conoscenza rappresenta la materia prima di un circuito che investe complessivamente 
tutti i livelli organizzativi dell’impresa e parte significativa dei soggetti ad essa esterni. 
Mette in evidenza il nuovo ruolo giocato da soggetti prima esclusi dai processi di 
innovazione che diventano ora parte essenziale dell’impresa knowledge-based in qualità 
di interlocutori del management aziendale. In tale contesto, quadri intermedi, personale 
di vendita, operai, responsabili di servizi post-vendita, clienti abituali diventano tutti 
depositari di saperi potenzialmente rilevanti rispetto alle dinamiche di innovazione di 
processo e di prodotto. 
Ma perché occorre gestire la conoscenza? Per evitare di reinventare soluzioni; 
per individuare la soluzione migliore; per non ripetere gli stessi errori commessi in 
passato; per minimizzare le gravi perdite di competenza che si verificano ogniqualvolta 
un dipendente lascia un’organizzazione; per capitalizzare i feedback che 
all’organizzazione pervengono dalle risorse umane al suo interno, dai clienti, dai 
fornitori e in generale da tutti gli interlocutori dell’azienda; per abbattere le barriere 
geografiche. E anche perché il fenomeno della globalizzazione rende il mercato molto 
più dinamico e reattivo. Questa prospettiva richiede alle organizzazioni una continua 
innovazione dei propri prodotti e/o servizi e dei propri processi organizzativi nonché un 
continuo aggiornamento professionale delle proprie risorse umane, al fine di rendere 
compatibile la produzione con i requisiti e con i tempi richiesti dal mercato. 
Ancora, diventare efficienti ed efficaci nella gestione delle conoscenze è fonte di 
economie di costo e di miglioramento delle prestazioni di business, sia a livello di intera 
azienda che di singola unità o gruppo organizzativo: velocità dell’innovazione, 
riduzione del time to market, rapidità nel reperimento delle informazioni, creazione di 
nuove opportunità, sono tutte prestazioni che possono essere enormemente influenzate 
dalla gestione della conoscenza. 
 
Questo lavoro si pone l’intento di analizzare sotto molteplici aspetti il 
Knowledge Management, prendendone in considerazione i presupposti teorici, i valori 
di fondo e le implicazioni manageriali ed organizzative, per arrivare a fornire i benefici 
che può arrecare una sua applicazione pratica, attraverso uno specifico caso di studio. 
Il primo capitolo introduce i primi concetti che stanno alla base della nozione di 
Knowledge Management. Viene quindi passata in rassegna una pluralità di approcci 
 manageriali relativi a questa disciplina che, sebbene nata di recente, è oggetto di 
innumerevoli studi appartenenti a matrici diverse, tra cui quella sociologica, quella 
organizzative e quella tecnologica.  
A tal proposito, questo lavoro cerca, per quanto possibile, di dare una visione 
unitaria ed il più oggettiva possibile riguardo il Knowledge Management, attraverso 
l’integrazione dei principi su cui poggiano le diverse impostazioni. 
Proseguendo con una logica introduttiva, il primo capitolo descrive anche il 
contesto temporale ed ambientale in cui nasce questa disciplina, al fine di farne 
comprendere le ragioni essenziali. Verrà perciò esposta una premessa storica 
all’ambiente in cui nasce e si sviluppa la disciplina del Knowledge Management. A 
partire dall’assetto industriale degli inizi del secolo, quale risultato della rivoluzione 
industriale dell’800, si toccheranno brevemente i passaggi evolutivi più importanti 
avvenuti nel XX secolo, per arrivare a descrivere le tendenze in atto e le caratteristiche 
fondamentali dell’Era della Conoscenza. 
Il secondo capitolo si pone come premessa concettuale ad una successiva analisi 
