Il lavoro è stato suddiviso in quattro parti.
Il primo capitolo ha per oggetto le crisi d’impresa. Si è partiti dall’analisi
dell’evoluzione del concetto di crisi nel tempo dal periodo pre-industriale a quello post-
industriale; è poi stata trattata la problematica della crisi in riferimento alle singole
imprese, con particolare attenzione ai tre filoni che si sono sviluppati dopo la crisi
petrolifera degli anni ’70 nei paesi anglosassoni, in Francia e in Italia; sono stati infine
riportati i principali modelli che hanno permesso una classificazione delle crisi
d’impresa. Questo il quadro generale cui si è fatto riferimento per definire una crisi da
evento shock, per evidenziare le caratteristiche oggettive di questo tipo di crisi, per
delineare i criteri in base ai quali una situazione è percepita come “crisi” dagli individui
che fanno parte dell’impresa.
Il secondo capitolo si apre con un rapido excursus sui principali studi economico-
aziendalistici e sociali che hanno per oggetto la natura degli eventi non competitivi che
possono colpire l’impresa incidendo sul suo valore. Si passa poi alla trattazione più
specifica della protezione aziendale, di cui vengono, da un lato, fissati i livelli, i
requisiti essenziali e le aree di attività, dall’altro evidenziato il contributo che essa
fornisce alla creazione del vantaggio competitivo aziendale. Il lavoro prosegue con la
trattazione delle tecniche del risk management, mettendo in luce che, per quanto
sofisticato possa essere il sistema di gestione dei rischi aziendali, una certa dose di
pericolo risulta comunque ineliminabile. In questo contesto si innesta il crisis
management, che racchiude le tecniche volte a ridurre l’impatto dei cosiddetti “eventi
shock”.
Oggetto del terzo capitolo sono le risorse intangibili. Si è cercato di tracciare, pur
nella frammentarietà degli approcci, un quadro generale di riferimento per comprendere
l’importanza connessa a questa tematica. Successivamente è stato sottolineato il peso
degli intangibles rispetto al patrimonio complessivo d’impresa nella costituzione del
potere competitivo dell’azienda. Si è poi optato per l’approfondimento di alcune
categorie fondamentali di intangibles, il cui nesso con il crisis management è risultato
più immediato; in particolare è stata focalizzata l’attenzione sulla “risorsa immateriale
di ordine superiore” definita da Coda «credibilità dell’azienda». Infine si è cercato di
evidenziare come una buona reputazione e un’immagine positiva garantiscano
all’azienda la possibilità di superare più agevolmente una crisi da evento shock.
Nell’ultimo capitolo sono stati descritti otto casi aziendali scelti perché ritenuti
particolarmente significativi ed esemplificativi della tematica trattata. Essi sono stati
raggruppati in tre categorie: azioni intenzionali, azioni non intenzionali, computer
crime, al fine di trovare un riscontro empirico a quanto trattato nei capitoli precedenti.
1
CAPITOLO 1 Le crisi d’impresa
1.1 L’evoluzione del concetto di crisi nel tempo
1.1.1 Introduzione
L’economia aziendale, gli studi economici, gli studi di strategia sono tutte
materie di studio che si sono interessate al problema della crisi d’impresa.
Ciascuna di esse, ovviamente, ha analizzato il fenomeno sotto una diversa
prospettiva, approfondendo alcuni aspetti e tralasciandone altri, offrendo così un
differente contributo all’interpretazione del fenomeno.
In questa parte del lavoro ci proponiamo di evidenziare l’evoluzione del
concetto di crisi d’impresa nel tempo, analizzando l’apporto dato dalla letteratura
economica.
Il tema della crisi d’impresa nell’ambito degli studi economici ha ricoperto
uno spazio sempre crescente nel corso del tempo. Possiamo riconoscere due
diversi periodi di sviluppo degli studi in esame: il primo va dall’inizio del XIX
secolo alla prima metà del XX secolo; il secondo dal dopoguerra ai giorni nostri.
1
Nel primo periodo lo studio delle crisi d’impresa ha avuto uno spazio molto
esiguo nella letteratura economica in quanto si sono sviluppati studi che
affrontano il problema della crisi in riferimento all’intero sistema economico.
