esplicitare le finalità e obiettivi del nuovo sistema, definire le
risorse necessarie per realizzare i sistemi, individuare le iniziative di
cambiamento inquadrandole in progetti definiti, ma soprattutto
elaborare un quadro di riferimento complessivo in cui porre le
specifiche iniziative informative, che consenta di realizzare un
sistema informativo che sia efficace, quindi in grado di essere a
supporto alla missione, agli obiettivi, alle operazioni
dell’organizzazione e al tempo stesso efficiente.
Ne consegue che la pianificazione dei sistemi informativi, oltre
ad assumere un'ottica aziendale e non settoriale, non può che
prendere spunto dalla pianificazione strategica mutuandone
missione, strategie ed indirizzi; la pianificazione dei S.I. deve
quindi partire da una precedente esplicitazione del piano strategico
dell’organizzazione.
Nella pianificazione dei S.I. si confrontano l'approccio top-down
e l'approccio bottom-up; secondo il primo orientamento si parte
dagli obiettivi strategici dell'organizzazione per definire poi le
caratteristiche generali del sistema informativo, le aree di intervento
e gli specifici progetti per realizzarlo, verificandone la coerenza con
le esigenze espresse dagli uffici.
Con l'approccio bottom-up vengono invece raccolte
prioritariamente le indicazioni delle diverse unità organizzative, che
successivamente vengono integrate e razionalizzate, definendo
contemporaneamente le priorità all'interno del budget complessivo.
L'approccio bottom-up è più conservativo e difficilmente riesce a
produrre ipotesi di innovazione radicale, mirando sostanzialmente
al miglioramento dell'esistente ma nello stesso tempo presenta
scarsi rischi realizzativi. È da preferire quindi l'approccio top down,
che è più innovativo e discontinuo, e consente di individuare e
pianificare anche soluzioni che rispondono a necessità di mutamenti
radicali, consentendo quindi il BPR.
Una volta effettuata questa fase, si potrà passare a fasi più tipiche
dell’ingegneria del software come: l’analisi che consente di
determinare gli obiettivi del nuovo sistema, il disegno che permette
di andarlo a rappresentare nei suoi elementi in una forma più vicina
all’uomo che alla macchina, la codifica ossia la traduzione del
disegno in un linguaggio comprensibile alle macchine, la fase di
test per correggere eventuali errori, l’installazione e manutenzione,
che consentiranno di ottenere il prodotto finale e funzionante.
Quello che abbiamo analizzato è un percorso per così dire ideale,
alla luce delle attuali conoscenze, da seguire per andare a realizzare
sistemi informativi di qualità, ossia in grado di rispondere alle
esigenze dell’utente in termini di efficacia e di efficienza. A questo
punto possiamo: chiederci ma siamo veramente sicuri che le
aziende che nel passato hanno realizzato un SI lo hanno veramente
seguito? E inoltre, che pur avendolo seguito hanno realizzato un
prodotto di qualità?
La risposta a queste domande purtroppo è negativa.
Infatti per molto tempo i sistemi informativi sono stati realizzati
andando semplicemente ad introdurre, in tempi e con modalità
differenti e in singole aree e funzioni, dei semplici programmi
ottenendo quindi delle “isole di automazioni” che poi sono state
accorpate per rispondere alle crescenti esigenze informative
dell’azienda. Sebbene fosse funzionale, questa soluzione suscitò
non pochi problemi: difficoltà di collegare tra loro sistemi, presenza
massiccia di dati replicati, difficoltà di prevedere le conseguenze di
modifiche alle applicazioni e difficoltà ad implementarle. Per
rifarmi a termini economici, la soluzione non era né efficace
(spesso infatti non si potevano ottenere le informazioni che si
desideravano perché non erano previste dal sistema) né efficiente in
quanto richiede un notevole esborso finanziario per riuscire a
mantenere ed integrare sistemi così diversi tra loro. Quindi alla
prima domanda dobbiamo dare una risposta negativa, almeno fino a
un certo periodo, visto che il percorso di sviluppo proposto è
abbastanza recente.
