4
all’interno del quale i diversi poli- Mestre, Marghera e la Città Storica- diventano
monofunzionali e parte di una struttura più ampia.
Mestre è costretta a piegarsi alle esigenze di Marghera sacrificando la
propria vocazione di borgo agricolo dedito ai commerci con Venezia a beneficio
dell’industria. Essa subisce una violenta espansione edilizia ed una costante
crescita demografica- che trovano il loro apice con il boom economico del
dopoguerra- non supportate, però, da un’adeguata programmazione urbanistica: a
prevalere è la speculazione che favorisce lo sviluppo di un centro anonimo, una
città dormitorio, trasformata in maniera radicale, rivolta completamente verso
l’entroterra, dimentica del proprio affaccio sull’acqua e dei propri tratti storici.
Venezia, viceversa, incontra un progressivo declino: dalla metà del
Novecento ai nostri giorni sopporta un’inesorabile perdita di popolazione ed al
contempo un invecchiamento della stessa. Causa principale è il continuo esodo
che porta i più giovani ad abbandonare la Città Storica per la Terraferma. La
monospecializzazione turistica non favorisce certo la permanenza dei Veneziani i
quali si trovano coinvolti in una competizione con i turisti sull’utilizzo del Centro
Storico. Spariscono infatti tutti i servizi rivolti ai residenti (soprattutto il
commercio di generi alimentari e l’artigianato), i prezzi dei beni di consumo sono
sempre più alti e si aggiunge il dovere subire la congestione del traffico ed il
degrado estetico provocati da un turismo di massa che ha ormai raggiunto la
massima capacità di accoglienza. Tale situazione finisce col danneggiare
l’ambiente, i monumenti, l’economia e la qualità della vita locale, nonché la
qualità della stessa esperienza turistica.
I nuovi modelli di produzione e di uso del territorio che si sono imposti in
seguito alla creazione di Porto Marghera hanno, inoltre, escluso ogni tutela del
paesaggio. Da un lato la Terraferma è stata considerata come un terreno su cui
predisporre senza alcun vincolo ogni attività di crescita economica, residenziale e
commerciale. L’elemento che era parte essenziale, costitutiva e distintiva del
territorio, cioè l’acqua, è stato cancellato perché avvertito come un peso allo
sviluppo ed alla modernità. Dall’altro lato il bisogno di spazio per estendere il
polo industriale, il bisogno di collegare in modo diretto e veloce Porto Marghera
con il mare aperto e l’uso di massa delle barche a motore, hanno posto in secondo
5
piano le necessità del delicato equilibrio lagunare portandolo ad un passo dalla
rottura.
Questa obliterazione del paesaggio quale immagine di una precisa identità,
dei suoi valori ambientali e culturali è l’effetto di un mutato rapporto tra uomo e
territorio, di mutate istanze dell’uomo, quelle di produrre per consumare:
“Due modi di produzione si sono scontrati e la civiltà di ieri, che inseguiva come
risultato finale produrre la bellezza ed un certo ordine misurabile nel paesaggio, è stata
scardinata da quella di oggi
1
.”
Dalla fine degli Anni Ottanta, però, fortunatamente questa tendenza sembra
essersi invertita ed un rinnovato interesse per il paesaggio, per i dati storici ed
ambientali del territorio lagunare sembra essere nato tra i cittadini della
Terraferma. Due diverse necessità concorrono a destare questa nuova coscienza
critica nei confronti del proprio intorno: in primo luogo cresce la volontà di
identificarsi in simboli che uniscano più generazioni, che costruiscano
un’immagine della città in cui gli stessi abitanti si possano riconoscere. E’ una
ricerca di radici comuni in un’area sottoposta in pochi anni a processi di sviluppo
accelerati dove per tanto tempo le persone si sono sentite sole, isolate, prive di
rapporti spaziali e sociali, in un contesto spersonalizzante. Il bisogno di trovare
delle basi comuni da condividere affiora negli animi dei residenti quando ci
troviamo ormai di fronte alla terza generazione: giovani nati e cresciuti a Mestre
e che a Mestre sentono di appartenere. Ecco quindi che tra gli abitanti mestrini
sorge una forte domanda di storia presente della città, domanda che stimola una
serie di pubblicazioni, di ricerche, di proposte di miglioramenti.
