cerebrale che impedisce il normale sviluppo e l’apprendimento motorio per
la persistenza di patters abnormi ed immaturi.
Quest’approccio interpreta la P.C.I. come una condizione in cui il
bambino avrà comunque un suo sviluppo psico-motorio anche se in
presenza di una lesione. Interpreta il sistema nervoso, sede della lesione,
come un sistema dove il danno ad una sua struttura influenza tutte le altre e
tutte le funzioni del sistema ne sono condizionate.
Nella dimensione temporale e, quindi, evolutiva la P.C.I. non
determina nel paziente una paralisi dello sviluppo ma uno sviluppo della
paralisi “come forma della relazione che l’individuo cerca comunque di
costruire con l’ambiente” [A. Ferrari, M. Lodesani, S. Muzzini, “La natura
del difetto nella paralisi cerebrale infantile”, in AAVV Paralisi cerebrali
infantili, storia naturale ed orientamenti riabilitativi, a cura di A. Ferrari,
G. Cioni, Pisa, Edizioni Del Cerro, 1993].
L’oggetto è caratterizzato dalla posizione e dalla postura. Per
posizione s’intende il modo di trovarsi rispetto alle circostanze, mentre per
postura s’intende il modo di coniugarsi in una determinata posizione. Essa
varia al variare della struttura neurologica, ostio-articolare, muscolare,
emozionale e psico-relazionale di chi si colloca in una determinata
posizione. Potremmo dire di riscontare poche posizioni ma infinite posture
perché ogni individuo ha la propria modalità di collocarsi in una posizione,
cioè il proprio assetto posturale e che questo dipende anche dal contesto.
Nella P.C.I. l’assetto posturale si presenta instabile ed inadeguato:
turba persistente della postura e del movimento recita la definizione
dell’A.A.C.P.. E’ presente un’instabilità posturale prossimale, cioè
un’incapacità del sistema nervoso centrale di stabilizzare gli elementi
prossimali: tronco e, in stazione eretta, gli arti inferiori, mentre gli elementi
più distali (arti superiori) agiscono nella relazione con l’ambiente con
prensione e manipolazione.
La difficoltà a stabilizzare il tronco spinge il bambino con la P.C.I.
ad utilizzare il repertorio neuro-motorio residuo per stabilizzarsi, per cui le
risorse residue utili per la prensione e la manipolazione sono utilizzate per
fissarsi con una presa ad un appoggio o come schema spastico rigido. Il
bambino perde le poche possibilità di prensione e manipolazione consentite
dalla patologia, fondamentali in ultima analisi per apprendere, comunicare,
relazionarsi.
L’intervento sulla stabilità posturale è quell’intervento che intende
garantire con una postura corretta ed un ausilio adeguato la stabilità
prossimale affinché gli arti superiori possono essere utilizzati dal bambino
in termini di prensione e manipolazione per modificare l’ambiente a sé e sé
all’ambiente, per indicare, pigiare, raccogliere, impugnare, prendere,
lasciare, accarezzare ecc.. Affinché il capo possa avere quanta più ampiezza
articolare possibile per ruotare, estendersi, flettersi, seguire, scrutare,
osservare ed impadronirsi dello spazio visivo che lo circonda.
Quest’intervento s’inserisce in un intervento riabilitativo più ampio
che vuole: fare emergere le potenzialità residue; sviluppare comportamenti
adattivi; facilitare, sostenere gli appuntamenti che la crescita propone e gli
incontri con i contesti (famiglia, scuola, società) nella maniera più fruttuosa
ed armoniosa possibile per il bambino con la P.C.I. e per l’ambiente.
Quando il bambino con la P.C.I. nella relazione con l’ambiente si sente
completamente inadeguato senza nessuna possibilità di fare e di relazionarsi
con altri, la paralisi motoria può evolvere in una paralisi che A. Ferrari, M.
Lodesani, S. Muzzini chiamano intenzionale, cioè della volontà,
dell’interesse e della curiosità.