1
Cfr. TEDESCHI-TOSCHI P. (1993), Crisi d’impresa tra sistema e management per un
approccio allo studio delle crisi aziendali, EGEA, Milano.
2
A partire dal secondo dopoguerra si sono sviluppati due filoni di letteratura
economica che affrontano il problema della crisi d’impresa in modo più specifico.
Si tratta della letteratura sulla crisi dei sistemi produttivi e di quella sulle crisi
settoriali.
2
È importante sottolineare che in entrambi i filoni non si fa ancora
esplicito riferimento alla singola impresa ma a sistemi produttivi definiti
geograficamente o settorialmente. Solo negli ultimi anni, infatti, si sono sviluppati
filoni di studio sulle crisi d’impresa, che si sono separati completamente dalla
letteratura delle crisi dei sistemi complessivi.
1.1.2 Il concetto di crisi d’impresa nel tempo
Nello studio dell’evoluzione del sistema economico si distinguono cinque
fasi: il periodo pre-industriale, l’epoca del primo capitalismo (inizio XIX secolo),
l’epoca del capitalismo burocratico (fine XIX secolo), il periodo del capitalismo
maturo (XX secolo), l’epoca post industriale.
3
Tali fasi possono essere utilizzate anche per studiare l’evoluzione del
concetto di crisi d’impresa nel tempo, poiché esso risulterà sostanzialmente
diverso grazie alle notevoli differenze «dei sistemi di valori morali e di
conoscenze economiche caratteristiche di ciascuna fase» (TEDESCHI-TOSCHI P.
1993; p. 7).
2
Cfr. ibid. p. 7.
3
Cfr. LEWIS J., STANWORTH J., (1984), Success and failure of small firms, Gower, Aldershot,
UK.
3
In particolare, nell’“epoca pre-industriale” con l’espressione crisi d’impresa si
faceva riferimento alla scomparsa di un’attività mercantile. Il termine aveva un
connotato estremamente negativo e moralmente deprecabile e «veniva spesso
usato come sinonimo di fallimento» (TEDESCHI-TOSCHI P. 1993; p. 7). La
scomparsa dell’attività era considerata la prova della disonestà e dell’indifferenza
del mercante che, non avendo tenuto i libri contabili e non avendo adeguatamente
vigilato sui collaboratori, veniva a trovarsi nell’impossibilità di far fronte agli
impegni assunti.
4
In questa società la crisi era vista come un «furto nei confronti
dei creditori, i quali in base al diritto comune potevano rivalersi sui i beni e sul
corpo del fallito» (TEDESCHI-TOSCHI P. 1993; p. 7).
La società del XIX secolo viene definita da Lewis e Stanworth, con
riferimento alla prima metà del secolo, «l’epoca del primo capitalismo», in quanto
caratterizzata dalla nascita e dallo sviluppo del sistema capitalistico. Infatti è in
questo periodo che si afferma il cosiddetto «capitalismo produttivo» (ROSIER B.
1987; p. 4) in Francia e Inghilterra.
5
La crisi aziendale era individuata nell’assenza
di profitto e nella conseguente scomparsa di imprese dal mercato. Tale evento,
seppur condannato dal punto di vista morale, aveva una connotazione quasi
positiva in quanto « il fallimento e la conseguente scomparsa delle imprese non
efficienti erano considerati eventi naturali e necessari per garantire la migliore
4
Per approfondire l’argomento Cfr. MILL J. S.,(1845), principles of political economy with some
applications to social philosophy” Trad.It. principi di economia politica a cura di FONTANA B.
(1979), Editori Riuniti, Roma.
5
Cfr. ROSIER B., (1987), Teoria delle crisi economiche, Sansoni, Firenze.
4
allocazione delle risorse e la crescita del sistema economico» (TEDESCHI-
TOSCHI P. 1993; p. 7). Questa concezione risente delle neonate teorie della
scuola classica
6
e di quelle successive della scuola neo classica
7
in base alle quali
«l’espulsione dal mercato delle imprese non competitive» era «un mezzo per
migliorare l’efficienza del sistema economico» (TEDESCHI-TOSCHI P. 1993; p.
7).
