6
La finalità della dosimetria in radioterapia è la valutazione quantitativa della dose 
assorbita dai tessuti, sia patologici sia sani, del paziente sottoposto al trattamento 
terapeutico. Tale fine viene raggiunto attraverso un insieme sinergico di valutazioni di 
carattere teorico, sperimentale e di calcolo che uniscono filosofie diverse come quella 
fisica e biologica.  
  Il dosimetro da noi utilizzato è costituito da una soluzione di Solfato Ferroso 
(componente principale del dosimetro di Fricke), incorporato in una matrice gelatinosa 
di Agarose. Le reazioni chimiche che seguono l’esposizione di tale gel a radiazioni 
ionizzanti portano all’ossidazione degli ioni ferrosi Fe2+ in ioni ferrici Fe3+. Lo yield di 
produzione degli ioni ferrici è proporzionale alla dose assorbita. La conversione degli 
ioni ferrosi Fe2+ in ioni ferrici Fe3+ modifica le proprietà fisiche del mezzo e consente di 
dedurre la  dose assorbita attraverso un’opportuna analisi dei campioni. 
In lavori di tesi precedenti a questo sono stati ottimizzati la composizione chimica 
del gel-dosimetro e il protocollo per la preparazione allo scopo di ottenere la migliore 
riproducibilità e sensibilità della risposta alla radiazione γ.  
Successivamente la ricerca si è incentrata sul possibile utilizzo del gel per la 
determinazione della dose nella Boron Neutron Capture Therapy (BNCT) e nella terapia 
con i protoni. 
 La BNCT consiste nell’utilizzare un fascio neutronico ad alta fluenza per 
distruggere in modo selettivo le cellule tumorali che hanno assimilato il Boro. 
Irraggiando il tumore con neutroni termici (aventi cioè energia dell’ordine di 0,025 eV) 
si produce la reazione 10B(n,α)7Li. Il Boro ha infatti un’elevatissima sezione d’urto per 
questo tipo di processo ( σ ≅ 4000 barn) e i prodotti di reazione, ad elevato LET, hanno 
un range nel tessuto di circa 10 µm (ovvero paragonabile alle dimensioni cellulari). Si 
ottiene così un danneggiamento selettivo delle cellule malate, inducendo un effetto 
distruttivo massimo nella regione tumorale e minimo in quella sana circostante.   
Un altro tipo di terapia presa in considerazione è quella con i protoni. La densità di 
energia rilasciata dalle particelle cariche è massima al termine del loro percorso. Questo 
implica che i tessuti sani attraversati dal fascio e che circondano il tumore sono 
interessati da un minimo quantitativo di dose assorbita mentre si ha di un forte rilascio 
energetico nella zona tumorale irraggiata. 
 7
 Gli studi dosimetrici precedenti fatti nei nostri laboratori al fine di simulare queste 
terapie in fantocci tessuto equivalenti si erano basati sulla lettura della risposta in 
funzione della dose fatta tramite RMN. Infatti la conversione degli ioni ferrosi Fe2+ in 
ioni ferrici Fe3+ modifica le proprietà paramagnetiche del mezzo e consente di 
analizzare la risposta del dosimetro alla dose assorbita attraverso l’analisi dei campioni 
tramite Risonanza Magnetica Nucleare (RMN). Nonostante i risultati ottenuti fossero 
molto promettenti, la sensibilità dell’analisi RMN si è dimostrata notevolmente inferiore 
all’analisi spettrofotometrica comunemente utilizzata con questo tipo di dosimetro. 
Inoltre a causa della diffusione ionica all’interno del gel, si possono ottenere ottimi 
risultati dal punto di vista della risoluzione spaziale solo con un’analisi immediata del  
gel. Una risonanza magnetica, anche se disponibile, prevede invece tempi molto lunghi 
per l’acquisizione delle immagini (almeno venti minuti per un’immagine).  
L’aggiunta di un indicatore metallico (Xylenol Orange) al gel-dosimetro permette di 
effettuare misure spettrofotometriche della dose assorbita, in quanto esso forma con gli 
ioni Fe3+ un complesso colorato che presenta un picco di assorbimento ottico intorno ai 
585 nm. A l ivello visivo si ha un cambiamento di colore del gel dall’arancione al viola 
in funzione della dose assorbita. Sulla base dei risultati ottenuti è stato sviluppato un 
metodo di valutazione tridimensionale della dose in fantocci tessuto-equivalenti.  
La tecnica da noi proposta consiste nella messa a punto di un fantoccio (ad esempio 
cilindrico, per semplicità di produzione) costituito dalla sovrapposizione di una serie di 
strati sottili di gel-dosimetro. Dopo l’esposizione del fantoccio ad un fascio collimato di 
radiazione come quello utilizzato per la radioterapia di interesse, vengono acquisite le 
immagini di ciascuno strato di gel in modalità di riflettanza o di trasmittanza. Il 
processo di imaging avviene tramite una camera a CCD dotata di un filtro 
interferenziale centrato intorno a 585 nm, coincidente con il picco di assorbimento 
ottico del gel. Si ottiene in questo modo una serie di immagini 2 -D con diverse tonalità 
di grigio che insieme forniscono informazioni per uno sviluppo tridimensionale della 
dose assorbita nel fantoccio.  
Questa nuova tecnica di lettura della dose si è dimostrata molto promettente, 
garantendo un’ottima risoluzione spaziale e sensibilità nella risposta oltre ad indubbi 
vantaggi di carattere pratico ed economico.  
 8
 
