4
Alla forma scritta si associa poi automaticamente il concetto di carta,
la quale è stata, per secoli, il supporto più utilizzato.
Il documento cartaceo, infatti, garantisce il rispetto di alcuni
presupposti che consentono di ritenerlo sicuro; permette di indicare
l’imputabilità dello stesso in capo ad un soggetto, sostanzialmente
mediante l’uso della sottoscrizione, nonché di garantire la sua integrità
e cioè che non abbia subito manomissioni dal momento della sua
creazione.
La sottoscrizione è l’elemento fondamentale, non è infatti duplicabile
né riutilizzabile, in quanto non può essere separata dal supporto dove è
scritta.
La situazione appena esaminata, rimasta inalterata per secoli,
comincia a vacillare di fronte al repentino svilupparsi delle tecnologie
informatiche.
L’elaboratore elettronico è infatti in grado di documentare e archiviare
i fatti e gli atti giuridici attraverso la nuova forma del documento
informatico; esso è un insieme di dati binari (catene di 0 e 1)
memorizzati attraverso l’uso di tecnologie magnetiche, magneto-
ottiche o ottiche su supporti temporanei (la memoria interna di un
computer) o permanenti ( disco rigido o floppy disk), modificabili o
meno, e atti ad essere letti, riprodotti o decodificati (cioè trasformati
5
da catene di dati numerici in sequenze di parole) attraverso l’uso del
computer.
La diffusione del documento informatico comporterebbe un notevole
beneficio alla società moderna in quanto in grado di risparmiare
spazio e tempo, ma, affinché possa essere utilizzato efficacemente,
occorre che sia in grado di soddisfare le stesse esigenze di sicurezza
giuridica realizzate dalla documentazione cartacea.
I problemi della sua facile modificabilità e della impossibilità di
individuare in modo certo il suo autore, impegnano per lungo tempo la
migliore dottrina nel tentativo di attribuirgli, comunque, la maggiore
rilevanza possibile, sia sul piano sostanziale che su quello processuale.
Il punto cruciale riguarda l’impossibilità di sottoscrivere il documento
informatico, ma è proprio da qui che parte una svolta fondamentale: la
sempre più pregnante convinzione di una crisi della sottoscrizione
come unico e solo criterio di imputazione delle dichiarazioni
contenute in un documento.
Nonostante il fermento e le teorie più aperte all’ingresso del
documento informatico nel mondo del diritto, rimane comunque
necessario un intervento legislativo che porti chiarezza in materia.
Il primo ad interessarsene è l’UNCITRAL (acronimo di United Nations
Commission on International Trade Law), organo ausiliario delle
6
Nazioni Unite costituito allo scopo di attenuare le divergenze tra le
normative sul commercio internazionale.
Esso inizia i propri lavori nel 1968 ed elabora una legge modello posta
a disposizione degli Stati contraenti, per consentire ad essi di
modernizzare certi aspetti della loro legislazione, nel campo delle
comunicazioni fondate sul computer o su altre tecniche moderne.
La sua denominazione è “Uncitral model law on legal aspects of
electronic data interchange (E.D.I.) and related means of
communication” (per scambio di dati o documenti elettronici si
intende una tecnologia che consente di trasferire informazioni o
documenti aventi rilevanza per il diritto, in via elettronica da un
soggetto ad un altro che li immagazzina nei propri sistemi informatici)
e il testo si fonda sul fatto che il maggior ostacolo all’impiego dei
documenti informatici nasce dal concetto che essi debbono essere
firmati o redatti su supporto cartaceo.
Tale pregiudizio è frutto dell’uso, da parte dei sistemi giuridici
nazionali, di un concetto restrittivo delle nozioni di “scritto”, “firma” e
“originale”, che non consente di includere le tecnologie del computer.
La legge non vuole eliminare il documento cartaceo, ma vuole
piuttosto sviluppare nuove regole per sostituire i requisiti dello scritto
con una forma elettronica.
7
L’opera dell’UNCITRAL parte dal concetto che la documentazione
elettronica possa dare lo stesso livello di sicurezza della carta e, nella
maggior parte dei casi, un’affidabilità anche superiore, soprattutto per
ciò che riguarda l’identificazione della fonte e del contenuto dei dati.
In seguito a tale contributo, cominciano, nei primi anni novanta, timidi
interventi legislativi, soprattutto negli Stati Uniti, volti a introdurre
una regolamentazione in materia.
L’Italia, dopo varie norme speciali frammentarie, arriva finalmente
all’emanazione della “legge Bassanini” (15/03/97, n. 59) che, a
questo proposito, avvia una “rivoluzione copernicana”: documenti, atti
e contratti realizzati con strumenti informatici e trasmessi per via
telematica sono validi e rilevanti ai fini di legge.
