2
Dispersione scolastica: che fare?
Negli ultimi anni, questa sembra essere stata la domanda di fondo di
numerosi studi sull’argomento.
Parlare di dispersione scolastica significa sicuramente descrivere un
fenomeno complesso, che racchiude in sé diversi aspetti, come i ritiri,
le ripetenze e i drop-out, termine quest’ultimo che suggerisce l’idea di
un qualcosa che si “dissolve”.
Ritengo che della dispersione scolastica possano però essere
sottolineati tre aspetti cruciali.
Il primo è che sono soprattutto gli adolescenti (in particolare la fascia
d’età compresa tra i 14 e i 17 anni) a “disperdersi”. I dati dell’ISTAT
ad esempio, hanno messo in evidenza che il tasso di ripetenze e di
abbandoni scolastici sono elevati soprattutto nella prima e nella
seconda classe del biennio della scuola superiore.
Questo problema, che tuttavia nell’arco degli ultimi venti anni si è
andato progressivamente a ridurre, è stato interpretato sotto diversi
aspetti. Da un punto di vista sociologico, ad esempio Gattullo parla di
“selezione” messa in atto dall’istituzione scolastica; dal punto di vista
psicopedagogico, si tende invece ad inquadrare gli abbandoni
scolastici dei ragazzi come una “rottura del patto formativo tra la
scuola e lo studente” andandosi ad interrompere anche ciò che Bruner
3
definisce l’incontro tra le “teorie della mente” dell’insegnante e quelle
dell’alunno, con conseguenze negative sul piano educativo.
Un secondo aspetto importante circa la dispersione scolastica,
riguarda invece, una dimensione più profonda e psicologica del
fenomeno che è connessa al particolare momento della vita che
attraversa l’adolescente.
Un’età, quella dell’adolescenza, costituita, non solo da ciò che Stanley
Hall
1
definisce il “regno dei contrari”, ma anche fatta di
trasformazioni, di contraddizioni e di scontri, di sogni e di bisogni.
Riferita a questo aspetto, si parlerà allora di dispersione scolastica
connessa da una parte, ad una “dispersione affettiva” dell’adolescente,
dall’altra ad un “analfabetismo emozionale” (Contini, 1999)
2
, ossia
all’incapacità a volte della scuola di instaurare un dialogo con i suoi
ragazzi per cogliere le “spie” del disagio.
A tal proposito, riuscire a livello preventivo a contenere la dispersione
scolastica, significa anche cercare di contenere i vissuti di solitudine
dell’adolescente (che spesso, a livello più o meno consapevole,
1
In G. Petter (1994) “Problemi psicologici della preadolescenza e dell’adolescenza”, La Nuova
Italia Editrice, Firenze.
2
M.G. Contini (1999) “Dispersione scolastica e professionalità docente” in E. Morgagni (a cura
di) “Adolescenti e dispersione scolastica, possibilità di prevenzione e recupero”, Carocci, Bologna
1999.
4
vengono alimentati dalla scuola stessa), il suo sentirsi non compreso, o
nei casi più preoccupanti, il suo ritenersi “insufficiente”
3
nella vita.
Il presente lavoro cerca di approfondire questi aspetti sottolineando
nel corso dei capitoli il problema del disagio adolescenziale e i suoi
risvolti a livello scolastico (in senso sia individuale sia collettivo) ed il
problema della prevenzione a partire dall’ambiente scolastico stesso,
cercando di dare un contributo nello studio circa l’attuazione di
modelli di prevenzione nella scuola secondaria superiore, che
valorizzino la comunicazione tra insegnanti e alunni e tra gli stessi
compagni di classe.
In riferimento a ciò, in questo studio ho sottolineato un terzo aspetto
che ritengo centrale: il ruolo chiave del gruppo nella prevenzione della
dispersione scolastica e, prima ancora, del disagio adolescenziale.
In particolare, parlando delle dinamiche psicologiche del gruppo di
adolescenti in classe (il gruppo-classe) e della comunicazione, viene
fatto riferimento al modello di Kaes (la parola che crea un legame e
uno spazio comune del gruppo)
4
oltre che alla possibilità di adottare il
contributo di Neri come una chiave di lettura delle fasi del gruppo.
3
Pelanda E. (1998) “Vergogna, mortificazione, inferiorità in adolescenza” in Adolescenza, vol. 9,
n. 1, (genn./apr. 1998), pp. 73-90.
4
R. Kaes (1983) “Costruzione dello spazio del gruppo e immagine del corpo” in “L’apparato
pluripsichico. Costruzioni del gruppo”, Armando, Roma, pp. 103-119.
R. Kaes (1996) “La parola e il legame. Processi associativi nei gruppi”, Borla, Roma, pp. 39-50,
pp. 267-272.
5
Il titolo di presentazione di questo lavoro (il gruppo come strumento
di prevenzione della dispersione scolastica e del disagio
adolescenziale), forse non specifica appieno il significato
dell’importanza che il gruppo assume per l’età adolescenziale.
