l’impiego sempre più intensivo delle fonti rinnovabili. Questi
dovrebbero essere gli obiettivi di una politica energetica lungimirante
anche se ciò implicherebbe enormi investimenti che solo i Paesi più
ricchi potrebbero sostenere.
Da questi presupposti emerge quello che è il maggiore problema a
livello mondiale: come far fronte ad uno sviluppo in termini di
popolazione (e quindi di domanda di energia) che è maggiormente
concentrato nei Paesi in via di sviluppo?
Su tale problematica il dibattito è completamente aperto poiché troppi
sono gli interessi economici e non che riguardano i diversi soggetti
coinvolti.
Rispetto all’utilizzo delle fonti rinnovabili di energia, è necessario
sottolineare che le tradizionali fonti utilizzate (carbone e petrolio)
restano ancora quelle economicamente più convenienti. L’essere fuori
mercato delle fonti rinnovabili ne penalizza l’impiego più intensivo
anche se l’attenzione sul rinnovabile in questi ultimi anni è
decisamente cresciuta.
Lo sfruttamento delle fonti rinnovabili è importante soprattutto per il
fatto che il loro impiego è indispensabile per acquisire una maggiore
indipendenza energetica in particolare nei confronti del petrolio che
rappresenta la maggiore fonte energetica mondiale, soprattutto per
quei paesi poveri di risorse energetiche endogene.
Il maggiore impiego di energia rinnovabile è incentivato anche per i
diversi impatti ambientali nei confronti dell’utilizzo dei combustibili
tradizionali.
Le emissioni inquinanti derivanti dall’uso dei combustibili fossili,
infatti, risultano essere le più elevate fra tutte le fonti energetiche
disponibili, il biossido di carbonio ad esempio (emesso in quantità
significative durante i processi di combustione) rappresenta uno dei
gas maggiormente responsabili dell’effetto serra.
Sulla problematica ambientale è aumentato l’interesse di tutti gli
operatori del settore ed anche dell’opinione pubblica, ma nonostante
ciò non si è giunti ad una soluzione univoca e definitiva: infatti dopo
aver preso atto della situazione in vari dibattiti e aver stabilito alcune
decisioni per ridurre le emissioni dei gas inquinanti molte delle
convenzioni concordate sono state disattese.
Da quanto detto emerge chiaramente l’esigenza di coniugare insieme
sviluppo, progresso economico e salvaguardia ambientale.
Il panorama mondiale presenta dei differenziali economici e sociali
molto marcati tra le varie aree geo-politiche: mentre nelle regioni più
sviluppate si assiste ad un consolidamento delle economie nazionali,
nelle regioni in via di sviluppo la situazione è in continua evoluzione
(soprattutto demografica); quindi sarebbe auspicabile che i paesi più
industrializzati fornissero le proprie conoscenze tecnologiche ai paesi
più poveri, in modo da poter indirizzare le loro economie verso uno
sviluppo sostenibile.
Fondamentale, perciò, è la programmazione e l‘attuazione di politiche
energetiche che rispondano alle richieste di ogni paese.
E’ in questo contesto che si inserisce l’analisi effettuata in questo
lavoro, che delinea dapprima la situazione economica ed energetica a
livello mondiale e nazionale, e successivamente considera le
dinamiche di domanda e di offerta di energia a livello regionale.
Partendo dal Piano Energetico della regione Puglia, che considera i
dati energetici regionali compresi nel periodo 1988-1995, si è
analizzata la situazione energetica pugliese, e considerando i dati
energetici più recenti si è potuto confrontarli con gli scenari di
previsione energetica del breve periodo (1995-2005) presenti nel
Piano Energetico. Dal confronto è emerso che in generale l’evoluzione
energetica è in linea con quanto previsto dal Piano energetico e che
l’efficienza energetica riscontrata negli ultimi anni è aumentata, anche
se a livello regionale non risultano sfruttate appieno le potenzialità
energetiche del territorio.