Tale normativa rinvia a successivi regolamenti ed il primo di questi è
il D.p.r. 10/11/97, n. 513; in esso, dopo la definizione di documento
informatico, si stabilisce l’equivalenza tra quest’ultimo e il documento
cartaceo e l’equiparazione degli effetti probatori del primo al secondo.
Tale equiparazione viene però subordinata alla conformità del
documento informatico alle disposizioni del regolamento e delle
regole tecniche che sono state emanate con D.p.c.m. 08/02/99.
8
La normativa in questione è stata successivamente incorporata nel
D.p.r. 28/12/00, n. 445 (T.U. sulla Documentazione amministrativa)
che non ha però introdotto innovazioni sostanziali.
L’ultima tappa è rappresentata dal D. Lgs. 23/01/02, n. 10 attuativo
della Direttiva C.E. 1999/93 che invece ha apportato novità
interessanti in materia.
Per dare rilevanza al documento informatico devono essere garantite:
-riservatezza, il contenuto deve essere accessibile solo al mittente e al
destinatario;
-integrità, il documento non deve subire alterazioni durante lo
scambio;
-autenticazione, il documento deve provenire effettivamente dal
mittente;
-non ripudiabilità, chi trasmette/riceve non può negare di aver
trasmesso/ricevuto.
Lo strumento che può realizzare tutto ciò è la crittografia, disciplina
che studia i sistemi segreti di scrittura, sulla quale si fonda la
cosiddetta “firma digitale”; essa è il risultato di una tecnologia
matematico-informatica che, in combinazione con un’infrastruttura di
certificazione, consente la creazione e la gestione di documenti
informatici sicuri, aventi i requisiti sopra elencati.
9
La sicurezza giuridica del documento informatico con firma digitale
deriva dal modo di essere del suo contenuto ed è totalmente svincolata
dal legame con il supporto materiale; si parla, da questo punto di vista,
di “passaggio dagli atomi ai bit”.
Il lavoro seguente si propone di analizzare in modo dettagliato questa
trasformazione: l’ormai prossimo declino del documento cartaceo e
l’avvento, al suo posto, di quello informatico.
Bisogna però evidenziare come tale evoluzione non sia avvenuta solo
per intervento legislativo, bensì anche per effetto di una nuova fiducia,
contrapposta all’iniziale diffidenza, da parte di tutta la popolazione
mondiale, in uno straordinario strumento quale l’informatica.
10
CAPITOLO I
IL DOCUMENTO NEL NOSTRO ORDINAMENTO GIURIDICO
1. Definizione giuridica di documento
Nel nostro ordinamento positivo non si trova una definizione giuridica
di documento.
Il legislatore ha sempre rivolto la propria attenzione non al documento
in sé, quanto alla rilevanza che esso può avere sul piano probatorio,
tant’è che, anche nel codice civile, i due documenti per eccellenza,
l’atto pubblico e la scrittura privata, vengono collocati sotto la voce
“prova documentale”.
Mancando dunque un esplicito supporto normativo per arrivare ad una
nozione giuridica di documento, occorre affidarsi alle ricostruzioni
della dottrina e della giurisprudenza.
Riferimento obbligato è l’opera di Francesco Carnelutti
1
che definisce
il documento come una “cosa che fa conoscere un fatto” e si
contrappone al testimone che è una persona che narra.
1
F. Carnelutti, Documento - Teoria moderna, in Noviss. Dig. It., Torino, 1957,
pp. 85 e ss.
11
Altri Autori
2
analizzano il problema dando maggiore risalto all’attività
volta alla formazione del documento; sotto tale profilo, quest’ultimo
diventa una res signata, un opus risultato di un lavoro umano; i segni
derivano da un processo artificiale compiuto o regolato dall’uomo
stesso e volto a conferire alla res portata rappresentativa, di
conseguenza il documento non è la cosa o il segno, ma è l’oggetto sul
quale l’uomo ha agito.
Nell’esaminare la nozione di documento, bisogna prestare attenzione a
tre motivi centrali
3
:
1) La “cosa”o comunque “l’elemento corporale o materiale
4
” a cui si
riconosce tale significato.
2) Il fatto rappresentato, che deve essere rilevante giuridicamente.
Da questo punto di vista è possibile distinguere tra documenti diretti
e indiretti; i primi che, grazie all'ausilio di mezzi tecnici, pongono
l'interprete di fronte al fatto (ad esempio i documenti fotografici), e i
secondi che mostrano ad esso una rappresentazione del fatto frutto di
un'elaborazione mentale (si pensi ad una corrispondenza epistolare tra
2
N. Irti, Sul concetto giuridico di documento, in Riv. Trim. Dir. e Proc. Civ.,
1969, pp. 492 e ss.