In secondo luogo l’attenzione verso il territorio e verso una sua più
completa fruibilità nasce dal desiderio, comune a questa nostra epoca, di poter
godere di una maggior qualità della vita, di poter spendere il proprio tempo libero
a contatto con la natura, in una situazione rilassante e con attività che non siano
soltanto di mero svago ma anche e soprattutto motivate da un interesse per il
patrimonio naturale e culturale del territorio e rispettose dell’integrità
dell’ambiente. La popolazione mestrina sente dunque la necessità di rivolgersi al
1
E. Turri, La megalopoli padana, Venezia, Marsilio, 2000, p. 211.
6
proprio fronte lagunare: subisce il fascino dell’acqua e scopre il piacere del
naviglio tradizionale con propulsione a remi o con le vele. Questo ritorno
all’elemento acquatico è stato decisamente incoraggiato dai soci delle
associazioni nautiche e remiere che per primi, già agli inizi degli Anni Ottanta,
quando ancora la Punta San Giuliano altro non era che una discarica di rifiuti, si
sono battuti per rivitalizzare e riqualificare questo spicchio di territorio
opponendosi alla predominante cultura della motonautica ed alla violenza inflitta
al territorio.
L’Amministrazione Comunale ha saputo ascoltare la voce e le esigenze
della popolazione trovando la risposta a tali pressioni nel Parco di San Giuliano
(un’area di 700 ettari compresa tra Marghera, Mestre e Campalto): un progetto
che ha preso avvio nel 1989 quando il Comune ha indetto un concorso
internazionale con l’intento di trovare soluzione ai molti problemi vissuti dalla
città e dalla laguna. E’ questa un’iniziativa davvero importante per il futuro
dell’intera città di Venezia perché segna un nuovo modo di operare sul territorio:
si dà infatti inizio ad una politica di conservazione e salvaguardia dell’habitat
lagunare per invertire il processo di degrado del patrimonio naturale e culturale di
tale spazio. Dopo un secolo di soprusi è il tentativo di dare forma concreta ad uno
sviluppo sostenibile che vede nei beni culturali- intesi come beni ambientali,
antropici e paesaggistici- delle risorse che possono e devono partecipare da
elementi determinanti alla futura riuscita del territorio. La creazione del Parco
indica la concretizzazione dell’idea che una buona qualità della vita sia
inscindibile da una buona qualità dell’ambiente. Dunque, le esigenze della
popolazione unite alla realizzazione del Parco, resa possibile dal Comune,
sottolineano una mutata sensibilità nei confronti della natura e sono espressione
di un nuovo modo di vivere e pensare il territorio ed in particolare quest’area che
dopo essere stata dimenticata per lunghi anni oggi rivendica una posizione di
primo piano all’interno del sistema cittadino.
La grande forza del progetto sta anche nell’aver coinvolto sia in sede di
pianificazione sia nella gestione vera e propria del futuro Parco diverse
componenti: c’è stato infatti un apporto progettuale multidisciplinare che ha visto
l’intervento di architetti, urbanisti, botanici ma anche la collaborazione diretta dei
cittadini, delle società remiere e dei gruppi ambientalisti. Ciò significa che si è
7
cercata l’opinione degli abitanti per tentare di realizzare un’opera che sia il più
vicino possibile al loro sentire, che li unisca in una partecipazione emotiva. Solo
un’appropriazione fisica ed intellettuale dello spazio in cui i diversi vissuti si
incontrano in un rapporto dinamico può investire di significato il paesaggio.
Questo mio lavoro è stato una sorta di viaggio nel tempo e nello spazio alla
ricerca delle cause determinanti i radicali mutamenti subiti nel corso del XX
secolo dall’area veneziana ed in particolare da Mestre e dal suo fronte lagunare
per tentare di capire come tali cambiamenti si sono riflessi sul territorio e sono
stati vissuti da chi quel territorio lo abita. Ho voluto studiare come il senso di
appartenenza degli abitanti si sia evoluto in relazione alla variazione dell’identità
del luogo, ossia alla variazione dei lineamenti, dei diversi attributi dell’area.