L’intervento se da una parte vuole garantire la scelta dell’ausilio più
adeguato per raggiungere la posizione mancante, dall’altra vuole facilitare
la coniugazione più stabile e funzionale possibile all’interno della posizione
adeguata. Il percorso è caratterizzato dalla corretta scelta dell’ausilio che
deve tener presente di uno studio della postura per permettere l’assetto
posturale mancante e deve tenere presente per ogni strumento non solo le
caratteristiche tecniche, ma anche i punti di forza e di debolezza dell’ausilio
rispetto alla P.C.I. (come si può vedere dalla guida agli ausili realizzata per
questa tesi). La posizione deve essere coniugata con la stabilità posturale e
l’ausilio deve essere coniugato con la postura.
Chi postura deve: percepire la postura che si va a strutturare come
globale, dove le modificazioni di un elemento corporeo determinano la
modificazione di tutta la postura; avere solo come riferimento la postura
ideale e deve tenere conto delle caratteristiche neuro-motorie, cognitive e
psicologiche delle diverse forme della P.C.I.; tenere presente la morfologia
e la fisiologia ostio-articolare e muscolare.
Chi postura deve tenere presente che l’ausilio scelto deve: essere
compatibile con la situazione ambientale nel quale una determinata attività
deve essere svolta; avere una struttura tale che ha la possibilità di accogliere
le deformità strutturali e di correggere le deformità funzionali; adattarsi a
quanti più aspetti possibili legati alla disabilità come quello psicologico che
impone la necessità di un ausilio quanto meno vistoso ed ingombrante
possibile dove il bambino possa emergere rispetto allo strumento.
Fra le esperienze riportate nella tesi c’è il caso di Dario, un bambino
affetto da P.C.I.. Questa esprienza permette di illustrare nel concreto da una
parte la complessità del disturbo psico-motorio e dall’altra come
l’intervento sulla postura, che ad un certo punto del percorso è stato fatto,
sia stato funzionale non solo al deficit motorio ma alla crescita del bambino
nel suo insieme. Infatti, anche per Dario quello del movimento non è
l’unico problema, seppur medio-grave. Il disturbo percettivo, il rischio della
“paralisi intenzionale” e i disturbi relazionali rappresentano altrettanti
parametri della patologia con i quali ci si è confrontati nella progettazione e
nella realizzazione dell’intervento terapeutico fin qui svolto.
Questo caso seguito presso la struttura dove svolgo la mia attività
mi ha dato la possibilità di illustrare nel concreto come un intervento sulla
postura sia stato concepito e realizzato nell’ottica di rispettare gli
appuntamenti “funzionali” del bambino.
Capitolo 3
L’INTERVENTO
Ancora strumenti, acciaio, molle, bulloni, viti. Strutture fredde,
aride, immobili che potrebbero riempire la stanza di un bambino disabile,
come bare, per dare il sigillo di una morte: quella del movimento e della
postura.
Sono i primi pensieri che possono attraversare la mente quando si
guardano gli ausili per la stazione eretta e la posizione assisa come semplici
strumenti meccanici dove i bambini con la P.C.I. sono “appollaiati” per
raggiungere quelle posizioni canoniche che mancano e che non saranno mai
raggiunte.
Ma gli ausili possono essere molto di più se allo strumento pur
sofisticato, ma sempre freddo e meccanico, si aggiunge “un’anima”.
Si tratta di conoscere “l’anima”, di definirla, stabilirla, strutturarla.
Darle, in qualche modo, “mani e piedi”.
I bambini con la P.C.I. non sono burattini come Pinocchio e gli
operatori, che a diversi livelli si occupano della P.C.I., non sono Geppetto.