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CAPITOLO I
FATTORE “ENERGIA” : ANALISI DEI
CONSUMI MONDIALI ED EUROPEI
1. DEFINIZIONE DI ENERGIA E RELAZIONI CON
IL MONDO CIRCOSTANTE
1.1 FORME E FONTI DI ENERGIA
Il termine “energia” nell’uso quotidiano è adoperato in diversi
contesti con vari significati.
Per energia comunemente intendiamo riferirci al concetto di forza,
attività, potenza ad operare e a resistere, sia in senso fisico che morale
(Ippolito F., 1962).
In fisica sta ad indicare un sistema, o un corpo, che compie un lavoro;
l’unità di misura dell’energia è quindi quella del lavoro (joule).
Vi sono varie forme (o modi di manifestarsi) dell’energia in natura.
L’energia chimica ne è un esempio palese: essa viene immagazzinata
dai combustibili fossili (petrolio, carbone e gas naturale) che
successivamente vengono bruciati producendo energia termica.
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Un’altra forma di energia è quella nucleare, che si genera grazie a
mutamenti nella struttura dei nuclei atomici.
Altre forme di energia sono quella meccanica, raggiante ed elettrica.
Benché l’energia è sempre la stessa cosa è tuttavia trasformabile da
una forma ad un’altra. Tali trasformazioni sono regolate dai principi
della termodinamica.
Il primo principio ha come postulato essenziale il principio della
conservazione dell’energia (in natura nulla si crea e nulla si distrugge)
per affermare che è impossibile la creazione ex-novo di energia e che
la quantità totale di energia dell’universo è costante.
Il secondo principio afferma che qualsiasi trasformazione da una
forma di energia all’altra si paga “consumando energia”, nel senso che
l’energia utile dopo la trasformazione è sempre inferiore a quella
iniziale.
Infine il terzo principio enuncia che esiste un limite fisico nel campo
delle basse temperature per il quale non è possibile raggiungere lo
zero assoluto (equivalente a –273,16°C).
La qualità merceologica, l’utilità ed il valore d’uso dell’energia
possono essere misurate in base all’attitudine dell’energia stessa ad
essere trasformata da una fonte all’altra. Quanto più è difficile questa
trasformazione tanto peggiore risulta la sua qualità (Nebbia G., 1995).
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Un discorso a parte merita l’energia elettrica che, pur non essendo una
forma primaria di energia, è generata da tutte le fonti energetiche, ed
ha rappresentato un’importantissima innovazione tecnologica in
ambito energetico.
Le fonti primarie di energia sono rappresentate dalle risorse
energetiche rese disponibili dalla Terra. Esse si suddividono in due
grandi categorie: quelle “esauribili” e quelle “rinnovabili”.
Le prime, definite anche fonti convenzionali, sono quelle risorse che
prima o poi sono destinate ad esaurirsi: come il carbone o il petrolio.
Questi combustibili sono denominati fossili poiché sono stati generati
da materiale biologico di natura vegetale e/o animale che,
decomponendosi nel tempo, ha dato loro vita (Colombo U., 2000(a)).
Le fonti di energia rinnovabili, invece, hanno la peculiarità di non
avere limiti temporali al loro sfruttamento.
Esempio di fonte rinnovabile è il sole, che viene trasformato in
energia termica e fotovoltaica. Altre fonti sono il vento , l’acqua ed
anche le maree (causate dall’attrazione lunare sulle acque degli
oceani) e le biomassa. Inoltre l’energia geotermica, prodotta dal calore
accumulato all’interno della terra, è considerata anch’essa una fonte
rinnovabile.
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L’elettricità, come già detto, occupa una posizione particolare tra le
fonti poiché non rappresenta una fonte di energia primaria, ma in essa
vengono trasformate molte fonti di energia: combustibili fossili,
nucleare, idroelettrico, geotermico e altre rinnovabili.
1.2 ENERGIA E SVILUPPO
Nella storia dell’uomo l’energia ha rappresentato un indispensabile
fattore di sviluppo, ed ha comportato trasformazioni radicali sia in
ambito economico che sociale.
Nella società moderna il consumo di energia costituisce un aspetto
dominante per delineare il livello di sviluppo di un’economia.