Mi sono mossa in questo territorio da visitatrice straniera, da outsider,
quindi senza avere un’esperienza originaria e spontanea di questi luoghi, senza
legami che mi stringessero in un rapporto speciale e personale. Come può, però,
l’outsider riuscire a penetrare i significati che l’abitante locale attribuisce al
paesaggio? Egli deve approfondire quanto più possibile le conoscenze su quel
paese, sui suoi abitanti, la sua storia, i suoi percorsi artistici e culturali, le sue
attività produttive
2
. Con tale bagaglio si può apprestare a “partire” tentando di
cogliere attraverso gli elementi costitutivi del territorio il senso profondo della
sua storia, della sua identità, della sua vita economica e culturale. Con tale
metodo ho agito io, cercando nel paesaggio e nelle sue componenti visive
l’entroterra veneziano, chiedendo soccorso agli abitanti locali per decifrare alcuni
significati, consultando guide, monografie sulla storia e la geografia locale, siti
Internet, per dare significati sempre più profondi alla mia esplorazione visiva.
2
E. Turri, “L’immagine della pianura lombarda: gli elementi dell’identità” in Aa. Vv., Gli
iconemi: storia e memoria del paesaggio, Milano, Electa, 2001, pp. 9-10.
17
Parte prima
L’EVOLUZIONE RECENTE
18
Capitolo 1 - IL CONTESTO URBANO INSULARE
1.1 Lo sfondo ambientale
“Al primo colpo d’occhio Venezia è incantevole, e non conosco nessun’altra città in
cui si sia così contenti di trovarsi, il primo giorno, per la novità dello spettacolo e dei
piaceri
3
.”
Montesquieu descrive così le sensazioni ricevute dal proprio incontro con
Venezia: emergono, su tutte, lo stupore e la meraviglia per una città vissuta come
una sorta di miracolo in cui la simbiosi tra natura e civiltà è totale. Venezia è
avvertita come una costruzione che conserva intatta l’immagine dei secoli passati
e che mantiene, incredibilmente, l’equilibrio con il proprio intorno stando sempre
ad un passo dalla rottura
4
. Tale sentimento, esplicitato da Montesquieu, è comune
a tutti coloro i quali giungono, magari per la prima volta, a Venezia poiché
l’impatto visivo che si riceve dal rapporto continuo ed immediatamente
percepibile tra il paesaggio naturale e la città è intensissimo. Il gioco di luci e
colori, il susseguirsi dei marmi delle architetture e dell’acqua dei canali, lasciano
sopraffatti. La sensazione è quella di trovarsi in una grande scenografia, sfondo di
un qualche spettacolo. Fissata in quest’immagine che esalta le emozioni Venezia
sarebbe soltanto una “messa in scena… da godere hic et nunc
5
” ma non da capire.
Al contrario, per “lasciarsi afferrare dal senso del luogo e del tempo” e penetrare
il significato di una città tanto complessa, bisogna abbandonare e superare la
precarietà delle sensazioni e degli stati d’animo cercando ciò che si nasconde
dietro lo scintillio delle facciate, aldilà dello spettacolo sensibile, in sintesi:
3
C. L. de Montesquieu, “Declino di Venezia” in C. L. de Montesquieu, Viaggio in Italia, Roma-
Bari, Laterza Editori, 1990, p. 5.
4
L. Lippi, “Problemi ambientali di Venezia” in Aa. Vv., Venezia e i problemi dell’ambiente.
Studio e impiego di modelli matematici, Bologna, Il Mulino, 1975, p. 4.
5
Queste, come le successive, sono parole di Eugenio Turri contenute in un volume che affronta la
lettura di Venezia da molteplici punti di vista (ambientale, storico, geografico ecc.) cercando di
dare una visione complessiva ed esaustiva di tale realtà. Si veda quindi: E. Turri, “La valva di
Venezia” in G. Caniato, E. Turri, M. Zanetti (a cura di), La laguna di Venezia, Verona, Cierre
Edizioni, 1995, p. 3.
19
“bisogna… dimenticare Venezia, dimenticare la città splendente di luci, di marmi e di
colori
6
.”
