5
2. Gli obiettivi
I quotidiani sono strumenti di cui l’umano ingegno si è dotato per dare
visibilità al proprio operato e per notificare una serie di elementi della realtà in
base ai quali operare delle scelte e agire.
I disastri ambientali rappresentano, all’opposto, gli errori dell’ingegno, il
lato oscuro della sua forza, e sono una parte fisiologica del progresso umano.
L’analisi è tesa a individuare le modalità con le quali i quotidiani trattino le
notizie di disastro ambientale e a comprenderne le origini.
Attraverso un confronto specifico fra i quotidiani nel 1976
1
e quelli nel
biennio 1999-2000, sarà possibile capire quali mutamenti si siano verificati nella
sensibilità giornalistica in materia ambientale: si ritiene che l’ampiezza dell’arco di
tempo, che distanzia i fatti più lontani da quelli più recenti (approssimativamente
una generazione), e una logica comparativa permetteranno di delineare un quadro
significativo dei cambiamenti occorsi, delle linee guida e delle tendenze
caratterizzanti il trattamento giornalistico delle emergenze ambientali negli ultimi
venticinque anni.
Questo lavoro preparatorio ci fornirà spunti utili a interpretare i motivi che
sono alla base dello status quo del giornalismo attuale.
Gli esiti della ricerca saranno infine sottoposti al vaglio di soggetti
professionali, che valuteranno la validità delle osservazioni avanzate e che
produrranno a loro volta ipotesi esplicative.
1
Si è preferito riferirsi all’1976, anziché al 1975, poiché anno di fondazione della testata “la Repubblica”,
indispensabile per validare il nostro campione.
6
3. Il metodo di analisi
Popolazione
La popolazione è composta da tutti gli articoli riguardanti sei casi di
fuoriuscita di sostanze pericolose da navi da carico (tre per il 1976 e tre per il
biennio 1999-2000), pubblicati su quattro quotidiani nazionali selezionati in base
all’eterogeneità dell’orientamento politico: L’Unità, La Repubblica, La Stampa e
Il Giornale.
La scelta di quotidiani così eterogenei per diffusione e schieramento
politico-culturale è stata dettata dalla volontà di esplorare la costruzione del
discorso ambientale a partire dai forti elementi di diversità attraverso cui
l’informazione giornalistica può essere articolata. Tale scelta, tuttavia, non
impedirà, dove si riterrà opportuno, un’analisi unitaria in cui le differenze saranno
ignorate al fine di ottenere una visione d’insieme in grado di rendere la generalità
del discorso ambientale.
E’ necessario precisare che lo scopo della ricerca non è la valutazione delle
distribuzioni politiche del discorso ambientale e che non si provvederà
all’attribuzione di premi o sanzioni morali ai singoli quotidiani; il lavoro è teso a
valutare quali siano le invarianti dell’informazione in materia di disastro
ambientale. Le singole testate hanno mera funzione strumentale: che occhieggino
la destra neo-fascista piuttosto che la sinistra comunista questo interessa soltanto
nei termini del rispetto di una “par condicio” non scritta, utile a convalidare il
campione adottato.
Tecniche di rilevazione
L’analisi degli articoli si svilupperà in due fasi fondamentali: la prima sarà
dedicata allo studio dell’aspetto formale, mentre la seconda verterà sulla
considerazione dell’aspetto contenutistico.
L’analisi formale sarà tesa alla qualificazione della prominenza della notizia,
che verrà valutata attraverso la lettura di opportuni indicatori quali lo spazio
occupato dalla notizia, la presenza e qualità degli elementi non-letterali, la
tipologia della pagina “occupata”, il posizionamento del pezzo nella griglia di
impaginazione, la distribuzione cronologica degli articoli e il grado di recettività
all’evento.