Con la fine del XIX ha inizio il periodo che Lewis e Stanworth definiscono
del “capitalismo burocratico” poiché caratterizzato «dall’introduzione di strumenti
contabili e di leggi finalizzate alla regolamentazione dell’industria e del
commercio» (TEDESCHI-TOSCHI P. 1993; p. 9). Il termine crisi di un’impresa
indicava lo «squilibrio tra le attività e passività aziendali» (TEDESCHI-TOSCHI
P. 1993; p. 9). La crisi veniva ravvisata quindi nella mancanza di liquidità e nella
conseguente incapacità dell’impresa di far fronte alle proprie obbligazioni. In
questo fase la sua accezione era molto negativa indicando un momento estremo
nella vita di un ‘impresa.
6
La crisi è concepita come un’ evento accidentale ,il cosiddetto “impensabile di Ricardo”
,derivante cioè da fattori esterni al sistema produttivo dal momento che l’equilibrio è pensato come
naturale. Inoltre la produzione è rappresentata come capace di creare da se stessa la sua domanda:
questa è la celebre “legge degli sbocchi” (1803) di Jean-Baptiste Say .Cfr. ROSIER B., (1987),
Teoria delle crisi economiche, Sansoni, Firenze p. XII.
7
Viene sviluppata la “teoria dell’ equilibrio generale” in base alla quale un’economia di mercato
dovrebbe ignorare qualsiasi disequilibrio e qualsiasi crisi, salvo nei casi in cui ci sia nel mercato
informazione incompleta, concorrenza imperfetta, influenza degli uni su gli altri, interventi dello
stato… tutti fenomeni che caratterizzano i mercati reali. Cfr. ROSIER B., (1987), Teoria delle crisi
economiche, Sansoni, Firenze p. XIV. Per approfondire l’argomento Cfr. WALRAS L. (1874)
Elementi di economia politica pura.
5
Nella «società del XX secolo» (TEDESCHI-TOSCHI P. 1993; p. 9), il
periodo del “capitalismo maturo” per Lewis e Stanworth, il termine crisi
d’impresa riduce decisamente «la sua valenza di evento moralmente
condannabile» (TEDESCHI-TOSCHI P. 1993; p. 9), causato cioè da una condotta
consapevolmente irresponsabile dell’imprenditore. Per Lewis e Stanworth questa
concezione potrebbe derivare dall’identificazione dei cicli economici,
8
ossia di
fenomeni incontrollabili in grado di causare il declino delle imprese.
9
In questo
periodo, inoltre, la crisi aziendale perde la sua caratteristica di evento irreparabile,
che provoca necessariamente la scomparsa dell’impresa dal mercato; in altre
parole viene riconosciuta la possibilità di «correggere gli errori e di risanare
l’impresa» (TEDESCHI-TOSCHI P. 1993; p. 9). Il risanamento delle imprese in
crisi diventa una funzione fondamentale, che verrà svolta dal management
dell’impresa colpita con il sostegno dell’intera comunità per evitarne a qualsiasi
costo il fallimento.
Nell’attuale stadio di evoluzione del sistema economico, quello della
cosiddetta “epoca post-industriale”, la consapevolezza del progressivo
depauperamento delle risorse naturali e dei crescenti rischi ecologici ha spinto ad
includere nel bilancio delle imprese anche i costi umani e sociali derivanti dalla
8
Il primo a descrivere la crisi come momento di cicli economici successivi (ciclo classico o
Juglar) fu Juglar Clèment nell’opera Le crisi commerciali e il loro ritorno periodico in Francia, in
Inghilterra e negli Stati Uniti del 1862 indicandola come il “momento di passaggio da un periodo
di espansione o di sviluppo abbastanza sostenuto a un periodo di depressione o di contrazione più
o meno lungo nel corso del quale finiscono per mettersi in opera le condizioni della ripresa punto
di svolta inverso della congiuntura”.
9
Cfr. LEWIS J., STANWORTH J., (1984), op. cit.
6
loro attività. In questa visione il concetto di crisi d’impresa indica «la produzione
di elevati costi umani e sociali che dovrebbero portare alla loro scomparsa anche
se, dal punto di vista reddituale, fossero imprese di successo» (TEDESCHI-
TOSCHI P. 1993; p. 9).