E’ necessario rivolgere lo sguardo alla storia ed alla geografia per portare
alla luce come questa area anfibia, sviluppatasi tra terra e mare, sia il frutto
dell’incessante opera dell’uomo che nei millenni l’ha plasmata creando le
condizioni per sopravvivere. Il nascere ed il formarsi di Venezia sono il risultato
dell’esperienza, cioè della capacità dell’uomo di misurarsi e di rappresentarsi nel
suo rapporto con la natura
7
: non sono forze divine e magiche ad avere sottratto la
laguna al proprio destino bensì è l’ingegno umano che l’ha strappata alla propria
evoluzione naturale: l’interramento. Contrariamente Venezia e la laguna
sarebbero oggi solo il ricordo di un ricco passato, una Pompei condannata dai
fiumi anziché dalla lava vulcanica.
Il connubio di terra ed acqua è avvertito sin dai tempi più antichi come la
ragione d’essere della città per la sua essenza e per la sua sopravvivenza. Da
sempre i veneziani hanno con il loro intorno un rapporto vitale che ha imposto la
necessità di contenere i fattori ambientali e di risparmiare nocivi interventi di
sfruttamento all’ambiente lagunare
8
. Scopo di ogni intervento è stato evitare la
prevalenza di uno dei due elementi- acqua e terra- per non violare quell’equilibrio
instabile tra il sistema delle acque di terra (che apportano detriti) ed il sistema
delle acque di mare (corrosive) che modifica continuamente la laguna. Una
poesia di Cristoforo Sabbadino, idrografo e cartografo veneziano del
Cinquecento, testimonia la preoccupazione e la cura dei veneziani per il problema
6
E. Turri, “La valva di Venezia”… Op. Cit., p. 3.
7
“Dominare un luogo tanto ingrato ed inospitale, renderlo sicuro, saper immaginare paesaggi
urbani a misura umana in rapporto a terre disperse nell’acqua ha costretto Venezia alla sua verità:
fare esperienza di quel particolare ambiente naturale.” F. Faccioli, F. Miracco, “L’arcipelago
come arte funzionale. Il sistema del passato per addomesticare scientificamente il sistema naturale
di Venezia che è l’acqua” in L’Illustrazione Italiana, n. 94, 1996, p. 50.
8
Si ricordano interventi per la regolazione delle acque fluviali e lagunari fin dal IX secolo con la
costruzione di argini e lo scavo di canali. I provvedimenti più antichi presi dal governo cittadino
risalgono invece al Duecento: essi furono indirizzati soprattutto a preservare i lidi dall’azione del
mare considerato il nemico più pericoloso poiché minacciava di inghiottirli. Si nominarono allora
i Soprastanti ai Lidi (1275), periti responsabili della difesa delle isole del Lido; fu vietato di
tagliare o bruciare i pini di queste strisce di terra (1282) in modo che gli alberi servissero ad
ancorare il suolo più saldamente; si proibì il pascolo o il transito degli animali sugli argini (1326)
e l’asporto di sabbia dai lidi (1334). Una sintesi di tali provvedimenti si trova in: M. F. Tiepolo,
“Difese a mare” in Aa. Vv., Mostra Storica della Laguna Veneta. Venezia Palazzo Grassi 11
luglio-27 settembre 1970, Venezia, Stamperia di Venezia, 1970, pp. 133-138.
20
lagunare
9
. Egli mette in guardia Venezia dai suoi nemici - i fiumi, il mare, gli
uomini - e la esorta ad avere cura di sé tempestivamente, pena il rimanere deserta
e senza difesa.