delle implicazioni manageriali del Knowledge Management. L’opinione sostenuta in 
questo lavoro è che la conoscenza costituisce la risorsa immateriale su cui l’impresa 
basa il suo funzionamento. Essa è anzitutto, usando le parole di Vicari, un sistema 
cognitivo, in quanto è in grado di funzionare sulla base della propria conoscenza; in 
secondo luogo, l’impresa è un sistema cognitivo di tipo autopoietico in quanto è in 
grado di alimentare continuamente la conoscenza di cui è dotato, al pari di ogni sistema 
vivente. E proprio come tale, il sistema cognitivo impresa evolve, si sviluppa. Ciò che 
permette questa crescita è la creatività. Per l’organizzazione, la creatività inoltre non è 
la semplice somma della creatività dei singoli individui e viene stimolata dall’esistenza 
di “perturbazioni”, ovvero di situazioni di disequilibrio che spingono l’impresa a 
liberare tutte le energie che esistono al suo interno. 
Ultimo importante concetto del secondo capitolo è che la creazione di valore – lo 
scopo ultimo dell’impresa – viene intesa come quel processo di creazione, accumulo, 
riproduzione ed incremento della conoscenza. Da ciò ne deriva che creazione di valore e 
creazione di conoscenza sono la stessa cosa. 
Tale principio costituisce il punto di partenza del terzo capitolo, il quale cerca di 
creare un collegamento tra l’impostazione di Vicari ed il modello di creazione della 
 conoscenza ideato dai giapponesi Nonaka e Takeuchi. In sostanza, essi sono riusciti a 
fornire strumenti pratici per una corretta implementazione del Knowledge Management 
e Vicari, dal canto suo, è colui che ne fornisce una valida giustificazione. 
Il terzo capitolo inizia quindi col passare in rassegna gli approcci al concetto di 
conoscenza delle varie teorie economiche, organizzative e manageriali per arrivare a 
giustificare la necessità di una teoria della creazione della conoscenza che consideri tale 
risorsa non un semplice processo di elaborazione scientifica delle informazioni o 
qualcosa che è possibile misurare e catturare in modo oggettivo, bensì l’elemento 
essenziale che, tramite la sua continua creazione, permette all’impresa di agire in modo 
innovativo. 
La seconda parte del terzo capitolo entra dunque nel merito del processo di 
creazione della conoscenza organizzativa, partendo dall’individuazione della natura – 
dimensione epistemologica ed ontologica della conoscenza - e delle caratteristiche della 
conoscenza – conoscenza tacita ed esplicita -, per giungere a definirne i meccanismi di 
conversione – socializzazione, esteriorizzazione, interiorizzazione, combinazione -. 
Quando tali modalità di conversione della conoscenza sono gestite in modo organizzato 
al fine di generare un ciclo continuo, si ha la cosiddetta “spirale della conoscenza 
organizzativa”, di cui vengono spiegati i meccanismi e le condizioni sottostanti. 
E con la spirale della conoscenza si conclude la prima parte di questo lavoro; i 
primi tre capitoli espongono infatti le premesse ed i concetti di base che permettono di 
concepire il Knowledge Management, non come una semplice combinazione di 
Information Technology o una convincente organizzazione sociale. Questo è solo ciò 
che appare in superficie. Il Knowledge Management è qualcosa di più: è legato ai 
processi ed agli obiettivi di un’attività ed al riconoscimento della necessità di 
condividere le informazioni e le conoscenze; è legato inoltre alla cultura dell’impresa 
che deve essere centrata sulla conoscenza e concepita quindi come un sistema cognitivo. 
Il Knowledge Management, insomma, deve essere interpretato come un modo 
totalmente nuovo di fare impresa nell’era della Conoscenza. 
 
