Capitolo I: I sistemi locali di imprese e le dinamiche distrettuali
distretti esistenti e rallentarne la velocità
1
.
Ora è proprio di questo che bisogna preoccuparsi. I sistemi locali, anche
quando assumono forme altamente organizzate sotto il profilo tecnico-
produttivo, sono in realtà formazioni acefale, prive di una "testa" che possa
progettare il cambiamento e organizzare il consenso e le risorse necessarie
per realizzarle. Ma per investire in formazione, creare le infrastrutture,
gestire l'immigrazione, avvicinare la pratica del fare ai saperi della ricerca e
dell'istruzione superiore, irrobustire finanziariamente le imprese occorrono
decisioni collettive, prese da attori collettivi che abbiano la capacità di
guardare al sistema nel suo insieme, progettandone le trasformazioni ed
intervenendo sui problemi che di volta in volta si aprono (Giannetti –
Toninelli, 1991).
L'economia globale, mettendo in concorrenza i diversi sistemi locali, induce
a un bisogno di autogoverno in ciascuno di essi. Autogovernarsi vuol dire,
infatti, riuscire ad affrontare i problemi generati dal cambiamento
competitivo, rispettando le specificità che sono proprie di ciascun luogo e
agendo nei tempi e nei modi richiesti dal confronto concorrenziale
(Cossentino, Pyke, Sengenberger, 1997) . E' bene che, il potere decisionale,
sia direttamente a contatto con chi avverte il bisogno di ricerca e di
professionalità, con le imprese che chiudono e quelle che arrivano
dall'esterno, con le carenze infrastrutturali e dei servizi che emergono in
ciascun luogo.
Pensiamo a un insieme di imprese che lavorano nello stesso settore,
localizzate in un determinato spazio del territorio. Un agglomerato di
aziende che si scambiano informazioni, servizi, fornitori e personale, che
gestiscono ogni aspetto della produzione, materia prima, prodotto finito,
distribuzione. Il distretto, una realtà complessa, instabile, mix di equilibri e
relazioni particolari basato su un presupposto: se si concentrano tante
imprese in una stessa area, dalla competizione nasce un maggiore
1 Da il Club dei Distretti Industriali ( sito internet in bibliografia)
Capitolo I: I sistemi locali di imprese e le dinamiche distrettuali
dinamismo produttivo. Identificazione e valorizzazione dei distretti
industriali, iniziative e politiche di sostegno, modalità di sviluppo in Italia,
peculiarità dei sistemi produttivi rappresentano problemi ricorrenti. Oggi, in
Italia esistono 199 distretti industriali
2
. Negli anni Novanta hanno
contribuito per circa il 46 per cento alle esportazioni di beni industriali. Il
principale punto di forza del distretto si ha quando la maggior parte del
valore aggiunto alla risorsa locale viene creata internamente. Tra i fattori di
debolezza si ha , invece, un mancato completamento del ciclo produttivo.
Elaborare politiche di intervento su una realtà mobile, in evoluzione
continua, non è cosa facile, un sistema di relazioni che si muove nel tempo
ha bisogno di politiche particolari, diverse in ogni regione, perché il
contesto in cui si sviluppa, storia, cultura e tradizioni dell’area di
appartenenza, sono elementi determinanti. Occorre agevolare
l’individuazione di nuovi distretti, valorizzarli, offrendo possibilità di
finanziamento intelligenti e mirate.
Con la sua struttura di potere non unitaria, un distretto industriale è poco
capace - certo meno di grandi organizzazioni più centralizzate - di
influenzare l’ambiente esterno in modo da ridurre gli elementi di
imprevedibilità e variabilità. Ne consegue che il mantenimento nel tempo
dell’identità di distretto richiede una capacità sistematica di adattamento
delle formule produttive, di mercato, organizzative interne allo stesso
distretto (Bellandi M. e Russo M., 1994).
