Capitolo 1 _________________________________________________________ INTRODUZIONE
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Una breve introduzione sulla classe di materiali presi in esame in questo lavoro, i TPEs,
sarà seguita da una più dettagliata visualizzazione delle caratteristiche generali, delle possibili
applicazioni e degli sviluppi futuri per gli elastomeri termoplastici poliolefinici, anche conosciuti
con il nome di TEOs. Il paragrafo conclusivo, illustrerà gli obiettivi perseguiti in questa ricerca.
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1.1 – ELASTOMERI TERMOPLAS TICI
Gli elastomeri termoplastici (TPEs) nacquero come una nuova classe di materiali
polimerici, dalla incorporazione del Kraton nel mercato, ad opera della Shell Development
Company nel 1965.1 La normativa ASTM D 1566 definisce gli elastomeri termoplastici come
una diversa classe di materiali simili alla gomma che, al contrario dei convenzionali elastomeri
vulcanizzati, possono essere processati e riciclati come i materiali termoplastici.2
Esistono cinque classi di TPEs:
� Copolimeri a blocchi elastomero– polistirene.
� Copolimeri a blocchi elastomero– poliuretano.
� Copolimeri a blocchi elastomero– polietere.
� Copolimeri a blocchi elastomero– poliammide.
� Miscele elastomero– termoplastico rigido.
Si possono aggiungere altre tipologie di composizione, così come i copolimeri di inserto,
polimeri con legami ionici termolabili, elastomeri termoplastici di silicone ed altri, che d’altra
parte non hanno, fino ad ora, richiamato un notevole interesse.
Tutti questi elastomeri termoplastici sono basati su un sistema di fasi separate, dove i
alternano fasi con catene altamente elastiche e fasi con catene rigide che si impacchettano in
zone o domini, come illustrato in Figura 1.1. A temperatura ambiente, questa struttura presenta
una grande rigidezza e coesione, creando un legame fisico si ile a quello chimico prodotto dalla
vulcanizzazione. Questo legame impedisce lo spostamento delle catene quando sottoposte
all’applicazione di uno sforzo. Tuttavia, non essendo reticolate chimicamente, le catene perdono
la loro coesione all’aumentar della temperatura o disciogliendosi in un solvente.
Le prime quattro classi di elastomeri termoplastici, sopracitate, sono copolimeri a blocchi
con importanti differenze strutturali. La maggior parte delle classi di elastomero-pol stirene si
basano sulla formula S-E-S, dove S rappresenta il blocco di polistirene ed E il blocco di
elastomero. Altri hanno una struttura ramificata, aggiustandosi alla formula generale (S-E)nX,
dove X rappresenta un punto di legame multidifunzionale. Diversamente, le tre clssi successive
seguono la formula generale H-E-H-E-H-E o (H-E)n, dove H rappresenta un termoplastico duro.
L’ultima classe, le miscele di elastomero- ermoplastico, è generalmente rappresentata da miscele
di due fasi le cui interazione e compatibilità governano le proprietà del prodotto finale.
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Figura 1.1 – Arrangiamento delle fasi nei TPEs a base di copolimeri a blocchi.3
Le caratteristiche di un TPE dipendono dalla Tm ell fase termoplastica rigida e dalla
temperatura di transizione vetrosa, Tg, dellafase elastomerica molle. Il range di temperature di
utilizzo di questi materiali cade, quindi, tra la Tg e la Tm dei materiali componenti.
Entro questi valori di temperatura il TPE manifesta le desiderate caratteristiche elastomeriche.
Al di sopra della Tm la fase rigida fonde, ed il TPE, diventando fluido, può essere processato
mediante le usuali tecniche termoplastiche. A temperature inferiori alla Tg il TPE diventa fragile,
perdendo le caratteristiche elastomeriche di utilizzo.
I TPEs stanno rimpiazzando le gomme in numerose applicazioni. Per comprendere il
rilevante sviluppo di questi materiali, è necessario capire i vantaggi e gli svantaggi nella loro
applicazione, in comparazione con le gomme convenzionali. I vantaggi sono i seguenti:
� Il processamento è più semplice e richiede un minor numero di passi.
� Il tempo totale per la lavorazione è molto minore.
� Sono richiesti meno materiali per la loro produzione.
� I consumi di energia sono inferiori, dovuto fondamentalmente alla necessità di minori più
semplici passi di processamento (Figura 1.2a).
� Gli scarti, al contrario di quanto accade per le gomme indurenti, possono essere riciclati, con
conseguenti vantaggi dai punti di vista economici e d’impatto medioambientale.
� I materiali riciclati presentano solamente una leggera diminuzione delle proprietà finali
rispetto al materiale originale.
