1. L‘IMPRESA TURISTICA NELL'ECONOMIA EUROPEA
L’arresto della positiva tendenza dell’economia asiatica nel 1998
4
, se a
livello mondiale ha generato effetti negativi
5
, nell’area dell’Euro ha
determinato impatti moderati
6
, considerato che il PIL ha registrato un
incremento dello 0,3% grazie ad un buon andamento della domanda, anche se
a ciò non è corrisposto un migliore funzionamento del mercato del lavoro, che
comunque ha riportato un tasso medio di disoccupazione dell’11%. Soltanto
quando vi è stata un’evidente ripresa della domanda estera (indotta dal
progressivo deprezzamento dell’Euro) rispetto alla riduzione dei consumi
(causata dalla perdita del potere di acquisto per il rialzo dei prezzi petroliferi),
4
Le organizzazioni economiche internazionali hanno individuato tra le cause
principali della crisi asiatica la mancanza di trasparenza e fragilità dei sistemi bancari
e finanziari, gli investimenti concentrati in particolari settori (soprattutto in quelli
immobiliari), il forte legame con il dollaro statunitense. L’insieme di queste
componenti ha fatto registrare bassi tassi di crescita del PIL, inizialmente a paesi
come il Giappone, il quale per anni ha avuto una posizione dominante nell’economia
mondiale, e poi anche ad alcune nazioni asiatiche emergenti, tra cui Thailandia,
Filippine, Indonesia, Malesia e Corea del Sud, che hanno subito ingenti speculazioni
sulle valute nazionali, nonché alla Russia e all’America Latina, così da determinare
un instabilità economica globale che ha avuto ripercussioni sui prezzi del petrolio e
delle altre materie prime e sulla dinamica dei costi unitari del lavoro.
5
Il tasso di crescita del commercio mondiale è stato del 3,3% (9,9% nel 1997) ed il
PIL è aumentato del 2,1% (contro il 4,2% del 1997). Quest’ultimo indicatore, nel
1999, si è attestato intorno al 3%, come previsto dal Fondo Monetario Internazionale,
ma la ripresa – avutasi grazie anche ad una moderata impostazione espansiva delle
politiche di bilancio, soprattutto di quella monetaria, non più restrittiva ma orientata
ad un decollo dell’economia internazionale – non si è coniugata con uno sviluppo
occupazionale e complessivo, a causa della mancata attuazione di misure tese alla
ridistribuzione del reddito (ed in particolare della ricchezza prodotta) verso il fattore
lavoro (Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica,
1999).
6
La parte corrente della bilancia dei pagamenti dei Paesi dell’area dell’Euro è passata
da 60,3 miliardi di Euro del 1998 a 43,2 miliardi del 1999 (rispettivamente l’1% e lo
0,7% del PIL). In Italia tale percentuale è caduta dall’1,8% allo 0,9%.
L’indebitamento netto è sceso dal 2,8% all’1,9% del PIL, grazie alla diminuzione
della spesa per interessi passata dall’8,1% al 6,8% del Prodotto Interno Lordo e al
sostenuto aumento delle entrate fiscali e tributarie che hanno gravato sui redditi da
lavoro. Nel nostro Paese si è mantenuto sempre molto alto il rapporto debito
pubblico/PIL, che è stato del 114,9% con una riduzione dell’1,4% rispetto al 3,5% del
1998 (Banca Centrale Europea, 1999).
1. L‘IMPRESA TURISTICA NELL'ECONOMIA EUROPEA
si sono manifestati segnali di rilancio nella crescita economica europea.
Infatti, anche l’Italia e la Germania, che nel 1999 si sono distinte per uno
sviluppo ampiamente inferiore alla media
7
, hanno dimostrato una capacità di
rilancio
8
, favorita dalle prospettive di crescita dell’economia internazionale,
che sono state disattese, però, già a partire dal secondo semestre del 2000
9
fino al 2001, anno in cui l’economia dell’Unione Europea è stata
caratterizzata da un forte rallentamento, al punto che alcune politiche
macroeconomiche sono risultate inadeguate.