Infatti, la disponibilità di energia è considerata indice del progresso
civile ed industriale di un paese. A sua volta in un paese
economicamente ricco si dovrebbe avere un’efficienza energetica
rilevante (cosa che non sempre accade), simbolo di un’adeguata
organizzazione energetica. Da quanto detto risulta l’interrelazione
esistente tra energia e livello economico, e di conseguenza ne risulta
influenzata anche la sfera sociale di una società.
Dopo il secondo conflitto mondiale, l’economia dei Paesi più
industrializzati ha raggiunto un livello di ricchezza senza precedenti, e
con essa c’è stato un boom dei consumi energetici.
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Ma questa imponente crescita economica ha portato molti studiosi a
discutere sulla reale “sostenibilità” delle fonti energetiche e delle altre
risorse naturali disponibili nel medio periodo.
Questa preoccupazione emerse nel febbraio del 1972 grazie al
contributo dato, nel rapporto “I limiti della crescita”, dal Club di
Roma; in esso veniva posto l’accento sulla limitatezza delle risorse
naturali con le quali fronteggiare una crescita demografica
esponenziale.
Anche se le posizioni del Club di Roma sembrano oggi eccessive, il
discorso sulla sostenibilità dello sviluppo è sempre più attuale.
Nella discussione sull’argomento è accresciuta l’attenzione sul
rapporto tra modello di sviluppo e questione ambientale.
A partire dai tempi della rivoluzione industriale l’uomo ha generato
una quantità crescente di emissioni inquinanti nell’atmosfera, che ha
portato (e continua a portare) gravi perturbazioni dell’ecosistema
terrestre: come le piogge acide o l’effetto serra, che hanno causato
l’aumento della temperatura globale.
Quindi se nella fase della globalizzazione il sistema mantiene in essere
una relazione di fondo tra crescita del PIL (Prodotto Interno Lordo) e
crescita dell’inquinamento, è pur vero che alla crescita economica
non si accompagna una crescita sociale.
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La soluzione al problema delineato però non è quella di ridurre la
crescita, poiché questo porterebbe ad accentuare gli aspetti negativi di
una civiltà: minore controllo sociale, minore controllo ambientale e
quindi degrado e dissipazione (Musacchio R., Gelmini M.. in sito
web: “Un Piano Energetico Nazionale basato…”).
La differenza esistente tra Paesi ricchi e Paesi in via di sviluppo (PVS)
è molto accentuata sia in ambito energetico che in termini di sviluppo
socio-economico.
Infatti, mentre i Paesi ricchi stanno conoscendo un periodo di
stabilizzazione sia economica che energetica, i PVS stanno ricalcando
la situazione vissuta dai paesi avanzati anni prima: un aumento
consistente della popolazione accompagnato da una domanda
energetica altrettanto rilevante.
Quindi i Paesi più industrializzati dovrebbero sempre più aiutare i
PVS, cedendo impianti e tecnologie a bassa intensità di energia, in
grado di evitargli inutili sprechi.
Per l’ambiente è necessario un ridimensionamento delle emissioni di
gas serra, non solo per far fronte all’aumento termico globale ma
anche per offrire una migliore vivibilità alle città di tutto il mondo.
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Infine la strada percorribile per uno sviluppo più sostenibile non può
prescindere dal risparmio energetico e dallo sviluppo delle fonti
rinnovabili.
2. QUADRO DI RIFERIMENTO MONDIALE
2.1 ASPETTI DEMOGRAFICI
Tra le informazioni che meglio aiutano a comprendere la situazione
energetica mondiale, un posto fondamentale occupa l’andamento
demografico sulla Terra, e soprattutto la sua evoluzione nel tempo.
Come già ricordato all’aumento costante della popolazione è legato
l’aumento del fabbisogno energetico mondiale.
