1.2 IL MARKETING TRANSNAZIONALE
A differenza della strategia “domestica”, l’approccio globale ricerca
sistematicamente le similitudini tra i mercati, l’omogeneità nei prodot-
ti, nelle immagini e nella comunicazione pubblicitaria ed infine esa-
mina fin dall’inizio la possibilità di lanciare il prodotto sul mercato
mondiale.
La globalizzazione comporta inoltre dei cambiamenti sul piano
dell’organizzazione interna; generalmente richiede una maggiore cen-
tralizzazione delle decisioni.
C’è uno slogan che riassume molto bene la strategia transnazionale;
“think global, act local”, l’impresa multinazionale si deve organizzare
per pensare in un’ottica globale e agire con strategie locali.
Il marketing transnazionale implica quindi una riflessione a due livelli.
Una di tipo globale: consiste nel cercare su un mercato geografico ca-
tegorie di clienti che abbiano specifiche esigenze anche in un settore
di mercato assai ristretto.
Questi segmenti si sommano tra di loro prima su scala regionale e poi
mondiale , venendo in tal modo a costituire un volume importante e
divenendo generatori d’effetti di economie di scala per l’impresa.
La globalizzazione si basa essenzialmente sulla concezione del pro-
dotto, ma non necessariamente sugli strumenti d’azione del marketing
(l’informazione, il prezzo, la distribuzione), i quali, saranno adattati
alle caratteristiche locali, adattamento che si effettuerà nella seconda
parte del processo.
Questo tipo di strategia comprende quattro fasi:
1) L’analisi dei bisogni locali propri di un dato paese
2) La globalizzazione del concetto di prodotto sviluppato a livello
locale
3) L’adattamento del prodotto a ogni ambiente specifico
4) La messa in atto della strategia attraverso un marketing opera-
tivo adatto.
7
Per la gestione del marketing è necessario definire il mercato di rife-
rimento geografico a livello della “triade”
1
ed elaborare una serie di
opzioni strategiche, attive o difensive, che tengano conto
dell’interdipendenza dei mercati.
1.3 STANDARDIZZAZIONE O ADATTAMENTO
Ogni impresa deve confrontarsi sul problema di come organizzarsi per
affrontare il mercato globale, al fine di guadagnarsi un vantaggio
competitivo difendibile. Nell’approccio a questo problema possono
essere adottati due atteggiamenti ben distinti: quello della standardiz-
zazione delle attività del marketing per ogni mercato, favorendo così
gli obiettivi di produzione interna e quello, invece, dell’adattamento
dei prodotti e delle azioni di marketing ai bisogni specifici dei diversi
mercati.
La strategia di adattamento pone l’accento sulle differenze esistenti tra
i mercati. Sono stati forniti tre gruppi di fattori che contribuiscono a
tale differenziazione:
1) Le differenze di comportamento degli acquirenti, non solo in
termini socio–demografici, di reddito, di habitat, ma soprattutto
in termini di abitudini di consumo, di costume, di cultura e al-
tro.
2) Le differenze nell’organizzazione dei mercati, la struttura della
rete di distribuzione, la disponibilità dei mass-media, le regola-
mentazioni, le condizioni climatiche, i mezzi di trasporto e al-
tro.
3) Le differenze nell’ambiente competitivo, il grado di concentra-
zione del settore, la presenza di concorrenti nazionali, il clima
competitivo e altro.
E’ cristallino il fatto che vi siano importanti differenze tra i mercati e
che tali differenze abbiano conseguenze sul tipo di strategia di marke-
ting da adottare.
8
1
Sono le tre aree di mercato più estese e comprendono il Nord America, Europa, e Asia
Le imprese che adottano invece una strategia di standardizzazione sot-
tolineano i vantaggi che possono derivare da una strategia che si basi
su ciò che vi è di simile tra i mercati piuttosto che su ciò che li diffe-
renzia (es. alta tecnologia).