7
Nel 1999 Germania ed Italia hanno continuato ad avere ritmi di sviluppo inferiori
(con una variazione del PIL rispettivamente dell’1,8% e dell’1,6%) rispetto agli altri
Stati membri (in Francia la crescita è stata, ad esempio, del 3% mentre in Spagna
addirittura è stato raggiunto il 4,1%), a causa degli scarsi consumi interni derivanti da
bassi redditi familiari. In particolare, in Italia i consumi finali delle famiglie hanno
subito un rallentamento (appena 2,4% rispetto al 3,2% del 1998), per i ridotti
incrementi occupazionali, la mancanza di misure di sostegno del reddito, i limitati
aumenti dei salari, le politiche fiscali non favorevoli ai consumi ed alla ripresa
inflazionistica (dovuta all’aumento del prezzo del petrolio e, di conseguenza, dei costi
delle materie prime energetiche), al forte sovrapprezzo della quotazione del dollaro.
Diversa, invece, è stata la dinamica degli acquisti di beni strumentali da parte delle
imprese che hanno segnalato forti processi di accumulazione del capitale fisso (Banca
d’Italia, 2002).
8
In Italia, inoltre, la fase di espansione ciclica del sistema produttivo, dovuta
soprattutto alla ripresa del dinamismo delle esportazioni per l’innalzamento della
domanda estera, non è riuscita a colmare i differenziali negativi di crescita rispetto
agli altri partner europei a causa tra l’altro, di una scarsa competitività dei prodotti e
servizi in termini di prezzo e di qualità, e di una insufficiente dotazione
infrastrutturale.
9
Il tasso di crescita del PIL mondiale è, infatti, sceso dal 4,7% del 2000 all’1,9% del
2001, con una flessione nel trend di crescita, contravvenendo alle ipotesi ottimistiche
degli esperti, secondo i quali l’innovazione info-telematica avrebbe dovuto
contrastare le oscillazione cicliche. Anche quello relativo all’area dell’Euro, è
risultato poco vivace: mentre sono migliorate le esportazioni, a riflesso soprattutto
dell’andamento più sostenuto del commercio mondiale, gli investimenti hanno
continuato a presentare variazioni negative ed i consumi delle famiglie sono stati
condizionati dai timori sull’evoluzione del mercato del lavoro. Ad alimentare
l'incertezza dei consumatori, e quindi il rallentamento della spesa, si sono aggiunte la
debolezza dei mercati azionari e, infine, la percezione da parte degli stessi di ampie
fluttuazioni del tasso di inflazione (Prometeia, 2001; Organisation for Economic
Cooperation and Development, 2001).
1. L‘IMPRESA TURISTICA NELL'ECONOMIA EUROPEA
Attualmente, l’economia dell’Unione Europea dipende sempre meno
dall’industria e dall’agricoltura ed in misura rilevante dai servizi
10
, che
rappresentano il 67% del PIL ed il 65% dell’occupazione. É prevedibile che
questa tendenza proseguirà, accanto a quella di sperimentare un
consolidamento della produzione nelle attività a più alto valore aggiunto da
parte dei primi due settori
11
. L’aumento degli scambi e degli investimenti
esteri diretti ha comportato una graduale apertura delle economie nazionali
dell’Unione sia verso gli Stati membri sia nei confronti del resto del mondo: il
32% ed il 31% del PIL dell’Unione, attribuito rispettivamente alle esportazioni
ed alle importazioni effettuate alle soglie del Terzo Millennio, hanno
confermato la crescita a lungo termine del commercio dell’UE, nonostante la
presenza di fluttuazioni nel corso del ciclo economico; il 60% degli scambi
avuto luogo all’interno dello spazio comunitario hanno mostrato la reciproca
dipendenza tra i Paesi membri, sebbene sia contemporaneamente cresciuta
anche l’interdipendenza con il resto del mondo (Commissione Europea,
2001).
All’interno dell’Unione Europea, le economie dei singoli Paesi
presentano andamenti così differenziati che il contrasto tra le nazioni al
vertice e quelli nella parte bassa della graduatoria elaborata sulla base del PIL
a prezzi costanti è stridente. Esiste, ad esempio, un evidente divario tra gli
Stati membri dove il PIL pro capite (misurato in termini di standard di potere
di acquisto per indicare i livelli relativi di ricchezza) è pari o superiore alla
media dell’Unione Europea, e Spagna, Grecia e Portogallo, dove esso oscilla
tra il 67% e l’82% della suddetta media
12
. Tuttavia, questa disparità non è
10
Per un esame delle sfide e dei cambiamenti dell’Europa Occidentale negli ultimi
anni ed, in particolare, per un’analisi dettagliata delle tendenze evolutive dei settori
secondario e terziario si veda Pinder (1995).