A partire dagli anni ’70, infatti, la popolazione mondiale è cresciuta
con un ritmo costante del 1,7% annuo (Ruggiero, 1998), raggiungendo
i 5,4 miliardi di abitanti nel 1994, e si presume che nel 2020 si
raggiungeranno oltre 8 miliardi (proiezione “media” delle Nazioni
Unite). Naturalmente la variazione percentuale ora riportata non
rappresenta in maniera perfetta la realtà, poiché tale dato è una media
rappresentativa di due diverse aree economiche: infatti nei Paesi
industrializzati ormai la crescita (con un tasso medio dello 0,5%) è
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quasi nulla in alcune zone, mentre nei Paesi in via di sviluppo (PVS)
la situazione è quantomeno dinamica (vi si registra un tasso medio del
2%).
Siamo di fronte, quindi, a due opposte tendenze demografiche che
testimoniano soprattutto quanto una politica energetica di ampio
respiro sia necessaria per lo sviluppo dei paesi più poveri.
Alla luce della situazione demografica diventa più chiaro analizzare la
dinamica dei consumi energetici negli ultimi anni in ambito
internazionale.
2.2 DOMANDA ENERGETICA
Innanzitutto è indispensabile sapere che nelle valutazioni della
domanda e dell’offerta di energia l’unità di riferimento è la tonnellata
equivalente di petrolio (tep), corrispondente a 41,87 miliardi di joule
(Colombo U., 2000(a)).
Prendendo in considerazione l’ultimo decennio (1990-1999) si nota
come il consumo energetico sia passato da 7957 Mtep a 8533 Mtep,
con una variazione complessiva del 27%, e l’incremento registrato per
tutto il 2000 sia stato del 2,1%, quindi in leggera flessione rispetto al
valore medio percentuale (Caled F., 2000).
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Trattandosi di dati globali, naturalmente non si tiene conto delle
rilevanti disomogeneità geografiche che sono presenti al suo interno:
solo gli Stati Uniti rappresentano il 25% della domanda globale,
mentre l’Europa Occidentale quasi il 20%, ed infine i PVS il 27%
( Ruggiero, 1998).
Il fabbisogno energetico mondiale è coperto per il 39% dal petrolio e
suoi derivati, che, nonostante gli sforzi fatti nella direzione del
rinnovabile, è destinato ad essere ancora il combustibile più utilizzato
(almeno per i prossimi 20-30 anni).
La domanda di petrolio tenderà comunque a perdere terreno,
soprattutto nei paesi più ricchi, mentre la tendenza sarà ribaltata in
quelli più poveri.
Questo passaggio dinamico rappresenta un percorso quasi inevitabile,
poiché le regioni più industrializzate sono economicamente mature e
possono perciò investire i loro capitali in ricerche mirate allo sviluppo
delle fonti rinnovabili; al contrario i Paesi africani e del sud-est
asiatico devono far fronte alle richieste energetiche, sempre più
crescenti, con fonti e tecnologie tradizionali che assicurano maggiore
affidabilità (anche se ciò comporta il mancato sfruttamento
dell’enorme potenziale energetico presente sul territorio indigeno).
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L’altra fonte energetica tradizionalmente molto utilizzata è il carbone;
la sua quota di mercato sta calando in maniera tendenziale (anche se
rispetto al 1999 la domanda nel 2000 è cresciuta del 1%). Una
spiegazione a tale inversione di tendenza è costituita dalla certezza in
ambito internazionale del contributo notevole alle emissioni inquinanti
di gas-serra nei processi di combustione del carbone (AA.VV., 2000).
Le prospettive di impiego del gas naturale prevedono un futuro più
roseo. La sua preferenza è dettata soprattutto dal fatto che il suo basso
impatto ambientale la rende molto appetibile. Le previsioni riportano
per tale fonte energetica un notevole aumento dei consumi nei
prossimi 20 anni, sia nella parte del globo più industrializzata che in
quella in via di sviluppo (Caled F., 2000).
Questo aumento è ascrivibile al fatto che la stima delle riserve
considerate disponibili è in continua espansione, grazie all’attività di
ricerca di nuove tecnologie più convenienti nello sfruttamento dei
giacimenti.
Infine, analizzando i modelli di previsione della domanda mondiale di
energia, che abbiamo a disposizione, si prevede che l’aumento al 2020
sarà del 57% circa (Cozzi L., 2001).