7
Per quanto concerne l’analisi contenutistica si farà uso di una griglia di
inquadramento contestuale del discorso ambientale
2
, messa a punto da Gilda
Bonnes e Mirilia Sensales nel 1998
3
: articolata in scale del contesto spazio-sociale
(micro-, meso-, macro-scala), essa consentirà di filtrare il prodotto giornalistico
attraverso referenti contestuali, un insieme definito di tematiche di materia
ambientale con i quali la comunità si trova periodicamente a confrontarsi; ciò che
emergerà da questa filtrazione sarà l’ampiezza dello spettro del discorso
ambientale all’interno della popolazione di riferimento. In parole semplici
cercheremo di rispondere alla seguente domanda: con che grado di eterogeneità è
trattato il discorso ambientale durante le differenti emergenze?
Fatte queste premesse, devo rilevare che, benché tutti gli elementi riportati
dalla griglia possano avere attinenza con i disastri ambientali, ben difficilmente li
potremo trovare in articoli che, per la natura stesso dell’evento trattato, avranno
un’essenziale componente di cronaca: lo strumento non potrà quindi essere
utilizzato in maniera rigida e, di conseguenza, il frame sarà analizzato in maniera
elastica, ovvero senza un riferimento costante e pedissequo allo strumento e con
l’intenzione di sondare essenzialmente l’ampiezza del discorso sul disastro.
All’uso della griglia di inquadramento, farà seguito un’analisi contenutistica tesa a
valutare la completezza giornalistica della trattazione.
Onde evitare accuse in merito ai presunti doveri della stampa, si è ritenuto
opportuno non produrre alcuna griglia di analisi e fare semplicemente riferimento
alle cosiddette “cinque W” del giornalismo.
Le risposte alle domande “What? Who? Where? When? Why? ” forniscono
un insieme di informazioni che, se non producono certezza, quantomeno riducono
l’incertezza in merito a una determinata realtà, fornendone una versione più o
meno completa.
2
In appendice (ii)
3
Cfr. Bonnes, G., Sensales, M., 1998, L’ambiente nella stampa quotidiana, in “Problemi dell’informazione”, n.1
8
4. Pillole di ecostoria recente
Tracciare una breve cronistoria della coscienza ambientale implicherebbe
un’indagine sociologica estremamente accurata che esulerebbe dalla specificità del
lavoro: si preferisce quindi effettuare un’elencazione di eventi significativi della
storia ambientale e di considerarli indici o catalizzatori di cambiamenti coscienziali
della società.
Breve considerazione metastorica che funge da contesto: nel 1975 la
popolazione mondiale constava di circa 4.000.000 di persone, nel 2000 ha già
toccato i 6.100.000. A parità di ogni altra condizione, l’impatto ambientale di una
popolazione cresce in proporzione a essa: gli spazi e le risorse si riducono, le scorie
aumentano.
Durante il 1970, in seguito ribattezzato ”anno europeo della conservazione
della natura”, si svolge la prima giornata mondiale della terra (Earth day), da molti
considerata la data di nascita ufficiale del movimento ecologista.
Nel 1972 è la volta della Conferenza di Stoccolma “L’uomo e il suo
ambiente” realizzata sotto l’egida dell’ONU: con essa viene sancito il carattere
planetario della questione ambientale.
Nello stesso anno l’istituto MIT di Boston produce il rapporto “The limits to
growth”, il risultato dell’elaborazione a computer di un modello globale delle
interrelazioni tra umanità e pianeta. Secondo il modello dell’istituto del
Massachussets, se la crescita fosse progredita con il tenore dell’epoca (la
cosiddetta “età d’oro dello sviluppo”), intorno alla metà del ventunesimo secolo si
sarebbe verificato un collasso catastrofico della civiltà umana.
Earth Day, Conferenza di Stoccolma, pubblicazione di The limits to growth:
tre eventi internazionali che hanno sancito la messa in discussione ufficiale
dell’equazione natura - miniera e discarica dell’uomo.
Nel 1976 una lunga serie di incidenti da trasporto petrolifero e gli
esperimenti nucleari francesi nel Pacifico: l’ONU indice la III Conferenza sui
diritti del mare e inserisce nell’ordine del giorno anche la discussione sulla lotta
all’inquinamento ambientale. Dopo due conferenze all’insegna della spartizione
economica dei mari e in prossimità dell’ennesima “guerra dei merluzzi” fra Gran
Bretagna e Islanda, il mare cessa di essere un semplice contenitore di pesce e inizia
a essere considerato come un ecosistema da proteggere.