Ma cosa sono le lagune? Le lagune sono sistemi transitori, prodotti di un
regime ambientale determinato dal rapporto tra fiumi, terra e mare in cui i
fenomeni che ne provocano la nascita possono minacciarne l’esistenza. Sono
bacini di acque creati dalle foci di fiumi che sboccano in mare lungo coste dai
bassi fondali. Il paesaggio lagunare presenta specchi d’acqua poco profondi,
costellati da isole di natura argillosa, percorsi da canali navigabili, in
comunicazione con il mare e separati da questo per mezzo di sottili cordoni di
sabbia. Questo paesaggio si viene formando attraverso i detriti fluviali (sabbie e
limi) che vengono sospinti al largo delle foci, grazie all’azione delle correnti
marine, depositandosi poi, per effetto della gravità, sul fondo, creando, a distanza
dalla terraferma, i tipici sbarramenti sabbiosi
10
. Questi cordoni litoranei paralleli
alla costa divengono poi dei veri e propri lidi per il continuo deposito di sabbie in
forma di dune da parte del moto ondoso del mare. Le aperture che separano la
laguna dal mare sono dette bocche di porto e sono foci di fiumi restate incluse nel
bacino lagunare. Hanno una funzione vitale per la laguna poiché consentono il
passaggio delle correnti di flusso e riflusso che si producono tra mare e laguna
quando il mare è soggetto ad oscillazioni di marea, ossia a variazioni periodiche
del proprio livello. Il periodico ricambio di marea mantiene pulita la laguna. La
laguna sopravvive come tale solo se esiste un corretto bilancio fra i diversi
fenomeni che ne condizionano l’evoluzione. Qualora prevalgano gli apporti
solidi, la tendenza evolutiva del bacino lagunare è l’interrimento, quindi la
scomparsa del bacino stesso. Se il bilancio complessivo dei sedimenti è negativo,
9
“ Quanto fur grandi le tue mura il sai, / Venetia, hor come le s’attrovan vedi; / e s’al periglio lor
tu non provedi / deserta e senza mura rimarrai. / Li fiumi, e ‘l mar, e gl’huomeni tu hai / per
hinimici, e ‘l provi, e non lo credi: / non tardar, apri gli occhi, e muovi i piedi / che volendol poi
far, tu non potrai. / Scacci i fiumi da te, le voglie ingorde / de gl’ huomeni raffrena, e poscia il
mare / restato sol, sempre t’harà obedita. / Deh non aver l’orecchie al tuo ben sorde, / perché con
gran ragion ti vò affermare / che il ciel ti diè ne l’acque eterna vita.” La poesia del Sabbadino è
riportata da C. Tentori, Della legislazione veneziana sulla preservazione della laguna, Venezia,
Rosa, 1792, p. 49.
10
S. Cavazioni, “La laguna: origine ed evoluzione” in G. Caniato, E. Turri, M. Zanetti (a cura di),
La laguna di Venezia…Op. Cit., pp. 41-42.
21
la tendenza evolutiva che si impone è l’erosione delle strutture morfologiche, la
laguna quindi tende a trasformarsi in una baia marina
11
.
Figura 1.1: Ruolo dei sedimenti fluviali e delle correnti di marea nei
Sistemi lagunari
Fonte:www.salve.it/it/eco/default.htm
Questa breve parentesi dedicata ai meccanismi alla base della formazione
delle lagune era necessaria per poter comprendere appieno l’evoluzione della
laguna di Venezia la cui origine risale a circa 6000 anni fa quando quest’area
venne colpita da alluvioni che formarono uno strato di detriti attraverso cui i
fiumi scavarono alvei meandriformi
12
. Questi stessi fiumi dell’alto Adriatico
rivolti al mare con i loro delta e soggetti al continuo evoluire delle correnti
marine formarono barre litoranee delimitando così zone di acque paludose.
Contemporaneamente il mare, aumentando di livello e risalendo il corso dei
fiumi, invase le paludi trasformandole in lagune di acque salmastre. La laguna
occupava un territorio compreso, da nord a sud, tra la foce del Piave e la foce
11
Il sito Internet www.salve.it -dedicato alle attività per la salvaguardia di Venezia e della sua
laguna- è uno strumento di conoscenza delle dinamiche lagunari molto valido. Infatti è il sito del
Consorzio Venezia Nuova, gruppo di imprese nazionali e locali che realizza gli interventi di
salvaguardia di competenza dello Stato per conto del Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti-Magistrato alle Acque Venezia (art. 3 L. 798/84). In particolare per capire cos’è una
laguna e quali elementi siano determinanti per la sua evoluzione si veda la sezione “L’ecosistema
lagunare. Le tendenze evolutive” alla pagina: www.salve.it/it/eco/default.htm.
12
S. Cavazioni: “La laguna: origine ed evoluzione” in G. Caniato, E. Turri, M. Zanetti (a cura di),
La laguna di Venezia…Op. Cit., p. 43.
22
dell’Adige. Quest’area era un susseguirsi di fiumi che si immettevano
direttamente nel bacino lagunare sfociando alle spalle della città (Figura 1.2).