Se anche andiamo a considerare aziende che hanno realizzato i
loro sistemi informativi in tempi più recenti, e quindi si presuppone
che abbiano seguito il percorso indicato, otteniamo risultati in
termini di efficienza e di efficacia negativi. Un celebre studio
1
effettuato dallo Standish Group, nel 1994, su un campione di 8000
progetti, riporta risultati sconfortanti: 16% di successi, 53% di
fallimenti parziali (gravi problemi sulle funzionalità, sui costi e/o
sui tempi), 31% di fallimenti completi (progetto cancellato); e come
questa sono molte altre le statistiche in questa direzione. Alla
domanda dobbiamo quindi, anche in questo caso, rispondere
negativamente nel senso che nella maggior parte dei casi il risultato
è di scarsa qualità. Lo studio riporta anche i motivi di questo
fallimento e individua come cause principali problemi legati alla
fase di analisi dei requisiti, e anche problemi manageriali come la
mancanza della fase di pianificazione; da notare come nessuno dei
problemi è di natura tecnica.
1
Dati tratti dall’articolo “I requisiti: l’anello debole dello sviluppo software” di Adriano
Comai, pubblicato sul sito www.Analisi-Disegno.it.
Ma allora, se il fallimento di molti sistemi informativi è da legare
a queste fasi non propriamente informatiche ma di comprensione
delle esigenze e di modellazione concettuale della soluzione, perché
non si pone una maggiore attenzione nello svolgerle, utilizzando
anche degli strumenti a supporto per facilitarle?
Al tempo in cui si riferisce questa statistica tali strumenti ancora
non esistevano, o avevano un’applicazione ( e un mercato) limitata
concentrandosi principalmente sullo svolgimento delle fasi di
codifica, ma oggi sono presenti sul mercato degli strumenti che
andiamo a chiamare tool per il Visual Modeling, che secondo
quanto proposto dai venditori sono in grado di offrire un approccio
completo e pienamente integrato per la realizzazione dei sistemi
informativi, che parta dall’alto fino a giungere al prodotto finito.
Per cui l’obiettivo di questa tesi è di andare a dimostrare quanto
questi strumenti consentono non solo di effettuare una
progettazione informatica (evidenziando da dove iniziano e fino a
quale punto si spingono nel percorso che porta alla realizzazione dei
SI), ma anche se consentono di realizzare una progettazione
organizzativa. Ossia dobbiamo vedere se sono anche in grado di
reingegnerizzare i processi, alla luce dei risultati positivi connessi
con il BPR. Il tutto verrà realizzato tramite un’attività di prova
diretta dei principali strumenti presenti sul mercato, e anche grazie
ad una valutazione effettuata tramite una tabella apposita che è stata
distribuita a vari utilizzatori degli stessi, al fine di migliorare la
consistenza dello studio.
Capitolo 1
Sistemi informativi ed
Organizzazione
Introduzione
L’identificazione e l’analisi dei processi non rappresenta certo
una novità per chi si occupa di sistemi informativi; nelle
metodologie per la loro realizzazione è praticamente sempre
presente una fase, in genere chiamata “analisi delle funzioni” e
spesso parallela all’analisi dei dati, che esamina le attività per
determinare le funzioni da sviluppare.
La grande novità introdotta dal concetto di “reingegnerizzazione
dei processi” non è quindi l’attenzione ai processi, alle attività e alle
funzioni, quanto nel mettere il cambiamento dei processi al centro
dell’analisi e della progettazione dei nuovi sistemi informativi.
Tradizionalmente i processi e le attività erano infatti considerati
sostanzialmente invarianti rispetto l’intervento di automazione,
costituendo talvolta anche un “vincolo” nella realizzazione dei
nuovi sistemi; i processi già c’erano e l’introduzione
dell’informatica serviva solo per rendere automatiche le attività di
cui non si mettevano in discussione né la logica, né la collocazione,
né la sequenza.
