1. Premesse
2
più efficienti dispositivi di protezione. Appare evidente che, nel caso dei viadotti,
realizzare tali dispositivi comporta spesso una necessità di adeguamento delle
strutture che li devono ospitare, soggette alle sollecitazioni più ingenti che i nuovi
piedritti sono in grado di trasmettere all’impalcato.
Scopo del presente lavoro di tesi è proprio quello di vagliare la possibilità di
realizzare il suddetto adeguamento mediante l’impiego di tecniche innovative, che
si avvalgono di materiali compositi fibro-rinforzati: l’intento è quello di ottenere
quelle caratteristiche di rapidità d’esecuzione dell’intervento, durevolezza e
disturbo contenuto alla circolazione che in simili casi risultano assolutamente
essenziali, sicuramente più importanti dei costi diretti sostenuti per la messa in
opera delle modifiche richieste.
1.2 Il problema pratico della protezione veicolare
Le attuali normative che regolano le caratteristiche geometriche e meccaniche dei
sicurvia da installare sulla rete stradale sono basate su due idee di fondo: in primo
luogo le barriere devono essere in grado di dissipare nell’urto una quantità
sufficiente di energia cinetica; in seconda istanza esse devono fare sì che le
accelerazioni subite dagli occupanti del veicolo in svio non superino una certa
entità.
Non rientra fra gli obiettivi del presente lavoro quello di entrare nel merito
della trattazione dei fenomeni più o meno complessi che hanno portato all’attuale
impostazione normativa: nel computo delle azioni da portare in conto ci si è quindi
basati esclusivamente sulle capacità di prestazione dei singoli montanti delle
barriere installate, che nei casi qui considerati sono costituiti da profilati in acciaio
HEB 120.
Le sollecitazioni subite dal cordolo e dalla soletta per effetto di un impatto,
infatti, non potranno mai superare quelle massime che i piedritti sono in grado di
trasferire, ovvero quelle che ne determinano lo snervamento e la conseguente
formazione di cerniere plastiche.
1. Premesse
3
1.3 Confronto tra gli interventi tradizionali e quelli con FRP
Le sollecitazioni indotte sull’impalcato di un viadotto dall’impatto di un veicolo
sulle barriere stradali possono determinare due tipi di crisi a livello strutturale :
• rottura a tenso-flessione della soletta a sbalzo;
• collasso per punzonamento localizzato del cordolo, nella zona attorno al
piedritto.
Possibili interventi di rinforzo tradizionale sono riassunti nei punti che
seguono:
• sopralzo e/o sostituzione del cordolo esistente con uno nuovo;
• demolizione parziale del cordolo e della soletta, getto integrativo di
conglomerato con incremento di armatura;
• incremento delle pile, varo di una nuova struttura accanto a quella esistente
con la costruzione del nuovo cordolo e/o marciapiede1.
E’ ovvio che la scelta fra le predette classi di intervento dipende dalla
situazione particolare che ci si trova ad affrontare; in ogni caso tuttavia, le
lavorazioni elencate sono molto “invasive”, nel senso che obbligano alla chiusura
permanente della corsia esterna, se non dell’intero impalcato; esse inoltre
modificano nella maggior parte dei casi i pesi strutturali e richiedono verifiche
statiche delle travi e delle pile di appoggio.
La recente disponibilità di materiali compositi fibrosi, contraddistinti da
elevata resistenza a trazione, leggerezza e durabilità, rende possibile l’attuazione di
tipologie di intervento “intermedie”, utili al fine di risolvere alcune situazioni non
troppo complesse in modo rapido e poco invasivo.
In definitiva, i vantaggi ottenibili realizzando gli adeguamenti in questione con
materiali compositi piuttosto che attraverso interventi classici, possono essere
riassunti nei seguenti punti:
1
Quest’ultimo tipo di intervento viene realizzato soltanto laddove si presenta la necessità di
allargare la piattaforma stradale, per ospitare un numero maggiore di corsie oppure per adeguare le
dimensioni di quelle esistenti: esso, pertanto, esula dagli obiettivi del presente lavoro di tesi.
1. Premesse
4
• l’intervento con elementi in CFRP consente di limitare il disturbo al
traffico, dal momento che richiede la chiusura di porzioni ridotte della
piattaforma stradale per archi temporali ridotti;
• la posa in opera del rinforzo può essere realizzata con l’ausilio di
macchinari ed attrezzature “leggeri”, come, ad esempio, cestelli mobili
direttamente vincolati all’impalcato del viadotto; ciò comporta una
riduzione dei tempi e dei costi di realizzazione;
• la scarsa invasività dell’intervento abbassa il rischio di danneggiare le parti
esistenti, richiedendo soltanto l’apertura di fori e scanalature di ridotte
dimensioni;
• l’eccellente resistenza dei compositi ai fattori ambientali riduce le
lavorazioni necessarie per garantire la durabilità dell’intervento; a tale
riguardo è bene sottolineare che il problema della vulnerabilità dei
compositi in CFRP al calore può essere considerato irrilevante ai fini del
presente studio, dal momento che le ipotesi di rinforzo presentate nel
prosieguo prevedono l’inserimento delle barre in composito all’interno di
ingenti spessori di calcestruzzo.