 
 
 
 
 
 
 
CAPITOLO 1
DOSIMETRI CHIMICI
 9
CAPITOLO 1 
Dosimetri chimici 
 
 
 
 
 
1.1 Introduzione 
 
La precisione assoluta in dosimetria e nei piani di trattamento può essere 
raggiunta idealmente solo con misure in vivo, supponendo di riuscire a sistemare dei 
rivelatori in prossimità del volume bersaglio e dei tessuti sani circostanti. In pratica 
questo è difficilmente attuabile e le uniche alternative possibili consistono nel sistemare 
i rivelatori sulla superficie esterna o in cavità facilmente accessibili del corpo umano. 
 La simulazione sperimentale di trattamenti radioterapici con fantocci tessuto-
equivalenti rappresenta un’alternativa valida e di semplice attuazione. Questi fantocci 
possono contenere dosimetri di diverso tipo e devono avere la prerogativa di poter 
essere conformati a diverse geometrie tridimensionali.  
In questo capitolo analizzeremo la composizione e le qualità di alcuni dosimetri 
chimici, soffermandoci in particolare su quelli che hanno come componente 
fondamentale la soluzione di Fricke (una soluzione diluita di solfato ferroso e acido 
solforico). Illustreremo infine il dosimetro da noi utilizzato nel corso di questo 
esperimento, e che abbiamo denominato FriXy-gel, costituito dalla soluzione di Fricke e 
da un indicatore di ioni metallici (Xylenol Orange) incorporati in una matrice gelatinosa 
ottenuta con Agarose. Questa composizione consente di effettuare misure di dose con 
metodi ottici, oltre che con le tecniche di misura RMN, precedentemente studiate e 
sperimentate nei nostri laboratori. 
 
 10 
1.2 Dosimetri chimici acquosi 
Un dosimetro chimico è un sistema nel quale, a seguito di esposizione a 
radiazione ionizzante, viene creato un composto chimico, precedentemente assente, la 
cui concentrazione permette di valutare indirettamente la dose assorbita. 
Si definisce fattore di yield G (numero di ioni prodotti per 100 eV di energia 
assorbita) come: 
 
100E
n(X)
  G(X)
⋅∆
∆
=                                                   (1.1) 
 
∆n(X) = numero di ioni (o radicali o molecole) prodotti per unità di volume, valore che 
può essere misurato tramite analisi chimica. 
∆E = energia assorbita per unità di volume (in eV), che può essere misurata per mezzo 
di calorimetri o camere a ionizzazione. 
La relazione che lega lo yield G alla dose assorbita (espressa in Gy) è: 
 
       
G(X)
109.64M
  D
9
r⋅
⋅⋅∆
=                                               (1.2) 
 
