La difficolt principale nell attuazione di tale programma
scientifico risiede, a parere di Betts, nel fatto che una delle
discipline coinvolte, la scienza militare, non possiede uno status
accademico riconosciuto: questo si traduce alternativamente in uno
scarso sviluppo teorico degli studi strategici o in una loro
marginalizzazione, se non addirittura esclusione, dall universo
delle scienze sociali. La soluzione piø comune del dilemma
consiste nel trovare rifugio in altre discipline, soprattutto la
storia militare o la scienza politica, ma anche questa soluzione
non Ł esente da difetti: in primo luogo, la maggior parte degli
storici militari lavora in istituzioni dell esercito, ci che
potrebbe causare la trasformazione delle conoscenze riguardanti
gli affari militari in un sistema chiuso; in secondo luogo, la
scienza politica, essendo una disciplina eclettica nell agenda e
nei metodi, ha s potuto accogliere sotto il suo tetto gli studi
strategici, ma questi ultimi devono ora pagare il prezzo del
declino della visione realista, a cui si sono legati durante la
guerra fredda, vedendosi preclusa ogni possibilit futura di
sviluppo, e forse persino di sopravvivenza. A molti, infatti,
sembra inutile sprecare tempo e risorse per studiare la guerra,
quando sia quel tempo sia quelle risorse potrebbero essere meglio
impiegati per renderla non piø necessaria. Ad ogni modo, secondo
Betts, l accettazione della perenne attualit del fenomeno guerra,
che sta alla base degli studi strategici, ha la stessa dignit
dell ottimistica fiducia nella sua progressiva obsolescenza e
questa, da sola, sarebbe una motivazione sufficiente per accordare
uno status scientifico ed accademico agli studi strategici
2
.
A questo punto Ł per opportuno aprire una parentesi, dal momento
che nel panorama contemporaneo delle scienze sociali non Ł cos
scontata l attribuzione agli studi strategici della competenza a
studiare il fenomeno guerra: in un dibattito sul concetto di
strategia ospitato nel 1990 sulle pagine di Sociology , M. Shaw3
2
Cfr. R.K.Betts, Should strategic studies survive?, World Politics , 1997,
pp.22-26.
3
M.Shaw, Strategy and social process: military context and sociological
analysis, Sociology , 1990, pp.469-72.
sostiene, ad esempio, che la guerra Ł un fenomeno sociale
complesso e, quindi, non pu essere studiato principalmente, od
esclusivamente, in termini di strategie degli attori coinvolti.
Per questo motivo, gli studi strategici hanno diritto di esistere
non quale campo disciplinare a se stante, ma solo in quanto parte
degli studi sulla guerra e sulla pace4: soltanto cos essi
potranno mantenere una loro coerenza teorica, basata sull analisi
ristretta dell impatto della tecnologia militare sulle relazioni
tra gli Stati (secondo quanto suggerito da B.Buzan)5, e dunque
sopravvivere. A parere di Shaw, le recenti proposte di ampliamento
dello spettro di analisi degli studi strategici andrebbero quindi
valutate come manifestazioni di imperialismo intellettuale : in
particolare, l accoglimento della definizione di L.Freedman, che
dipinge la strategia come il modo in cui le persone procedono nel
determinare e raggiungere i loro obiettivi in opposizione le une
alle altre , annullerebbe ogni distinzione di principio tra gli
studi strategici e una scienza politica che utilizzi un
approccio strategico6; inoltre, questa operazione di trasferimento
dell approccio strategico ad altri campi della vita sociale
rischia di apparire come un espediente per mascherare le sue
cattive performances nel settore di origine.
Betts, comunque, dimostra di non leggere le riviste di sociologia
o di non essere molto interessato ai limiti di un analisi
strategica dell uso della forza militare, poichØ ribadisce
esplicitamente la perdurante importanza degli studi strategici, in
quanto la comprensione di ci che la forza pu ottenere in una
specifica situazione non pu essere il frutto delle teorie delle
relazioni internazionali correnti o derivare dall applicazione del
modello della scelta razionale; tale comprensione dipende
dall analisi dell interrelazione di tecnologia, organizzazione e
4
Un importante argomentazione a sostegno di questa tesi consiste nell osservare
che l analisi delle conseguenze non volute dei piani strategici e degli effetti
imprevisti del cozzo tra differenti interessi e corsi d azione non Ł (e forse
non pu neppure essere) presa in considerazione dagli studi strategici.
5
Cfr. B.Buzan, People, States and fear, Harvester Wheatsheaf, New York 1991,
p.23.
6
Cfr. M.Shaw, Strategy, cit., p.471.
dottrine militari con le circostanze politico-geografiche della
situazione in esame7.