Il quarto capitolo, sulla base dei concetti esposti nei precedenti tre capitoli, cerca 
di fornire un quadro generale che definisca quali siano gli obiettivi, i principi, i processi 
e i limiti del Knowledge Management. 
 Per quanto riguarda gli obiettivi, vengono individuati i diversi ambiti aziendali 
in cui le soluzioni di Knowledge Management possono trovare applicazione e vengono 
inoltre descritte le aree funzionali in cui si suddivide l’attività della gestione della 
conoscenza. L’obiettivo principale del Knowledge Management è quello di far 
collaborare insieme su base paritaria la tecnologia con la cultura e i processi aziendali, 
utilizzando la prima come veicolo per gestire per far arrivare le informazioni e le 
competenze dell’intera azienda ai knowledge worker.  
I principi di base della knowledge-based organization possono invece essere 
ricondotti a tre: la fiducia, la learning organization ed il tempo per pensare. La prima 
costituisce il catalizzatore delle relazioni interpersonali e della relazione esistente tra le 
risorse umane e l’organizzazione. In altri termini, non solo all’interno del personale si 
deve creare un clima di collaborazione che faciliti la condivisione di conoscenze, ma 
anche a monte deve essere promossa una motivazione e quindi una fiducia verso gli 
obiettivi, la mission e le prospettive dell’impresa. La learning organization definisce il 
principio sulla base del quale l’impresa basata sulla conoscenza è in grado di apprendere 
sia dall’interno, sia dall’esterno, valorizzando al massimo il capitale umano. Infine, il 
tempo per pensare costituisce per la knowledge-based organization un elemento 
prezioso che deve essere “creato” all’interno della giornata lavorativa. Solo attraverso il 
pensiero e la riflessione è possibile infatti generare conoscenza ed attivare la creatività 
insita in ogni individuo. 
La seconda parte del quarto capitolo è dedicata invece ad una approfondita 
analisi delle fasi più importanti in cui si articola l’attività di Knowledge Management: si 
parte con la mappatura delle basi di conoscenza che individua l’indagine della 
piattaforma di conoscenza di cui dispone un’organizzazione; si prosegue con la fase 
della creazione ed aggiornamento della conoscenza, la quale viene ulteriormente 
suddivisa nelle attività di ampliamento della conoscenza posseduta dai singoli, nella 
condivisione delle conoscenze tacite, nella giustificazione dei concetti, 
nell’identificazione di un modus operandi e di un tessuto cognitivo dell’impresa. La 
terza fase è quella della memorizzazione e della disponibilità delle conoscenze che 
prevede la predisposizione degli strumenti per archiviare e quindi rendere disponibile e 
sfruttabile la conoscenza nei vari punti dell’impresa. Da ciò si passa alla fase della 
diffusione delle conoscenze e quindi al loro sfruttamento.  
 Il capitolo si conclude con una descrizione delle possibili limitazioni allo 
sviluppo di soluzioni di Knowledge Management, come l’esistenza di mappe cognitive 
forti, le quali, se da un lato sono necessarie per capire anche i piccoli segnali di 
cambiamento, dall’altro forniscono una visione molto condizionata della realtà che può 
provocare un’incapacità a cogliere quei segnali di cambiamento.  
Il quinto capitolo prende in esame le soluzioni e gli strumenti di Knowledge 
Management. Vengono prima individuate le due principali tipologie di intervento - a 
livello generale o localizzato - e si parla quindi del ruolo giocato dalla comunicazione 
nella diffusione delle conoscenze dell’impresa. E’ interessante notare come solitamente 
la comunicazione non compaia mai all’interno degli studi relativi a questa disciplina, i 
quali semmai si focalizzano sui vantaggi e sulle funzionalità pratiche che offrono i 
moderni sistemi informatici. Ciò probabilmente in quanto viene dato per scontato che 
uno dei principali obiettivi degli strumenti tecnologici di cui si serve il Knowledge 
Management sia quello di ottimizzare la comunicazione delle conoscenze al fine di 
renderne sempre più facile e veloce l’accesso, ovunque essa sia situata.  
E proprio del ruolo dell’Information Technology si occupa la terza parte del 
quinto capitolo, andando a descrivere le linee di fondo dell’evoluzione tecnologica in 
corso e definendo una precisa architettura di Knowledge Management.  
La parte giocata dagli strumenti tecnologici è sicuramente una delle più tangibili 
all’interno di un intervento di Knowledge Management, anche se il compito ad essi 
attribuito non è più il mero supporto delle transazioni di dati, ma il supporto delle 
interazioni tra le persone in grado di generare valore. Le tecnologie possono essere 
principalmente distinte tra quelle finalizzate alla ricerca, all’archiviazione, alla 
condivisione e alla formalizzazione delle conoscenze. Esistono inoltre strumenti 
orientati alla gestione del rapporto con i clienti e quelli orientati al supporto del lavoro 
delle persone. 
L’ultima parte del quinto capitolo si occupa di presentare due modelli teorici, 
uno riguardante il processo manageriale all’interno della knowledge-based organization, 
l’altro relativo alla struttura organizzativa più adatta per una corretta implementazione 
del Knowledge Management. L’importanza dei ruoli delle risorse umane e della 
struttura organizzativa deriva dalla forte rilevanza che assume l’elemento umano 
all’interno di questa disciplina. Si tratta di un ruolo centrale che, al di là degli strumenti 
 tecnologici implementati, può decretare il successo o il fallimento di strategie basate 
sulla conoscenza. 
Il modello manageriale proposto è quello del “middle-up-down”, il quale 
costituisce la sintesi dei tradizionali top-down e bottom-up e vede nei quadri intermedi 
l’elemento che permette la creazione della conoscenza organizzativa a tutti i livelli 
dell’impresa. 
La struttura organizzativa della knowledge-based organization è invece chiamata 
“ipertestuale”, dall’analogia con il noto strumento informatico: come un documento 
ipertestuale, l’organizzazione è costituita da una serie di strati e contesti tra loro 
interconnessi: il sistema di business, il gruppo di progetto e il patrimonio di conoscenza. 
Il sesto ed ultimo capitolo propone, come caso di studio, un’applicazione pratica 
dei concetti teorici e degli strumenti su cui si basa il Knowledge Management. 
L’azienda si chiama Diamante spa ed è inserita all’interno del settore del software 
gestionale. Nonostante la sua “giovane età” – è stata costituita nel 1997 – essa ha 
raggiunto importanti risultati, soprattutto relativamente all’elevato livello qualitativo ed 
innovativo del suo prodotto, grazie ad un’impostazione di impresa knowledge-based. 
Elementi essenziali sono: una cultura basata sulla condivisione delle conoscenze, una 
complessa infrastruttura Intranet ed Internet, una struttura organizzativa molto simile a 
quella ipertestuale.  
Il capitolo si apre con una descrizione di fondo dell’azienda e delle sue principali 
caratteristiche, per poi analizzare più approfonditamente le soluzioni e gli strumenti 
tipicamente di Knowledge Management che sono stati implementati. Da ultimo, 
vengono evidenziati i principali risultati, sia qualitativi che quantitativi, che l’azienda è 
stata finora in grado di raggiungere. 
   