9
Gli ultimi anni Settanta sono protagonisti di due casi destinati a risvegliare
l’opinione pubblica mondiale in materia ambientale. Nel luglio 1976 si verifica un
incidente presso lo stabilimento di intermedi chimici Icmesa di Seveso e
dall’impianto della multinazionale Givaudan fuoriesce una nube tossica di
triclorofenoli e diossine. Nel marzo 1979 presso la centrale nucleare di Three Mile
Island in Pennsylvania si verifica un’ingente fuoriuscita di sostanze radioattive con
conseguente evacuazione dell’intera area di Harrisburg..
Allo stesso periodo si possono far risalire le prime polarizzazioni in merito
all’energia nucleare: nel 1978 in Austria un referendum popolare sancisce la scelta
anti-nuclearista, mentre nel 1979 in Svizzera viene approvato un progetto di legge
favorevole all’uso de ”l’energia dell’atomo”.
L’acceso dibattito sull’ecologia, che si instaura nei paesi occidentali alla fine
degli anni Settanta, sembra essere il presupposto per il successo dei partiti “verdi”
all’interno delle realtà politiche nazionali; il primo Stato che premierà un partito
verde è la Germania: nel 1983 una rappresentanza del partito ecologista dei Grunen
fa il suo ingresso trionfale nel Bundestag.
Questa tendenza, inaugurata dall’elettorato tedesco, sembra essere il
prodromo di una “inflorescenza verde” anche all’interno di una entità
sovranazionale quale la Comunità Europea, che nel 1984 vedrà l’affermazione
delle liste verdi in occasione del rinnovo del Parlamento Europeo; questa
rappresentanza internazionale sarà riconfermata con la presenza di ben
trentaquattro parlamentari ecologisti durante le elezioni del 1989.
La metà degli anni Ottanta potrebbe definirsi il punto di svolta del dibattito
sui limiti dello sviluppo: nel 1984 un gravissimo incidente presso la Union Carbide
di Bhopal, nel 1986 l’esplosione di un reattore della centrale nucleare di Chernobyl
e il disastro ecologico determinato da un incendio ai depositi del gruppo chimico
Sandoz in Svizzera.
Nel giro di soli tre anni, l’opinione pubblica mondiale ha visto spazzar via
duemilacinquecento civili indiani, assistito all’omicidio biologico del fiume Reno,
atteso con terrore l’avanzata spettrale e inarrestabile della nube radioattiva.
A questi eventi seguiranno il vertice internazionale di Rio de Janeiro nel
1992, l’introduzione nei trattati di Maastricht del principio del “chi inquina paga”
nello stesso anno, il conferimento del premio Nobel a Crutzen, Molina e Rowland
4
4
Equipe di scienziati che ha scoperto le reazioni chimiche che portano alla formazione e alla distruzione dell’ozono.
10
nel 1995 e la stesura dei protocolli di Kyoto sul rapporto clima-emissioni nel 1997:
eventi che marcano l’ingresso dell’“emergenza ambientale” nell’agenda della
comunità internazionale.
11
5. Cenni di storia del giornalismo italiano dal 1976 a oggi
Gli anni Settanta, in merito all’ambiente giornalistico, sono definiti da Paolo
Murialdi
5
un “decennio tumultuoso e drammatico”: è il periodo della crisi del
sistema di potere democristiano, della strategia del terrore, dell’incremento di
potere e visibilità delle ali estreme della politica extraparlamentare e dei fermenti
che agitano la società civile. Si respira un’aria di scontro e i quotidiani
d’informazione sono il terreno privilegiato della lotta per il potere.
I primi Settanta sono del resto anche gli anni della crisi finanziaria dei
quotidiani, cui si cerca di porre rimedio con un provvedimento legislativo che
costringe la “carta stampata” a bussare spesso alla porta di governo e Parlamento.
In sostanza la carta stampata è debole ma ha potere, dipende
economicamente dal “Palazzo” ma è per esso fondamentale.