3
C. Angelici, Documentazione e documento (diritto civile), in Enc. Giur.
Treccani, XI, Roma, 1994, p. 1
4
A. Candian, Documentazione e documento (teoria generale) in Enc. Dir., XIII,
Milano, 1964, pp. 579 e ss.
12
due persone)
5
.
3) La rappresentazione fornita; tale profilo sottolinea l’aspetto
essenzialmente intellettuale della vicenda documentale: una res
assume il significato di documento solo in quanto il soggetto, che
intende avvalersene in tal senso, sia fornito di un codice intellettuale
per la sua comprensione
6
.
Sembra logico perciò dedurre che il documento, giuridicamente
inteso, non esiste in rerum natura, ma solo se sussistono le circostanze
idonee ad attribuire alla cosa questo particolare significato
7
.
1.1. Documento e documentazione
La capacità rappresentativa è attribuita ad una cosa dalla volontà
dell’uomo ed è per questo che la res documentale presuppone
un’attività volta a conferirle tale portata; si tratta infatti, come sopra
detto, di una “res signata”, espressione questa che sta a sottolineare il
ruolo centrale dell’attività di documentazione, la quale, attribuendo un
5
F. Carnelutti, Documento – Teoria moderna, op.cit. p. 86
6
N. Irti, Sul concetto giuridico di documento, op. cit. p.696, in cui l’Autore
afferma che la capacità rappresentativa del documento “non è nei segni ma in chi
intende il significato dei segni”.
7
C. Angelici, Documentazione e documento (diritto civile), op. cit., p. 1
13
valore rappresentativo alla cosa, la rende un documento
8
.
Tale attività non e' un presupposto necessario al documento; infatti
abbiamo res che vengono create appositamente per fornire la
rappresentazione di determinati fatti (e tra i documenti di questo tipo
possiamo enunciare la scrittura privata o l'atto pubblico o le copie o le
riproduzioni meccaniche) e res che divengono documenti in un
momento successivo.
Questo e' possibile perché la documentazione non attiene alla struttura
del documento medesimo ma alla sua funzione, per cui la rilevanza
documentale può essere attribuita anche successivamente alla sua
formazione
9
.
L’attività appena esposta, attraverso la quale si manifesta un atto di
volontà, può essere svolta da un notaio o da un altro pubblico ufficiale
autorizzato ad attribuire pubblica fede al documento, oppure
direttamente da privati.
Nel primo caso il documento è sempre eterografo, cioè formato da un
soggetto diverso da quello ivi rappresentato; nel secondo c’è invece
coincidenza tra l’autore del documento e il soggetto del fatto che
viene rappresentato nel documento stesso.
8
C. Angelici, Documentazione e documento (diritto civile), op. cit., p. 2
9
F. Candian, Documentazione e documento (teoria generale), op. cit., p.588
14
In realtà, tuttavia, l’attività di documentazione non ha alcuna
incidenza su quella che è la funzione più importante del documento,
cioè la funzione probatoria: essa si svolge in virtù dell’idoneità
rappresentativa del documento e quindi prescinde dall’attività di
documentazione
10
.
Sostanzialmente, il valore probatorio del documento deriva
esclusivamente dalla consistenza oggettiva della cosa, non avendo
rilevanza alcuna i comportamenti adottati per la sua creazione.
In conclusione, si può dire che la documentazione attiene al momento
di formazione di un atto e quindi si può identificare con il concetto di
forma del negozio giuridico, mentre il documento è la prova del fatto
rappresentato.
La distinzione appena riportata non è indubbiamente di facile
comprensione: lo stesso legislatore ha confuso il documento con la
documentazione, cioè i profili probatori con quelli negoziali
11
; invero
quando l’art. 2699 c.c. parla di “atto pubblico” in realtà avrebbe
dovuto usare un altro termine e cioè “documento pubblico”, perchè
“lo scrivere è un atto e quindi è la forma della dichiarazione e lo
10
C. Angelici, Documentazione e documento (diritto civile), op. cit., p.2
11
G. Verde, Prova documentale (diritto processuale civile), in Enc. Giur.
Treccani, XXV, Roma, 1991, p. 2, l’Autore sottolinea l’erronea definizione di atto
pubblico da parte del legislatore che, così facendo, scambia l’attività di
produzione con il prodotto.
15
scritto è una cosa, cioè il documento
12
”.
