60
voro.
E’ bene premettere che si tratta di un settore particolarmente
delicato visto che il diritto alla riservatezza potrebbe essere fa-
cilmente soggetto a compressione a causa della particolare
posizione in cui si viene a trovare il lavoratore nell’ azienda.
A conferma di questo è sufficiente ricordare come la configu-
razione tradizionale del rapporto di lavoro, rappresentata oltre
che dalle due obbligazioni principali - di lavoro e di retribuzione
– anche da una serie di altri obblighi e doveri reciproci fra le
parti, attribuiva al datore di lavoro una posizione eminentemen-
te attiva, di iniziativa o di preminenza, e al lavoratore una posi-
zione passiva, di soggezione.
Una modifica di tale assetto del rapporto fu realizzata dal-
l’ intervento legislativo dello Statuto dei lavoratori -- ed in
parte anche dalla disciplina collettiva – grazie ai quali si ridusse-
ro drasticamente gli aspetti di soggezione del lavoratore, attri-
buendogli posizioni attive di controllo in ordine a diversi
aspetti dell’ attuazione del rapporto e limitando, dall’ esterno,
l’ esercizio dei poteri dell’ imprenditore.
61
Si possono pertanto individuare due interessi contrapposti,
quello dell’ imprenditore che si manifesta nell’ esercizio di un
potere giuridico di organizzare il lavoro altrui e quello del lavora-
tore all’ impiego corretto delle sue energie e solo di esse.
L’ equilibrio tra i due interessi tuttavia diventa instabile tutte le
volte in cui il potere organizzatorio sconfina dal mero compito di
conformazione delle energie ed invade la sfera personale e pri-
vata dell’ erogatore delle stesse.
Perché tale equilibrio sia restaurato appieno è opportuno assi-
curare una sorta di spersonalizzazione della prestazione di
lavoro che la depuri da ogni coinvolgimento di elementi
personali potenzialmente comprimibili (
1
).
Questa esigenza ha trovato dapprima riscontro nelle disposi-
zioni del titolo primo dello Statuto, con la previsione di concrete
garanzie contro ogni attentato alla libertà morale, alla dignità e
alla riservatezza del lavoratore.
Quest’ ultimi sono beni che connotano il bagaglio della per-
sona e come tali esulano dalla sfera di esercizio del potere di
1
Veneziani, L’art. 4 legge 20 maggio 1970, n. 300: una norma da riformare”, in Rivista
giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 1991, p. 81.
62
disposizione del datore di lavoro in relazione alla materiale
utilizzazione della forza-lavoro prevista dalla obbligazione con-
trattuale.
Recentemente tale esigenza di riequilibrare gli interessi con-
trapposti, alla luce soprattutto del fenomeno delle banche
dati aziendali, si è manifestata con l’ introduzione della legge
n. 675/1996 sulla “ tutela delle persone e di altri soggetti rispetto
al trattamento dei dati personali ”.
E’ chiaro che le principali novità introdotte da tale legge - il
diritto di informazione sull’ esistenza del trattamento dei dati
personali, quelli di accesso, di controllo e correzione dei dati
inesatti, il diritto all’oblio, unitamente all’istituzione del Garante -
rappresentano altrettanti strumenti posti a garanzia che il trat-
tamento dei dati personali del lavoratore, non travalichi i limiti
fissati dalla normativa lavoristica alle possibilità di conoscerli ed
usarli da parte del datore di lavoro.
63
2. LA RISERVATEZZA PRIMA DELLO STATUTO DEI
LAVORATORI
In materia di diritto del lavoro la riservatezza, nella sua acce-
zione primordiale, proprio perché costruita intorno al nucleo del
riserbo della vita domestica, della non ingerenza in vicende
private, sembrava essere estranea alla logica del contatto so-
ciale propria dei contratti, come quelli di lavoro, dove l’intuitus
personae gioca un ruolo di permanente rilievo.
La conclusione del contratto, così come il permanere del vin-
colo contrattuale, sono strettamente legati alla valutazione
della persona del contraente.