Ci che Betts non spiega (o non vuole o non Ł in grado di
spiegare) Ł che cosa succede se il contesto politico-geografico
viene dato per scontato. La questione non Ł di secondaria
importanza, come testimoniano le difficolt incontrate dagli studi
strategici del dopo-guerra fredda, che hanno tentato di applicare
le teorie elaborate durante l epoca della rivalit tra Stati Uniti
e Unione Sovietica ad una situazione profondamente mutata: solo
quando questo tentativo si Ł rivelato fallimentare Ł divenuta
chiara la portata dell avvertimento di G. Crow8, secondo il quale
bisogna avere sempre ben presente che il contesto istituzionale ,
entro cui si realizza il comportamento strategico Ł assunto come
dato solo a fini metodologici, donde l importanza di un attenta
considerazione dell interrelazione tra l analisi strategica e
quella istituzionale, per tracciare un quadro piø completo della
realt .
Il problema Ł, per , che la realt contemporanea si chiama
globalizzazione , la quale, come ha osservato recentissimamente
J.M.GuØhenno sulle pagine di Survival 9, Ł un processo che muta
non solo il contesto esterno nel quale gli Stati operano, ma anche
la natura degli Stati e delle comunit politiche: l idea stessa di
una comunit umana autonoma, che persegue (democraticamente o
meno) i propri interessi, viene messa in discussione. Quindi,
anche se a prima vista potrebbe sembrare che la strategia abbia
gi dovuto misurarsi due volte con la globalizzazione nel corso di
questo secolo (in occasione delle due guerre mondiali), si rende
necessario un totale ripensamento del suo significato e del suo
scopo, in quanto la globalizzazione ai giorni nostri non consiste
soltanto nell interazione globale delle entit politiche esistenti
e neppure soltanto nell irrompere sulla scena di nuovi attori in
7
Cfr. R.K.Betts, Should strategic studies survive?, cit., p. 7.
8
Cfr. G.Crow, The use of the concept of strategy, Sociology , 1989, pp.16-17.
9
Cfr. J.M.GuØhenno, The impact of globalisation on strategy, Survival , 1999,
p.7.
competizione con tali entit . L elemento caratterizzante
dell attuale processo di globalizzazione Ł costituito
dall indebolimento delle comunit politiche che fungevano da
intermediari tra gli individui e il mondo esterno: la necessit di
elaborare nuovi concetti strategici, secondo GuØhenno, deriva dal
fatto che le minacce alla sopravvivenza delle comunit politiche
possono provenire anche dall interno (e non piø solo dall esterno)
e sono spesso causate dall invocazione di quel principio di
autodeterminazione che aveva costituito la fonte principale della
legittimazione del loro potere.
Il radicale mutamento del contesto politico-istituzionale entro il
quale si compie l azione strategica non implica, tuttavia, che
l analisi strategica perda d importanza, anzi pu essere il
preludio di una nuova era di fioritura: infatti, sostiene
GuØhenno, se Ł vero che gli Stati stanno perdendo il controllo
diretto della situazione, non Ł detto che stiano proporzionalmente
perdendo la loro influenza, poichØ gli attori non statali possono
essere visti non solo come rivali, ma anche come strumenti
indiretti della politica e, talvolta, anche partner: questo
significa che gli studiosi di strategia saranno chiamati a nuovi
compiti, ma non scompariranno.
Come osserva J.S.Nye10, Ł ridotto il pericolo che gli studi
strategici divengano irrilevanti per gli interessi correnti, se
non altro perchØ i periodi di ristrutturazione delle relazioni di
potere sono sempre stati associati, fin dai tempi di Tucidide, con
lo scoppio delle guerre.
10
Cfr. J.S.Nye, The contribution of strategic studies: Future challenges,
Adelphi Papers , 1989, p.29.
3.2 Un’agenda per gli studi sulla sicurezza nella realtà contemporanea.
Secondo J.Huysmans11, la superficialit dei tentativi di
cambiamento degli studi sulla sicurezza Ł dovuta al fatto che essi
si sono tradotti in una semplice aggiunta di aggettivi al
sostantivo sicurezza, senza analizzare adeguatamente ci che il
sostantivo stesso implica. Prendendo in considerazione le
questioni ambientali, che molti studiosi ritengono meritevoli di
inclusione nell agenda della disciplina, Huysmans nota che nessuno
si Ł mai posto le seguenti domande: come cambia la nostra
comprensione delle questioni ambientali se le trattiamo come
questioni di sicurezza? Oppure, ancora piø importante: che cosa
rende possibile
parlare di questioni di sicurezza in riferimento a problematiche
del tutto differenti, come quelle militari e quelle ambientali?