1.2. Forma del documento: considerazioni generali sulla nozione di
“forma”
L’importanza del concetto di documento e di documentazione si
riscontra nei casi in cui la legge subordina alla formazione di un
documento scritto la validità di un atto giuridico, o la prova
dell’esistenza dello stesso; il documento in questi casi deve assumere
una forma particolare.
Prima di passare all’analisi delle singole forme previste dal nostro
ordinamento, occorre soffermarsi sul concetto di forma.
E’ opinione condivisa che ogni fenomeno cosciente e volontario
debba prendere “forma” nel mondo esterno per essere socialmente
apprezzabile
13
; in questo senso tutti gli atti sono dotati di forma, la
distinzione tra atti formali e non formali nulla toglie a quanto
affermato: lungi dal prevedere atti privi di forma, essa semplicemente
indica come atti formali, quelli per i quali è tassativamente prevista
12
F. Carnelutti, Documento - Teoria moderna, op. cit., pp.85 e ss.
13
R. Sacco, G. De Nova, Il contratto, I, Torino, 1993, p.577
16
dalla legge una particolare veste esteriore, e per atti non formali,
quelli per i quali l’ordinamento lascia libertà nella forma di
manifestazione della volontà
14
.
L’elemento formale viene espressamente previsto dal legislatore in
ambito contrattuale; l’art. 1325 c.c., infatti, tra i requisiti del contratto,
richiama appunto la forma.
I contratti, come sappiamo, fanno parte, secondo la ricostruzione
propria della dogmatica giuridica, della categoria dei negozi giuridici,
rientranti a loro volta nell’ambito degli atti rilevanti giuridicamente; la
forma è il momento in cui la volontà diventa attuale: senza di essa non
esiste un negozio giuridico
15
.
In passato, il nostro ordinamento giuridico, era caratterizzato da un
rigido formalismo: le forme sacramentali delle fonti romanistiche
erano strumenti di garanzia del carattere personale di ogni
manifestazione giuridicamente rilevante.
Con l’avvento della Pandettistica
16
si riscontra un rigetto nei confronti
14
R. Clarizia, La libertà di forma in civil law e common law. Il contratto
telematico, in Riv. Not., 1998, p.1075, l’Autore sostiene la vigenza del principio
della libertà delle forme, comune un po’ a tutti i sistemi sia di civil che di common
law, in opposizione al rigido formalismo del diritto romano. Egli ritiene però che
in questi ultimi anni ci sia stato un rafforzamento del formalismo in relazione alle
esigenze conseguenti all’introduzione della firma digitale. Vedi infra, Cap. IV,
Par. 3.
15
F. Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997, p., 135
16
Elaborazione concettuale e sistematica del diritto privato comune tedesco sulla
base del diritto romano operata dai giuristi tedeschi dell’Ottocento.
17
del vecchio formalismo e la forma viene utilizzata come “veicolo della
volontà”
17
.
Di fronte a tale concezione, l’opinione dominante
18
ritiene che nel
nostro ordinamento giuridico sussista un regime generale di libertà
delle forme con eccezioni previste in determinati casi dal legislatore;
infatti, pur essendo la forma elemento essenziale di qualsiasi atto
giuridicamente rilevante, la possibilità di scegliere tale veste esteriore
deve considerarsi espressione di libertà.
Tutti i casi in cui il legislatore interviene per dettare una forma
vincolata sono eccezionali e vengono introdotti sostanzialmente per
una funzione di garanzia, di tutela e di controllo
19
.
17
A. Liserre, Forma degli atti (diritto civile) in Enc. Giur. Treccani, XIV, Roma,
1995, p.1
18
M. Giorgianni, Forma degli atti (diritto privato), in Enc. Dir., XVII, Milano,
1968, pp. 989 e ss.; P. Perlingeri, Forma dei negozi e formalismo degli interpreti,
Napoli/Roma, 1987, pp. 132 e ss., in cui l’Autore dice:“La rinascita non va
salutata come un nostalgico ritorno al passato ma come un’insopprimibile tecnica
al servizio di esigenze attuali”.
19
Opinione contraria ha N. Irti, Idola libertatis. Tre esercizi sul formalismo,
Milano, 1985, pp. 79 e ss., l’Autore si propone di dimostrare la falsità del
principio di libertà delle forme e delle conseguenti eccezioni relative ai casi di
forma vincolata; partendo dal presupposto che “una norma è eccezionale rispetto
ad una norma regolare”, egli sottolinea la mancanza di una norma regolare di
contenuto negativo, nei confronti della quale le singole norme sulla forma si
porrebbero come straordinarie. “Le norme sulla forma sono norme e basta”.