Ritengo, infatti, che il gruppo sia per l’adolescente una realtà
funzionale al suo percorso evolutivo e proprio per questo, costituisce
anche una possibilità di contenimento di emozioni “dirompenti” come
la rabbia o il sentimento di inferiorità e di insufficienza.
Nel corso del presente studio, viene fatto riferimento a tre tipologie di
gruppo: il gruppo dei pari, il gruppo-classe e il gruppo di incontro,
quasi a voler creare un filo ideale tra loro, dando il senso di continuità
e al tempo stesso, di evoluzione.
Il gruppo dei pari è un gruppo di amici, caratterizzato dalla
spontaneità e dall’essere “naturale”
5
, che per l’adolescente rappresenta
un “ambiente di vita privilegiato” e particolarmente “investito dal
punto di vista affettivo”
6
. Risponde quindi al suo bisogno di
R. Kaes (1999) “Appunti delle lezioni tenute da René Kaes (Cattedra di Teoria e Tecniche della
dinamica di gruppo del Prof. Claudio Neri) presso la Facoltà di psicologia “La Sapienza” di Roma
i giorni 10-11 novembre 1999 (non pubblicati).
5
S. Corbella (1998) “Potenzialità trasformative del gruppo dei pari”. Articolo tratto dal sito web
www.funzionegamma.edu.
6
H. Lehalle (1989) “Psicologia degli adolescenti”, Borla, Roma.
6
individuarsi dalla sua famiglia d’origine, “creando uno spazio tra la
vita familiare ed il più ampio contesto sociale”
7
.
Il gruppo-classe è un tipo particolare di gruppo dei pari che però è
“obbligato” e contraddistinto dall’impegno di svolgere un lavoro
insieme, in cui tuttavia esiste la possibilità per l’adolescente di
confrontarsi con i suoi compagni e di instaurare nuove amicizie.
Spesso però accade che si attivino dinamiche disfunzionali all’interno
del gruppo-classe, talora rafforzate da comportamenti dell’insegnante,
talora dagli stessi compagni, che ostacolano il lavoro della classe e
rendono difficile e la comunicazione e il sintonizzarsi con il tono
emotivo del gruppo.
Il gruppo di incontro, presuppone che ci sia un luogo fisico in cui
ritrovarsi a parlare di sé e della propria classe. Si può ipotizzare, in
questo senso, che facilitando la comunicazione attraverso il gruppo,
possano essere migliorate anche le sue potenzialità trasformative e di
sostegno, nella prevenzione del disagio.
La parola crea quindi uno spazio comune che, come afferma Kaes,
facilita l’emergere di funzioni foriche del gruppo: la funzione del
sostenere, del contenere, dell’avvolgere e del trasportare.
7
A. Robert, C. Lascoumes (1974) “Les bandes d’adolescents, une théorie de la ségrégation”, Paris,
Les edition ouvrieres, pp. 38-45.
7
L’adolescente ha così la possibilità di sviluppare un senso di
appartenenza al gruppo e una certa fiducia nel gruppo, che va incontro
sia al suo bisogno di “affiliazione”
8
e del sentirsi parte di un tutto, sia
a quello di rafforzare la propria autostima minacciata.
La parola circolando liberamente consente il confronto circa le proprie
emozioni e i propri pensieri, dando luogo ad un pensiero collettivo.
Neri
9
esemplifica questo aspetto, paragonando il gruppo ad un coro.
“…Possiamo paragonare il gruppo ad un coro: ogni corista legge il
suo spartito che ha le stesse note di quello del suo vicino, ognuno però
con il suo personalissimo contributo della propria voce, partecipa alla
creazione di una melodia, in armonia con gli altri. Questa situazione è
particolarmente entusiasmante quando, durante un concerto, lo sforzo
di tutti diventa uno solo, ed è efficace! In un coro il pensiero collettivo
è quello di riuscire a creare una buona armonia”
10
.
In definitiva, gli argomenti esposti quì di seguito, a proposito della
prevenzione della dispersione scolastica e del gruppo, potrebbero
essere idealmente suddivisi in due aree: l’area teorica (primo, secondo
8
J. D. Lichtemberg (1997) “Teoria dei sistemi motivazionali”, Raffaello Cortina Editore, Milano,
pp.144-145.
9
In J. Allegra, S. Passalacqua (1999) “Spazio comune del gruppo”. Appunti della lezione di Teoria
e Tecniche della dinamica di gruppo (cattedra del Prof. Claudio Neri) tenutasi presso la Facoltà di
Psicologia “La Sapienza” di Roma il giorno 05/11/1999 (non pubblicati).
10
Ibidem, cit., pag. 3.
8
e terzo capitolo) e l’area dell’esperienza pratica (quarto capitolo e
conclusioni).