CAPITOLO PRIMO 
DEFINIZIONE, ORIGINE ED AMBITO DEL 
KNOWLEDGE MANAGEMENT 
 
 
 
1.1 La Nozione 
 
Per Knowledge Management, ovvero per “Gestione della Conoscenza”, si 
intende un processo di recupero, di organizzazione e sistematizzazione di tutto ciò che, 
indicato genericamente come conoscenza, si traduce in azienda in quel vasto insieme di 
competenze, esperienze, informazioni che costituiscono l’anima del vantaggio 
competitivo
1
.  
La complessità insita in tale concetto risiede proprio nel forte grado di specificità 
e soggettività della conoscenza e, di conseguenza, nell’intenso coinvolgimento umano 
necessario per l’attuazione del progetto di Knowledge Management. 
Per quanto tale finalità possa sembrare ambiziosa, il problema di trasformare la 
conoscenza da patrimonio essenzialmente personale in asset aziendale è di estrema 
attualità, come del resto è oramai generalmente riconosciuta la centralità del ruolo della 
conoscenza come catalizzatore per la creazione ed il mantenimento di un vantaggio 
competitivo dell’impresa  
Da un punto di vista strategico, questa nuova disciplina aziendale sembra 
costituire una risposta ad un ambiente caratterizzato dall’incertezza e dalla complessità. 
Come si avrà modo di approfondire nei prossimi paragrafi, la rapida evoluzione 
tecnologica dell’ultimo decennio e l’incessante volatilità dei mercati sono elementi di 
turbolenza che rendono sempre più difficile basare la strategia di lungo termine sulle 
esigenze di una clientela fissa. L’approccio del Knowledge Management suggerisce 
invece di guardare all’interno dell’organizzazione, di evidenziarne le risorse disponibili 
e di valorizzarle.  
                                                           
1
 Massa S., Merlino M., Puliafito P. P., 1999, Knowledge Management e vantaggio competitivo, 
“Sviluppo & Organizzazione”, n. 173, maggio-giugno. 
   
Nonostante la conoscenza sia sempre stata alla base del lavoro nelle aziende, 
oggi si è giunti a comprendere come una parte significativa del valore di un’impresa sia 
data dal valore delle conoscenze - tacite ed esplicite – che la stessa è in grado di 
possedere, attivare, creare, vendere, riutilizzare. Se questo è vero, e se le conoscenze 
hanno rimpiazzato gli asset tradizionali nel determinare il valore di un’impresa, allora è 
necessario prendersi cura di questi nuovi asset così come si è fatto per decenni con gli 
stabilimenti, i mezzi di produzione, le risorse finanziarie, ecc
2
.  
Le aziende oggi navigano nel caos informativo e convivono col paradosso 
costituito dal fatto che le singole informazioni vengono nascoste dalla loro stessa 
sovrabbondanza e ciò rende difficile ogni tentativo di sintesi. Dall’altra parte le 
relazioni tra le persone sono sempre più complesse ed a ciò si aggiunge il fatto che 
l’impresa non è isolata, ma vive in un contesto di altre aziende. La produzione del 
valore è distribuita biondi tra un vasto numero di imprese e quindi sorge il problema di 
integrare al proprio interno differenti conoscenze altrui. 
Questo modello d’interazione aumenta la flessibilità produttiva e commerciale, 
ma, d’altro canto, richiede una maggiore interazione ed un maggior livello 
organizzativo ed informativo. In altre parole, gestire partner, agenti, dipendenti, 
fornitori, mantenendo integra e condivisibile la base informativa aziendale, si rivela 
sempre più difficile. E mantenere integra una base informativa aziendale significa 
mantenere integra e riconoscibile la competenza
3
. 
 