1.2 Cenni sui principali studi riguardanti le crisi d’impresa
Gli studi riguardanti le problematiche delle crisi, a livello di singola impresa,
sviluppati in ambito internazionale hanno conosciuto un forte sviluppo soprattutto
in due periodi: il primo si individua nell’intervallo di tempo compreso tra la
depressione degli anni ’30 e i primi anni ’40; il secondo va dalla crisi petrolifera
degli anni ‘70 ai giorni nostri.
10
A questi intervalli di tempo possiamo ricondurre due grandi filoni di analisi
che si sono sviluppati separatamente e con pochi punti di contatto.
11
Il primo di
essi è individuabile negli studi che hanno avuto origine, negli Stati Uniti, dopo la
depressione degli anni ’30. Essi nascono essenzialmente nell’ambito di ricerche
statistico-matematiche elaborate dagli istituti di credito, al fine di prevedere
l’insolvenza delle aziende. Tali studi, tuttavia non affrontano le problematiche
legate alla gestione delle aziende in crisi, ma si limitano, a determinare degli
10
Cfr. TEDESCHI-TOSCHI P. (1993), Crisi d’impresa tra sistema e management per un
approccio allo studio delle crisi aziendali, EGEA, Milano.
11
Cfr. ibid. p. 48.
7
“strumenti di difesa” (TEDESCHI-TOSCHI P. 1993; p. 47) per le banche nei
confronti della crisi delle imprese da esse finanziate.
Il secondo filone di analisi, sviluppatosi dopo la crisi petrolifera degli anni
’70, è rappresentato dagli studi che hanno affrontato le problematiche delle crisi
aziendali in termini manageriali, ovvero focalizzando l’attenzione sulla gestione
della crisi vista dall’interno dell’impresa.
Nell’ambito di questo filone si riconoscono diversi approcci di analisi che
risentono delle diverse culture in campo aziendale
12
dei paesi industrializzati. Si
distinguono in particolare due impostazioni:
13
una degli studi nord americani,
inglesi e francesi; l’altra degli studi italiani.
14
Negli USA, in Gran Bretagna e in Francia l’attività di studio nell’area
aziendale è stata sempre caratterizzata dalla ricerca di modelli di comportamento
utili per lo svolgimento delle diverse funzioni aziendali, come il marketing, la
finanza, la produzione, ecc..
15
Questo approccio si riscontra, anche negli studi che
hanno affrontato il tema delle crisi d’impresa. L’esposizione analitica di tutta la
12
Alcune delle variabili che influenzano la cultura aziendale sono: le condizioni economico-socio-
politiche e le vicende storiche di ciascun paese, le forme e tipologie di intervento dello Stato a
favore di aziende in crisi e lo stadio di sviluppo dei diversi mercati (quello del consumo,
finanziario, etc.) Cfr. AIROLDI G. (1986), L’articolazione, l’origine ed il valore normativo delle
discipline economico-aziendali, Letture e casi di Economia Aziendale, Cusl, Milano.
13
Cfr. TEDESCHI-TOSCHI P. (1993), op. cit.
14
Altri autori ritengono che le variabili che influenzano in modo particolare i diversi approcci
sono:
• Le dimensioni e la tipologie delle aziende esaminate;
• Lo stadio di manifestazione della crisi;
Cfr. DELLA CORTE V. (1995), Analisi della bibliografia sulle”crisi d’impresa”, in SCIARELLI
S. (1995), Crisi d’impresa il percorso gestionale di risanamento nelle piccole e medie imprese,
Cedam, Milano, pp. 213 e ss.
15
Cfr. AIROLDI G. (1986), L’articolazione, l’origine ed il valore…
8
letteratura in materia, non rientra nell’oggetto del presente studio, ma data la sua
rilevanza riteniamo indispensabile per lo meno accennare agli autori che hanno
dato un apporto significativo allo sviluppo di questa tematica, riportandoli
schematicamente nella Tabella 1.
Tabella n.1- Principali studi sulle crisi d’impresa nei paesi anglosassoni.