“Il poverissimo falegname Geppetto che vive in una stamberga, tanto
povero che il fuoco per riscaldarsi ce l'ha disegnato su una parete. E un bel
giorno chiede al vicino Mastro Ciliegia un pezzo di legno per costruire un
burattino che gli tenga compagnia ("per sentirmi meno solo / mi son fatto
un burattino / per avere l'illusione d'esser padre d'un bambino" canta Nino
Manfredi in una delle canzoni del film). Grande è la sua meraviglia quando
al termine dell'opera, la scultura inizia a parlare. E ancor più grande la
sorpresa quando, al suo risveglio, Mastro Geppetto si ritrova davanti non
più il burattino ma un bambino in carne ed ossa.”
1
Un intervento sulla postura e, quindi, sull’ausilio adeguato può
essere anche percepito come la costruzione di un burattino, ma bisogna
sapere che al risveglio, cioè al termine dell’intervento sul posizionamento,
si deve trovare un bambino.
L’ausilio acquista “un’anima” solo se è concepito come strumento a
disposizione di chi, nella programmazione ed attuazione di attività per la
relazione e l’apprendimento dei bambini con la P.C.I., si pone un adeguato
problem solving rispetto alla postura ed alla posizione.
1
Alessandra Vitali, “Torna "Pinocchio" di Comencini, Gioiello della televisione che fu. La
sceneggiatrice Suso Cecchi d'Amico: "Non può non affascinare"”,
www.repubblica.it/online/spettacoli_e_cultura/benigni/comencini/comencini.html,
Domenica 2 Marzo 2003.
Se l’intervento riabilitativo nella P.C.I. è quell’attività che deve
permettere di facilitare lo sviluppo di comportamenti adattivi da parte
dell’individuo con le proprie limitate risorse di fronte alle problematiche
che l’ambiente gli pone, l’ausilio è quello strumento che, inserito in
quest’ottica, deve aiutare lo sviluppo di comportamenti adattivi da parte
dell’individuo nel rispetto dei suoi limiti, dei suoi desideri e dei suoi
bisogni.
E’ solo pensando alla postura per … e quindi all’ausilio per … che
uno strumento arido, privo di significato, diventa utensile prezioso,
confortevole e pieno di significato.
E’ solo ponendosi innanzi tutto un problema di manipolazione e
prensione, di relazione viso a viso, di controllo e di conquista visiva dello
spazio che l’ausilio diventa un utensile ricco.
E’ solo in quest’ottica che la carrozzina, il seggiolone o lo
stabilizzatore non sono più solo strumenti per “appollaiare” un burattino per
fornirgli una posizione mancante, ma sono strumenti che permettono al
bambino di fare e quindi di essere. Bisogna, infatti, sempre posturare, forse
un “burattino”, ma sapere che alla fine dell’intervento dobbiamo ritrovare
un bambino.
Ecco che il cerchio si chiude. Infatti, accanto ad un intervento
riabilitativo costruito per guidare il bambino con la P.C.I. nella ricerca di
soluzioni più economiche ed adeguate ai problemi che le interazioni con i
contesti (famiglia, scuola, società, ecc.) gli pone, deve esserci anche la
ricerca di un corretto assetto posturale all’interno di posizioni adeguate
realizzate con il corretto uso degli ausili come parte integrante del progetto
per permettere la soluzione dei problemi posturali e la formulazione di
adeguati problem solving.
La postura assisa raggiunta con l’ausilio di un seggiolone
ortopedizzato, da una parte può dare una risposta ai problemi di assetto
posturale mancante di un bambino con tetraplegia spastica, ma
contemporaneamente dà la possibilità di proporre un adeguato
apprendimento della scrittura e della lettura, in sintonia con un percorso
scolastico.
Questo capitolo, quindi, è stato ideato e realizzato come una guida
relativa agli ausili per la stazione eretta e la posizione assisa, non una
semplice guida ma una guida per… . Lo schema, del tutto originale,
utilizzato nei paragrafi successivi, in modo particolare negli ultimi tre
paragrafi, è frutto dell’esperienza e di un approccio “problematico” agli
ausili all’interno della metodologia del Problem Solving.