PREMESSA
Io non mi metterò a dare l’ennesima citazione nè a dare
un’altra spiegazione, sarei estremamente presuntuoso se lo
facessi; però quando sono con i ragazzi, ma accade anche con gli
adulti, quando lancio un’attività classificandola come gioco le
persone hanno molto più entusiasmo che se la classificassi in
qualsiasi altro modo: lavoro, educazione, etc., anche se l’attività è
la stessa.
Da questa mia riflessione ho preso l’abitudine di definire
gioco ogni mia attività in cui le persone si debbono buttare con
entusiasmo e, che senso avrebbe un’attività fisica in cui le
persone non si buttino con entusiasmo?
Prima di concludere questa mia prefazione, voglio aggiungere
una sola cosa: tutto quello che presenterò è stato si preso dalle
esperienze dei vari educatori Baden Powell, G. Hèbert, I.
Lebouleh, e altri, ma la sintesi è dovuta ad esperienze personali
fatte nel corso degli ultimi anni “giocando” con i ragazzi di tutte
le età ed ultimamente anche con gli adulti; quindi quello che
scriverà è sicuramente opinabile ma dato che sono convinto che
ciò che si scrive da adito a varie interpretazioni, penso che la cosa
migliore per esprimere un giudizio è vedere realmente di cosa sto
parlando el è proprio per questo che ho corredati questo sussidio
con un certo numero di diapositive che anche se non potranno
chiarire completamente le mie idee, perlomeno potranno
illustrare un po’ di che si tratta.
Tra le righe di questo sussidio trasparirà l’esperienza scout:
questo non perchè io voglia portarlo come unica esperienza ma,
d’altronde non posso nascondere che io la mia esperienza l’ho
fatta e continuo a farla in quell’ambiente quindi sarebbe inutile se
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cercassi di nasconderlo e sicuramente non ci riuscirei.
Si può dire senza tema di smentita che l’inventore del “metodo
naturale” è G. Hèbert.
Georges Hèbert nasce a Parigi nel 1875; entra a diciotto anni
nella scuola navale e diventa ufficiale dì marina. Naviga per
alcuni anni sugli ultimi velieri. Il contatto con popolazioni
primitive incontrate nei suoi viaggi in terre lontane, e di cui
ammira le qualità atletiche, lo convince del valore che la vita in
piena natura ha per la formazione fisica dell’uomo. Tornato in
Francia, entra nel 1903 nella scuola di ginnastica di Lorient, ove
comincia ad elaborare il suo metodo naturale che mette a punto
negli anni successivi e che perfeziona ed applica nei servizi della
marina. Alcune pubbliche manifestazioni di ginnastica naturale in
diverse città francesi creano entusiasmo attorno al suo metodo
che si diffonde rapidamente e, dopo l’interruzione della guerra
(19 15-18), viene largamente propagato anche a livello educativo
(scuole, colonie, etc.) per merito della rivista “L’Education
Phisique” da lui fondata. Esce in quel periodo la sua principale
opera in quattro volumi e poi, in tempi successivi, altre tre in cui
egli, di fronte ad alcune applicazioni arbitrarie del metodo, si
preoccupa di salvaguardarne l’identità.
In Italia il “Centro Educazione Fisica Lombardo” ne cura nel
1949 la diffusione.
Però si può anche dire che i primi a fare propri gli
insegnamenti di Hèbert sono gli scout, prima quelli francesi e
belgi (1940) e poi arriverà anche agli scout italiani (1949).
Il metodo naturale, che non è semplicemente un metodo di
lavoro, ma, come dice il suo ideatore, “una dottrina di educazione
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del corpo e dell’anima”, che non tiene conto soltanto della
componente fisica dell’uomo, ma anche della sua personalità
totale, è nato dalla comprensione che solo un adeguato
incremento delle capacità fisiche rende l’uomo pienamente
disponibile all’assolvimento dei suoi compiti morali e sociali per
il bene proprio e altrui.
“Essere forti per essere utili” è il motto di Hèbert.
Un uomo che non accetta il proprio corpo e che non
valorizza le proprie possibilità fisiche non è in grado di affrontare
la vita con la fiducia e l’ottimismo che essa richiede. Non
importa conquistare dei record, che talvolta possono essere il
frutto di doti innate e di cui il soggetto non ha alcun merito;
importa invece che ciascuno valorizzi il proprio corpo secondo le
risorse fisiche di cui dispone.
L’inizio del secolo è il momento in cui si diffonde in Europa
l’attivismo pedagogico, che ha come sua componente essenziale,
il ritorno alla natura, in antitesi alla imperversante
industrializzazione e all’instaurarsi della civiltà urbana.
L’allontanamento dell’uomo, nella vita quotidiana e
specialmente nel lavoro e nella scuola, dalla tradizionale
comunione con la natura, viene avvertito come un pericolo per la
sua sopravvivenza e le diverse metodologie pedagogiche si
preoccupano di suggerire antidoti e correttivi (scuole all’aperto,
diffusione della pratica sportiva, etc.).
Baden Powell, pur con l’originalità del suo metodo e
l’indipendenza da ogni “Scuola” pedagogica, può essere, a giusto
diritto, collocato in questo momento di opinione, che dà luogo
alle “Scuole Nuove”.