Poco importa che il distretto esista o no ufficialmente, che presenti
caratteristiche di eccellenza produttiva o che si manifesti come realtà
potenziale non palesemente manifesta. Ciò che conta è che le forze
politiche prendano atto di un fenomeno positivo e sappiano coltivarlo e
incentivarlo con le giuste misure. I distretti del Sud hanno un grande
potenziale, ma manca quel meccanismo organizzativo e relazionale tipico
2 Fonte Istat 2001
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degli agglomerati di imprese: scambio di informazioni, cooperazione,
mobilità del personale, innovazione tecnologica. In più, la “tendenza
all’individualismo”, rappresenta il vero ostacolo alla logica del distretto”
(Giannola A. e Pugliese A.,1999).
Gli agglomerati di imprese sono nati spontaneamente ovunque, hanno
costituito spesso una realtà di fatto, intorno alla quale è nato a posteriori il
ragionamento politico.
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1.2. La concentrazione di imprese industriali: Il Distretto
Per definire il Distretto industriale bisogna prima chiarire il concetto di
“sistema locale”.
Secondo Bellandi e Russo (1994) il “sistema locale” è definito come un
insediamento umano con un alto grado di interazione tra i suoi elementi
componenti, cioè località residenziali e produttive.
Il distretto industriale è allora un sistema locale che ha una forma
identificata dalla compresenza attiva di una comunità aperta di persone e di
una popolazione di piccole imprese caratterizzata da un particolare “sistema
di produzione locale principale”.
Il “sistema di produzione locale” è, a sua volta, un’industria localizzata
caratterizzata da un insieme connesso di attività di produzione di un gruppo
limitato di beni simili, realizzate sulla base di competenze e regole
organizzative proprie (Bellandi e Russo, 1994).
I Distretti industriali italiani si sono sviluppati in maniera largamente
autonoma durante gli ultimi decenni concentrando le loro attività su settori
specifici nei quali hanno acquisito e sviluppato vantaggi competitivi
particolarmente rilevanti. La necessità di soddisfare standard sempre più
rigorosi in termini di qualità e di sicurezza ha poi condotto le aziende dei
distretti a concentrare la loro attenzione su nicchie di mercato sempre più
definite, come testimoniano l'alto grado di qualità ed innovazione dei loro
prodotti
3
.
I distretti sono generalmente composti da aziende a forte tradizione
artigianale e di dimensioni medio-piccole. L'azienda del distretto è infatti
quasi sempre a gestione familiare, e spesso gli stessi impianti sono
fisicamente localizzati nelle vicinanze dalla residenza dell' "imprenditore
capo-famiglia" (Giannola e Pugliese, 1999).
3 Fonte: Il club dei distretti industriali
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Sull'evoluzione dei distretti industriali hanno inoltre fortemente influito la
liberalizzazione dei mercati e l'intensificarsi della concorrenza nazionale ed
internazionale. Le imprese, infatti, devono misurarsi con la varietà dei
contesti socio-culturali in cui ha luogo la produzione. La problematica della
varietà e della variabilità socio-culturale entra nell’ambito della teoria del
vantaggio competitivo secondo la quale la diversità e la diversificazione dei
contesti nazionali e aziendali influisce sulle soluzioni tecnologiche e/o
organizzative(Cossentino, Pyke, Sengerberger, 1997).
Secondo Marshall il distretto industriale è la combinazione di una
popolazione numerosa di imprese piccole e medie con una comunità di
persone storicamente insediata su di un determinato, limitato, ambito
territoriale. Il gruppo delle imprese è caratterizzato da un’intensa
suddivisione per fasi produttive, non infra aziendale, né cosmopolita, ma
locale e interaziendale, di un dato processo unitario. I due tratti basilari
sono la divisione locale del lavoro e l’interpenetrazione tra gli aspetti
tecnico-produttivi e quelli socio-culturali della vita della comunità
industriale (Bellandi e Russo, 1994).