Da questo punto di vista, la disciplina del contratto di lavoro
subordinato ha indubbiamente costituito la frontiera avanzata
del diritto alla riservatezza.
E ciò perché l’ intensità dell’ implicazione della persona del
prestatore nel rapporto determina necessariamente in sede di
stipulazione del contratto una parziale rinuncia, da parte dello
stesso prestatore, alla tutela della propria riservatezza nei con-
fronti del datore di lavoro.
64
Il problema non era quello di decidere se il lavoratore godesse
o meno dei diritti inviolabili di una comune persona, bensì quello
di determinare i limiti dell’autonomia privata in questa materia
(
2
).
Prima dell’ entrata in vigore dello Statuto dei lavoratori, in as-
senza di qualsiasi possibile riferimento ad una disciplina legislati-
va esplicita, il problema poteva essere risolto solo attraverso
un’ opera dottrinale e giurisprudenziale di definizione rigorosa
della causa tipica del contratto di lavoro subordinato, anche
alla luce dei principi non solo costituzionali (
3
), ed una conse-
guente delimitazione della subordinazione tecnica del prestato-
re al datore di lavoro (
4
), individuando spazi di tutela del ri-
serbo, dell’ isolamento materiale e psicologico; i limiti al sa-
crificio della riservatezza del lavoratore potevano quindi essere
individuati facendo riferimento ai limiti della prestazione lavora-
2
“ La peculiarità del rapporto di lavoro costituita dall’immanenza della stessa persona del
lavoratore nel contenuto del rapporto (…) esige una disciplina speciale del contratto (…)
destinato a limitare in maniera più penetrante l’autonomia delle parti, appunto per la
tutela della persona del prestatore di lavoro”. Mengoni , Contratto e rapporto di lavoro
nella recente dottrina italiana, 1975, pp. 676- 677.
3
Il diritto alla riservatezza del prestatore di lavoro, trova il suo fondamento normativo oltre
che nell’art. 41, 2 comma, Cost., anche nell’art. 2087 cod. civ., che impongono al
contraente-datore di lavoro di non esercitare la sua posizione economicamente e
contrattualmente dominante in modo tale da ledere la dignità e la personalità morale del
lavoratore. Accanto a queste disposizioni generali altri precetti costituzionali (come gli artt.
32 e 24 Cost.) sono stati poi utilizzati per colmare le aree vuote di diritto sì da costruire una
rete di protezione avverso le intrusioni-aggressioni del datore di lavoro.
4
Mancini, La responsabilità contrattuale del prestatore di lavoro, 1957.
65
tiva dedotta in contratto, ed ai corrispondenti limiti del po-
tere di controllo che su tale prestazione poteva esercitare il
datore di lavoro.
Si tratta, in particolare, di contesti e situazioni in cui emergono
taluni profili del contenuto originario del diritto alla privacy che
appartengono all’ individuo in quanto tale e che sono perciò
espressione di una sorta di ultra-operatività di principi e di-
sposizioni in gran parte mutuati da altri settori dell’ordinamento
( principalmente da quello civilistico ).
Per questa via sono stati raggiunti alcuni importanti risultati,
come quello di escludere che il contratto di lavoro potesse as-
soggettare il lavoratore a controlli da parte del datore di lavoro
su aspetti della sua vita irrilevanti rispetto alla corretta esecuzio-
ne della prestazione lavorativa (
5
); o quello di escludere l’ e-
sistenza di un obbligo precontrattuale, a carico del lavorato-
re, di informare il datore di lavoro su fatti o circostanze irrilevanti
ai fini della valutazione della sua attitudine professionale(
6
); op-
pure quello di escludere la legittimità di forme di controllo
5
Ved. Smuraglia, La persona del prestatore nel rapporto di lavoro, pp. 284 ss.
6
Ved. Romagnoli, Sulla rilevanza della reticenza del prestatore di lavoro come “culpa in
contrahendo”.
66
vessatorio e spionistico all’ interno dell’ azienda lesive della
dignità e della libertà morale del lavoratore, e comunque esor-
bitanti dai limiti della subordinazione tecnica di cui si è detto in
precedenza (
7
).