Questa tesi vieni difesa da Levitt [1983] e Ohme [1987] e si basa an-
ch’essa su tre ipotesi:
1) I bisogni mondiali si omogeneizzano sotto la spinta della tecno-
logia, dei trasporti e della comunicazione.
2) I consumatori sono pronti a sacrificare le preferenze specifiche
per beneficiare di prodotti a prezzo ridotto e di buona qualità.
3) La standardizzazione, che permette l’omogeneizzazione dei
mercati mondiali, genera forti economie di scala, fattore fonda-
mentale per la riduzione dei costi.
Se questa tendenza ad omogeneizzare i bisogni è effettivamente reale,
ciò non significa tuttavia che la standardizzazione sia l’unica alterna-
tiva che si offre all’impresa a vocazione globale.
Levitt riduce il marketing alla sola strategia di standardizzazione, ma
per contro ci sono molte argomentazioni che lo contrastano. In primo
luogo anche se esiste una certa omogeneità nei bisogni, si tratta solo di
“segmenti” con le stesse aspettative che si ritrovano, con leggere dif-
ferenze, in tutti i paese della “Triade” con le stesse aspettative.
Accanto a questi segmenti mondiali si ritrova una “personalizzazione
del consumo” che conduce a segmenti sempre più piccoli e molto dif-
ferenti a seconda del paese e della rilevanza di specifici valori cultura-
li e regionali.
In secondo luogo non vi sono prove o fatti che i consumatori diventino
universalmente più sensibili al prezzo ed infine non significa standar-
dizzazione effettuare economie di scala, perché le nuove tecnologie di
produzione sono flessibili a cambio di comando istantaneo e i concetti
di “differenziazione ritardata” permettono attualmente di mantenere i
benefici della standardizzazione, pur garantendo l’introduzione di a-
dattamenti a seconda delle esigenze personali.
9
La tesi sulla standardizzazione “pura” è discutibile perché sembra che
l’approccio al mercato sia in termini di “tutto o niente”, quando il vero
problema è nel saper conciliare i due approcci, standardizzazione e
adattamento, concentrandosi sugli aspetti simili esistenti tra i mercati,
destinati peraltro ad aumentare, non si devono cioè dimenticare le dif-
ferenze esistenti fra i vari settori dei mercati ed il bisogno corrispon-
dente d’adattamento.
“I maggiori fallimenti internazionali sono dovuti proprio alla mancan-
za di sensibilità culturale e di riconoscimento di valori, usi e costumi,
fattori che rendono una strategia migliore per un paese e peggiore per
un altro”. [Takeuchi e Porter, 1987; Quelch e Hoff, 1986]
1.4 I DIVERSI AMBIENTI INTERNAZIONALI
La necessità di adottare un approccio globale varia a seconda dei con-
testi. Goshal e Noria [1993] suggeriscono un’analisi dell’ambiente in-
ternazionale considerando due dimensioni.
1) Le forze globali che spingono alla standardizzazione e che pos-
sono avere origine nei comportamenti d’acquisto, nel potenziale
di economie di scala, nella concorrenza ecc.
2) Le forze locali che sostengono l’adattamento alle caratteristiche
locali, come le differenze nella cultura o nelle legislazioni, i
tratti specifici delle diverse reti di distribuzione ecc.
All’interno di queste due dimensioni i due studiosi distinguono due li-
velli, un livello debole ed uno elevato, che ci consentono di distingue-
re quattro ambienti internazionali ognuno dei quali richiede metodi
organizzativi specifici.
1) L’ambiente globale in cui le forze che spingono alla standardiz-
zazione sono potenti e non sono compensate da forze locali al-
trettanto forti. In questi mercati si impone una organizzazione
globale. Questo ambiente è tipico di molti settori industriali, so-
prattutto ad alta tecnologia in cui le peculiarità locali sono mi-
10
nime e comunque ininfluenti. Si tende a una centralizzazione
delle responsabilità.