11
Nella maggior parte dei paesi candidati all’adesione, produttività ed occupazione
sono ancora concentrate nell’agricoltura e nell’industria e, all’intero di queste, in
comparti a più basso valore aggiunto, determinando la necessità di una
ristrutturazione. Sebbene l’ampliamento dell’UE risulterà vantaggioso per tutti gli
Stati membri nel lungo periodo, a breve termine originerà pressioni per una veloce
riconversione, a causa dalla concorrenza crescente in un contesto in cui il basso
reddito ed il prodotto modesto già rendono più difficile l’attuazione della politica di
coesione.
12
Ciò si verifica nonostante una significativa convergenza conseguita dai tre paesi
indicati negli ultimi dieci anni. Considerati congiuntamente, il loro PIL pro capite è
aumentato dal 68% della media UE nel 1988 al 79% nel 1999. Esaminati
singolarmente, la differenza tra Spagna e Grecia e la media UE è diminuita di 9-10
1. L‘IMPRESA TURISTICA NELL'ECONOMIA EUROPEA
irreversibile: basti ricordare i progressi compiuti dall’Irlanda, che -
inizialmente compresa tra i Paesi meno prosperi dell’Unione con un PIL pro
capite pari soltanto al 70% della media comunitaria - ha raggiunto nel corso
degli anni un livello superiore al 14% della stessa. Sono, inoltre, da segnalare
anche ampie divergenze all’interno delle singole nazioni: le regioni più
prospere evidenziano un PIL medio pro capite del 60% superiore alla media
dell’UE e quelle meno favorite registrano un livello di quasi il 40% inferiore
13
(Commissione Europea, 2001). In particolare, queste ultime si possono
distinguere in due gruppi: alcune con tassi occupazionali vicini alla media
europea o addirittura superiori ad essa ma con gravi ritardi in termini di
produttività (Portogallo, Grecia e Germania orientale); altre sia con una
produttività minore al resto dell’Unione, sia con livelli di occupazione
addirittura inferiori alla media europea (Spagna ed Italia meridionale), che
rappresentano la causa più importante del PIL pro capite modesto.
Ciò conferma che, seppure notevoli passi siano stati già compiuti verso il
conseguimento dell’obiettivo strategico che l’Unione Europea ha sottolineato
in occasione del Consiglio Europeo di Lisbona del 2000 - ossia quello di
diventare l’economia della conoscenza più competitiva e dinamica al mondo,
capace di garantire maggiori e migliori posti di lavoro e di raggiungere una
coesione sociale più forte - non è stato ancora ottenuto uno sviluppo
equilibrato dello spazio comunitario.
Il compito principale della politica economica dell’Unione Europea è di
accrescere il benessere dei suoi cittadini attuali e futuri mediante
un’espansione durevole e sostenibile dell’attività economica. A tal fine, le
priorità possono essere differenti tra uno Stato e l’altro, a causa della diversità
dei risultati, delle prospettive, delle strutture e delle istituzioni, ma l’azione
comunitaria deve fondarsi su una strategia globale di politica economica ben
definita, che incrementi la capacità dei Paesi di rispondere all’avvicendarsi
degli eventi congiunturali, nel breve periodo, e di migliorare le condizioni di
punti percentuali in entrambi i casi e per il Portogallo di 17 punti percentuali.
Nonostante il divario complessivo nel PIL pro capite dei tre paesi nei confronti del
resto dell’Unione si sia ridotto di un terzo nel periodo considerato, al ritmo attuale di
convergenza ci vorranno ancora dai venti ai trent’anni perché esso si colmi
interamente.
13
Il 10% delle regioni con il PIL pro capite più elevato è in gran parte costituito dalle
capitali settentrionali, come Londra o Parigi, e dalle più prospere regioni meridionali
tedesche e settentrionali italiane. Il 10% delle regioni con il PIL pro capite più basso
sono situate in Grecia (ad esempio, Ipeiros), nei DOM francesi, oltre che in alcune
regioni del Portogallo (Azzorre), della Spagna e dell’Italia meridionale (Calabria).
