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La finalità della dosimetria in radioterapia è la valutazione quantitativa della dose
assorbita dai tessuti, sia patologici sia sani, del paziente sottoposto al trattamento
terapeutico. Tale fine viene raggiunto attraverso un insieme sinergico di valutazioni di
carattere teorico, sperimentale e di calcolo che uniscono filosofie diverse come quella
fisica e biologica.
Il dosimetro da noi utilizzato è costituito da una soluzione di Solfato Ferroso
(componente principale del dosimetro di Fricke), incorporato in una matrice gelatinosa
di Agarose. Le reazioni chimiche che seguono l’esposizione di tale gel a radiazioni
ionizzanti portano all’ossidazione degli ioni ferrosi Fe2+ in ioni ferrici Fe3+. Lo yield di
produzione degli ioni ferrici è proporzionale alla dose assorbita. La conversione degli
ioni ferrosi Fe2+ in ioni ferrici Fe3+ modifica le proprietà fisiche del mezzo e consente di
dedurre la dose assorbita attraverso un’opportuna analisi dei campioni.
In lavori di tesi precedenti a questo sono stati ottimizzati la composizione chimica
del gel-dosimetro e il protocollo per la preparazione allo scopo di ottenere la migliore
riproducibilità e sensibilità della risposta alla radiazione γ.
Successivamente la ricerca si è incentrata sul possibile utilizzo del gel per la
determinazione della dose nella Boron Neutron Capture Therapy (BNCT) e nella terapia
con i protoni.
La BNCT consiste nell’utilizzare un fascio neutronico ad alta fluenza per
distruggere in modo selettivo le cellule tumorali che hanno assimilato il Boro.
Irraggiando il tumore con neutroni termici (aventi cioè energia dell’ordine di 0,025 eV)
si produce la reazione 10B(n,α)7Li. Il Boro ha infatti un’elevatissima sezione d’urto per
questo tipo di processo ( σ ≅ 4000 barn) e i prodotti di reazione, ad elevato LET, hanno
un range nel tessuto di circa 10 µm (ovvero paragonabile alle dimensioni cellulari). Si
ottiene così un danneggiamento selettivo delle cellule malate, inducendo un effetto
distruttivo massimo nella regione tumorale e minimo in quella sana circostante.
Un altro tipo di terapia presa in considerazione è quella con i protoni. La densità di
energia rilasciata dalle particelle cariche è massima al termine del loro percorso. Questo
implica che i tessuti sani attraversati dal fascio e che circondano il tumore sono
interessati da un minimo quantitativo di dose assorbita mentre si ha di un forte rilascio
energetico nella zona tumorale irraggiata.
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Gli studi dosimetrici precedenti fatti nei nostri laboratori al fine di simulare queste
terapie in fantocci tessuto equivalenti si erano basati sulla lettura della risposta in
funzione della dose fatta tramite RMN. Infatti la conversione degli ioni ferrosi Fe2+ in
ioni ferrici Fe3+ modifica le proprietà paramagnetiche del mezzo e consente di
analizzare la risposta del dosimetro alla dose assorbita attraverso l’analisi dei campioni
tramite Risonanza Magnetica Nucleare (RMN). Nonostante i risultati ottenuti fossero
molto promettenti, la sensibilità dell’analisi RMN si è dimostrata notevolmente inferiore
all’analisi spettrofotometrica comunemente utilizzata con questo tipo di dosimetro.
Inoltre a causa della diffusione ionica all’interno del gel, si possono ottenere ottimi
risultati dal punto di vista della risoluzione spaziale solo con un’analisi immediata del
gel. Una risonanza magnetica, anche se disponibile, prevede invece tempi molto lunghi
per l’acquisizione delle immagini (almeno venti minuti per un’immagine).
L’aggiunta di un indicatore metallico (Xylenol Orange) al gel-dosimetro permette di
effettuare misure spettrofotometriche della dose assorbita, in quanto esso forma con gli
ioni Fe3+ un complesso colorato che presenta un picco di assorbimento ottico intorno ai
585 nm. A l ivello visivo si ha un cambiamento di colore del gel dall’arancione al viola
in funzione della dose assorbita. Sulla base dei risultati ottenuti è stato sviluppato un
metodo di valutazione tridimensionale della dose in fantocci tessuto-equivalenti.