Nel distretto, l'innovazione si diffonde poi in virtù di un'industria di settore
altamente polarizzata, della presenza di rapporti personali fortemente
dinamici e dell’alta mobilità di un fattore lavoro fortemente creativo ed
altamente qualificato (Bellandi, 1989).
La continua concorrenza tra le imprese, tende ad elevare in modo continuo
gli standard qualitativi e ad innovare i processi di produzione affinché
rispondano nel modo migliore alle esigenze di mercato. Sono presenti nel
distretto, a tutti i livelli, dai quadri fino ai gestori, flussi continui di
conoscenza, informazioni e know-how. La cooperazione si sviluppa insieme
alla concorrenza, creando una miscela equilibrata di potenzialità e stimoli,
cui le aziende sono chiamate a rispondere e che contribuiscono a mantenere
il distretto coeso e dinamico. Inoltre, la forte identità socio-economica che
l'insieme di queste forze giunge a creare è molto sentita dagli stessi attori
Capitolo I: I sistemi locali di imprese e le dinamiche distrettuali
del distretto ed è una realtà fortemente percepibile anche al suo esterno,
tanto da spingere nuove aziende ad inserirsi ed a garantire la costante
nascita ed il continuo sviluppo di nuove e dinamiche iniziative
imprenditoriali all'interno del distretto (Cossentino, Pyke, Sengerberger,
1997).
Per venire incontro alle necessità delle imprese di ottenere una manodopera
altamente qualificata, i distretti devono essere collegati ed integrati con i
centri di servizio specializzati, con le scuole professionali di formazione,
con le università, i parchi tecnologici ed i centri di ricerca presenti sul
territorio (Baroncelli, 2001). Non è raro, inoltre, che le stesse aziende locali
o le associazioni industriali sostengano diverse attività funzionali allo
sviluppo del distretto, sia tramite la fornitura dei macchinari per le prove di
lavorazione, sia tramite la condivisione di specifici know-how produttivi. La
qualità del prodotto fornito, fattore critico per la sopravvivenza delle
aziende del distretto è, infatti, basata principalmente sulla capacità delle
imprese di coniugare al meglio le tradizioni produttive già consolidate e le
esigenze di innovazione e specializzazione che vengono espresse e
percepite dal mercato (Garofoli e Mazzoni, 1994).
L’evoluzione del modo di produrre e di vendere è una sfida per i distretti
industriali italiani. Infatti, rilevanti sono state le conseguenze della caduta
del fordismo sui problemi di organizzazione del processo produttivo. Il
fordismo non è più capace di garantire il livello di qualità e di fantasia, che
il mercato richiede. Il lavoro salariato alla catena, la frantumazione delle
mansioni, l’organizzazione scientifica del lavoro riescono a ridurre i costi
della produzione di massa. Ma la produzione di qualità richiede qualcosa in
più: la partecipazione dei lavoratori, il loro proporsi come responsabili, un
loro più attivo e creativo coinvolgimento nel processo produttivo. I rapporti
tra le imprese, nel distretto, sono caratterizzati da un fitto intreccio di
concorrenza – sui prezzi, sulla qualità, sui termini di consegna, sul design –
e di cooperazione. La cooperazione si svolge nei modi più svariati:
Capitolo I: I sistemi locali di imprese e le dinamiche distrettuali
cooperazione nella progettazione, nella sperimentazione di nuove
tecnologie, nella produzione per clienti troppo grandi per una singola
impresa o che richiedono prodotti complessi (Cossentino, Pyke,
Sengerberger, 1997). Le dinamiche competitive e cooperative dei distretti
industriali
4
devono acquisire determinate conoscenze. Secondo Becattini e
Rullani, il DI riesce ad avere rapporti con il sistema della conoscenza
codificata, con le conquiste più avanzate della comunità scientifica e tecnica
mondiale. Il DI è quindi capace di cogliere con relativa rapidità le occasioni
offerte dalle scoperte più recenti, di capire senza ritardo che le nuove
tecniche possono dare origine a nuovi prodotti.