5.1. Anni Settanta: fra campanile e Palazzo
L’arrivo al “Corriere della sera” di Piero Ottone è un evento significativo
dell’aumento di indipendenza dei quotidiani dal controllo esercitato dai “potenti”:
questo nuovo corso è fondato su di un atteggiamento liberal, sull’abbandono del
tradizionale fiancheggiamento della Dc e sulla cessazione dell’ostilità aprioristica
nei confronti del Pci.
Il quotidiano della Fiat “La Stampa”, storicamente vicino al partito di
Andreotti, segue la strada intrapresa dal “Corriere” accogliendo nuovi lettori di
tendenze più progressiste e perdendo parte del nocciolo duro conservatore.
La “linea Ottone”, oltre ai proseliti, produce anche oppositori, primo fra tutti
Indro Montanelli che abbandonerà il quotidiano per fondarne uno proprio.
“Il Giornale nuovo” fa il suo esordio in edicola il 25 giugno 1974: è “l’anti-
Corriere” per eccellenza, “un foglio che è quasi un partito, diretto da un giornalista
carismatico”
6
, dedicato a quanti considerino il direttore del “Corriere della sera” e
Arrigo Levi, a capo della “Stampa”, degli eversori e a quanti temano che il partito
comunista prenda il sopravvento all’interno del compromesso con la Dc in crisi. La
componente politica intride le fondamenta stesse della testata che, ricordiamolo,
5
Cfr. Murialdi, P., 1996, Storia del giornalismo italiano, Bologna, il Mulino
12
nasce sostanzialmente in reazione a una divergenza di natura politica fra Ottone e
Montanelli.
La composizione delle pagine interne riflette una logica spiccatamente
locale, per la quale la sezione del “Giornale di Milano” beneficia dello stesso
numero di pagine, due, dedicato al “Giornale dell’interno”, mentre gli esteri si
giocano tutte le carte in una “griglia” soltanto.
All’inizio del 1976 si assiste alla nascita di “la Repubblica”: l’aumento
dell’intervento politico dei quotidiani e il successo dell’“Espresso”, consentono a
Eugenio Scalfari, ideologicamente ed economicamente, di progettare un secondo
giornale, espressamente di sinistra, eminentemente politico ed economico, che
incarna la tendenza dei quotidiani a perdere la prerogativa di dare per primi le
notizie.
Un altro fattore: il 1976 è l’anno della riforma della RAI, che implica la
perdita da parte dei giornali della prerogativa di dare per primi le notizie: l’urgenza
della cronaca si smorza e non pochi lettori si rivolgono al “quotidiano di qualità”
per leggervi spiegazioni e interpretazioni.
“L’Unità”, “organo del partito comunista italiano, dipende inevitabilmente
dalle sorti del gruppo di Berlinguer e la composizione delle pagine interne, se da
un lato mostra l’attenzione ai fatti economici, di Palazzo e di partito, che
totalizzano le prime sei pagine (sulle sedici totali), dall’altro riserva un’insolita
attenzione extra-locale, concretizzata nelle due pagine degli esteri.
I giornali del campione presentano nel 1976 alcune caratteristiche
fondamentali per l’analisi.
Da un punto di vista strutturale, il ridotto numero di pagine, fra sedici e
ventidue, implica un sistematico buio giornalistico per un numero elevato di
eventi, mentre dal punto di vista contenutistico (ed economico), si osserva un
invischiamento ai limiti del morboso col mondo della politica e una dipendenza
pressoché totale dalle sue logiche: questa condizione si riflette sulla scelta delle
news e ammorba inevitabilmente l’agenda setting del lettorato.
A ciò si aggiunge una lunghezza focale ancora abbastanza corta che,
nonostante le timide aperture dell’“Unità” verso il “globale”, spinge alcune testate
come “Stampa” e “Giornale” a conferire molto peso all’informazione locale.
6
Ibidem
13
La visione del mondo presentata dal giornalismo targato 1976 pare alquanto
ristretta e, in sostanza, si barcamena fra il campanile e il “Palazzo”.
5.2. Ottanta – Novanta: decenni di transizione
Negli anni Ottanta la diffusione di fotocomposizione a freddo e
videoterminali manda “in soffitta” linotype e macchine da scrivere, un fatto che,
unitamente alla possibilità di ricevere direttamente sul “monitor” migliaia di lanci
d’agenzia quotidiani, riduce il lavoro fuori-sede e fa emergere la figura del
“deskista”.