La tecnica da noi proposta consiste nella messa a punto di un fantoccio (ad esempio
cilindrico, per semplicità di produzione) costituito dalla sovrapposizione di una serie di
strati sottili di gel-dosimetro. Dopo l’esposizione del fantoccio ad un fascio collimato di
radiazione come quello utilizzato per la radioterapia di interesse, vengono acquisite le
immagini di ciascuno strato di gel in modalità di riflettanza o di trasmittanza. Il
processo di imaging avviene tramite una camera a CCD dotata di un filtro
interferenziale centrato intorno a 585 nm, coincidente con il picco di assorbimento
ottico del gel. Si ottiene in questo modo una serie di immagini 2 -D con diverse tonalità
di grigio che insieme forniscono informazioni per uno sviluppo tridimensionale della
dose assorbita nel fantoccio.
Questa nuova tecnica di lettura della dose si è dimostrata molto promettente,
garantendo un’ottima risoluzione spaziale e sensibilità nella risposta oltre ad indubbi
vantaggi di carattere pratico ed economico.
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CAPITOLO 1
DOSIMETRI CHIMICI
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CAPITOLO 1
Dosimetri chimici
1.1 Introduzione
La precisione assoluta in dosimetria e nei piani di trattamento può essere
raggiunta idealmente solo con misure in vivo, supponendo di riuscire a sistemare dei
rivelatori in prossimità del volume bersaglio e dei tessuti sani circostanti. In pratica
questo è difficilmente attuabile e le uniche alternative possibili consistono nel sistemare
i rivelatori sulla superficie esterna o in cavità facilmente accessibili del corpo umano.
La simulazione sperimentale di trattamenti radioterapici con fantocci tessuto-
equivalenti rappresenta un’alternativa valida e di semplice attuazione. Questi fantocci
possono contenere dosimetri di diverso tipo e devono avere la prerogativa di poter
essere conformati a diverse geometrie tridimensionali.
In questo capitolo analizzeremo la composizione e le qualità di alcuni dosimetri
chimici, soffermandoci in particolare su quelli che hanno come componente
fondamentale la soluzione di Fricke (una soluzione diluita di solfato ferroso e acido
solforico). Illustreremo infine il dosimetro da noi utilizzato nel corso di questo
esperimento, e che abbiamo denominato FriXy-gel, costituito dalla soluzione di Fricke e
da un indicatore di ioni metallici (Xylenol Orange) incorporati in una matrice gelatinosa
ottenuta con Agarose. Questa composizione consente di effettuare misure di dose con
metodi ottici, oltre che con le tecniche di misura RMN, precedentemente studiate e
sperimentate nei nostri laboratori.
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1.2 Dosimetri chimici acquosi
Un dosimetro chimico è un sistema nel quale, a seguito di esposizione a
radiazione ionizzante, viene creato un composto chimico, precedentemente assente, la
cui concentrazione permette di valutare indirettamente la dose assorbita.
Si definisce fattore di yield G (numero di ioni prodotti per 100 eV di energia
assorbita) come:
100E
n(X)
G(X)
⋅∆
∆
= (1.1)
∆n(X) = numero di ioni (o radicali o molecole) prodotti per unità di volume, valore che
può essere misurato tramite analisi chimica.
∆E = energia assorbita per unità di volume (in eV), che può essere misurata per mezzo
di calorimetri o camere a ionizzazione.
La relazione che lega lo yield G alla dose assorbita (espressa in Gy) è:
G(X)
109.64M
D
9
r⋅
⋅⋅∆
= (1.2)
∆M = variazione della concentrazione di X in moli/litro
ρ = densità del mezzo in Kg/m3
9.64.109 = fattore di conversione delle unità di misura.
Fra tutti i dosimetri chimici esistenti, i più comunemente usati, per il fatto di
essere tessuto-equivalenti, nonché i più facilmente realizzabili sono i dosimetri acquosi.
Essi si basano sulle reazioni radiolitiche che si innescano in acqua a seguito di
irraggiamento.
Con il termine dosimetro acquoso si identifica una soluzione diluita in quantità
tale da trascurare l’assorbimento diretto della radiazione con il soluto, e tutte le specie
chimiche prodotte sono attribuibili alle reazioni innescate dalla radiolisi dell’acqua.