Furono, in questo modo, significativamente anticipati alcuni
dei contenuti più indicativi dello Statuto, anche se non poteva
essere data una soluzione sicura ad altri importanti problemi,
quali ad esempio quello della definizione delle modalità prati-
che di attuazione dei controlli a distanza mediante impianti
audiovisivi, degli accertamenti sanitari sulla persona del lavora-
tore, e delle perquisizioni all’ uscita del luogo di lavoro.
In assenza di una normativa legislativa specifica non poteva
escludersi sempre con sicurezza la validità del consenso
prestato dal lavoratore alle multiformi aggressioni portate
dalla prassi aziendale contro la sua riservatezza in nome delle
esigenze ‘ obiettive ’ dell’ organizzazione produttiva (
8
).
Una testimonianza esemplare di quale fosse, negli anni pre-
cedenti all’ elaborazione ed approvazione dello Statuto dei
7
Ved. Ghezzi, Polizia privata nelle imprese e tutela dei diritti costituzionali dei lavoratori e
Pera, Responsabilità dell’imprenditore per omessa tutela della personalità del lavoratore,
p. 219.
8
Ichino, Diritto alla riservatezza e diritto al segreto nel rapporto di lavoro, 1979, pp. 54- 55.
67
lavoratori, il grado di tutela dei diritti del lavoratore in azienda,
ci perviene da uno scritto di Crisafulli (
9
) del 1954 in cui si può
leggere come “ è un dato di comune esperienza che tali diritti
( ovvero quelli individuali garantiti dalla nostra Costituzione )
subiscono gravissime menomazioni, fino ad essere addirittura
soppressi, all’interno delle aziende lavorative, e più in generale
sui luoghi di lavoro.
Forte del contratto individuale di lavoro e del regolamento di
impresa, l’imprenditore esercita il più delle volte i propri poteri di
supremazia sui lavoratori dipendenti ignorandone puramente e
semplicemente la personalità di cittadini, cui la Costituzione
attribuisce una serie di libertà fondamentali ”.
Quasi anticipando i principi che nei vent’ anni successivi
saranno codificati nella Carta dei lavoratori, così conclude
l ‘ Autore: “ i diritti fondamentali spettanti ai lavoratori come ad
ogni soggetto, in base alla Costituzione della Repubblica, non
possono dunque subire, all’ interno dell’ azienda, altre limitazioni
al loro esercizio che non siano quelle strettamente indispensabili
9
Crisafulli, Diritti di libertà e poteri dell’imprenditore, in Rivista giuridica del lavoro, 1954,
pp. 67 ss.
68
per il normale esplicamento della prestazione lavorativa.”
69
3. IL PRIMO ESPRESSO RICONOSCIMENTO
LEGISLATIVO DEL DIRITTO ALLA PRIVACY : LO
STATUTO DEI LAVORATORI
Appare paradossale che
“ un diritto tipico dell’ ‘ età dell’oro della borghesia ’ trovi il suo
pieno riconoscimento nella carta dei diritti dei lavoratori ”.
(Rodotà, Tecnologie e diritti, 1995)
Con l’entrata in vigore dello Statuto, il sistema di comando e di
controllo al quale i lavoratori si assoggettano mediante il con-
tratto di lavoro viene ricostruito su nuove basi, col duplice effet-
to di arricchire i nuovi contenuti la causa tipica del contratto, e
di porre alcuni limiti specifici all’ autonomia individuale in
materia di disponibilità dei diritti della persona.
Particolarmente importanti sono, da questo punto di vista, i li-
miti alla disponibilità dei diritti di riservatezza posti dallo Statuto
con le norme che disciplinano il controllo ( diretto, attraverso il
personale di vigilanza ex art. 3, o a distanza, ex art. 4, 2°, 3° e 4°
comma) della prestazione di lavoro, vietando controlli occulti o
con modalità (impianti audiovisivi ed altre apparecchiature, ex
70
art. 4, comma 1) ritenuti vessatori, oppure svolti a mezzo di sog-
getti ( guardie giurate, art. 2 ) a cui è riservato il solo compito di
salvaguardare il patrimonio aziendale.