                                                           
2
 Compagno C., 1999, Il management della qualità. Dagli standard al Knowledge Management, Utet 
libreria, Torino. 
3
 Basti pensare a quante volte in un’azienda ci si chiede chi, tra i vari dipendenti e manager, possieda 
competenze relative ad un certo argomento o dove tale argomento possa essere già stato trattato e in 
quale/quali documenti. Tempo e danaro vengono quindi spesso persi perché non si sa che una determinata 
trattativa è stata portata avanti in precedenza da altre persone all’interno dell’azienda, le quali potrebbero 
perciò fornire utili indicazioni. Si denota quindi come divenga necessario catturare, sistematizzare, 
integrare e rendere disponibile tale conoscenza. Il Knowledge Management ne suggerisce una possibile 
soluzione. Un altro caso in cui il Knowledge Management rivela la sua utilità sono le aziende knowledge 
intensive (quali quelle dell’Information Technology o quelle di servizi professionali in genere) che basano 
la propria attività e fortuna sull’insieme delle singole capacità professionali dei propri membri. Il bravo 
consulente sa di avere una certa professionalità che spesso si esprime in un unico ed originale stile di 
lavoro, di linee guida, di consigli che vengono esternalizzati tramite un flusso comunicativo, spesso orale, 
quindi facilmente disperso nel tempo. Ma che cosa accade quando uno di questi “unici” professionisti 
lascia l’azienda? Spesso ciò costituisce un grosso problema e a volte origina la crisi di un’impresa. Anche 
in questo caso il Knowledge Management può fornire una soluzione in quanto permette all’azienda di 
catturare anche le conoscenze tacite di ogni suo membro e di trasferirle quindi nel tempo. Comes R., 
1997, Knowledge Management, “Sistemi & Impresa”, n. 10, dicembre. 
   
Il Knowledge Management è una disciplina che comprende strategie aziendali, 
tecnologie e prodotti altamente innovativi e di carattere globale: coinvolge ogni 
tipologia di azienda, senza preclusione per nessuna categoria di attività; la coinvolge 
inoltre nella sua interezza, dalla fase di acquisizione, alla produzione, distribuzione e 
fase di vendita; infine comprende e direi, trae origine, da tutte le risorse umane al suo 
interno, le quali custodiscono la maggior parte di conoscenza all’interno dell’impresa. 
Le premesse del  Knowledge Management risalgono a quando, nel 1994, 
l’Harvard Business Review predisse la necessità di una gestione delle conoscenze 
nell’attività d’impresa. Ma, in effetti, la spinta propulsiva a questa nuova concezione di 
ciò che è ‘sapere’, è stata data dalla diffusione dei sistemi di rete interaziendale. Intranet 
infatti, come si vedrà nel Capitolo Quinto, è uno dei principali strumenti di Knowledge 
Management in quanto permette di lavorare in gruppo, di collaborare, istituendo un 
sistema in cui la distribuzione e la circolarità delle informazioni favoriscono la 
‘Knowledge sharing’, ovvero la condivisione e riunificazione dei saperi dei singoli 
soggetti specializzati che prima operavano in modo relativamente isolato. Intranet, in 
altre parole, è uno dei mezzi che permette alla conoscenza dell’impresa, tacita ed 
esplicita, di diventare accessibile e riutilizzabile
4
. 
 
 
1.1.1 Definizioni 
 
Dal punto di vista teorico, si può riscontrare una notevole pluralità e diversità di 
approcci relativi al Knowledge Management. La difficoltà di conciliazione di tali teorie 
risiede anzitutto nel fatto che queste ultime sono originate da matrici sostanzialmente 
diverse: approcci di tipo psicologico e cognitivo si affiancano a teorie di estrazione 
manageriale. Accanto a tale frammentazione teorica, va ribadito il fatto che ogni 
impresa esprime un unico rapporto con la conoscenza, generando esigenze relative a 
strategie e strumenti non meno uniche ed aderenti a specifici contesti organizzativi.  
Un tentativo di riunire approcci ed iniziative diverse secondo un comune 
denominatore, rappresentato dall’orientamento alla valorizzazione delle risorse della 
conoscenza, è stato quello di distinguere tali approcci da un punto di vista terminologico 
                                                           
4
 Zanotti L., 1998, Il sapere dell’impresa passa via knowledge management, “Linea EDP”, febbraio. 
   
riunendoli entro il termine comune di strategie di Intellectual Capital Management 
(ICM)
5
 e di Knowledge Management (KM)
6
, termini spesso utilizzati, erroneamente, in 
modo equivalente. 
In realtà, l’Intellectual Capital Management costituisce l’antefatto del 
Knowledge Management. La nozione di Intellectual Capital si afferma infatti nel 1994, 
quando Thomas Stewart
7
, attraverso la pubblicazione del suo libro, riuscì a dare 
un’etichetta, il Capitale Intellettuale appunto, al concetto riguardante il ruolo emergente 
e sempre più centrale assunto dai beni immateriali nell’impresa moderna. Argomento 
questo che anche altri autori
8
 avevano iniziato a trattare e che ora è divenuto il 
paradigma principale della nuova economia. 
Gli argomenti riguardanti il Capitale Intellettuale
9
, hanno saputo accrescere 
l’interesse degli studiosi e delle aziende allo sviluppo di un’efficiente ed efficace 
utilizzazione dei beni invisibili. Tuttavia, la varietà degli studi svolti a riguardo hanno 
condotto ad enfatizzare solo l’importanza delle risorse immateriali considerate 
singolarmente all’interno dell’impresa. 
Il limite delle teorie del Capitale Intellettuale era rappresentato quindi dalla 
mancanza di un’integrazione degli intangible assets con le altre risorse dell’impresa, 
quelle finanziarie e quelle materiali. In altre parole, ciò che mancava era un approccio 
sistemico, che esplorasse le dinamiche di tutte le possibili interazioni e che non si 
                                                           