2) L’ambiente multi-domestico è l’estremo opposto di quello sopra
citato, ambiente tipico per l’industria alimentare in cui gusti e le
abitudini culinarie influiscono notevolmente sulle preferenze e
sui comportamenti d’acquisto. L’impresa deve adattarsi al me-
glio e l’organizzazione internazionale subirà pertanto una de-
centralizzazione.
3) L’ambiente internazionale calmo, in quest’ambiente sia le forze
globali sia quelle locali sono deboli, come nel settore del ce-
mento o in quello siderurgico.
4) L’ambiente transnazionale, è un ambiente in cui vi sono forti
pressioni a favore della standardizzazione ma in cui le forze lo-
cali sono altrettanto presenti. Situazione più complessa perché
richiede un certo grado di centralizzazione e di coordinamento e
allo stesso tempo, la conservazione di forti organizzazioni loca-
li. L’elemento locale decisivo è rappresentato dal dealer che as-
sicura soprattutto il servizio di assistenza e l’esercizio della ga-
ranzia. Un’organizzazione globale fortemente centralizzata non
sarebbe adatta a un ambiente di questo tipo.
1.5 ANALISI DEL NUOVO MERCATO E I NUOVI
SETTORI
E’ possibile identificare quattro tipi di settore:
• il settore protetto,
• il settore commerciale
• il settore multinazionale
• il settore globale.
11
La tendenza negli ultimi anni è quella di avvicinarsi di più al settore
globale dove gli investimenti ed il commercio internazionale sono e-
levati.
A oggi il settore protetto è caratterizzato da quelle attività che si basa-
no su produzioni a piccola scala, beni non commerciabili (per la depe-
ribilità, o difficoltà nel trasporto).
Se invece il prodotto è commerciabile, ma non è differenziato secondo
preferenze nazionali ed è soggetto a sostanziali economie di scala,
l’internazionalizzazione si manifesta attraverso il commercio interna-
zionale (es. aerei, computer industriali), si parla quindi di settori
commerciali.
Nel caso opposto, in cui il commercio sia fortemente limitato da ele-
vati costi di trasporto o da barriere doganali, o il prodotto fortemente
caratterizzato da preferenze nazionali, o non si riesca ad ottenere buo-
ne economie di scala, il processo di internazionalizzazione è caratte-
rizzato dall’investimento diretto, si parla di settori multinazionali, e-
sempio McDonald’s.
Infine nei settori globali commercio e investimenti diretti sono elevati
ed egualmente importanti.
L’effetto della globalizzazione può essere analizzato secondo le cin-
que forze competitive di Porter. Attraverso questa analisi si deduce
che tale fenomeno ha grande influenza sulle possibilità di entrata, sul-
la concorrenza e sul potere contrattuale degli acquirenti.
La minaccia dei potenziali acquirenti aumenta, grazie a una tendenza
ad una sostanziale diminuzione delle barriere all’entrata nei mercati
nazionali, alla riduzione multilaterale delle tariffe doganali, spese di
trasporto , omologazione degli standard internazionali, ed alla conver-
genza delle preferenze dei consumatori, che comportano ad una mag-
giore competizione sui mercati esteri.
La competizione tra i concorrenti consolidati aumenta perché il feno-
meno accresce la rivalità interna tra le imprese dello stesso settore,
poiché abbassa la concentrazione dal lato dell’offerta, perché significa
12
che più produttori sono presenti su ogni singolo mercato nazionale e
aumenta la diversità delle aziende concorrenti, che li spinge a compe-
tere in maniera più aggressiva e rende tendenzialmente più difficile la
cooperazione, se non in particolari settori come quello del “costruction
equipment”.
Il potere contrattuale degli acquirenti è aumentato, visto l’incremento
e le dimensioni delle nuova clientela. Pensiamo alla forte pressione
che possono avere i costruttori di componentistica su scala mondiale. I
grandi rivenditori possono usare la minaccia di rivolgersi a fornitori
esteri per ottenere sostanziali riduzioni di prezzo da parte dei produtto-
re nazionali.