1.4 Interventi già realizzati
L’idea di realizzare il rinforzo delle parti a sbalzo dei viadotti mediante l’uso di
compositi in CFRP è suffragata da una serie di studi di fattibilità eseguiti negli
ultimi anni da varie amministrazioni d’impresa, studi che già si sono concretizzati
nell’effettiva realizzazione dell’adeguamento del Viadotto Aquila sull’Autostrada
dei Fiori [3].
Proprio tale intervento è stato assunto come punto di riferimento dello studio
qui presentato. Il problema che ha spinto all’attuazione del provvedimento, infatti,
presenta fondamentali analogie con il tipo di situazioni che si intende affrontare:
esso consiste infatti nel rinforzo della parte a sbalzo della soletta e dei cordoli per
ospitare le nuove barriere stradali.
1. Premesse
5
Nel caso in parola, i progettisti si sono trovati di fronte all’esigenza di
incrementare le capacità resistenti sia della soletta nei confronti delle sollecitazioni
flessionali, sia del cordolo, soggetto a possibili meccanismi di rottura per
punzonamento.
Per quanto riguarda il primo punto, la scelta è ricaduta sull’impiego di barre in
CFRP installate secondo la tecnica NSM, descritta più approfonditamente nel
Capitolo 3.
Il rinforzo a punzonamento, invece, è stato realizzato mediante l’impiego di
tessuti a base di fibre di carbonio, posti in opera mediante incollaggio con speciali
resine epossidiche.
Nell’ambito del presente lavoro, è stata adottata un’ipotesi di rinforzo per la
soletta analoga a quella descritta qui sopra; viceversa, riguardo all’incremento di
resistenza nei confronti del punzonamento, si è preferito ricorrere a tecniche
diverse, che si avvalgono di compositi in barre piuttosto che di tessuti.
I motivi di una simile scelta vanno ricercati nelle difficoltà di ancoraggio dei
suddetti tessuti al conglomerato esistente e nella maggiore semplicità di esecuzione
dell’adeguamento con barre: quest’ultimo infatti non prevede la rimodellazione
delle geometrie del cordolo, che al contrario è resa necessaria dall’uso dei tessuti,
più soggetti a danneggiamento da parte di fattori ambientali fisici e chimici, nonché
ad eventuali carichi d’incendio. A parere di chi scrive inoltre, accanto ad un
contenimento delle lavorazioni necessarie, la realizzazione di un rinforzo con barre
dovrebbe garantire un comportamento del sistema globalmente più affidabile e
meglio prevedibile, con meccanismi di potenziale collasso nel complesso più chiari
e ben definiti.
5 Modelli preliminari FEM
86
5 Modelli preliminari FEM
5.1 Introduzione
Nel presente capitolo vengono illustrati i criteri seguiti nella messa a punto di una
serie di modelli agli elementi finiti in grado di descrivere il comportamento del
cordolo di un viadotto soggetto alle sollecitazioni derivanti dall’impatto di un
automezzo sul sicurvia. Le analisi descritte nel prosieguo del capitolo hanno come
oggetto il solo Viadotto Freghizia – vedi Capitolo 2 – fermo restando che le
considerazioni di seguito sviluppate hanno carattere generale e possono essere
facilmente estese ad altri casi d’interesse.
È bene chiarire che i modelli illustrati nei prossimi paragrafi sono volti a
selezionare, fra le possibili modalità di intervento con barre in CFRP, quelle più
vantaggiose in termini di rapporto fra incremento di prestazioni ottenibile e
affidabilità dell’intervento da un lato e semplicità di esecuzione dall’altro. Essi
tuttavia, pur costituendo senza dubbio uno strumento molto più raffinato rispetto al
metodo preliminare descritto nel Capitolo 4, sono ancora condizionati dai due
aspetti sotto elencati:
• leggi costitutive che non prevedono la rottura per schiacciamento del
calcestruzzo 22;
22
Questo assunto ha lo scopo di rendere più veloce la convergenza della soluzione nei modelli
numerici, un fattore essenziale per rendere possibile l’esecuzione di prove su un numero elevato di
configurazioni.
5 Modelli preliminari FEM
98
inserimento del profilato HE che sorregge la barriera nel conglomerato. Le analisi
preliminari descritte nel Capitolo 4 hanno evidenziato l’esigenza di inserire i
piedritti ad una profondità maggiore, un intervento che garantisce l’attivazione di
superfici di rottura più ampie e resistenti: in questo senso i modelli descritti nel
presente paragrafo sono stati realizzati essenzialmente per ottenere una valutazione
indicativa sullo stato di fatto e sull’opportunità di modificare le geometrie del
sistema per ottenere migliori prestazioni.
Figura 5-3: deformazione (amplificata) a seguito dell’impatto. Sono rappresentate anche le
tensioni principali di trazione e compressione.