5
 Edvinsoon L., 1997, Developing Intellectual Capital at Skandia, “Long Range Planning”, vol. 30, n. 3, 
pp.366-373.  
6
 Wiig M., 1997, Intellectual Capital and Knowledge Management, “Long Range Planning”, vol. 30, n. 3. 
7
 Steward, T.A., 1994, Intellectual Capital: the new wealth of organizations, Doubleday, New York. Cfr. 
Smith P.A.C., 1998, Systemic Knowledge Management: managing organizational assets for competitive 
advantage, “Journal of Systemic Knowledge Management”, April, (Documento WWW) URL: 
http://www.mcb.co.uk/journals/kowledge/issue1/article8.htm. 
8
 Vicari S., 1991, 1992, 1998, 1999; Itami H., 1998; Sveiby K.E., 1997; Rullani E., 1992, 1994. 
9
 Il Capitale Intellettuale è un sistema composto da tre elementi: il Capitale Umano; il Capitale 
Consumatore; il Capitale Strutturale. Il Capitale Umano è costituito dalle capacità che sono richieste agli 
individui all’interno dell’impresa finalizzate alla produzione di soluzioni e di beni per il cliente. Il 
Capitale Consumatore può essere definito come il livello di penetrazione e di copertura del mercato da 
parte dell’impresa. Infine il Capitale Strutturale è il risultato che resta concretamente all’azienda in 
termini di documenti, manuali, base dati, ecc., di tutte le attività intellettuali intraprese al suo interno. 
All’interno di tale struttura, la creazione di valore ha luogo quando la conoscenza viene scambiata tra i 
suddetti elementi del Capitale Intellettuale: l’impresa crea valore per i consumatori quando i membri 
dell’organizzazione (Capitale Umano) interagiscono con essi. e quando questi ultimi interagiscono e sono 
influenzati dal Capitale Strutturale dell’impresa. La qualità di tali interazioni determinano uno sviluppo o, 
al contrario, uno svilimento del Capitale Consumatore dell’impresa. A sua volta, ciò che determina la 
qualità delle interazioni è il livello di fiducia presente nell’impresa. Cfr. Saint-Onge H., 1998, How 
Knowledge Management adds critical value to distribution channel management, “Journal of Systemic 
Knowledge Management”, gennaio, (Documento WWW) URL:
htp://www.mcb.co.uk/journals/knowledge/issue1/article1.htm.  
   
limitasse a fornire solo una statica fotografia e valutazione delle risorse immateriali 
possedute dall’impresa in un determinato anno
10
.  
Durante le varie discussioni ed argomentazioni concernenti il Capitale 
Intellettuale, avvenute nei primi anni novanta, il concetto di “conoscenza”, iniziava ad 
essere esplorato e trattato. Partendo dai presupposti della teoria del Capitale 
Intellettuale, si cercava di supplire al suo limite e veniva quindi spostata l’attenzione su 
ciò che permetteva alle risorse immateriali di creare valore, la conoscenza appunto.  
 
Il passaggio dal movimento del Capitale Intellettuale alla definizione del 
Knowledge Management equivale ad uno spostamento dell’enfasi concettuale: se prima 
l’attenzione era posta sulla manipolazione dei tre elementi del Capitale Intellettuale 
(Capitale Umano, del Consumatore e Strutturale), per avere come risultato un’influenza 
sul flusso di conoscenza, nel Knowledge Management l’enfasi viene rovesciata. Essa è 
posta infatti sulla gestione della conoscenza e sui suoi flussi, con un impatto risultante 
su uno o più dei tre Capitali che costituiscono il Capitale Intellettuale.  
All’inizio il Knowledge Management riguardava essenzialmente strumenti 
operativi e soluzioni tecnologiche, quali database, intelligenza artificiale, reti neuronali, 
Internet e Intranet, finalizzati alla gestione di tutte le informazioni presenti all’interno 
dell’impresa. Questo iniziale approccio del Knowledge Management ha portato allo 
sviluppo ed affermazione di un vero e proprio approccio a questa disciplina, il quale non 
a caso discende da studi svolti nel campo delle scienze dell’informazione e delle 
tecniche di elaborazione dati. All’interno di tale prospettiva, il Knowledge Management 
viene rappresentato come una disciplina che ha per oggetto la gestione della conoscenza 
attraverso l’utilizzo scientifico dell’informazione. La tecnologia svolge quindi un ruolo 
centrale, lasciando in secondo piano l’elemento umano ed organizzativo. Questo viene 
considerato solo con riferimento alle modalità di relazione che riesce ad attivare con i 
nuovi strumenti
11
. In sostanza, tale approccio esprime il Knowledge Management come 
“un insieme di strumenti tecnici diretti a tracciare la mappa della conoscenza 
                                                           