A parere di Huysmans, non Ł neppure sufficiente il mutamento
invocato da Baldwin, il quale sostiene che gli studi sulla
sicurezza dovrebbero estendere la loro analisi anche a settori
differenti da quello militare, perchØ solo cos si potrebbe
effettuare una comparazione tra la sicurezza nazionale e altri
scopi ugualmente degni di attenzione12: infatti, il vero problema
non consiste nel determinare quanto la sicurezza sia importante,
ma nel decidere se per un certo problema vogliamo adottare o meno
un approccio basato sulla sicurezza.
L agenda degli studi sulla sicurezza nella realt contemporanea
non pu essere ampliata semplicemente aggiungendo nuovi problemi
al suo ambito d indagine, ma solo occupandosi maggiormente delle
implicazioni che un applicazione dell etichetta questione di
sicurezza pu avere; questo anche perchØ, come lo stesso Huysmans
11
Cfr. J.Huysmans, Security! What do you mean? From concept to thick signifier,
European Journal of International Relations , 1998, pp. 226-55.
12
Cfr. D.Baldwin, Security studies, cit., p.127.
nota in un altro saggio
13
, in un mondo come quello del dopo-guerra
fredda, nel quale si assiste ad una crescita esponenziale dei
rischi, il processo di trasformazione dei problemi in questioni di
sicurezza pu rivelarsi inefficace al fine di ordinare
gerarchicamente le minacce, assegnando ad alcune una posizione
prioritaria.
L agenda suggerita da Huysmans implica un totale rovesciamento
delle raccomandazioni di Walt, secondo il quale gli studi sulla
sicurezza si legittimano in quanto forniscono la miglior
comprensione possibile dei problemi di sicurezza, e quindi
aumentano le possibilit di opporre delle contromisure efficaci
alle minacce: gli studi sulla sicurezza, seguendo la strada
indicata da Huysmans, potrebbero infatti scoprire che la sicurezza
Ł soltanto un modo di organizzare le relazioni sociali, e forse
neppure il piø efficace; ci significherebbe la fine delle
ambizioni degli studi sulla sicurezza quale disciplina accademica
e quale settore della conoscenza con un immediata rilevanza per il
policy-making.
Un agenda consistente nell esplorazione del significato stesso di
sicurezza potrebbe, infatti, condurre alla delegittimazione della
concezione tecnocratica e manageriale del campo disciplinare,
tramite la constatazione che sicurezza significa senso di libert
dalle minacce e quindi non pu esistere senza queste ultime: in
altri termini, precisa Huysmans, si potrebbe sostenere che la
pretesa degli studi sulla sicurezza waltiani di contribuire alla
creazione di un mondo piø sicuro Ł priva di fondamento, dal
momento che la sicurezza non pu esistere senza l insicurezza.
D altra parte, gli studi sulla sicurezza non potrebbero piø
sperare in una rilevanza politica simile a quella dei tempi della
guerra fredda se la loro agenda consistesse nella riflessione
sulle implicazioni delle politiche di sicurezza, perchØ ci
comporterebbe in pratica la possibilit di mettere in discussione
tali politiche, dimostrando che si potrebbe anche adottare un
13
Cfr. J.Huysmans, Revisiting Copenhagen. Or, on the creative development of a
security studies agenda in Europe, European Journal of International
Relations , 1998, pp.479-505.
approccio differente per ordinare la realt in modo
soddisfacente14.
Nella contrapposizione tra le opposte visioni di Huysmans e di
Walt sembra trovare un eco il problema individuato da D.Baldwin
15
,
secondo il quale gli studiosi di sicurezza, nonostante si
definiscano tali, non sono realmente interessati ad essa, ma la
usano soltanto come etichetta con funzione di legittimazione in
ambito accademico e politico: Baldwin propone come soluzione una
piø accurata analisi concettuale, ma questa sembra insufficiente
ad Huysmans, perchØ, in un certo senso, procede separatamente da
un agenda che Ł largamente preesistente
16
. Bisogna invece
considerare come l enunciazione del termine sicurezza in
contesti differenti possa fargli assumere significati differenti,
causando differenti conseguenze: questo tipo di analisi deve
costituire l agenda degli studi sulla sicurezza nel dopo-guerra
fredda.
Con l adozione di una tale agenda si potrebbe ottenere il positivo
effetto di eliminare l etnocentrismo, difetto dominante del
passato anche recente, senza tuttavia correre il rischio,
prefigurato da Walt, di un eccessivo isolamento dai problemi
reali. Anzi, secondo Huysmans
17
, di questo isolamento sono
colpevoli gli studiosi waltiani di International Security che,
inserendo le dinamiche politiche concrete nel quadro teorico solo
per corroborare o falsificare le loro ipotesi, mantengono separata
l indagine teorica da quella empirica; per giunta, spesso le
teorie statunitensi sono state esportate all estero ed applicate a
problemi che potessero confermarne la validit , esasperando gli
effetti dell etnocentrismo e impedendo la formazione di un agenda
alternativa, che rompesse con gli schemi tradizionali.