Fattori causali di crisi di natura:
Autore e anno di
pubblicazione
Metodologia
della ricerca
Principali
risultati
Macroambientale Settoriale Aziendale
Interventi
suggeriti
Brooks – 1964 analisi di casi
aziendali
è uno dei primi
studi sulle crisi
d’impresa
• scarsa atten-
zione
all’evoluzione dei
gusti dei consu-
matori
Smith – 1966 analisi di casi
aziendali
riconosce (indiret-
tamente) la rile-
vanza delle varia-
bili ambientali
quale causa di crisi
• calo della
domanda
• mancanza
sistemi di con-
trollo
• eccessivo ac-
centramento
• sviluppo non
controllato delle
attività aziendali
• sostituzione
management
• istituzione
sistemi di con-
trollo
Altman – 1971 analisi di casi
aziendali
mette in luce la
relazione tra al-
cune variabili
macroambientali
(Pil, valore del
mercato azionario)
e il tasso di falli-
mento delle im-
prese
• restrizioni creditizie
• aspettative degli inve-
stitori
• fase del ciclo economico
• squilibri finan-
ziari
• modifica dei
prodotti
• sostituzione
management
• cessione di
impianti e atti-
vità
• modifica della
struttura finan-
ziaria
Barmash – 1973 analisi di casi
aziendali
• avidità e disone-
stà del
management
• eccessivo livello
dei costi
Cohen – 1973 analisi di casi
aziendali
• sviluppo non
controllato
Harthigan – 1973 analisi di casi
aziendali
• fase recessiva del ciclo
economico
• disonestà del
management
• mezzi propri
insufficienti
Ross, Kami – 1973 analisi di casi
• incompetenza
9
aziendali manageriale
• sistemi infor-
mativi inefficienti
Shendel, Patton, Rigs –
1973
analisi di casi
aziendali
• concentraz..
vendite su pochi
clienti
• impianti obsoleti
• sostituzione
del management
Simmond – 1974 analisi di casi
aziendali
• elevato indebi-
tamento
• eccessivo ac-
centramento
Argenti – 1976 analisi di casi
aziendali e lettera-
tura
esamina tutte le
problematiche
relative alla crisi
• incompetenza
manageriale
• eccessivo svi-
luppo delle atti-
vità aziendali
• coincidenza tra
presidente e am-
ministratore
• sostituzione
del management
• riduzione
attività
• abbandono
progetti troppo
ambiziosi
Smart, Thompson, Ver-
tinsky – 1978
analisi di casi
aziendali
• aumento
della concor-
renza
• incompetenza
manageriale
Taffler – 1980 analisi di casi
aziendali
mette in luce al-
cuni eventi macro-
ambientali in grado
di causare una crisi
• politiche economiche
(controllo prezzi, politiche
antinquinamento ecc.)
Taylor – 1980 analisi di casi
aziendali
• aumento del prelievo
fiscale
Argenti – 1983 analisi della lette-
ratura
sottolinea il di-
verso impatto dei
fenomeni ambien-
tali a seconda della
condizione azien-
dale
• ostilità verso le istitu-
zioni economiche
• mutamenti
improvvisi
nella struttura
del settore
• scarsa atten-
zione ai cambia-
menti ambientali
Platt – 1984 analisi della lette-
ratura
• incompetenza
manageriale
• rifiuto del
management di
adeguarsi al mu-
tamento tecnolo-
gico
Slatter – 1984 analisi di casi
aziendali e lettera-
tura
è il primo che
effettua un’ analisi
completa in ter-
mini aziendalistici
delle cause di crisi
di un’ impresa
sottolineando la
rilevanza dei fe-
nomeni ambientali
quali causa scate-
nante
• politiche economiche
(controllo dei prezzi,
tasse, etc.)