10
 Il Balanced Score Card (BSC) costituisce un consolidato esempio di prospetto annuale, da allegare al 
tradizionale bilancio, delle risorse immateriali e delle relative modalità di valutazione. Esso è stato creato 
nel 1992 da Skandia, un’azienda svizzera che offre servizi finanziari ed assicurativi. Cfr. Smith P.A.C., 
1998, Systemic Knowledge Management: managing organizational assets for competitive advantage, 
“Journal of Systemic Knowledge Management”, April, (Documento WWW) URL: 
http://www.mcb.co.uk/journals/kowledge/issue1/article8.htm. 
11
 Compagno C., 1999, Il Management della qualità, Utet Libreria, Torino. 
   
dell’organizzazione, nonché a mettere i membri nella posizione di accedere alle 
informazioni interne e di monitorare le fonti esterne”
12
. 
In altre parole, l’approccio “tecnologico” considera il Knowledge Management 
come la prima categoria di applicazioni informatiche che trasforma, o tenta di 
trasformare, il capitale intellettuale in una risorsa che si può estrarre, catalogare, 
memorizzare e gestire in formato elettronico. Essa, di certo, non prescinde dalle 
dinamiche organizzative, dalle operazioni di organizzazione dei processi, dal progresso 
della tecnologia e da tutti i fattori interni ed esterni che condizionano lo sviluppo 
dell’azienda, ma tenta di coniugarli in modo che tutti questi elementi contribuiscano a 
migliorare il recupero e la circolazione dei dati, delle informazioni e delle conoscenze 
rilevanti per l'organizzazione e farli pervenire agli individui e ai gruppi di lavoro 
incaricati dei vari compiti. In questa prospettiva, chi assume un ruolo critico sono le 
persone in quanto sono le uniche entità capaci di coordinare il flusso delle informazioni 
e renderle operative per raggiungere gli obiettivi prefissati. In altre parole, l’uomo è 
considerato la risorsa più importante e la conoscenza, intesa come la somma di tutte le 
esperienze personali ed aziendali, il suo “prodotto” fondamentale. L’obiettivo primario 
delle applicazioni di Knowledge Management è, quindi, quello di mettere l’intero 
capitale intellettuale dell’azienda, ovunque esso sia situato, a disposizione del 
knowledge worker, ovvero di colui che quotidianamente prende le decisioni che 
determinano il successo o il fallimento di un’impresa
13
. 
 
Accanto a questa impostazione, se ne è sviluppata un’altra che considera il 
Knowledge Management in maniera più sistemica, poggiando le sue basi su filoni 
teorici di matrice organizzativa, manageriale e sociologica. L’oggetto di tale studio è la 
gestione della conoscenza attraverso meccanismi di tipo organizzativo. Questa 
prospettiva considera la conoscenza come il risultato dell’informazione che è stata 
capita, interpretata e convalidata tramite l’azione pratica e che fornisce quindi una 
valida piattaforma per processi decisionali ed operativi. Le suddette attività di 
comprensione e interpretazione dell’informazione richiedono l’introduzione dei concetti 
                                                           
12
 Maglitta J., 1995, Smarten Up!,  “Computerworld”, giugno. 
13
 Microsoft Corporation, 2000, Tecnologia e organizzazione, due facce della stessa medaglia, 
(Documento WWW) URL: http://www.microsoft.com/italy/impresa/B&S/rivista3/artD1.htm. 
   
e dei processi di conversione di conoscenza tacita ed esplicita
14
, come verrà 
approfondito nel Capitolo Terzo. La conoscenza è inoltre considerata un processo 
dinamico che si alimenta attraverso continue interazioni individuo-organizzazione-
ambiente. Tale processo viene attivato tramite facilitatori
15
 e pre-condizioni
16
, per 
mezzo delle quali è possibile sviluppare la conversione della conoscenza tacita 
individuale in conoscenza organizzativa.  
Le implicazioni derivanti dal considerare il Knowledge Management in modo 
più sistemico, includono la considerazione di fattori culturali, come il livello di fiducia e 
di apertura nell’impresa, delle conseguenze che può avere sugli individui un sistema 
basato sulla collaborazione e condivisione delle conoscenze, ed altri aspetti concernenti 
le interazioni umane
17
.  
 