14
Questa funzione ordinante Ł, secondo Huysmans, lo scopo principale della
politica.
15
Cfr. Cap. 1, par.3.
16
Confrontando le opinioni di D.Baldwin e di J.Huysmans si pu osservare che
esse sono divergenti alle fondamenta: Baldwin sostiene infatti esplicitamente
che Ł piø utile, ai fini della conoscenza, separare l analisi concettuale dalla
ricerca empirica (cfr. D.Baldwin, The concept, cit., p.8).
17
Cfr. J.Huysmans, Revisiting Copenhagen, cit., pp.484-85.
Tuttavia, il lavoro della scuola di Copenhagen sta dimostrando,
secondo Huysmans, che l elaborazione di un agenda creativa e
autonoma rispetto a quella tracciata dagli studiosi di cultura
anglosassone Ł possibile, soprattutto se l analisi teorica procede
di pari passo con quella empirica: i conflitti etnico-
nazionalistici susseguenti alla caduta dell impero sovietico e
l incremento del flusso migratorio dai paesi del Terzo Mondo sono
stati, infatti, alla base di una trasformazione sostanziale
dell agenda degli studi sulla sicurezza, attuata mediante
l inclusione al suo interno dell argomento identit , che era
stato implicitamente soppresso con l adozione dell ottica
neorealista.
Quest ultima, come osserva M.Williams, escludendo l identit non
ha affatto inteso negare l importanza delle norme, dell etica e
dei valori nelle relazioni di sicurezza, come comunemente si
crede, bens ha tentato, inserendosi nel solco della tradizione
hobbesiana, di eliminare dall ambito della politica tutti i
fattori irrazionali e non materiali, percepiti come fonte di
conflitti potenzialmente incontrollabili, e ha ridotto il problema
della sicurezza ad una pura questione di capacit militari
18
: il
fatto che durante la guerra fredda gli studi sulla sicurezza si
siano concentrati sulle variabili militari non Ł stato dovuto
tanto all avvento dell arma atomica, quanto all influenza della
tradizione hobbesiana sul pensiero occidentale, che potrebbe
condizionare anche il futuro, quantomeno sul breve periodo.
¨ significativo che le ricerche sull autonomo potere delle idee ,
incluse da S.M.Walt nell agenda degli studi sulla sicurezza
presenti e futuri
19
, consistano semplicemente in un analisi di
quella cultura strategica che, come si Ł visto, costituisce uno
dei settori emergenti del pensiero strategico: viene cos a
ricrearsi la sovrapposizione dell agenda degli studi strategici
con quella degli studi sulla sicurezza, e non viene aggiunto nulla
18
Cfr. M.Williams, Identity and the politics of security, European Journal of
International Relations , 1998, p.215.
19
Cfr. S.M.Walt, The Renaissance, cit., p.225.
di paragonabile ai problemi identitari, perchØ ci significherebbe
alterare l intera cornice neorealista della disciplina.
Ancora piø significativa Ł la possibilit di un mutamento
nell agenda degli studi sulla sicurezza mediante la constatazione
che la sicurezza concerne minacce eccedenti la capacit di
controllo degli attori: a differenza di S.M.Walt, che aveva
sostenuto la centralit dell indagine sulle variabili
manipolabili
20
, i membri della scuola di Copenhagen intendono
l agenda degli studi sulla sicurezza come un tentativo di
comprendere il processo di costruzione dei problemi della
sicurezza, il quale non Ł affatto dominabile da singoli attori: al
contrario, esso richiede l intervento di securitizing actors, che
definiscono il problema di sicurezza, e di functional agents, che
influenzano le dinamiche della sicurezza, senza peraltro
partecipare alla definizione del problema stesso.
L agenda degli studi sulla sicurezza del dopo-guerra fredda deve
dedicare la massima attenzione ai functional agent, che sono
costituiti eminentemente dai vari gruppi sociali presenti
all interno degli Stati: come i recenti conflitti etnici in Europa
Orientale stanno a dimostrare, non Ł piø lo Stato-organizzazione
il protagonista dei problemi di sicurezza e non Ł piø la sovranit
lo scopo principale che le politiche di sicurezza devono
perseguire; un ruolo centrale Ł stato invece assunto dalle societ
(nel caso appena menzionato i gruppi nazionali) e il fine
fondamentale Ł diventata la sicurezza sociale, cioŁ la protezione
delle identit sociali.
20
Ivi, p.212.