Poi ci sono altre due disposizioni: l’ art. 5 in tema di accerta-
mento sullo stato di malattia del lavoratore e l’ art. 6 concernen-
te le visite personali di controllo.
La specificità delle due norme si evidenzia anzitutto in relazio-
ne all’ oggetto del controllo che non riguarda la prestazione di
lavoro, in più, entrambe le disposizioni, coinvolgono, in manie-
ra più evidente rispetto alle norme precedenti, la riservatezza
del lavoratore in quanto consentono intrusioni ( a fini diagnostici
o di tutela del patrimonio aziendale ) sulla sua persona seppure
articolate individuando specifici ambiti e finalità entro i quali il
lavoratore può essere legittimamente richiesto di disporre della
propria riservatezza.
Ma è nel successivo art. 8 dello Statuto dei lavoratori, la nor-
ma-principio che formalizza e incardina il diritto di riservatezza
del lavoratore, giacché, secondo l’ usuale tecnica del divieto,
contorna la sua persona di una zona di rispetto impedendo
71
al datore di lavoro di indagare - anche a mezzo di terzi - al fine
di conoscere le sue opinioni politiche, sindacali o religiose
nonché i fatti non rilevanti per la valutazione delle sue attitudini
professionali.
Può dirsi, allora, che accanto alle ipotesi di tutela del riserbo,
dell’ isolamento materiale e psicologico del lavoratore, come
tali ascrivibili al contenuto ‘primordiale’ del diritto alla privacy, il
proprium della disciplina lavoristica sta proprio nel predetto art.
8 (
10
).
A questo punto non è difficile risolvere il contrasto dottrinale
tra chi ha indicato nello Statuto l’ atto di nascita del ‘diritto alla
riservatezza’ del lavoratore subordinato (
11
) e chi ha invece
interpretato le norme statutarie come specificazione di un prin-
cipio generale preesistente (
12
).
In entrambe le tesi è contenuto un nucleo di verità: se è vero
10
Chieco, Il diritto alla riservatezza del lavoratore, in Giornale di diritto del lavoro e di
relazioni industriali, 1998, pp. 22- 23.
11
“ Di un diritto ‘naturale’ di riservatezza a favore del lavoratore nei luoghi di lavoro e
nello svolgimento di un’attività dovuta al creditore di lavoro, non può certo parlarsi (...).
Piuttosto deve dirsi che il legislatore dal 1970 ha creato (…) questo diritto alla riservatezza
che discende, almeno in certi limiti, dalla normativa in discorso”. Pera, Lezioni di diritto del
lavoro, a commento degli artt. 4 e 6 dello Statuto, 1977, p. 495.
12
Come ad esempio il Romagnoli, in Statuto dei diritti dei lavoratori, la cui affermazione
sulla preesistenza di un diritto generale di riservatezza del prestatore di lavoro, al pari di
ogni altro cittadino, si colloca nel contesto del commento all’art. 8 dello Statuto, 1972, pp.
135- 137.
72
che con la stipulazione del contratto di lavoro subordinato il
prestatore necessariamente sacrifica - in maggiore o minore
misura - tali diritti, assoggettandosi al potere di controllo del
datore di lavoro, è però anche vero che questo assoggetta-
mento contrattuale non poteva, neanche prima dell’entrata in
vigore dello Statuto, concretarsi in una rinuncia totale alla pro-
pria riservatezza da parte del lavoratore; ed in ogni caso il con-
tratto non avrebbe mai potuto pregiudicare la tutela della
riservatezza del lavoratore contro illeciti extracontrattuali del
datore di lavoro, ed in particolare contro le indagini ed i
controlli da questo svolti o promossi in modo scorretto, o senza
giustificato motivo, sulla vita privata del proprio dipendente
(
13
).
13
Ichino, Diritto alla riservatezza e diritto al segreto nel rapporto di lavoro, 1979, pp. 59- 60