1. L‘IMPRESA TURISTICA NELL'ECONOMIA EUROPEA
base per una crescita sostenibile, a lungo termine, senza sottovalutare le sfide
lanciate dall’economia basata sulla conoscenza e la necessità di adattamento
agli sviluppi economici mondiali (Consiglio Europeo, 2002b). In particolare,
essa deve tendere a salvaguardare e consolidare il quadro macroeconomico ed
a creare i presupposti per un elevato incremento della produttività
14
.
Il perseguimento della prima direttrice è propedeutico agli altri interventi,
poiché assicura un contesto equilibrato ed appropriato per le politiche da
intraprendere in qualunque settore, attenua gli effetti dei cicli economici e
rafforza il dinamismo e la resilienza del sistema: una politica monetaria
tendente alla stabilità dei prezzi, così da garantire il mantenimento del PIL
intorno al suo tasso tendenziale e la nascita di un clima favorevole agli
investimenti; una politica di bilancio volta a consentire il funzionamento
simmetrico degli stabilizzatori automatici in tutto l’arco del ciclo
economico
15
; il miglioramento della qualità e della sostenibilità delle finanze
pubbliche
16
; il coordinamento tra i responsabili politici e le parti sociali
costituiscono gli assi portanti di un’espansione economica solidale ed
armoniosa dell’Unione Europea.
Allo stesso tempo, la possibilità di mantenere un tenore di vita elevato,
quando il tasso di popolazione attiva inizia a scendere per effetto
dell’incremento di quello di dipendenza, è strettamente collegato all’aumento
della produttività. I risultati di quest’ultimo indicatore non sono stati
confortanti: la crescita della produttività del lavoro è stata lenta ed il suo tasso
è calato di mezzo punto percentuale in media tra la prima e la seconda metà
degli anni Novanta, soprattutto a causa della maggiore intensità della crescita
14
Altrettanta importanza rivestono le direttrici volte a creare posti di lavoro in
numero maggiore e di migliore qualità, per combattere la disoccupazione persistente
ed a promuovere lo sviluppo sostenibile nell’interesse delle generazioni presenti e
future.
15
Saldi di bilancio a medio termine in pareggio o positivi consentono un costante
calo del debito pubblico e della spesa per interessi in rapporto al PIL ed accrescono
quindi la sostenibilità delle finanze pubbliche e la capacità di far fronte alle sfide
finanziarie, in particolare quelle derivanti dall’invecchiamento demografico.
16
Occorre che gli Stati membri trovino un equilibrio e un ordine di priorità tra la
riduzione del debito pubblico, la diminuzione della pressione fiscale ed il
proseguimento del finanziamento degli investimenti pubblici nei settori chiave.
Pertanto, devono migliorare la capacità di valutare la sostenibilità a lungo termine
delle finanze pubbliche e immettere i risultati di tali analisi nel processo di
programmazione di bilancio a medio termine, il che contribuirà a rendere più efficace
la sorveglianza multilaterale, come richiesto dal Consiglio Europeo di Barcellona.
1. L‘IMPRESA TURISTICA NELL'ECONOMIA EUROPEA
di occupazione, dovuta alle riforme strutturali e all’inserimento nel mercato
del lavoro di mano d’opera scarsamente qualificata
17
o con un potenziale
produttivo inferiore a quello medio. È vero che le due componenti principali
del PIL pro capite, produttività (ossia PIL per occupato) e tasso di occupazione
(cioè la proporzione di popolazione in età lavorativa effettivamente occupata),
non sono sempre complementari
18
, ma nella misura in cui l’aumento della
produttività promuove la competitività, e quindi consente di realizzare una
maggiore crescita del PIL, l’elevato livello di un indicatore può accompagnarsi
ad un alto valore anche dell’altro.
Ciò si spiega sulla base del seguente processo (Fig. 2): gli incrementi di
produttività
19
, che corrispondono alla capacità di ottenere produzioni più
elevate senza alterare la combinazione dei fattori produttivi, costituiscono la
principale fonte di crescita economica, la quale dipende dall’accumulazione di
capitale tanto fisico quanto umano
20
, dall’incremento della forza lavoro attiva
e dai miglioramenti nelle competenze, dai progressi tecnologici e da nuovi
modelli organizzativi. A ciò si aggiunge che una dotazione infrastrutturale
adeguata è una condizione necessaria per il decollo economico e la
competitività di una regione, nonché rappresenta un fattore determinante per
la localizzazione territoriale delle attività economiche e dei tipi di settori che
si svilupperanno (Commissione Europea, 2001). Un siffatto ambiente offre
numerose occasioni per la nascita di imprese, per la revisione di modelli
gestionali e per la modernizzazione operativa di aziende già esistenti. Da qui
si crea una più forte concorrenza che, a sua volta, svolge un ruolo cruciale nel
17
Il persistere del modesto tasso di crescita della produttività del lavoro non
garantisce il raggiungimento di un tasso del 3% del PIL, stimato necessario per
conseguire gli obiettivi di Lisbona.