1 La “visione per processi”
Con il nuovo approccio la "reingegnerizzazione" dei processi e
delle attività viene interpretata come il punto chiave per il
miglioramento dell'organizzazione, finalizzato al raggiungimento
degli obiettivi.
Questa riprogettazione tende ad abbracciare il processo nella sua
globalità, intervenendo in genere su tutte le sue componenti (flussi
operativi, organizzazione, risorse umane, tecnologie), dando origine
a un insieme di interventi tra loro correlati. Questa nuova visione
modifica completamente il ruolo delle tecnologie dell'informazione
e della comunicazione. Esse non sono più le componenti
fondamentali su cui intervenire per la ricerca di efficienza delle
operazioni ripetitive e a minor valore aggiunto, ma rappresentano
soprattutto un insieme di opportunità per il cambiamento, che
consentono non solo e non tanto di ridurre tempi, costi e risorse
fisiche necessarie ma anche:
• l’introduzione di nuovi servizi
• la modifica della natura e delle caratteristiche dei servizi
esistenti
• la modifica del flusso delle attività operative
• il miglioramento del flusso dei servizi
• il miglioramento della qualità dei servizi stessi.
In sostanza le tecnologie rendono possibile una revisione
complessiva dei processi in tutte le loro componenti, da cui il loro
ruolo di "fattore abilitante" o “leva principale” del cambiamento.
C’è quindi stata una inversione delle attività rispetto al passato
nella realizzazione dei SI, visto che una volta si prendevano i
processi così come erano e l’obiettivo era di introdurre su essi la
migliore tecnologia; ora invece l’obiettivo è di focalizzarsi sui
processi e sul loro miglioramento alla luce delle opportunità offerte
dalla tecnologia dell’informazione e comunicazione.
Questa assunzione della centralità dei processi e del loro
miglioramento è tanto importante da essere chiamata “visione per
processi” o “approccio per processi” e da aver influenzato l’insieme
delle modalità di cambiamento di una organizzazione, indirizzando
in maniera coerente a questa visione le scelte su vari terreni. Da ciò
deriva infatti:
1. l’evoluzione verso una “organizzazione per processi” che
definisce strutture organizzative responsabili per intero del
ciclo di processo, individuando quindi per questa via il
“proprietario”
2. lo snellimento dell’organizzazione, anche con la creazione
di gruppi di lavoro interfunzionali, responsabilizzati su
obiettivi comuni e capaci di governare direttamente tutte le
leve che determinano la prestazione
3. la ricomposizione del lavoro e la modifica delle
professionalità richieste, superando la parcellizzazione dei
compiti e competenze
4. l’instaurazione di modalità formali di gestione dei processi
con l’adozione di metriche e di sistemi di rilevazione delle
prestazioni continuamente operanti ed integrati con il
sistema di controllo di gestione.
2 Definizione di processo
Rifacendosi alla definizione di Hammer, che è stato il fautore del
Business Process Reengineering, possiamo dire che “la differenza
tra compito e processo è la stessa che separa una parte dal tutto”.
Processo maggiore
Sottoprocesso
F
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r
n
i
t
o
r
i
C
l
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e
n
t
i
Procedure o Attività
Figura 1.1 - La composizione di un processo
Un compito è un’unità di lavoro, un’attività svolta di norma da
una sola persona.
Diversamente un processo è un insieme di compiti che
collettivamente creano un risultato che ha valore per il cliente. Un
processo è così uno specifico ordine logico dato alle attività
lavorative nel tempo e nello spazio, con un inizio, una fine, e con
input e output chiaramente identificati: una struttura per agire.
Basandoci su un flowchart, possiamo schematizzare una
gerarchia di processo: come indicato dalla figura 1.1 individuiamo
un processo maggiore, sottoprocesso ed attività o compiti,.
Un processo maggiore è un processo che coinvolge la gran parte
delle funzioni all’interno della struttura organizzativa, è un percorso
end-to-end che va dall’acquisizione dei materiali al rilascio del
prodotto finale, orientato al cliente.