Per quanto riguarda l’area teorica, nel primo capitolo viene fatta una
descrizione del fenomeno della dispersione scolastica nei suoi diversi
aspetti (abbandono scolastico e drop-out) prendendo in esame alcuni
studi al momento effettuati sull’argomento. Essi sono prevalentemente
studi sociologici e a carattere psicopedagogici, mentre solo pochi
autori hanno adottato un punto di vista psicodinamico parlando del
problema del “chi abbandona chi”
11
.
Questo aspetto può essere considerato un motivo di riflessione: la
carenza di studi sulle dinamiche psicologiche adolescenziali riguardo
anche l’importanza delle relazioni all’interno della scuola
nell’incidenza del disagio, può essere un motivo per avviare una serie
di ricerche in questo senso.
Nel secondo capitolo, viene approfondito il tema del disagio
adolescenziale, in riferimento a tutta una serie di cambiamenti fisici e
psicologici, ai bisogni (di comunicazione, di ribellione e di avere degli
amici) e al rapporto con la scuola come istituzione. Inoltre, viene fatto
riferimento all’importanza del gruppo dei pari sia per quanto riguarda
11
O.L. Sempio (1999) “L’abbandono scolastico: alcuni punti di riferimento” in O.L. Sempio, E.
Confalonieri, G. Scaratti (a cura di) “L’abbandono scolastico”, Raffaello Cortina Editore, Milano,
pp.3-11.
9
le motivazioni dell’adolescente ad instaurare dei legami con i suoi
coetanei, sia alle funzioni che in tale fase della vita il gruppo assolve
per l’adolescente.
Nel terzo capitolo, questo aspetto viene ripreso e collegato
all’ambiente scolastico, nel rapporto che l’adolescente ha con i suoi
compagni di classe.
In particolare, il significato di vocaboli come “parola”,
“comunicazione” e “gruppo”, è stato oggetto di ricerca approfondita
del valore etimologico.
E’ stato successivamente descritto il contributo di René Kaes a
proposito di una possibile chiave di lettura delle dinamiche del
gruppo-classe. Sono stati presi in considerazione anche aspetti inerenti
le diverse tipologie di classe sulla base del particolare clima e dello
stile comunicativo che si possono instaurare nel gruppo.
L’area dell’esperienza pratica inerente il quarto capitolo, descrive
un’esperienza di gruppo, durata circa sei mesi, in una scuola superiore
di Arezzo cui io stessa ho preso parte. Il gruppo di incontro è stato in
questo senso, un’opportunità per verificare l’ipotesi di partenza e per
cogliere le fasi fondamentali di un gruppo e come esso può essere utile
nella prevenzione della dispersione scolastica.
10
L’esperienza si è composta da due parti. In una parte vengono descritti
alcuni momenti significativi della vita del gruppo e i vissuti dei suoi
partecipanti, in un’altra, sono riportati i resoconti di un questionario
esplorativo inerente il rapporto che i ragazzi hanno con la scuola, con
gli amici e con se stessi.
Infine, mi è sembrato importante concludere questo lavoro, con uno
scritto di una ragazza dal titolo “Non è facile avere tredici anni”, che
può essere un motivo in più per cogliere gli stati d’animo e la
percezione di Sé e del gruppo da parte degli adolescenti.
11
“Senza dialogo si impone un clima di
delusione, di scoraggiamento come se tutto potesse
accadere…Un silenzio tragico perché ognuno
avrebbe bisogno di sentirsi ascoltato e magari
capito. Ognuno vorrebbe avvertire un’atmosfera di
affetto e sente solo il vuoto, impenetrabile. Il silenzio
è talora dolore, talora paura…è incapacità di
esprimere le emozioni per timore che siano
giustiziate…”.
Vittorino Andreoli
12
CAPITOLO 1
LA DISPERSIONE SCOLASTICA COME
FENOMENO COMPLESSO
13
1.1) Dispersione scolastica, abbandono scolastico e drop- out.
Il fenomeno della dispersione scolastica è sicuramente un fenomeno
molto complesso. Se pensiamo al termine “dispersione”, la prima
cosa che viene spontaneo sottolineare è l’idea di un qualcosa che
lentamente si separa da qualcos’altro sparpagliandosi qua e la come se
si trattasse di foglie portate dal vento.
La dispersione scolastica forse potrebbe essere paragonata a questa
immagine, in quanto le “foglie” studenti improvvisamente decidono
che la scuola non gli interessa più, che forse è meglio lavorare o per lo
meno, rivolgersi altrove in cerca di chissà quali altre aspettative.
Allora è proprio quando ormai il fatto si è compiuto, che viene da
domandarsi quale sia stato quel “colpo di vento” che abbia provocato
questo allontanamento dalla scuola.
Ad interrogarsi sono soprattutto gli insegnanti e la scuola stessa,
specialmente in termini di efficacia dei programmi istituzionali e di
ascolto delle problematiche dei ragazzi che presentano difficoltà,
concentrandosi in tal senso, su tematiche educative, sociologiche e
psicologiche. Questo ci fa pensare a come il fenomeno possa
incontrare diverse chiavi di lettura rendendolo un tema
multisfaccettato.