4 d’ora in avanti semplicemente DI
Capitolo I: I sistemi locali di imprese e le dinamiche distrettuali
1.3. Il sentiero della Specializzazione produttiva
Le dinamiche distrettuali consentono alle imprese di gestire le relazioni
verticali in maniera più flessibile, infatti, nel processo di minimizzazione
dei costi di transazione, le relazioni verticali rappresentano una valida
alternativa all’integrazione (Gobbo ’89).
I distretti possono essere considerati sotto l’aspetto dell’aggregazione
geografica d’impresa o come aggregazione produttiva, centralizzando
l’organizzazione della produzione. I numerosi studi che hanno osservato le
realtà distrettuali evidenziano:
™ Una marcata divisione del lavoro tra imprese che lo costituiscono.
All’interno del distretto prevalgono imprese di piccola e media
dimensione, caratterizzate da una struttura gerarchica semplice e da
stretti rapporti di interrelazione non formalizzati (cioè non articolati
in contratti specifici) e funzionali ad una determinata divisione del
lavoro;
™ Nel prevalere di una struttura di relazioni in cui cooperazione e
concorrenza coesistono;
™ Nell’esistenza di economie esterne di agglomerazione dovute alla
concentrazione geografica cioè a quell’insieme di fattori ambientali
che rendono possibile la minimizzazione dei costi di transazione.
La piccola impresa specializzata e flessibile, intesa come impresa capace di
adattare la struttura organizzativa complessiva ai cambiamenti che
intervengono nelle condizioni di domanda e offerta, si contrappone alla
grande impresa integrata. I vantaggi conseguenti allo sfruttamento delle
economie esterne di agglomerazione proprie dei distretti industriali e delle
aree di specializzazione sono stati comparati a quelli derivanti dalle
economie di scala da integrazione caratteristici delle grandi dimensioni
(Gobbo, 1989).
Capitolo I: I sistemi locali di imprese e le dinamiche distrettuali
Da notare che nel distretto, per esempio, l’”opportunismo” risulta
disincentivato senza il ricorso a costosi controlli e a contratti complessi. La
frequenza delle relazioni che coinvolgono le imprese del distretto e la loro
stessa numerosità scoraggiano, di fatto, il ricorso a comportamenti
opportunistici. La circolazione dell’informazione è infatti rapida e l’attuarsi
di un comportamento opportunistico verrebbe in breve tempo individuato e
condannato (Dei Ottati, 1987)
5
. La dipendenza reciproca che lega le
imprese, determina dunque una trasparenza di relazioni che consente un
ricorso al mercato più ampio di quanto atteso. Il processo di divisione del
lavoro, ha notevolmente accresciuto la frequenza e la numerosità delle
relazioni e degli scambi e ne ha determinato un continuo stratificarsi.
Questo, a sua volta, ha indotto il progressivo emergere di singole imprese
che hanno acquistato individualità, traendo vantaggio da un uso più efficace
della rete di relazioni all’interno delle quali si trovavano inglobate e
assumendosene in qualche modo la direzione.
Il processo evolutivo del distretto industriale si può assimilare al concetto di
ciclo di vita (Gobbo 1989)
6
, in cui le diverse fasi si susseguono in:
formazione, espansione, maturità.
™ La fase di formazione, coincide con la costituzione del distretto e le
imprese si raggruppano attorno ad un nucleo originario nel quale si
sviluppano nello stesso settore seguendo comportamenti imitativi.
™ La fase di espansione può essere individuata nel passaggio da un
assetto monosettoriale ad un assetto a filiera. Tutto questo rafforza la
posizione concorrenziale del distretto consentendo alle imprese di
usufruire dei vantaggi legati alla vicinanza di altre imprese
specializzate nella produzione di beni complementari (le macchine, i
semilavorati a monte, i servizi specifici).