Un sottoprocesso è una porzione del processo maggiore, ma è
compiuto da un numero più limitato di persone, e si completa
sempre con il rilascio del prodotto finale, sia esso un bene o un
servizio.
L’attività o compito è la componente elementare di un processo,
è il lavoro individuale di un singolo lavoratore, ma a sua volta è
composto da altri processi di natura più semplice.
Due sono gli elementi fondamentali nuovi rispetto i vecchi
orientamenti aziendali; il primo è la figura del cliente che non è solo
una persona esterna all’azienda, ma può anche essere un dipendente
interno, riprendendo concetti propri della qualità totale. Nel
momento in cui si va a ridisegnare un nuovo processo si deve
partire dalla sua definizione e dalla identificazione dei suoi bisogni.
Quindi dobbiamo chiederci “quali attività dobbiamo compiere
per soddisfare le sue esigenze?” ed in funzione delle risposte andare
a individuare quelle attività che messe insieme costituiranno il
processo orientato al cliente.
Il secondo elemento da osservare è che il processo è trans-
funzionale, ossia ora l’azienda si focalizza su questa nuova entità
che va ad abbracciare differenti funzioni e in alcuni casi superano
anche i confini esterni dell’organizzazione estendendosi a fornitori
e clienti esterni, come per esempio la gestione degli ordini.
Ricerca e
sviluppo
Marketing Produzione
Sviluppo del nuovo prodotto
C
l
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e
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Figura 1.2 - Natura trans-funzionale di un processo
(Fonte: “Innovazione dei processi: riprogettare il lavoro attraverso
l’information technology” Tomhas H. Davenport, 1994 Franco Angeli Milano)
Dell’elevato numero di funzioni che costituiscono un processo se
ne accorse la Xerox utilizzando un diagramma a matrice, dove
erano posti nella riga superiore i processi esistenti, e nella colonna
di sinistra le aree funzionali.
Nella matrice è stata tracciata una X ogni volta una funzione
veniva usata per un processo; ci si rese conto che quasi tutti i
riquadri delle funzioni contenevano una X. Da questo si comprese
come quasi tutti i reparti erano coinvolti nei processi, ma che allo
stesso tempo nessun individuo aveva la responsabilità dell’intero
flusso di azioni.
3 Le informazioni che scaturiscono dalle transazioni
L’output di un processo può consistere sia in prodotti fisici (siano
essi beni o servizi) che vengono prodotti dalla normale attività
lavorativa, sia in prodotti informativi; questa duplice natura è di
fondamentale importanza per evidenziare uno dei presupposti che
stanno alla base della nostra tesi, ossia la necessità di coniugare la
gestione organizzativa dell’azienda con la gestione delle
informazioni.
Nel passato l’attenzione era posta solo sui prodotti fisici, ma
oggi, in presenza di una competizione sempre più agguerrita che si
avvicina in alcuni settori all’ipercompetizione, l’attenzione si è
spostata sempre più sulla risorsa informazione; i manager
necessitano sempre più, per prendere le decisioni, di informazioni
che siano nella forma loro consona, e quindi la stessa ha assunto un
ruolo di primo piano come arma strategica.
Quando andiamo ad effettuare una transazione, da intendersi
come tutti gli scambi (ordini, contratti) e da tutte le operazioni
(produzione di beni e servizi), da questa scaturiscono una grande
quantità di dati che rappresentano, insieme ai dati ricavati
esternamente all’azienda, la base informazionale, ossia la
conoscenza che può essere formalizzata.
Può essere utile considerare uno schema riportato da De Marco
che è esplicativo dei tipi di informazioni presenti nell’azienda (fig.
1.3). Dalle transazioni effettuate dai dipendenti scaturiscono dati
operativi; basti pensare ai dati sulla produzione che riguardano la
quantità realizzata, il tipo di bene prodotto, le caratteristiche, gli
ordini che sono stati evasi.