Il giornalismo continua a conservare il suo ambiguo rapporto con la politica:
il II Titolo (Provvidenze per l’editoria) della legge 416 sull’editoria rinsalda la
dipendenza della stampa dai gestori della cosa pubblica, mentre gli scontri
frequenti e violenti con soggetti partitici mostrano un giornalismo che è ormai un
autentico attore politico.
Sono anche gli anni della settimanalizzazione, quella prassi che vede i
grandi quotidiani ospitare inserti, gadgets e giochi; è una tendenza che, iniziata nel
primo quinquennio degli Ottanta, è proseguita con sorti alterne fino ai giorni nostri.
D’altra parte le riviste più forti resistono a questa uscita di campo della stampa
quotidiana e anzi si osserva un progressivo successo di prodotti non tradizionali,
quali fogli e periodici specializzati o di nicchia
7
,
La strategia dei quotidiani di aprirsi a nuovi argomenti ha tuttavia grosse
ricadute sulla qualità dei servizi e degli inserti: nel 1984 il Censis non esiterà a
bocciare le estensioni economiche dei quotidiani, valutandole assolutamente
inadeguate. Un esito, questo, che la carta stampata produrrà nuovamente a cavallo
dei millenni ma con un nuovo argomento, egualmente emergente e sostanzialmente
apolitico: l’ambiente.
Gli anni Novanta, prossimi al “nostro” biennio, si identificano con un
agghiacciante crisi delle vendite iniziata nel 1992. La risposta generalizzata è
quella dello svecchiamento dei direttori e dell’assunzione di logiche informative
più spettacolari, da telegiornale. In conseguenza del rinverdimento dei vertici,
7
Il periodico “Airone” del gruppo Mondadori Associati registra la vendita di 247.000 copie al suo esordio in edicola
14
alcune testate si lanciano in superpromozioni che avranno molto seguito, in primis
quella delle videocassette di film.
In generale si può riscontrare un “gonfiamento” dell’offerta, che si
concretizza con un aumento delle pagine e degli argomenti e che raggiunge un
livello parossistico nel “Corriere” e nella “Repubblica”, che adottano la medesima
cura: “un inserto al giorno/ leva il dissesto di torno”.
Dal 1994 si verificano cambiamenti significativi e in successione abbastanza
rapida: la “discesa in campo” di Berlusconi induce Montanelli ad abbandonare “il
Giornale”, lasciando la direzione a Vittorio Feltri, un direttore che reimposterà il
quotidiano sulle comodità del gran capo di Fininvest e dei postfascisti di Fini;
Scalfari lascia i vertici della “Repubblica” a Ezio Mauro, pur rimanendo il
principale animatore della testata; Agnelli cala dall’alto Carlo Rossella, ex di
Panorama, producendosi in un avvicinamento all’area Fininvest; Veltroni,
diventato vicepresidente del Consiglio per il governo Prodi, lascia “l’Unità”. Ecco i
giornali di oggi.
I quotidiani del campione sono composti da un numero di pagine compreso
fra ventiquattro (L’Unità) e settanta (La Repubblica), passando per le cinquanta di
“Stampa” e “Giornale”: gli spazi sono aumentati e con essi il numero di
informazioni, tant’è che si contano fra settanta e centodieci pezzi per quotidiano.
La presenza del disastro ambientale potrebbe essere favorita dallo
svecchiamento delle direzioni e dal crescente interesse dimostrato dal lettorato col
grande successo di “Airone”
8
negli anni Ottanta. L’argomento è nuovo e
interessante, ma il ricordo non può che correre al tremendo giudizio con cui il
Censis troncò nel 1984 le speranze della neonata informazione economica e
finanziaria degli inserti dei quotidiani, che risultava “superficiale e imprecisa,
faziosa e incompleta, sensazionalistica ed eccessivamente personalizzata”.
8
“Airone”, periodico del gruppo Mondadori Associati registra al suo esordio la vendita di ben 247.000 copie.