Quando una soluzione di questo tipo (< 0.1 M) viene irradiata, praticamente tutta
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l’energia viene assorbita dalle molecole di acqua e i cambiamenti chimici osservabili
sono attribuibili ai radicali liberi prodotti dall’irraggiamento.
L’interazione della radiazione con l’acqua provoca la ionizzazione o l’eccitazione
delle molecole:
H2O → H2O+ + e − (1.3)
H2O* → H° + OH° (1.4)
H2O+ → H+ + OH° (1.5)
e− + n H2O → eaq− (1.6)
dove e aq
−
è l’elettrone idrato, cioè circondato da molecole di acqua orientate. I radicali
possono combinarsi tra loro in questo modo:
H° + H° → H2 (1.7)
OH° + OH° → H2O2 (1.8)
La radiolisi dell’acqua porta dunque alla formazione di radicali liberi (H° e OH°) di
elettroni idrati (eaq
-
) e di prodotti molecolari come idrogeno (H2) e perossido d’idrogeno
(H2O2). Le reazioni (1.7) e (1.8) sono generalmente molto veloci (≅ 1010 M-1s-1).
Le reazioni con l’elettrone idrato sono importanti solo nel caso in cui ci si trovi in
ambiente altamente basico e in acqua pura, dove e aq- è abbastanza stabile per reagire con
le sostanze disciolte o direttamente con le molecole di acqua secondo la seguente
reazione:
eaq
-
+ H2O → H° + OH- (1.9)
A pH acido gli elettroni idrati sono invece rapidamente convertiti in H°:
eaq
-
+ H3O+ → H° + H2O (1.10)
Quando il pH della soluzione è inferiore a 1 questa reazione avviene così rapidamente
che le reazioni di eaq
-
con le molecole del soluto, per concentrazioni moderate, sono
trascurabili. E’ evidente quindi una forte dipendenza dal pH per tutte le reazioni
radiolitiche. Si possono verificare inoltre le seguenti:
eaq
-
+ eaq- (+2 H2O) → H2 + 2OH- (1.11)
eaq
-
+ OH° → OH- (1.12)
eaq
-
+ H° (+H2O) → H2 + OH- (1.13)
H° + OH° → H2O (1.14)
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Il LET (Trasferimento Lineare di Energia) della radiazione influisce sullo yield
chimico. Per radiazioni a basso LET (raggi γ, X altamente energetici ed elettroni) il
valore di G è elevato per i radicali liberi, mentre è basso per le molecole. Per radiazioni
ad alto LET come protoni, deutoni e particelle α, si generano alte densità di radicali
liberi lungo la traccia percorsa dalla particella incidente. Questo implica una grande
probabilità di formazione di molecole prodotte dalle reazioni tra radicali liberi, con un
conseguente valore di G molto alto per le molecole ma non per i radicali.
1.3 Dosimetro di Fricke
Uno dei primi dosimetri chimici fu presentato nel 1927 da Hugo Fricke e Sterne
Morse. Esso consiste in una soluzione acquosa di solfato ferroso e acido solforico, ed è
considerato come uno standard assoluto (indipendente da calibrazioni interne) di misura
della dose assorbita. Questo dosimetro, esposto a radiazione X o γ mostra una relazione
lineare tra la dose assorbita e la quantità di ioni ferrici prodotti. La soluzione di Fricke,
nella sua forma originale, è costituita da 1 mM di FeSO4 o Fe(NH4)2(SO4)2 e
0.4 M H2SO4 (pH 0.46). In ambiente acido le reazioni che avvengono sono le seguenti:
eaq
−
+ H3O+ → H° + H2O (1.15)
H° + O2 → HO2° (1.16)
OH° + Fe2+ → Fe3+ + OH− (1.17)
HO2° + Fe2+ → Fe3+ + HO2− (1.18)
HO2− + H3O+ → H2O2 + H2O (1.19)
H2O2 + Fe2+ → Fe3+ + OH− + OH° (1.20)
Le reazioni (1.15)-(1.17) avvengono in pochi µs, la (1.18) entro qualche
millesimo di secondo e la (1.20) in circa 90 secondi. Dopo circa 100 secondi
dall’irraggiamento vale perciò la relazione:
G(Fe3+) = 2G(H2O2) + 3[G(eaq−) + G(H°) + G(HO2)] + G(OH°) (1.21)
Per la radiazione γ proveniente da Co-60 il valore di G è pari a 15.6 ioni/100eV.