18
Dall’analisi per settori economici si evidenzia che nei tre paesi beneficiari del
Fondo di coesione (Spagna, Grecia e Portogallo), i tassi di occupazione sono bassi nei
servizi finanziari e alle imprese dove la produttività è relativamente elevata; sono
vicini alla media dell’UE nel settore alberghiero e negli altri servizi, così come il
livello di produttività; sono assai più elevati che altrove nell’agricoltura, dove la
produttività è molto bassa.
19
La crescita della produttività e quella del tenore di vita sono strettamente correlate,
perché l’aumento del reddito reale pro capite è pari all’incremento in termini di
produttività del lavoro.
20
L’esame dell’entità degli investimenti, nella conoscenza e nel capitale fisso,
dimostra che molti paesi con tassi di investimento fisso modesti (Francia, Regno
Unito e Finlandia) o inferiori alla media (Svezia) sono tra i maggiori investitori nella
tecnologia.
1. L‘IMPRESA TURISTICA NELL'ECONOMIA EUROPEA
preservare tale contesto in quanto incoraggia l’innovazione, promuove la
crescita della produttività
21
e contribuisce alla competitività
22
. Infine, la
maggiore produttività, derivante dal consolidamento della posizione
competitiva delle imprese innovative, consente l’ampliamento dei mercati e la
riduzione del costo unitario dei prodotti di cui ne beneficiano i cittadini, i
quali, dal canto loro, possono usufruire a medio termine di una crescita
dell’occupazione che determina il rapido aumento del benessere sociale
(Commissione delle Comunità Europee, 2002a).
Considerato che la crescita della produttività nel settore secondario
presenta una forte correlazione con un’attività intensa di R&S, la bassa
percentuale di industrie a contenuto tecnologico è chiaramente sintomatica
della presenza di diversi problemi strutturali e costituisce un fattore
preoccupante sullo sfondo degli scarsi risultati ottenuti negli ultimi anni in
tema di produttività e di innovazione. Non si tratta semplicemente del fatto
che queste industrie inevitabilmente assumono un ruolo guida per quanto
riguarda l’innovazione e l’efficienza produttiva, ma anche che esse
contribuiscono in misura proporzionale alla crescita della produttività
aggregata e dei redditi reali nell’economia, giacché a loro fa capo una quota
maggiore di valore aggiunto
23
. Fungendo da tramite per la sperimentazione di
nuove tecnologie queste industrie contribuiscono, inoltre, alla diffusione di
tali tecnologie e alla modernizzazione delle stesse.
21
Ad esempio, nella seconda metà degli anni Novanta, in Austria, Grecia, Finlandia,
Lussemburgo, Portogallo e Svezia si sono registrati tassi di crescita della produzione
prossimi o superiori a quelli degli Stati Uniti (1,9%), che nel caso di Austria, Grecia e
Irlanda si sono mantenuti costanti fino al 2001, per il fatto che le possibilità offerte ai
Paesi membri di minore estensione territoriale hanno incoraggiato i loro governi ad
elaborare strategie volte a trarre profitto dall’impiego di tecnologie per
l’informazione e la comunicazione nel più ampio mercato europeo. Sebbene la spesa
per investimenti in beni materiali sia importante, quella nella ricerca e sviluppo,
nell’istruzione, e nella tecnologia dell’informazione è diventata perfino più rilevante.
22
Per competitività s’intende uno sviluppo durevole nei redditi reali e nel tenore di
vita associato alla disponibilità di posti di lavoro per chiunque desideri
un’occupazione (Commissione delle Comunità Europee, 2001g).
23
Il Consiglio Europeo di Lisbona ha dato risalto all’importanza delle nuove
tecnologie oltre che al ruolo delle attività di R&S nella costruzione del futuro
europeo. Il Consiglio di Barcellona ha avallato l’obiettivo di portare al 3% del PIL
entro la fine del 2010 la spesa destinata alle attività di R&S tanto pubbliche quanto
private.