La Figura 5-3 mostra una immagine amplificata delle deformazioni generate
da un impatto nel caso di assenza di rinforzo. È evidente che in questa situazione il
meccanismo di collasso consta nell’espulsione di un cuneo di calcestruzzo a
ridosso del montante, dal lato della carreggiata stradale. La scarsa profondità di
ammorsamento del profilato metallico favorisce l’attivarsi di superfici di rottura
che, a partire dalla base del montante stesso, terminano sulla parte superiore del
cordolo.
5 Modelli preliminari FEM
101
Figura 5-7: ipotesi di rinforzo con barre inclinate a 45 gradi disposte ai lati del montante
Anche l’idea di avvalersi di barre di rinforzo inclinate, scaturita dall’analisi
delle direzioni principali di tensione nella soluzione in campo elastico lineare, non
dà risultati sensibilmente migliori.
Resta da analizzare il caso di rinforzo realizzato con barre di carbonio in
direzione orizzontale, disposte ortogonalmente all’asse della strada, accoppiate
all’introduzione di una piastra metallica esterna con la duplice funzione di garantire
l’ancoraggio delle barre in carbonio e costituire un ostacolo efficace all’espulsione
del cuneo di calcestruzzo – vedi Figura 5-8. Tale metodo, che potrebbe apparire
estremamente efficiente, non sortisce in questo caso effetti positivi apprezzabili.
Ciò è dovuto, come risulta chiaro dalle immagini allegate, alla geometria del
sistema, che determina l’instaurarsi di superfici di frattura quasi verticali e dunque
difficilmente contrastabili nel modo proposto.
Barre in CFRP
5 Modelli preliminari FEM
111
Figura 5-21: particolare delle deformazioni indotte nel caso di rinforzo con barre verticali
L’ampia casistica analizzata ha permesso di mettere in luce alcuni aspetti:
• in primo luogo l’azione esplicata da barre di rinforzo orizzontali è
sensibilmente più efficace di quella ottenuta con barre oblique, sia inclinate
a 45 gradi sia a 30 gradi;
• tale azione viene rafforzata in modo piuttosto deciso dall’adozione di una
piastra d’acciaio (eventualmente sagomata come nella Figura 5-14) disposta
sulla parete verticale del cordolo dal lato della carreggiata stradale:
evidentemente le potenziali superfici di frattura e scorrimento del cuneo
soggetto a punzonamento hanno direzione meno inclinata rispetto al caso
analizzato nel paragrafo precedente;
• non risulta invece particolarmente efficace il metodo che si avvale di piastre
sagomate disposte sulle due facce superiore ed inferiore dell’insieme
soletta/cordolo: il guadagno che si ottiene in termini di resistenza
introducendo un valido contrasto allo scorrimento in direzione verticale non
Barre in acciaio
Barre in CFRP
6 Sperimentazione
126
Figura 6-1: telaio utilizzato per le prove di pull-out
6 Sperimentazione
127
Foto 6-1: telaio usato per le prove di pull-out.
6 Sperimentazione
128
Figura 6-2: schema delle prove di pull-out
6 Sperimentazione
135
riguardo all’aderenza fra barre in CFRP e resina; tali dati costituiscono una base
essenziale per valutare l’opportunità di realizzare delle vere e proprie teste
d’ancoraggio, attraverso l’introduzione di corpi in resina all’interno del
conglomerato preesistente.
I provini “B1” sono costituiti da un tubo cilindrico realizzato in lamierino
metallico di 5 mm di spessore e diametro interno 100 mm. Il tubo è riempito con la
pasta Concresive 1420 ed in corrispondenza dell’asse è disposta una barra di
carbonio Leonardo avente diametro 10 mm.
Figura 6-4: provini di tipo "B1"
6 Sperimentazione
142
CFRP, con l’interposizione di un semplice nastro biadesivo. Proprio per ottenere
una simile condizione, viste anche le dimensioni non trascurabili del trasduttore, è
stato necessario realizzare un ulteriore piccolo telaio, costituito da una lamiera
piegata e forata, in modo da poter alloggiare l’apparato di misura in condizioni di
adeguata stabilità sulla faccia superiore dei vari provini testati.
L’applicazione delle azioni di carico è stata effettuata utilizzando il sistema di
prova in modalità a spostamenti impressi, con una velocità di scorrimento della
traversa mobile pari a 0,1 mm/s; la lettura della relativa forza si è fatta direttamente
alla cella di carico della macchina di trazione, dato che la configurazione dei test in
Foto 6-10: (a) trasduttore resistivo impiegato per la misura degli scorrimenti relativi,
inserito nel telaio di supporto; (b) lo stesso apparato posizionato sulla faccia superiore di
un provino
(a) (b)
6 Sperimentazione
147
-2
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
-5 0 5 10 15 20 25
scorrimento [mm]
fo
rz
a
[K
N]
Provino 1
Provino 2
Provino 3
Provino 4
Grafico 6-1: diagramma forza/scorrimento - provini "A1"
-1
0
1
2
3
4
5
6
-5 0 5 10 15 20
scorrimento [mm]
t
e
n
si
o
n
e
[M
Pa
]
Provino 1
Provino 2
Provino 3
Provino 4
Grafico 6-2: diagramma tensione/scorrimento – provini “A1”