” che marcia decisamente
sotto la bandiera dell’autonomia privata, la quale diventa il
supremo principio ispiratore di tutta la disciplina societaria.
Per quel che rileva ai fini del presente studio, si deve rilevare sin
d’ora come la riforma sia intervenuta tanto sul fronte delle
azioni come su quello delle obbligazioni, apportando su
entrambi i versanti un significativo ampliamento delle rispettive
fattispecie. Ampliamento che conferisce alle figure in questione
una maggiore “elasticità” ed “agilità”, e di conseguenza la
possibilità di modulare ed articolare le fattispecie in questione
sino al punto di superare i confini “tipologici” delle stesse, ed
entrare nel territorio dei c.d. “ibridi”.
Per altro verso occorre ricordare che la riforma introduce, come
vedremo meglio in seguito, una figura, assai ampia, di strumenti
finanziari partecipativi o non partecipativi, prevista dall’art.
2346, comma 6, cod. civ; norma questa inserita nella nuova
sezione V del libro V del codice civile, rubricata “Delle azioni e
degli altri strumenti finanziari partecipativi” (la quale va a
sostituire la vecchia dedicata soltanto alle “azioni”).
La disciplina dettata dal Legislatore della riforma, avente ad
oggetto la nuova categoria degli strumenti finanziari, è tuttavia
alquanto scarna. Come è stato osservato “tale laconicità è
probabilmente finalizzata a mantenere un ampio spazio di
manovra all’autonomia negoziale delle società emittenti, in linea
INTRODUZIONE
-9-
con quanto accade anche nell’ambito degli stessi strumenti
tipici delle azioni e delle obbligazioni”
13
.
Dunque tale essenzialità della disciplina deve essere vista come
una presa di posizione del Legislatore verso un significativo
allontanamento dallo schema regolatorio di tradizione
continentale caratterizzato da una forte componente di
tipizzazione contrattuale e di anelasticità della fattispecie
tipizzata, a favore di scelte maggiormente ispirate a un modello
di free bargaining
14
.
Tale elasticità della fattispecie rende legittima l’estensione a tali
titoli della felice espressione (già richiamata in precedenza)
utilizzata da Portale per descrivere le azioni di risparmio dopo la
riforma del ’98, che vennero appunto definite come “titoli tipici
dal contenuto atipico”.
13
Così, NOTARI, Azioni e strumenti finanziari: confini delle fattispecie e profili
di disciplina, cit., p. 4.
14
In questo senso cfr. anche LAMANDINI, Struttura finanziaria e governo
nelle societ� di capitali, cit., p. 106.
- 10 -
CAPITOLO I
PROFILI TIPOLOGICI DEGLI STRUMENTI “IBRIDI” NELLA
PRASSI E NELLA LEGISLAZIONE DI ALCUNI ORDINAMENTI
GIURIDICI
SOMMARIO: 1. l� esperienza anglosassone degli �ibridi�: le
preference shares. 2. (Segue) I perpetual debentures. 3.
L�approccio statunitense agli �ibridi�. 4 (Segue) Le preferred
shares negli Stati Uniti. 5. Le azioni rappresentative di patrimoni
separati. Il c. d. �targeted stock�. 6. I certificati di partecipazione
nell�esperienza continentale.
1. L�esperienza anglosassone degli ibridi: Le preference shares.
Nell’ ambito della struttura finanziaria delle corporations inglesi
tipica è la distinzione tra ordinary shares e preference shares
15
.
Le prime, che rientrano nella nostra nozione di azioni ordinarie,
sono forme di finanziamento di capitale (equity), che
attribuiscono come contropartita del conferimento, la pienezza
dei diritti amministrativi e patrimoniali spettanti al socio. Le
seconde (preference shares), che corrispondono seppure in
senso lato alla nostra categoria delle azioni risparmio, sono
15
Per questa distinzione cfr. tra i tanti : FERRAN, Company law and
corporate finance, Oxford, 1999, p. 323 ss. “The standard characteristics of a
share are income in the form of dividends, capital growth and voting rights. A
share with the standard characteristics is know as an ordinary share.
Ordinary shares may also be described as equity .......A preference share is
a share which in respect of dividends and/or capital, enjoys priority, for a
limited amount, over the company’s ordinary shares. The precise extent of
the priority is a matter of construction of the rights attached to the shares” ;
PENNINGTON, Company law, Bristol, 2001, p. 241 ss. ; BIRDS-BOYLE,
Company law, Bristol, 1995, p. 234 ss.
CAP. I - PROFILI TIPOLOGICI DEGLI STRUMENTI IBRIDI
-11-
azioni che con riguardo ai dividendi o al capitale, godono di
privilegi particolari rispetto alle azioni ordinarie della società
16
.
La misura di tale privilegio deve essere tuttavia determinata
nello statuto.
Queste azioni si collocano all’estremo confine del capitale (quasi
debt), e sono espressione di un potere di autoregolamentazione
rimesso ai soci in forme maggiori
17
di quanto non sia invalso nel
nostro ordinamento pur a seguito del t.u.f., che ha si fatto delle
azioni di risparmio dei “titoli tipici a contenuto patrimoniale
atipico”
18
, ma non ha al tempo stesso rimesso agli statuti un
corrispondente potere di graduazione, oltre che dei diritti
amministrativi minori, anche del diritto di voto. Infatti ai sensi
dell’art. 145 del T.U.F. caratteristica indefettibile delle azioni di
risparmio è proprio l’assenza del diritto di voto.
Elemento caratterizzante le preference shares, pur nell’ampia
varietà di forme riscontrabili nella prassi
19
, è quello del privilegio
patrimoniale.
16
Ibidem, p. 323.
17
Stedman e Jones, Shareholders� Agreement, cit. pp. 7 ss. ( ove si trova una
ampia casistica).
18
Portale, prestiti subordinati ed irredimibili, cit. p. 374.
19
La forma più ibrida, quella cioè che sembra segnare l’estremo confine della
fattispecie azionaria nell’ordinamento inglese, appare quella delle c.d.
redeemable shares, le quali “usually have the right to a fixed cumulative
preferential dividend (on the full subscription price including any premium)
equivalent to a commercial rate of interest, but not to any participating rights
in profits or surplus assets on liquidation beyond arrears of dividend and a
return of capital. The date or dates for redemption of the shares will
commonly equate with the investor usual requirements for the repayment of
a commercial loan”: ibidem, p. 18.