Riepilogando, è possibile constatare come il concetto di Knowledge 
Management parta da concetti chiave della teoria del Capitale Intellettuale, quali la 
centralità delle risorse immateriali, per poi svilupparsi autonomamente focalizzando 
l’attenzione sulla conoscenza, l’unica risorsa in grado di creare valore perché permette 
l’interazione fra i tre elementi costitutivi del Capitale Intellettuale. La disciplina del 
Knowledge Management tratta però la risorsa conoscenza e la sua gestione secondo due 
differenti approcci: uno di matrice tecnologica ed informatica, l’altro di derivazione 
organizzativa, manageriale e sociologica.  
 
Qui di seguito vengono proposte alcune definizioni di Knowledge Mangement, 
pubblicate da alcuni dei più autorevoli studiosi dei due approcci sopra descritti. 
 
                                                           
14
 La presenza di conoscenza tacita ed esplicita trova spiegazione nel fatto che l’informazione viene 
percepita, interpretata e codificata, non solo tramite le “lenti” della conoscenza esplicita di un individuo o 
di un’organizzazione, ma anche tramite le più immediate addizionali “lenti” della conoscenza tacita sulla 
quale individuo e organizzazioni basano le proprie assunzioni. Cfr. Nonaka I., Takeuchi H., 1997, The 
knowledge creating company, Guerini e Associati, Milano. 
15
 Le strutture organizzative, costituite da canali comunicativi, sistemi informativi, ambiente spaziale 
dell‘organizzazione, procedure e routine, sistemi di incentivazione alla volontà di indagare, quando 
facilitano l‘indagine organizzativa, prendono il nome di “facilitatori”. Cfr. Argyris e Schoen, 1998, 
Apprendimento Organizzativo, teoria, metodo e pratiche, Guerini e Associati, Milano, p. 44. 
16
 Nonaka I., Takeuchi H., 1995, The Knowledge Creating Company; De Leo, 1998, La trasformazione 
della conoscenza da tacita in esplicita, in A. Lipparini, Le competenze organizzative, pp. 129-150. 
17
 Smith P.A.C., 1998, Systemic Knowledge Management: managing organizational assets for 
competitive advantage, “Journal of Systemic Knowledge Management”, April, (Documento WWW) 
URL: http://www.mcb.co.uk/journals/kowledge/issue1/article8.htm. 
   
“Il Knowledge Management è una disciplina manageriale che implementa 
all’interno dell’impresa processi di creazione, sostenimento, applicazione, condivisione 
e rinnovo della conoscenza al fine di migliorare la performance dell’impresa e creare 
valore”
18
  
 
“Il Knowledge Management è l’arte di creare valore facendo leva sulle risorse 
intangibili dell’impresa. Per fare ciò, si deve essere in grado di visualizzare l’impresa 
come se consistesse solo di conoscenza e flussi di conoscenza”
19
. 
 
“Essenzialmente, tale disciplina comprende processi organizzativi che hanno 
l’obiettivo di creare combinazioni sinergiche di dati, processi informativi, tecnologie 
dell’informazione insieme con la capacità innovativa e creativa delle risorse umane”
20
. 
 
“Il Knowledge Management è l’esplicita e sistematica gestione della conoscenza 
considerata vitale per l’impresa e dei suoi relativi processi di creazione, 
organizzazione, diffusione, utilizzo e sfruttamento . Tale disciplina richiede 
necessariamente che la  conoscenza di ogni individuo sia trasformata in ‘conoscenza 
dell’impresa’, di modo che sia ampiamente condivisa attraverso l’organizzazione ed 
una sua appropriata applicazione”
21
. 
 
“A differenza di ciò che molti pensano, il Knowledge Management non è solo 
tecnologia. In realtà non esiste nessuna tecnologia che descriva il Knowledge 
Management. Il Knowledge Management è la quintessenza di una multi-disciplina che 
comprende importanti aspetti della scienza cognitiva, dell’information design, della 
comunicazione interpersonale, delle dinamiche organizzative, delle tecniche di 
documentazione, della formazione, pubblicazione e  della business analysis”
22
  
                                                           
18
 Allee V., 1997,  The Knowledge Evolution: Expanding Organizational Intelligence, (Documento 
WWW) URL: http://www.vernaallee.com/. 
19
 Sveiby, K.E.,1997, Knowledge Management: The Karl Erik Sveiby Way, (Documento WWW) URL: 
http://www.knowledgecreators.com/km/kes/kes11.htm. 
20
 Malhotra Y., 1997, Current Business Concerns and Knowledge Management, (Documento WWW) 
URL: http://www.brint.com/interview/times.htm. 
21
 Skyrme D.,1997,  Knowledge Management: Making sense of an oxymoron, (Documento WWW) URL: 
http://www.skyrme.com/insights/22km.htm. 
22
 Murray P.C.,1998, What to know before you select, (Documento WWW) URL: 
htp://www.ktic.com/TOPIC7/14_TECH.HTM.