Figura 1.3 - Tipi di informazioni aziendali
(Fonte: Tommaso Federici ne “Il progetto di sistemi informativi”2001 Franco
Angeli s.r.l. Milano; grafico ripreso e adattato da De Marco)
Oppure in uno sportello bancario, la registrazione del numero di
conto corrente, della operazione, dell’operatore, dell’importo,
l’identificazione dell’assegno. Ancora alla cassa di un supermercato
la registrazione dei beni venduti che consente di gestire meglio il
magazzino, oppure la identificazione del cliente cui vengono chiesti
alcuni dati sulle proprie generalità per effettuare analisi di
marketing.
Tutti questi dati sono registrati per rispondere alle esigenze
operative; quindi sono molto dettagliati come si vede anche dalla
figura 1.3 e presentano un’elevata quantità, sono creati tramite
applicazioni precostituite come interfacce create appositamente per
lo svolgimento dei compiti di routine e sono dei dati elementari ed
attuali, ossia riguardano le operazioni recenti.
Man mano che si sale nel tipo di informazione, diminuisce il
livello di dettaglio indicato dalla freccia alla sinistra della figura e
aumenta l’astrazione, ossia i dati sono maggiormente aggregati per
rispondere alle diverse esigenze informative.
Per le informazioni per il controllo abbiamo bisogno di un certo
livello di aggregazione, che è sicuramente ancora maggiore nel
momento in cui i manager necessitano di dati per effettuare la
pianificazione; conseguentemente avremo un minore livello di
dettaglio quando ci spostiamo verso l’alto.
Un’ulteriore differenza con i dati operativi sta nel fatto che i
processi informazionali, e tali sono quelli da cui scaturiscono le
informazioni per il controllo e per la pianificazione, riguardano dati
attuali e storici. Per finire le informazioni per la pianificazione
ricevono anche dati dall’ambiente esterno, una volta acquisiti ed
elaborati.
4 L’intervento sui processi
Per realizzare il nostro obiettivo della creazione di un nuovo
sistema informativo tramite “l’approccio sui processi” dobbiamo
necessariamente partire con degli interventi di miglioramento degli
stessi; da notare come in questo primo capitolo andiamo a
considerare solo elementi organizzativi, lasciando per il futuro una
visione maggiormente orientata all’informatica, per cui nel
prossimo capitolo il miglioramento dei processi sarà compreso
all’interno del percorso che porta alla realizzazione materiale del
nuovo sistema informativo con l’uso dell’Enterprise Model.
Il percorso, limitato al disegno dei nuovi processi, inizia con la
descrizione della situazione attuale, attraverso modelli per la loro
rappresentazione e analisi. Esistono parecchie tecniche per la
modellazione, tra queste si annoverano sia modelli “tradizionali”
mutuati dall’analisi organizzativa e dall’analisi dei sistemi
informativi, quali le carte di processo, i diagrammi di flusso, i “Data
Flow Diagram” che rivestono una notevole importanza all’interno
del nostro discorso, la tecnica SADT/IDEF 0, sia modelli più
innovativi quali ad esempio l’Action Diagram Workflow o i
diagrammi delle attività presi dall’UML (questo lo analizzeremo nel
dettaglio in un capitolo successivo).
Una volta rappresentato il processo attuale passiamo alla fase di
diagnosi che mira ad evidenziare su quali componenti e su quali
attività si concentrano le attuali criticità ed in che cosa consistono,
nonché a stabilire delle misure capaci di quantificarle e pertanto
utilizzabili per definire obiettivi concreti di cambiamento.
Queste indicazioni rappresentano pertanto dei "requisiti" per la
successiva fase di riprogettazione. Anche in questo caso sono
presenti svariate tecniche, che riportiamo nella figura 1.4 seguente,
che presentano caratteristiche e obiettivi di intervento diversi; in
alto nella figura sono introdotte le tecniche usate principalmente per
la modellazione mentre in basso riportiamo quelle che consentono
la diagnosi dei processi.