1.6 VANTAGGIO COMPETITIVO NEL CONTESTO
INTERNAZIONALE
Il conseguimento del vantaggio competitivo implica una corrispon-
denza tra le risorse e le competenze dell’impresa e i fattori critici di
successo del settore.
Se le imprese sono localizzate in diverse nazioni, le risorse e le com-
petenze a loro disposizione non dipendono solo dalla disponibilità in-
terna, ma anche dalla disponibilità a livello nazionale.
Il ruolo della disponibilità di risorse a livello nazionale nel contesto
della concorrenza internazionale è preso in esame dalla teoria del
“vantaggio comparato”, che afferma che una nazione ha un vantaggio
comparato nella produzione di quei beni che utilizzano massicciamen-
te le risorse delle quali il paese è più ricco, tale vantaggio dipende da
diversi fattori quali l’ambiente, la popolazione, disponibilità di capita-
li, fattori culturali, religiosi, sociali, competenze, infrastrutture e altro.
Viene fortemente influenzato dalle politiche nazionali e dal livello
delle infrastrutture.
13
SETTORE
Fattori chiave del successo
VANTAGGIO
COMPETITIVO
AMBIENTE NAZIONALE
Risorse e competenze a livello nazionale
Materie prime, cultura e caratteristiche nazionali; ri-
sorse umane, infrastrutture
Condizioni della domanda interna
Politiche governative
Tassi di cambio
Settori correlati e di supporto
RISORSE E COMPETENZE DELL’IMPRESA
Risorse finanziarie
Risorse fisiche
Tecnologia
Reputazione
Competenze funzionali
Competenze del top management
1.7 VANTAGGIO NAZIONALE E LOCALIZZAZIONE
INTERNAZIONALE DELLA PRODUZIONE
Per esaminare il rispettivo ruolo delle risorse dell’impresa e delle ri-
sorse della nazione nel processo di formulazione della strategia, dob-
biamo tener presente due variabili chiave nel processo di internaziona-
lizzazione:
1) decisioni relative alla localizzazione della produzione
2) decisioni relative alle modalità di entrata in un mercato stranie-
ro.
Si denota che una delle più forti motivazioni in favore di una strategia
multinazionale è la possibilità di accedere a risorse disponibili in altri
paesi, proprio in quest’ambito l’impresa deve decidere dove realizzare
i proprio prodotti.
Le determinanti della localizzazione geografica sono principalmente
tre:
1) influenza delle risorse nazionali: l’impresa dovrebbe localizzar-
si dove queste condizioni sono più favorevoli.
2) Specificità del vantaggio competitivo. Il vantaggio della loca-
lizzazione, per le imprese il cui vantaggio competitivo è genera-
14
to da risorse e competenze interne, dipende da dove queste doti
possono essere meglio messe a frutto.
3) Trasferibilità dei beni. La possibilità di localizzare la produzio-
ne dei beni lontano dai mercati di destinazione dipende dalla lo-
ro trasferibilità. A volte ci possono essere vincoli legislativi per
costringere imprese globali a costruire in loco degli stabilimen-
ti.
Dopo aver tenuto conto di questi tre punti, le decisioni di localizzazio-
ne devono considerare il fatto che l’offerta di un qualunque prodotto o
servizio è composta da una catena verticale di attività, le cui caratteri-
stiche variano notevolmente.
Di conseguenza, è possibile che ciascuna attività della catena abbia la
sua collocazione ideale in un paese diverso.
Bisogna quindi, identificare la localizzazione ottimale per ogni singola
attività e, per fare ciò, l’impresa deve prima identificare gli input rile-
vanti di ciascuna fase e quindi confrontarne costo e disponibilità nei
differenti paesi.