Erano fiumi di risorgiva come il Bacchiglione, il Muson, il Dese, il Sile e fiumi di
origine alpina come invece il Brenta
13
. La laguna, abbandonata all’opera
spontanea dei fattori naturali, rischiava però l’interramento a causa
dell’invadenza dei detriti fluviali. Nacque quindi l’esigenza di contenere l’azione
dei corsi d’acqua. Dal XV secolo iniziarono una serie di interventi di diversione a
mare delle foci dei fiumi. Brenta, Sile e Piave furono dirottati in Adriatico: il
primo verso sud-ovest e gli altri due verso nord-est attraverso grandiose opere di
canalizzazione che si protrassero fino all’Ottocento
14
(Figure 1.3-6). La
deviazione dei fiumi verso il mare trasformò radicalmente i bordi lagunari che
furono scissi nettamente dai tagli rettilinei dei canali diretti a sud in direzione di
Chioggia e a nord verso Jesolo.
Oggi la laguna è uno spazio sì naturale ma mantenuto e programmato
dall’uomo. Sottoposta all’intervento antropico essa appare molto diversa rispetto
al passato: si estende dalla foce del Brenta a sud-est fino alla foce del fiume Sile a
nord-ovest su di una superficie di quasi 550 Kmq che possiamo grossolanamente
considerare un rettangolo un po’ inarcato, con una lunghezza massima di circa 55
Km ed una larghezza variabile dagli 8 ai 14 Km (Figura 1.8). Tre bocche di porto
le impediscono di essere uno stagno mettendola in comunicazione con
13
Mi è stato di grande aiuto consultare il sito Intenet:
www.provincia.venezia.it/circolovelicocasanova/Lag%20Hub%20Tutto%20Laguna.htm.
14
Per notizie più dettagliate riguardo agli interventi sui fiumi si veda: G. Tamba, “Interventi
tecnici del Collegio delle Acque: sintesi secolo XIV- anno 1797” in Aa. Vv., Mostra Storica…
Op. Cit., pp. 119-120; G. Ruggiero, “Alcuni significativi interventi sul Brenta”in Aa. Vv., Mostra
Storica… Op. Cit., pp. 121-123; G. Tamba, “Alcuni significativi interventi sul Piave” in Aa. Vv.,
Mostra Storica… Op. Cit., pp. 125-127 ed infine G. Tamba, “Il taglio del Po a Porto Viro” in
Aa. Vv., Mostra Storica… Op. Cit., pp. 129-131.
23
Figura 1.2: Il bacino lagunare all’inizio del XIV secolo
Figura 1.3: Il bacino lagunare nel XV secolo
15
Fonte: “Tra Trecento e Novecento l’evoluzione della laguna” in www.salve.it/it/eco/default.htm
l'Adriatico.
15
Durante il XV secolo continuano i lavori di deviazione della foce del fiume Brenta iniziati alla
fine del Trecento: le acque vengono progressivamente spostate a sud e convogliate verso il porto
di Malamocco attraverso lo scavo del Canale Maggiore. Si veda: www.salve.it/it/eco/default.htm.
24
Figura 1.4: Il bacino lagunare nel XVI secolo
Figura 1.5: Il bacino lagunare nel XVII secolo
16
Fonte: “Tra Trecento e Novecento l’evoluzione della laguna” in
www.salve.it/it/eco/default.htm
16
In rosa la “linea di conterminazione lagunare” tracciata nel corso del XVII secolo e completata
nel 1791: essa definisce il bacino lagunare- regolato da una specifica legislazione- rispetto al
territorio circostante. E’ segnata con dei cippi che indicano appunto i contorni lagunari, linee di
passaggio dalle terre asciutte alle terre anfibie. Per un approfondimento di questo tema si rimanda
alla lettura di: E. Armani, G. Caniato, R. Pianola (a cura di), I cento cippi di conterminazione
lagunare, Venezia, Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, 1991.
25
Figura 1.6: Il bacino lagunare nel XVIII secolo
17
Figura 1.7: Il bacino lagunare nel XIX secolo
Fonte: “Tra Trecento e Novecento l’evoluzione della laguna” in
www.salve.it/it/eco/default.htm
17
Durante il XVIII secolo, i principali interventi riguardano le opere di difesa dei litorali con la
costruzione dei murazzi. Vengono anche realizzati importanti lavori alle bocche di porto per
mantenerle navigabili; in particolare viene scavato il canale Rocchetta che conduce al porto di
Malamocco e permette il transito delle imbarcazioni nella laguna settentrionale