™ La fase di maturità coincide con l’esaurirsi dei vantaggi
5 p. 105
6 p. 64
Capitolo I: I sistemi locali di imprese e le dinamiche distrettuali
concorrenziali connessi ad una particolare divisione del lavoro tra
imprese sul territorio. Si dà maggiore risalto all’impresa e alle sue
strategie piuttosto che ai fattori localizzativi.
L’evoluzione del distretto mira a creare un grande sistema integrato in cui
sono presenti tutte le attività che concorrono alla fabbricazione del prodotto
finale ampliando quanto più possibile la catena del valore.
L’aumento di complessità ed incertezza legato alla diversa estensione del
mercato e alla concorrenza dinamica tende ad aumentare i costi di
transazione e riduce il vantaggio del distretto come forma organizzativa
specifica, aumentandone i costi complessivi di utilizzo (Cossentino, Pyke,
Sengenberger, 1997). Ma l’inserimento dell’impresa in un tessuto a distretto
manifesta un positivo sentiero di sviluppo che le offre maggiori opportunità
sotto diversi punti di vista. Secondo Bianchi (1987) questi sono:
™ Un aumento della dotazione di “intangible assets”, posseduti dai
distretti in termini di vantaggi concorrenziali. Ciò influisce su una
forte accumulazione di conoscenze sia a carattere tecnologico che
gestionale e costituisce un background unico di patrimonio comune.
Un background che ciascuna impresa può incorporare e che
costituisce fonte di vantaggio competitivo nei confronti di altre
piccole e medie imprese dello stesso settore localizzate fuori
distretto.
™ La disponibilità di forza lavoro qualificata;
™ La disponibilità di una buona rete di servizi che agevola sia l’attività
di produzione in senso stretto che il collegamento con mercati di
sbocco;
™ La presenza di un ambiente istituzionale favorevole, caratterizzato da
un positivo orientamento dell’autorità pubblica verso un’attività
produttiva fortemente concentrata sul suo territorio. In presenza di
gravi fattori di crisi l’autorità locale cercherà di mobilitare le proprie
risorse per salvaguardare l’occupazione ed il patrimonio di
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conoscenze connesso all’industria (Bianchi, 1987; Lanza, 2002).
Secondo la definizione di Becattini (1989)
7
, per distretto industriale si
intende “un sistema locale che mostra la compresenza attiva di una
comunità aperta di persone e di una popolazione di piccole imprese
caratterizzate da un sistema di produzione locale principale”. Mentre,
secondo Brusco
8
, per sistema di produzione locale si intende “un insieme di
imprese localizzate in un’area geografica relativamente ristretta
caratterizzate da un’ampia divisione del lavoro tra le stesse imprese”.
Direttamente o indirettamente, queste producono beni per lo stesso gruppo
di mercati finali e condividono una serie di valori e di competenze, così
importanti, da definire un ambiente culturale e da permettere il
mantenimento tra le stesse di mix complessi di concorrenza e cooperazione.
La comunità è aperta a flussi di risorse, energie, capitale umano,
informazione con l’esterno. La comunità è tuttavia caratterizzata da una
serie di istituzioni e norme di comportamento locali, strettamente connesse
all’ambiente culturale e di governo delle transazioni del sistema di
produzione locale principale (Dei Ottati, 1987)
9
. Il sistema di produzione
locale non è esclusivo della forma distretto, potendo essere individuato
anche, per esempio, entro aree a forte connotazione urbana, terziaria e
polisettoriale (città e metropoli): il cosiddetto “sotto sistema urbano
industriale”. Insiemi differenti di imprese possono specializzarsi in insiemi
differenti di attività entro il sistema di produzione locale; viene individuata
un’industria principale che include la maggior parte delle attività del
sistema di produzione locale dominante ed eventualmente attività di
importanza minore di altri sistemi di produzione.
7 (1991, p.52)
8 (1990, p. 1)
9
p.124