PREMESSA
E’ interessante notare che sia Baden Powell che Hèbert
partono dalla stessa esperienza, pur compiuta da ciascuno in
luoghi e condizioni diverse.
I viaggi in lontani paesi e il contatto con popoli che
vivevano allo “stato di natura” avevano in ambedue fatto sorgere
spontaneo un confronto fra i ragazzi e i giovani di quei paesi e le
corrispondenti generazioni delle società avanzate e li aveva
confermati in un proposito: offrire ai giovani e ai ragazzi la
possibilità di vivere delle esperienze di vita libera, senza
costrizioni e artifici, in diretto e salutare contatto con l’ambiente
naturale (la vita del bosco di Baden Powell, le attività fisiche “en
plein air” di Hèbert) che riproducono in qualche modo, e sia pure
per tempi limitati, la comunione originale dell’uomo con la
natura.
I popoli meno evoluti sotto il profilo tecnologico, e tutti gli
esseri viventi in natura, conquistano infatti la salute, la forma, la
pienezza del loro sviluppo, spontaneamente, attraverso la vita
all’aperto, un’alimentazione semplice ed essenziale, un
movimento libero che simula, attraverso il gioco e l’azione, fin
dall’età più tenera, tutte le attività indispensabili al mantenimento
e alla difesa della vita.
Ciò rende l’uomo cosiddetto “primitivo” capace di
affrontare vittoriosamente gli ostacoli e le resistenze
dell’ambiente in cui vive. L’uomo cosiddetto “civilizzato”
nonostante il suo superiore sviluppo intellettuale spesso si trova
invece impacciato di fronte alla soluzione dei più elementari
problemi che la vita pratica gli pone. Tali condizionamenti lo
rendono vulnerabile anche dal punto di vista psicologico, perchè
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egli diventa meno sicuro di sè e quindi meno idoneo ad assolvere
i propri compiti e ad affrontare le proprie responsabilità.
L’attività fisica svolta in piena natura diventa così
un’educazione dell’uomo attraverso il corpo. Essa non è più solo
funzionale rispetto agli impegni della difesa di fronte alle
aggressioni dell’ambiente e quindi rispetto alla sopravvivenza
fisica, ma assume il valore di un autentico apprendistato alla vita
nella sua più vasta accezione. L’uomo acquista, attraverso di
essa, un atteggiamento positivo di fronte alla realtà che lo
circonda, ha fiducia nella capacità di utilizzare le cose per i
propri fini e di padroneggiare, entro un certo limite, gli eventi
esterni.
La ginnastica naturale è uno dei modi, forse il più completo,
con cui il ragazzo può sviluppare il suo obiettivo di educare la
persona attraverso l’esercizio del corpo. Essa infatti si svolge
all’aria aperta, in ambiente naturale su terreno libero o
accidentato, superando gli ostacoli esistenti o costruiti col
materiale più semplice, in piena libertà di movimento, e senza
l’ingombro di indumenti superflui, onde sfruttare l’influenza
positiva degli agenti atmosferici a seconda delle stagioni. Il lavo-
ro fisico si effettua in continuo- spostamento, con uno sforzo
progressivo e regolato sulle capacità e sul grado di allenamento
di ciascun soggetto, e compiendo gli esercizi appartenenti alle
dieci famiglie fondamentali:
camminare, correre, saltare, quadrupedia, arrampicata,
equilibrio, sollevare-trasportare, lanciare, lottare, nuotare.
Questi esercizi consentono il potenziamento dell’apparato
cardiocircolatorio-respiratorio (effetto funzionale), lo sviluppo
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armonico degli apparati scheletrico e muscolare (effetto
strutturale), il miglioramento della qualità motoria di base (effetto
utilitario). Inoltre, attraverso la loro pratica costante, si può
giungere effettivamente a migliorare quelle qualità morali che
contribuiscono alla realizzazione della personalità: carattere,
volontà, fiducia in se stessi, coraggio, altruismo.
Tali direttive di lavoro caratterizzano il Metodo Naturale e
la loro applicazione rigorosa ne garantisce l’efficacia sotto il
profilo tecnico ed educativo.
Prima di andare avanti è necessario che io dica una cosa: nel
tipo di “giochi” che io propongo ai ragazzi a volte è insita una
certa percentuale di rischio, la prima cosa da considerare è la
sicurezza dei ragazzi ma usando parole non mie: “questi esercizi
riguardano anche la formazione del carattere; questo è uno dei
motivi per cui non approvo la moderna tendenza “sicurezza
innanzi tutto”, al di sopra di qualunque cosa. Una certa misura di
rischio è necessaria alla vita ed una certa misura di allenamento
nell’affrontare i rischi è pure necessaria a prolungare questa vita”
(Baden Powell).
Queste parole dette nel 1918 sono secondo me,
eccezionalmente attuali e penso di non poter aggiungere altro per
spiegare il concetto del rischio nei giochi da propone ai ragazzi.
Hèbert, come ho già detto prima ha suddiviso gli “Esercizi
Naturali” in dieci famiglie; analizziamo un attimo una per una: