architetture diverse (basate su Web) rispetto al tradizionale CRM basato su un tipo di
architettura client/server.
Le soluzioni di CRM basate su portali permettono di combinare contenuto Web,
applicazioni di terzi, informazioni dettagliate sulla clientela e qualsiasi elemento interno
o esterno all’azienda che il personale a contatto con i clienti può utilizzare per accrescere
la comprensione delle loro esperienze e necessità. I portali possono essere rivolti alla
clientela, agli impiegati o a partner dell’azienda (capitolo secondo).
Il mercato del CRM ha subito nel 2001 una brusca caduta nella crescita che è passata
dall’89% del 2000 al -6% del 2001: le principali cause sono determinate dalla situazione
di recessione economica e dal clima di sfiducia alimentato dagli insuccessi nelle
implementazioni di CRM.
L’Europa ha risentito di meno della recessione economica, sicuramente a causa del
ritardo con cui sono state adottate le soluzioni di CRM all’interno delle aziende europee
rispetto a quelle degli USA. Il percorso evolutivo del CRM, come peraltro quello delle
tecnologie più innovative, può essere descritto tramite un modello che è quello dell’hype
cycle, ovvero ciclo dell’euforia, che rappresenta la parabola seguita da un nuovo
prodotto tecnologico alla sua entrata nel mercato: dopo un’impennata iniziale
caratterizzata da aspettative poco realistiche e gonfiate dall’euforia circa i possibili
benefici ed il pessimismo che si manifesta al loro “sgonfiarsi”, la tecnologia raggiunge il
“plateau della produttività”, nel quale i suoi reali benefici sono dimostrati ed accettati
spingendo anche le imprese normalmente più scettiche ad adottarla (capitolo tre).
L’avvento del CRM sul finire degli anni ’90 si prospettava come panacea dei mali del
marketing, che viveva da alcuni anni un particolare momento di crisi: una ricerca
condotta da Accenture del 2001 dimostrava che ben il 70% dei marketing executives
aveva difficoltà a catturare l’attenzione dei consumatori e il 68% degli stessi non era in
grado di misurare il ritorno sugli investimenti di una campagna marketing (dato presente
anche in una ricerca condotta da Cap Gemini Ernst&Young). I nuovi strumenti di
business intelligence e i software per l’implementazione delle campagne marketing
vengono in aiuto ai direttori di marketing rendendo sempre più precisa la segmentazione
dei clienti, offrendo un modo per i venditori per monitorarne il comportamento e
consentendo una ingente riduzione dei costi di implementazione per le imprese (si pensi
all’e-mail marketing e alla riduzione di costi per la produzione di materiale promozionale
che esso comporta).
L’attenzione dei venditori di soluzioni e-marketing si concentra al momento attuale
sull’integrazione dei dati provenienti da vari moduli di sistemi CRM (es. vendite,
marketing, customer service) e con pacchetti di software per l’ERP (Enterprise Resource
Planning) come ad esempio Oracle, SAP, PeopleSoft ed altri, per creare profili dei clienti
sempre più precisi ed aumentare l’efficacia degli sforzi di marketing.
Gli acquirenti di soluzioni per l’automazione del marketing si trovano, da parte loro, a
dover stabilire a chi mandare le e-mail e con quale contenuto, ovvero a recapitare il
messaggio giusto al momento giusto, obiettivo che, secondo i principali analisti del
mercato del software sarà predominante nel 2002-2003.
Nell’invio di e-mail a scopo promozionale le aziende devono tenere conto, a partire
dal 31 luglio del 2002, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento Europeo e del
Consiglio del 12 luglio 2002, che disciplina la privacy e le comunicazioni elettroniche. In
particolare all’articolo 13 si disciplina l’invio di comunicazioni elettroniche a scopo di
direct marketing che deve essere soggetto, in base alla nuova direttiva, al preliminare
consenso dell’abbonato, con il quale egli accetta che i dati personali che lo riguardano
siano oggetto di trattamento. Si tratta di una fondamentale svolta nel dibattito che si è
aperto fra i sostenitori della necessità di un consenso preliminare per l’invio della posta
elettronica (opt-in) e coloro che ritengono che sia sufficiente la possibilità data all’utente
di eliminare la propria sottoscrizione al ricevimento di comunicazioni o servizi a
posteriori (opt-out) e rappresenta un primo passo nella lotta contro l’invio di
comunicazioni elettroniche indesiderate.
Nel Web si sono affermate forme di marketing basate sul “passaparola”, come è il caso
del viral marketing, in grado di innescare rilevanti economie di scala ed un tipo di
comunicazione consumer-to-consumer, e sui programmi di affiliazione, alternativa al
banner advertising sperimentata dai maggiori portali e siti di e-commerce (capitolo
quarto).
Le alte percentuali di insuccesso (dal 60% al 70% dei progetti falliscono) di
implementazioni del CRM sono determinate da una serie di fattori quali la molteplicità
dei canali utilizzati da un’azienda per interfacciarsi con il pubblico, l’enorme aumento
dei dati da valutare e la necessità di integrazione fra le aziende all’interno della catena del
valore: in questo scenario è diventato necessario stabilire delle linee guida che servano
per la misurazione e la valutazione delle performance di una strategia di CRM (approccio
normativo al CRM). Riuscire a determinare dei sistemi di misurazione del CRM è un
elemento fondamentale per stabilire il budget da dedicare agli investimenti in soluzioni
per migliorare i rapporti con la clientela.
Le principali difficoltà riscontrate nella misurazione del ROI (ritorno sugli investimenti),
parametro fondamentale per stabilire il successo di un progetto di CRM, sono date dal
non essere in grado di collegare causa ed effetto tra azioni eseguite e benefici ricavati,
dall’incapacità di prevedere i comportamenti dei clienti e dalla mancanza di fondi
investiti, coinvolgimento ed impegno nel progetto stesso da parte degli executives tali da
affrontare ed apportare i cambiamenti strategici necessari.
Essere in grado di mappare i benefici che si ottengono a seguito dell’implementazione di
un progetto di CRM dal punto di vista dei clienti, da quello dell’organizzazione e da
quello dei sistemi informatici, è fondamentale per creare un primo ordine nella
complessità e molteplicità dei parametri da misurare.
Alla complessità dei sistemi e dei processi di business si aggiunge la velocità del
cambiamento nei mercati: riuscire a raggiungere il giusto mezzo fra comprensione (che
include la misurazione) ed azione da intraprendere risulta fondamentale per raggiungere
il successo nell’implementazione di una strategia di CRM (quinto capitolo).
The Health Hub è una piccola azienda che fornisce servizi di CRM e che opera nel
mercato britannico dei club della salute e dei fitness centres. La sua attività per catene di
club come Holmes Place e Leisure Connection dimostra i vantaggi che possono scaturire
da una comunicazione personalizzata fra i manager dei club e i loro membri.
Il vantaggio più evidente per i manager dei club è quello delle aumentate percentuali di
ritenzione dei membri: una ricerca della Fitness Industry Association dimostra le
principali cause della “fuga” dei membri dai club e la necessità di intraprendere una
azione da parte degli operatori dei club per ridurla.
L’obiettivo di una comunicazione one-to-one tramite il canale Web, che contribuisca a
rendere i membri più fedeli al proprio club, è perseguito da The Health Hub tramite
l’offerta modulare di soluzioni e servizi che includono campagnedi e-mail marketing,
sistemi di prenotazione delle classi on-line e un canale per i contenuti sulla salute ed il
benessere. (capitolo sesto).
1.
Il contesto economico e culturale di sviluppo del CRM
Le leggi di conservazione dell’energia e
della materia riguardano la sostanza più che
la forma; ma i processi mentali, le idee,
la comunicazione, l’organizzazione,
la differenziazione, la struttura, sono
questioni più di forma che di sostanza.
Gregory Bateson
“All’IBM ognuno vende!....Se entrate nel palazzo IBM a New York o in uno qualsiasi dei suoi uffici sparsi
nel mondo, vi potete rendere conto di persona del significato di questo concetto. Ogni dipendente è stato
addestrato a pensare che il cliente viene prima di ogni altra cosa. Ciò vale per tutti, dall’amministratore
delegato al personale amministrativo, agli addetti alla reception, a coloro che lavorano in stabilimento.
Quando qualcuno mi chiede: “Quali prodotti vende l’IBM?”, io rispondo: “L’IBM non vende prodotti.
Vende soluzioni”... Il successo di un operatore di marketing dell’IBM dipende totalmente dalla sua
capacità di comprendere l’attività di un cliente potenziale così bene da poterne identificare i problemi,
analizzare i medesimi e poi presentare le soluzioni più valide per il cliente stesso (Frank Rodgers, Il
metodo IBM, Sperling & Kupfer, Milano 1986)
1
”
Molteplici opere ed articoli sono stati scritti negli anni recenti, avendo come tema
centrale la customer satisfaction (soddisfazione del cliente), la qualità totale, l’ascolto del
cliente, il marketing relazionale, l’UCD (user-centered design, design centrato
sull’utente, adottato, fra l’altro, dalla stessa IBM).
L’orientamento al cliente è un imperativo categorico per ogni azienda dell’era della new
economy (o della net economy che si voglia), dato il riconoscimento dell’importanza
fondamentale della capacità di soddisfare e coltivare una relazione di qualità con la
clientela nelle attuali condizioni culturali e di mercato.
Le imprese hanno subito dunque una vera e propria rivoluzione copernicana negli ultimi
decenni, da correlarsi, secondo Pine e Gilmore, con l’avvento della nuova economia,
definita come:
“il complesso dei cambiamenti provocati nelle aziende di produzione e distribuzione dalla con-
temporaneità della competizione e di sempre più pervasive tecnologie dell’informazione .”
2
Gli stessi autori ritengono inoltre che la nuova economia, come fenomeno, affondi le
radici nel periodo dopo la metà degli anni ’70, quando iniziò il passaggio dei maggiori
settori industriali (auto, acciaio, calcolatori, beni durevoli, materie prime ecc.) da una
situazione macroeconomica di risorse complessive scarse (assunzione base
dell’economia classica) a una situazione di sovrabbondanza di risorse complessive
(assunzione base della nuova economia).
Una delle cause principali di questa evoluzione è costituita dal vero e proprio “boom”
dell’offerta da parte di imprese in grado di aumentare la propria produttività, di dotarsi di
1
in Philip Kotler - Walter G. Scott, Marketing management, Torino, UTET, 1993, p.4
2
B. Joseph Pine II – James H. Gilmore, Oltre il servizio, L’economia della esperienze, Milano, Etas 2000,
Introduzione, pag. 7
1.1 Di una rivoluzione copernicana
tecnologie avanzate e dalla loro abilità e opportunità di entrare in competizione sul
mercato globale.
La soddisfazione dei clienti, che si trovano di fronte ad una ampia gamma di scelte e
sono in grado quindi di optare o meno per i prodotti di un’azienda o l’altra, è diventata
dunque progressivamente sempre più centrale nell’organizzazione dell’impresa rispetto
all’efficienza della combinazione delle risorse.
Per tutti gli anni nei quali la produzione di massa aveva dominato, l’obiettivo del
marketing era quello di vendere prodotti standard a mercati omogenei ad un prezzo
contenuto. Era un marketing maggiormente orientato alla produzione che al cliente e
partiva dall’assunto che il pubblico fosse sensibile soprattutto al prezzo.
3
Nei primi decenni del secolo fino anche alla seconda guerra mondiale, negli Stati Uniti il
termine “marketing” era considerato equivalente all’attività di vendita, ovvero di
collocamento di quanto era stato prodotto.
4
Si tratta del vecchio concetto di marketing, nel quale l’imprenditore considerava fissi
tutti i fattori aziendali e riteneva responsabile il marketing del raggiungimento di un
volume di vendite tale da permettere la continuazione e lo sviluppo dell’azienda.
Il cambiamento dell’ambiente in cui l’azienda veniva ad operare, determinato da fattori
quali la tendenziale saturazione di alcuni mercati e la difficoltà crescente di svilupparne
di nuovi, l’acuirsi della concorrenza nel potenziamento e nella diversificazione degli
strumenti cui essa poteva far ricorso nonché lo sviluppo e la rapidità di mutamento dei
bisogni dei consumatori spingeva verso un’evoluzione del concetto di marketing.
Il nuovo concetto di marketing, formulato da Philip Kotler negli anni ’60, poneva
l’accento sulla soddisfazione dei bisogni dei consumatori nel perseguimento dei profitti,
promuovendo dunque un nuovo modello aziendale nel quale la funzione principale del
marketing era, oltre a quella della vendita, quella della coordinazione e programmazione
delle attività direttamente rivolte al consumatore.
5
Il rovesciamento di prospettiva nell’organizzazione dell’impresa subiva un ulteriore
impulso ed entrava in una nuova fase all’inizio degli anni ’90, quando la tecnologia
accelerava il passo con la convergenza tra informatica e telecomunicazioni in una
3
Joseph B. Pine, Mass customization: dal prodotto di massa all’industriale su misura, Franco Angeli,
Milano, 1997, p.137.
4
Edoardo T. Brioschi, Elementi di economia e tecnica della pubblicità, Volume II – La pubblicità: ottiche
di impiego e valutazioni economiche, Vita e Pensiero, Milano, 1985, p. 36.
5
cfr. P. Kotler, Marketing management, analysis, planning and control, 1967, Englewood Cliffs, Ed.
Prentice Hall, pp.628 in E.T. Brioschi, op.cit., p. 36
tecnologia unitaria delle informazioni ( Information & Communication Technology - I &
CT).
Le principali conseguenze che emergevano sul lato dell’offerta erano:
• la continua disarticolazione e ricomposizione della organizzazione dell’offerta in
funzione di un sostanziale abbattimento dei costi delle transazioni e di un
allargamento su scala globale della disponibilità di beni e servizi ad ogni livello
della catena del valore;
• l’arricchimento dell’offerta di beni e servizi nei contenuti di informazione, tale da
modificare la “value proposition”;
• l’arricchimento della relazione tra cliente e fornitore in termini bilaterali, attivi e
di crescente densità informativa.
6
Queste caratteristiche della nuova economia rendono conto, a detta di Pine e Gilmore di
nuovi fenomeni economici, che non sarebbero altrimenti comprensibili a partire da una
logica tradizionale e cioè:
• un potenziale aumento della produttività che è superiore alla capacità di sviluppo
della domanda corrispondente, con conseguente assenza a livello
macroeconomico di inflazione pur in situazioni di forte sviluppo e l’imporsi a
livello microeconomico della cosiddetta centralità del cliente come opposta alla
storica centralità del produttore, che spingono le imprese a riorganizzarsi secondo
modi di produzione che vanno contro i principi di razionalità dell’economia
classica;
• una sovrabbondanza delle risorse, e della loro “sintesi” rappresentata dal capitale,
che sta portando alla diffusione della proprietà di capitale e alla sua mobilità
internazionale seguendo la ricerca degli impieghi più redditizi (azionariato
pubblico diffuso). E di qui, secondo un meccanismo che si autosostiene, allo
sviluppo degli investimenti.
7
6
cfr. B. Joseph Pine II – James H. Gilmore, op. cit., Introduzione
7
cfr. ibidem, Introduzione
1.2 L’economia delle reti e l’ ”era dell’accesso”
“Il ruolo della proprietà privata sta cambiando radicalmente, con effetti di straordinaria portata sulla
società”.
8
Con queste profetiche parole si apre il libro di Jeremy Rifkin “L’era dell’accesso” che
descrive nelle prime pagine la delicata quanto rivoluzionaria evoluzione che sta
investendo il tessuto economico e culturale della nostra società.
In particolare l’autore ritiene che nelle attuali condizioni l’istinto primordiale che ci
deriva dall’essere immersi in una economia capitalistica e che ci porta a scambiare beni e
a diventare proprietari, nonché il nostro attaccamento alle idee di proprietà privata e del
mercato che hanno caratterizzato la vita moderna stanno cominciando a sgretolarsi nel
mondo contemporaneo.
Nella nuova era i mercati stanno cedendo il passo alle reti e la proprietà è
progressivamente sostituita dall’accesso.
Questo non significa, come puntualizza l’autore, che nell’era dell’accesso prossima
ventura la proprietà privata sia destinata a scomparire, ma è improbabile che continui a
essere scambiata su un mercato. Lo scambio fra compratori e venditori viene ad essere
sostituito da un accesso temporaneo che viene negoziato fra client e server operanti in
una relazione di rete. Il mercato dunque, pur sopravvivendo, è destinato a giocare un
ruolo sempre meno rilevante nelle attività umane.
In un’economia delle reti è più facile che sia negoziato l’accesso a una proprietà fisica o
intellettuale e la proprietà del capitale fisico che tanto ruolo aveva nella civiltà
industriale, diventa sempre meno rilevante.
Nella new economy assumono sempre maggior peso, fino a diventare determinanti le
idee, le immagini, i concetti e il capitale intellettuale che, pur rimanendo proprietà del
fornitore, viene noleggiato o concesso in uso a terzi.
Il nuovo mondo in cui ci muoviamo è caratterizzato dalla continua innovazione, da
prodotti con un ciclo vita sempre più breve dove tutto invecchia molto in fretta e il
cambiamento sembra essere l’unica regola. In quest’ottica possedere e accumulare hanno
sempre meno senso, dato che il godimento dei beni può essere ottenuto con l’accesso.
Nell’era dell’accesso i fornitori e gli utenti prendono il posto di coloro che nell’economia
di mercato erano i venditori e i compratori, i mercati cedono il posto alle reti.
8
J. Rifkin, L’era dell’accesso, Milano, Mondadori, 2000, p. 5
I cambiamenti in atto nella struttura delle relazioni economiche sono parte di una
trasformazione di portata ben più profonda, che riguarda l’essenza stessa del sistema
capitalistico. Stiamo infatti assistendo a uno spostamento di lungo periodo dalla
produzione industriale a quella culturale.
Al giorno d’oggi il 20% della popolazione mondiale più ricca spende per l’accesso ad
esperienze culturali quasi quanto per acquistare manufatti e servizi di base. Ci stiamo
muovendo verso quella che Pine e Gilmore hanno definito “l’economia dell’esperienza”:
una società in cui la vita stessa di ciascun individuo diventa, in effetti mercato. Nel
mondo del business, la nuova parola d’ordine sembra essere customer lifetime value
(CLV), ovvero la misura teorica del valore commerciale di un consumatore durante la sua
esistenza.
“Nella nuova era la gente acquisterà la propria vita in minuscoli segmenti dotati di valore commerciale.
9
”
1.3 Il marketing relazionale
Lo scenario descritto da Rifkin appare nelle condizioni di mercato attuali tutt’altro che
surreale, se si pensa anche che il tentativo di “entrare nella vita” del consumatore era già
l’obiettivo del marketing one-to-one teorizzato da Martha Rogers, Don Peppers e Bob
Dorf
10
.
La produzione di massa risultava infatti inadeguata in uno scenario caratterizzato dalla
scarsità della domanda e dalla sovrabbondanza dell’offerta e, come già evidenziato,
anche un modello di marketing scarsamente orientato al consumatore non poteva che
rivelarsi obsoleto.
Come già rilevato in precedenza, a partire dagli anni ’90 e con la rivoluzione creata
dall’avvento dell’Internet, la tecnologia dell’informazione si fa sempre sempre più
pervasiva e si ha un’evoluzione dei contenuti della domanda.
Diventa fondamentale conoscere specificamente le esigenze del cliente e creare un
prodotto personalizzato che sia in grado di soddisfarlo. È necessario dunque adottare una
strategia di “personalizzazione di massa”, ovvero la capacità dell’azienda di stabilire con
maggior precisione possibile le caratteristiche del consumatore.
9
ibidem, p.11
10
Don Peppers, Martha Rogers e Bob Dorf, Marketing One to One, Milano, Il Sole 24 Ore, 2000
A livello di produzione risulta necessario adottare modelli produttivi sempre più flessibili
e a livello di marketing diviene fondamentale considerare i consumatori non più come
una massa informe o come una serie di segmenti, ma come individui con esigenze
specifiche con i quali instaurare una relazione personale.
Il punto di partenza nella definizione della strategia di marketing è, come si vede ancora,
l'analisi dei bisogni del cliente; la differenza, rispetto al recente passato è la disponibilità
di strumenti informatici che ampliano le possibilità di azione.
Il marketing one-to-one si configura come possibile risposta a questi importanti
mutamenti e può essere definito come:
“il processo della costruzione di relazioni con ogni cliente che ha un valore e il trattamento differenziato di
ogni cliente, basato sulla conoscenza che si ha su un dato cliente.
11
”
Il trattamento differenziato del cliente deve passare, secondo Peppers and Rogers
attraverso un processo a quattro fasi
12
(“Identify-Differentiate-Interact-Customize” –
(IDIC)):
1. L’identificazione dei clienti come individui (consumatori individuali o aziende
individuali nello spazio B2B). Ciò significa conoscere almeno le informazioni più
significative sui propri clienti quali nome, titolo, indirizzo e-mail, descrizione
della posizione occupata all’interno dell’azienda, numero del cliente;
2. La differenziazione dei clienti in base ai loro bisogni e al loro valore
potenziale. In particolare gli autori distinguono i clienti in tre categorie: i CCP
(clienti più pregiati, quelli con il più alto lifetime value), i CC (clienti coltivabili,
dal valore strategico non realizzato) e CSZ (clienti sotto zero, dal valore appunto
negativo poiché molto probabilmente non produrranno mai un profitto tale da
giustificare il costo sostenuto per seguirli);
11
“One-to-one marketing is the process of building relationships with each valuable customer, and
treating each customer differently, based on the knowledge you have about a given customer” in META
Group and Peppers and Rogers Group, One to one web best practices, 2001
12
cfr. Microsoft Great Plains Business Solutions, Peppers and Rogers Group, A CRM Blueprint:
Maximizing ROI from your Customer-Based Strategy, Insight Report, 2001
3. L’interazione con i clienti più profittevoli che prevede una raccolta di dati
sempre più rilevanti per aumentare la conoscenza delle preferenze del cliente e
l’abilità dell’azienda di continuare a quantificare il valore;
4. La personalizzazione del trattamento del cliente da parte del fornitore,
possibilmente anche nei prodotti base. La personalizzazione può riguardare vari
aspetti dell’offerta quali la configurazione (es. la configurazione di software), il
bundling (l’offerta di due prodotti contestualmente), la consegna e la logistica, il
packaging, la fatturazione, i termini di pagamento, i servizi ausiliari.
L’obiettivo di questo processo è quello di conoscere il cliente e ottenerne un ritratto che
faccia emegere caratteristiche quali la tipologia degli acquisti passati, i tipi di
informazioni e assistenza richiesti, i problemi che lo hanno spinto a rivolgersi all’help
desk.
Con il marketing one-to-one sembra venir meno la necessità di una segmentazione in
cluster a favore di una classificazione individuale dei consumatori (il cluster viene in
sostanza a coincidere con il singolo cliente).
Lo scopo del marketing one-to-one è quello di incrementare lo “share of customer
equity”, cioè la penetrazione sul singolo cliente, in contrapposizione con la tradizionale
ottica del “market share”
13
. Infatti, partendo dal presupposto che un cliente acquisti
anche prodotti dalla concorrenza, l’orientamento alla transazione (market share), non
tiene conto dell’aspetto relazionale che si rivela fondamentale per garantire la lealtà del
cliente ed esprime i suoi effetti nel medio-lungo periodo.
Il focus sulla soddisfazione e sulla fedeltà del cliente si rivela dunque come l’unica arma
vincente in un contesto ipercompetitivo. Il punto d’arrivo è un cliente “leale”, cioè un
cliente collaborativo che ritiene l’azienda “giusta” e trasparente e per questo è disposto a
investire nell’apprendimento e nella sperimentazione di nuovi prodotti e servizi più
sofisticati e ricchi.
Date queste premesse si intuisce l’importanza di una segmentazione sempre più accurata,
sebbene sia ancora dibattuta la rilevanza di giungere al “segmento di uno”.
Le esperienze sui settori delle telecomunicazioni e bancario suggeriscono che
l’obiettivo sia piuttosto quello della disaggregazione della customer base in segmenti
sempre più sottili. Un rischio che si intravvede infatti nella segmentazione fino
13
cfr. Marketing one to one, una utopia? in www.club-cmmc.it
all’estremo del “segmento di uno” è la perdita di un parametro di efficienza della
segmentazione: la sostanzialità.
La cellula base della segmentazione deve essere innanzitutto significativa: la
convenienza a segmentare si ha solamente quando gli individui rispondono in modo
differenziato alle sollecitazioni dell’impresa.
In quest’ottica è lecito pensare il marketing one-to-one come strategia complementare e
non sovrapposta alle tradizionali operazioni di “mass marketing”.
1.4 Oltre il marketing tradizionale
L’approccio tradizionale al marketing riconduceva, come già evidenziato dalla
definizione del Kotler, ogni attività aziendale al soddisfacimento dei bisogni del cliente e
si focalizzava sull’acquisto di nuovi clienti attraverso l’uso delle leve del marketing
(marketing mix).
Con marketing mix si intende:
La combinazione delle variabili controllabili di marketing che l’impresa impiega al fine di conseguire gli
obiettivi predefiniti nell’ambito del mercato obiettivo
14
McCarthy proponeva una classificazione degli elementi del marketing mix basata su
quattro macrovariabili: prodotto, prezzo, punto vendita e promozione (identificate con la
celeberrima sigla delle “4P”, product, price, place, promotion).
Ognuno di questi elementi era caratterizzato poi da molteplici aspetti:
• Prodotto: caratteristiche, qualità, opzioni, stile, marca, confezione, taglia e
misure, servizio, garanzia, possibilità di restituzione
• Prezzo: prezzo di listino, sconti, termini e condizioni del pagamento
• Punto vendita: canali, copertura, localizzazione, scorte, trasporti
• Promozione: pubblicità, vendita personale, promozione vendite, relazioni
pubbliche.
15
14
Philip Kotler - Walter G. Scott, Marketing management, Torino, UTET, 1993, p.103
15
cfr. ibidem, p. 104.
Il mutato orientamento dell’impresa dal prodotto al cliente ha spinto alla ricerca di
“nuove leve” che tengano conto in modo più concreto e reale delle esigenze del
consumatore.
Nel 2000 Kotler proponeva in un seminario tenutosi a Londra
16
le 4“W”, nuove linee di
orientamento (ben lontane dall’essere capisaldi), o meglio, domande da porsi, per i
marketers nel mutato panorama della new economy:
• Qual è il tuo vantaggio competitivo? (What is your competitive advantage?);
• Qual è il tuo vantaggio riguardo al cliente? (What is your customer advantage?);
• Qual è il tuo prossimo vantaggio? (What is your next advantage?);
• Quali saranno le esigenze dei tuoi migliori clienti fra tre anni? (What will your
customer’s chiefs wants be 3 years from now? );
Come si evince dalla semplice esposizione di questi punti, nel nuovo scenario economico
è importante tenere sotto controllo i vantaggi sulla concorrenza e nel mantenimento del
vantaggio acquisito (o nel perseguimento dello stesso) la relazione con il cliente gioca un
ruolo fondamentale.
Nel volume Internet Commerce, Lawrence, Corbitt, Fisher, Lawrence e Tidwell,
propongono a loro volta un nuovo modello delle 4“P” (o 5“P” del marketing se, come nel
loro caso, si considera come leva fondamentale anche il packaging) del marketing in
seguito all’avvento dell’Internet e affiancano alle tradizionali variabili (che pure
sono riviste in funzione del commercio su Web) le nuove 5“P” del marketing (Tabella 1).
Gli autori prendono in esame prima le vecchie 5“P” rianalizzandole alla luce dei
Tabella 1: Le vecchie e le nuove 5 “P” del marketing
5"P" VECCHIE 5"P" NUOVE
Prodotto Paradosso
Prezzo Prospettiva
Punto Vendita Paradigma
Promozione Persuasione
Packaging Passione
Fonte: Lawrence, Corbitt, Fisher, Lawrence, Tidwell
17
16
cfr. Bruno Bonsignore, “Philip Kotler, 4 WHAT dopo le 4”P”” in www.strategiedigitali.it, aprile 2000
17
E.Lawrence – B. Corbitt - J.Fisher – J. Lawrence – A. Tidwell, Internet Commerce, digital models for
business, Milton, Wiley, 2000, pp.78-88.
cambiamenti apportati dalla necessità per molte aziende di essere on-line e di sfruttare
anche il canale web per il commercio. Ad esempio gli autori fanno notare la necessità
della presenza del prodotto anche su Internet (soprattutto per certe categorie come
finanza, viaggi e computers) oltre che nel punto vendita, per non deludere le aspettative
dei clienti. La presenza su Internet è inoltre un fattore positivo per una azienda se si
considera che il non essere innovativi come la concorrenza nell’usare la tecnologia per
vantaggi strategici potrebbe ripercuotersi in una perdita di opportunità a livello di
promozione.
A livello di punto vendita si comprende come la presenza su web incrementi la visibilità
di un business anche piccolo a livello globale. Per ciò che concerne la variabile prezzo, si
possono applicare degli sconti su prodotti visti ad esempio i risparmi sui costi delle
infrastrutture per i punti vendita (a questo proposito basti pensare al caso Amazon.com, il
più conosciuto rivenditore di libri e compact discs on line). Infine si deve considerare, a
livello di packaging, che un nuovo tipo di spazio nel quale si trova il prodotto è dato dal
cyberspazio. Fare shopping on line deve essere altrettanto interessante e accattivante per
il potenziale consumatore (ad esempio con sconti o con creazione di tesseramenti a club
legati all’acquisto di prodotti) che comprare in un punto vendita reale.
Prendendo in considerazione le nuove 5 “P” gli autori premettono che esse si sviluppano
in un mondo non più dominato dalla stabilità, ma dal caos e da una competizione globale
sempre più forte.
Il paradosso nasce dalla capacità dell’azienda di svelare in maniera accattivante e
intelligente ciò che non appare a prima vista del proprio prodotto per creare un vantaggio
competivivo e dall’abilità di porsi come leader per qualche caratteristica del proprio
prodotto. Un caso di paradosso in quest’ottica sarebbe quello di Amazon.com, che è
stata capace di creare un’identità unitaria di libreria con oltre due milioni e mezzo di libri
in vendita e non avendo una presenza fisica. Per quel che concerne la prospettiva, gli
autori sottolineano che è fondamentale guardare il prodotto dal punto di vista del
consumatore, riuscendo a riconoscere i bisogni che tramite esso vengono soddisfatti e in
base a quali caratteristiche il prodotto soddisfi i bisogni meglio della concorrenza. Il
veloce cambiamento di paradigmi sembra essere un’altra necessità nelle nuove
condizioni di mercato; un esempio di cambiamento di paradigma è dato dal mutato
modo di fare business determinato dall’avvento di Internet e dalla presenza di nuovi
canali di comunicazione. La quarta nuova P è costituita dalla persuasione del