L’ossigeno presente in soluzione è consumato durante l’irraggiamento, ma ciò non
intacca lo yield di produzione di ioni ferrici, perlomeno fino a dosi dell’ordine di
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400 Gy, quando tutto l’ossigeno presente in soluzione è scomparso. Solo a questo punto
vengono a mancare le reazione (1.16-18-20) con una conseguente diminuzione di G da
15.6 a 8.2 ioni/100eV.
Vediamo quali sono altri fattori che influiscono sul valore dello yeld degli ioni
ferrici. La produzione di ioni ferrici diminuisce bruscamente per reazioni ad alto LET
per le quali però il range di linearità è più esteso. Inoltre è stato osservato che il valore
di G è indipendente dal dose rate tra 0.001 e 2 .106 Gy/s e per dose rate inferiori ad 1 Gy
per impulso (lunghezza d’impulso approssimativamente di 1.4 µs) in campi di
radiazione pulsati. La presenza di ossigeno nella soluzione comporta una lenta
ossidazione degli ioni ferrosi, anche in assenza di radiazione, con velocità proporzionale
al quadrato della concentrazione di ioni ferrici e alla prima potenza della concentrazione
di ossigeno. Ci può essere inoltre una piccolissima dipendenza dalla temperatura al
momento dell’irraggiamento (0.121% /°C). L’energia della radiazione risulta essere
poco influente sul valore di G stando a prove effettuate con γ, X, β−, ed elettroni
monoenergetici compresi nell’intervallo di energie tra 0.66 MeV e 16 MeV.
1.4 Dosimetro-gel
Aggiungendo alla soluzione di Fricke un’addensante, si ottiene un gel che di fatto
fissa nello spazio le variazioni di composizione chimica avvenute a seguito di
irraggiamento. In pratica la struttura gelatinosa del dosimetro fa sì che le informazioni
relative all’irraggiamento rimangano immutate nello spazio, e questo avviene perché la
diffusione ionica in presenza del gel è molto più lenta che in sua assenza. In passato
sono stati usati vari tipi di addensanti, tra i quali quello che ha dato risultati migliori in
termini di sensibilità e linearità della risposta è l’Agarose SeaPlaque (Arrigoni, 1993).
Gli addensanti, che sono sempre composti organici, accrescono la sensibilità del
dosimetro, permettendone l’utilizzo per dosi inferiori rispetto a quelle rilevabili con la
soluzione di Fricke standard. Questo accade perché le molecole organiche che
costituiscono il gel partecipano alle reazioni che provocano l’ossidazione degli ioni
ferrosi e quindi aumentano il valore di G. Si possono raggiungere anche valori di G
uguali a 200 e questo è dovuto a reazioni a catena innescate sul substrato delle specie
elettrolitiche. La catena è innescata dai radicali H°, eaq− e OH° e dal perossido di
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idrogeno generato dalla decomposizione elettrolitica dell’acqua. Usiamo il termine RH
per indicare la molecola organica di Agarose, RX e ROH per le forme ridotte e ossidate.
H2O → H°, OH°, e aq−, Η2Ο2 (1.22)
eaq
−
+H+ → H° (1.23)
OH° +RH → R° +H2O (1.24)
H° + RH → R° + H2 (1.25)
Il radicale R°, generato dai prodotti di radiolisi dell’acqua che reagiscono con le
molecole di Agarose, dà inizio alle reazioni a catena:
R° + O2 → RO2° (1.26)
Fe2+ + RO2° → Fe3+ + RO2− (1.27)
RO2− + H+ → RO2H (1.28)
Fe2+ + H2O2 → Fe3+ + OH° + OH− (1.29)
RO2H + Fe2+ → Fe3+ + RO° + OH− (1.30)
RO° + RH → R° + ROH (1.31)
H° + O2 → HO2° (1.32)
HO2° + H+ + Fe2+ → H2O2 + Fe3+ (1.33)
Fig. 1.1: dinamica delle reazioni a catena che si innescano per la presenza della molecola di
Agarose. La catena ha inizio con il radicale R° che in presenza di ossigeno crea il nuovo radicale RO2°. A
questo punto avvengono le ossidazioni degli ioni ferrosi, e RO2H continua il processo di ossidazione
formando il radicale RO°, in grado di reagire con la molecola di Agarose dando un nuovo radicale, R°,
capace di ricominciare la catena.