• mutamento
gusti del con-
sumatore
• aumento
della concor-
renza sui
prezzi
• mancato
rinnovo dei
prodotti
• sostituzione del
management
• riduzione delle
attività
• cambiamenti
organizzativi
• riduzione dei
costi
• ristrutturazione
del passivo
• sviluppo non
controllato
dell’impresa
• controllo finan-
ziario inadeguato
• elevata inci-
denza dei costi
fissi
• inefficienze
operative
• scarsa atten-
zione
all’evoluzione
ambientale
10
Karbanda, Stalworty –
1985
analisi di casi
aziendali
• incompetenza
manageriale
• comunicazione
interna inefficace
• sostituzione
del management
Meyers – 1986 analisi di casi
aziendali
esamina numerose
crisi non estreme
• congiuntura internazio-
nale negativa
• improvvisi
mutamenti di
mercato
• fallimento di un
prodotto
• successione mal
gestita
• mancanza di
liquidità
• propone di-
versi interventi
per ogni causa
di crisi
Davis – 1988 analisi di casi
aziendali e lettera-
tura
individua le “one-
off causes” interne
ed esterne alla
struttura aziendale
• guerre civili
• improvvisi provvedi-
menti politici
• sequestri di materie
prime da parte dello Stato
• crescente
competitività
• calo della
domanda
• progetti di
grossa portata
errati
• tentativi di
diversificazione
non adeguata-
mente ponderati
Boyle , Desai – 1991 analisi di casi
aziendali e lettera-
tura
Sottolineano
l’importanza della
sopravvivenza
delle PMI
• installare un
sistema di pre-
venzione delle
crisi nelle PMI
Fonte: TEDESCHI-TOSCHI P. (1993), op. cit
DELLA CORTE V. (1995), op. cit.
Malgrado l’ampliamento di orizzonti che si è potuto constatare in alcuni
autori,
16
il taglio delle analisi ha avuto sempre un carattere normativo volto
all’individuazione di metodi e regole che è opportuno rispettare per superare o
evitare una crisi d’impresa, in questo modo si è andato a formare un complesso di
precetti in materia di prevenzione e gestione delle crisi focalizzati spesso per
singole aree funzionali.
Gli studi francesi, a differenza di quelli anglosassoni, hanno dedicato più
spazio allo studio dei fattori causali di crisi e a quello delle sue evidenze
empiriche, rispetto a quello riservato all’analisi delle modalità e delle fasi dei
16
Come nel caso di Slatter. Cfr. SLATTER S. (1984), Corporate recovery: successful turnaround
strategies and their implementation, Penguin Books, Londra.
11
processi di gestione delle crisi.
17
Tali ricerche si sono concentrate soprattutto dagli
anni ’70 fino agli inizi degli anni ’80 mentre non sembrano aver conosciuto
rilevanti sviluppi negli anni recenti a meno che non si considerano contributi che
fanno riferimento solo marginalmente al fenomeno delle crisi d’impresa.
In Italia l’approccio agli studi aziendali è completamente diverso rispetto a
quello dei paesi anglosassoni. Le ricerche Italiane si distinguono
fondamentalmente per una visione unitaria della realtà aziendale e per un
approccio di analisi di tipo teorico. Questo ha portato a considerare sempre con
molta prudenza sia le analisi che scompongono il sistema aziendale in comparti
specializzati, sia quelle che hanno come obiettivo di fissare norme di
comportamento anziché teorie che aiutino a comprendere la natura aziendale.
Anche per Zappa
18
«accrescere la facoltà di discernere è l’unico mezzo per il
quale le teorie astratte, e non i precetti, possono riuscire di valido sussidio nella
soluzione della grande varietà delle complesse questioni suscitate
dall’amministrazione economica d’azienda»(ZAPPA 1954; p. 20).
Tale visione della materia si rispecchia anche negli studi aventi come oggetto
le crisi d’impresa, di cui riportiamo sinteticamente i contributi più importanti.
17
Gli autori francesi più significativi sono: Loiseau e Dupont che partendo dall’ analisi di casi
aziendali evidenziano le specificità delle crisi per le PMI indicando come fattori causali le
restrizioni creditizie, la concentrazione del fatturato su pochi clienti, limitati investimenti in R&S e
la scarsa attenzione al mercato; Malecot che attraverso l’analisi di casi aziendali mette in luce le
circostanze che espongono le imprese al rischio di crisi come: la congiuntura economica negativa,
l’aumento del costo del denaro, una struttura finanziaria squilibrata oppure uno sviluppo non
controllato. Cfr. LOISEAU B. e DUPONT C. (1981) Facteurs de succès et d’èches dans le PME,
Revue Française de Gestion, settembre – ottobre, pp. 20 - 25; MALECOT J.F. (1981), Essai
d'explication théorique et pratique des défaillances d'entreprises, Revue Française de Gestion
settembre – ottobre, pp. 10 – 19.
18
ZAPPA G. (1954), Le produzioni nell’economia delle imprese,Giuffrè, Milano.