∆M = variazione della concentrazione di X in moli/litro 
ρ = densità del mezzo in Kg/m3 
9.64.109 = fattore di conversione delle unità di misura. 
Fra tutti i dosimetri chimici esistenti, i più comunemente usati, per il fatto di 
essere tessuto-equivalenti, nonché i più facilmente realizzabili sono i dosimetri acquosi. 
Essi si basano sulle reazioni radiolitiche che si innescano in acqua a seguito di 
irraggiamento. 
Con il termine dosimetro acquoso si identifica una soluzione diluita in quantità 
tale da trascurare l’assorbimento diretto della radiazione con il soluto, e tutte le specie 
chimiche prodotte sono attribuibili alle reazioni innescate dalla radiolisi dell’acqua. 
Quando una soluzione di questo tipo (< 0.1 M) viene irradiata, praticamente tutta 
 11 
l’energia viene assorbita dalle molecole di acqua e i cambiamenti chimici osservabili 
sono attribuibili ai radicali liberi prodotti dall’irraggiamento. 
L’interazione della radiazione con l’acqua provoca la ionizzazione o l’eccitazione 
delle molecole: 
H2O  →   H2O+ + e −                                                                                 (1.3) 
H2O*  →  H° + OH°                                                      (1.4) 
H2O+  →  H+ + OH°                                                      (1.5) 
e− + n H2O  →   eaq−                                                      (1.6) 
dove e aq
−
 è l’elettrone idrato, cioè circondato da molecole di acqua orientate. I radicali 
possono combinarsi tra loro in questo modo: 
H° + H°  →   H2                                                            (1.7) 
OH° + OH°    →  H2O2                                                 (1.8) 
La radiolisi dell’acqua porta dunque alla formazione di radicali liberi (H° e OH°) di 
elettroni idrati (eaq
-
) e di prodotti molecolari come idrogeno (H2) e  perossido d’idrogeno 
(H2O2). Le reazioni (1.7) e (1.8) sono generalmente molto veloci (≅ 1010 M-1s-1). 
Le reazioni con l’elettrone idrato sono importanti solo nel caso in cui ci si trovi in 
ambiente altamente basico e in acqua pura, dove e aq- è abbastanza stabile per reagire con 
le sostanze disciolte o direttamente con le molecole di acqua secondo la seguente 
reazione: 
                                              eaq
-
 + H2O  →   H° + OH-                                              (1.9) 
A pH acido gli elettroni idrati sono invece rapidamente convertiti in H°: 
                                               eaq
-
 + H3O+  →   H° + H2O                                          (1.10) 
Quando il pH della soluzione è inferiore a 1 questa reazione avviene così rapidamente 
che le reazioni di eaq
-
 con le molecole del soluto, per concentrazioni moderate, sono 
trascurabili. E’ evidente quindi una forte dipendenza dal pH per tutte le reazioni 
radiolitiche. Si possono verificare inoltre le seguenti: 
                                             eaq
-
 + eaq-  (+2 H2O) →   H2 + 2OH-                              (1.11) 
                                              eaq
-
 + OH°  →   OH-                                                     (1.12) 
                                              eaq
-
 + H°  (+H2O) →  H2 + OH-                                    (1.13) 
                                              H° + OH°  →   H2O                                                     (1.14) 
 12 
Il LET (Trasferimento Lineare di Energia) della radiazione influisce sullo yield 
chimico. Per radiazioni a basso LET (raggi γ, X altamente energetici ed elettroni) il 
valore di G è elevato per i radicali liberi, mentre è basso per le molecole. Per radiazioni 
ad alto LET come protoni, deutoni e particelle α, si generano alte densità di radicali 
liberi lungo la traccia percorsa dalla particella incidente. Questo implica una grande 
probabilità di formazione di molecole prodotte dalle reazioni tra radicali liberi, con un 
conseguente valore di G molto alto per le molecole ma non per i radicali. 
 
1.3 Dosimetro di Fricke  
Uno dei primi dosimetri chimici fu presentato nel 1927 da Hugo Fricke e Sterne 
Morse. Esso consiste in una soluzione acquosa di solfato ferroso e acido solforico, ed è 
considerato come uno standard assoluto (indipendente da calibrazioni interne) di misura 
della dose assorbita. Questo dosimetro, esposto a radiazione X o γ mostra una relazione 
lineare tra la dose assorbita e la quantità di ioni ferrici prodotti. La soluzione di Fricke, 
nella sua forma originale, è costituita da 1 mM di  FeSO4 o Fe(NH4)2(SO4)2 e 
0.4 M H2SO4 (pH 0.46). In ambiente acido le reazioni che avvengono sono le seguenti: 
eaq
−
 + H3O+  →   H° + H2O                                         (1.15) 
H° + O2  →  HO2°                                                       (1.16) 
OH° + Fe2+  →  Fe3+ + OH−                                        (1.17) 
HO2° + Fe2+  →  Fe3+ + HO2−                                     (1.18) 
HO2− + H3O+  →  H2O2 + H2O                                   (1.19) 
H2O2 + Fe2+  →  Fe3+ + OH− + OH°                           (1.20) 
Le reazioni (1.15)-(1.17) avvengono in pochi µs, la (1.18) entro qualche 
millesimo di secondo e la (1.20) in circa 90 secondi. Dopo circa 100 secondi 
dall’irraggiamento vale perciò la relazione: 
G(Fe3+) = 2G(H2O2) + 3[G(eaq−) + G(H°) + G(HO2)] + G(OH°)                     (1.21) 
Per la radiazione γ proveniente da Co-60 il valore di G è pari a 15.6 ioni/100eV. 
L’ossigeno presente in soluzione è consumato durante l’irraggiamento, ma ciò non 
intacca lo yield di produzione di ioni ferrici, perlomeno fino a dosi dell’ordine di 
 13 
400 Gy, quando tutto l’ossigeno presente in soluzione è scomparso. Solo a questo punto 
vengono a mancare le reazione (1.16-18-20) con una conseguente diminuzione di G da 
15.6 a 8.2 ioni/100eV. 
 Vediamo quali sono altri fattori che influiscono sul valore dello yeld degli ioni 
ferrici. La produzione di ioni ferrici diminuisce bruscamente per reazioni ad alto LET 
per le quali però il range di linearità è più esteso. Inoltre è stato osservato che il valore 
di G è indipendente dal dose rate tra 0.001 e 2 .106 Gy/s e per dose rate inferiori ad 1 Gy 
per impulso (lunghezza d’impulso approssimativamente di 1.4 µs) in campi di 
radiazione pulsati. La presenza di ossigeno nella soluzione comporta una lenta 
ossidazione degli ioni ferrosi, anche in assenza di radiazione, con velocità proporzionale 
al quadrato della concentrazione di ioni ferrici e alla prima potenza della concentrazione 
di ossigeno. Ci può essere inoltre una piccolissima dipendenza dalla temperatura al 
momento dell’irraggiamento (0.121% /°C). L’energia della radiazione risulta essere 
poco influente sul valore di G stando a prove effettuate con γ, X, β−, ed elettroni 
monoenergetici compresi nell’intervallo di energie tra 0.66 MeV e 16 MeV. 
 
1.4 Dosimetro-gel 
Aggiungendo alla soluzione di Fricke un’addensante, si ottiene un gel che di fatto 
fissa nello spazio le variazioni di composizione chimica avvenute a seguito di 
irraggiamento. In pratica la struttura gelatinosa del dosimetro fa sì che le informazioni 
relative all’irraggiamento rimangano immutate nello spazio, e questo avviene perché la 
diffusione ionica in presenza del gel è molto più lenta che in sua assenza. In passato 
sono stati usati vari tipi di addensanti, tra i quali quello che ha dato risultati migliori in 
termini di sensibilità e linearità della risposta è l’Agarose SeaPlaque (Arrigoni, 1993). 
Gli addensanti, che sono sempre composti organici, accrescono la sensibilità del 
dosimetro, permettendone l’utilizzo per dosi inferiori rispetto a quelle rilevabili con la 
soluzione di Fricke standard. Questo accade perché le molecole organiche che 
costituiscono il gel partecipano alle reazioni che provocano l’ossidazione degli ioni 
ferrosi e quindi aumentano il valore di G. Si possono raggiungere anche valori di G 
uguali a 200 e questo è dovuto a reazioni a catena innescate sul substrato delle specie 
elettrolitiche. La catena è innescata dai radicali H°, eaq− e OH° e dal perossido di 
 14 
idrogeno generato dalla decomposizione elettrolitica dell’acqua. Usiamo il termine RH 
per indicare la molecola organica di Agarose, RX e ROH per le forme ridotte e ossidate. 
H2O  →  H°, OH°, e aq−, Η2Ο2                                     (1.22) 
eaq
−
  +H+  →  H°                                                         (1.23) 
OH° +RH  →  R° +H2O                                              (1.24) 
H° + RH  →  R° + H2                                                 (1.25) 
Il radicale R°, generato dai prodotti di radiolisi dell’acqua che reagiscono con le 
molecole di Agarose, dà inizio alle reazioni a catena: 
R° + O2  →  RO2°                                                       (1.26) 
Fe2+ + RO2°  →  Fe3+ + RO2−                                     (1.27) 
RO2− + H+  →  RO2H                                                  (1.28) 
Fe2+ + H2O2  →  Fe3+ + OH° + OH−                           (1.29) 
RO2H + Fe2+  →  Fe3+ + RO° + OH−                          (1.30) 
RO° + RH  →  R° + ROH                                          (1.31) 
H° + O2  →  HO2°                                                       (1.32) 
HO2° + H+ + Fe2+  →  H2O2 + Fe3+                            (1.33) 
 
Fig. 1.1: dinamica delle reazioni a catena che si innescano per la presenza della molecola di 
Agarose. La catena ha inizio con il radicale R° che in presenza di ossigeno crea il nuovo radicale RO2°. A 
questo punto avvengono le ossidazioni degli ioni ferrosi, e RO2H continua il processo di ossidazione 
formando il radicale RO°, in grado di reagire con la molecola di Agarose dando un nuovo radicale, R°, 
capace di ricominciare la catena.