Successivamente bisognerà analizzare la correlazione delle attività; i
benefici derivanti dal disaggregare la catena del valore e dislocare le
singole attività in diverse nazioni ha come contraltare l’indebolimento
del legame tra le varie fasi della catena.
La dispersione delle attività comporta inoltre maggiori problemi di
coordinamento e controllo, viene quindi eseguita solo se il risparmio
dei costi è veramente significativo.
1.8 VANTAGGIO NAZIONALE E INVESTIMENTI
ESTERI
Molte delle considerazioni a proposito della localizzazione delle atti-
vità produttive possono altresì essere applicate alla modalità di entrata
nei mercati esteri. Un’impresa entra in un mercato straniero perché ri-
tiene che ciò sia profittevole.
15
Ciò non implica solo l’attrattività del mercato in questione, ma anche
la possibilità da parte dell’impresa di stabilire un vantaggio competiti-
vo confrontandosi apertamente con i produttori locali e multinazionali.
Esistono numerose alternative di entrata a disposizione dell’impresa,
del tutto simili alle modalità di sfruttamento dell’innovazione.
Alternative strategiche per l’ingresso nei mercati
TRANSAZIONI DI MERCATO Esportazioni
Contratti spot
Contratti a lungo termine
Ricorso ad agenti/distributori
..Cessione in licenza di marchi e
tecnologia
..Franchising
INVESTIMENTO DIRETTO Joint venture
con solo le funzioni di marketing
e distribuzione completamente in-
tegrata
Filiale di proprietà
Con sole funzioni commerciali e
di marketing
Completamente integrata
La distinzione fondamentale riguarda l’ingresso tramite rapporti
commerciali piuttosto che investimenti diretti.
L’azienda deve quindi fare opportune considerazioni valutando i van-
taggi e gli svantaggi relativi di ciascuna opzione.
A tale scopo possono risultare utili le seguenti considerazioni:
1) il vantaggio competitivo è specifico all’azienda o piuttosto lega-
to a risorse del paese ospitante? Se il vantaggio dell’impresa è
legato al paese di origine, il miglior modo di sfruttare le possi-
bilità di internazionalizzazione è l’esportazione dei beni.
16
2) Il prodotto è trasferibile? Esistono ostacoli all’importazione?
Se il prodotto non è trasferibile a causa dei costi di trasporto o
di contingentamento delle importazioni, l’entrata nel mercato
presuppone l’investimento diretto per la realizzazione di stabi-
limenti produttivi o la cessione di licenze ad aziende locali.
3) L’azienda possiede una gamma completa di risorse e compe-
tenze per stabilire un vantaggio competitivo nel mercato este-
ro? Competere in un mercato estero potrebbe richiedere
all’impresa l’allargamento della gamma di risorse e competen-
ze, in particolare riguardo al marketing e ai processi distributivi
in un paese straniero.
L’accesso a risorse altamente specifiche risulta più agevole isti-
tuendo relazioni con aziende locali. Il tipo di relazione dipende,
in parte dal tipo di risorse e competenze richieste.
Se i punti di debolezza di un’impresa sono relativi al marketing
o alla distribuzione, possono essere avviate relazioni con agenti
o distributori con diritti di esclusiva territoriale. Se invece è ne-
cessaria un’ampia gamma di competenze produttive e di marke-
ting, la soluzione può essere la concessione in licenza del pro-
dotto e/o della tecnologia a un costruttore locale.
Nei settori ad alto contenuto tecnologico, le imprese sovente
sfruttano le innovazioni concedendone la tecnologia in licenza a
produttori locali.
Nei settori basati sul marketing, i marchi sono spesso oggetto di
licenza.
L’alternativa è rappresentata da joint venture con uno o più pro-
duttori esteri.
Le difficoltà incontrate dalle imprese statunitensi nella penetra-
zione del mercato giapponese ha incoraggiato il sorgere di nu-
merose forme di joint ventures.
17