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� La lavorazione dei TPEs permette un minor controllo delle dimensioni finali del pezzo.
In questo modo le parti fabbricate sono più uniformi e di magg ore qualità.
� I TPEs possono essere processati mediante i metodi di fabbricazione dei termoplastici, non
disponibili per le gomme. In numerose aree, l’uso di queste tecniche ha ridotto il costo
dell’articolo fabbricato di un 50%.
D’altro canto, a seguito dei numerosi vantaggi, è d’obbligo citare anche gli inconvenienti che
presentano questi materiali:
� La maggior parte dei TPEs devono essere seccati prima della lavorazione. Questo è un
procedimento familiare per i materiali termoplastici ma non necessario per le gomme
convenzionali.
� I TPEs fondono ad una elevata temperatura specifica, sopra la quale il materiale non
mantiene la sua integrità. I TPEs, quindi, non sono disponibili per applicazioni a temperature
superiori alla Tm. D’altra parte, questo non è un problema riscontrabile per le gomme
termoindurenti che non possiedono una temperatura di fusione.
� Gli elastomeri termoplastici richiedono un volume di produzione relativamente alto per una
buona economia di processo. La Figura 1.2b mostra schematicamente il costo di produzione
(materiale + fabbricazione) rispetto al volume di produzione (numero di parti per anno) per
lo stesso componente fabbricato con TPEs e gomme termorigide.
a) b)
Figura 1.2 – Confronto tra step produttivi (a) e costi (b) per TPEs e gomme termoindurenti.
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Fino ai primi anni ’80, gli elastomeri termoplastici occupavano una modesta nicchia nel
campo automobilistico. Nel 1985, per esempio, un’autovettura di media cilindrata conteneva
circa 100 Kg di materiali polimerici, tra cui un chilogrammo scarso di TPEs. Oggi la situazione è
radicalmente diversa. A titolo di esempio, in una Mercedes Classe E sono impiegati 5 Kg di
elastomeri termoplastici, in diverse applicazioni interne ed esterne.4
Complessivamente, i consumi di questa famiglia di materiali sono cresciuti
ininterrottamente negli ultimi quindici anni. Dal 1985 ad oggi i volumi sono aumentati con tassi
di tutto rispetto, nell’ordine dell’8% annuo, passando da circa mezzo milione di tonnellate agli
attuali 1.1 milioni di tonnellate. A favorire lo sviluppo di questa classe di polimeri è anche la
continua diminuzione dei prezzi, che in passato rendevano i TPEs poco concorrenziali rispetto ad
altri materiali polimerici.
Buone prospettive vengono anche dalla tendenza di accoppire material duri e morbidi
nello stesso componente, come nel caso dei TEOs, riducendo i costi d’assemblaggio.
1.2 – ELASTOMERI TERMOPLAS TICI POLIOLEFINICI
Le miscele di due o più polimeri hanno destato notevole interesse negli ultimi anni,
poiché tramite queste si possono conseguirsi proprietà impensabili da ottenere con altri metodi.
Questo tipo di elastomeri termoplastici si preparano miscelando un polimero termoplastico ed un
elastomero tramite l’azione di un sforzo elevato. Le plastiche come il polipr pil ne, il
polietilene, il policloruro di vinile, il poliestere, etc. ed elastomeri come l’EPDM, gomma
naturale, SBR, etc. sono i componenti più usati. In aggiunta al loro basso costo, queste miscele
presentano alcuni vantaggi rispetto ad altri tipi di TPEs considerando che risulta possibile
conseguire una determinata proprietà mediante la scelta di ambo i componenti, la loro relazione
nella miscela o tramite l’incorporazione di fibre, leganti, agenti interfacciali, etc.
Tra tutti i materiali termoplastici ed elastomerici utilizzabili per la produzione dei TEOs, la
gomma EPDM ed il polipropilene sono i costituenti più comuni.5-8
Il polipropilene isotattico (iPP), è uno tra i polimeri termoplastici di maggior consumo.
Ciò è dovuto alle sue eccellenti proprietà fisiche, meccaniche, e da una buona versatilità dovuta
alla facile processabilità con costi contenuti. Nella maggior parte dei casi, comunque, non tutte le
caratteristiche di questo materiale sono idonee allo specifico utilizzo. La sua alta temperatura di
transizione vetrosa, Tg, e l’alta cristallinità, rende questo materiale sconveniente per applicazioni
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a basse temperature. Per ovviare a questo inconveniente, il PP viene miscelato con il terpolimero
etilene-propilene-diene (gomma EPDM) che agisce da modificatore di impatto.9-14
Mediante l’aggiunta della gomma, si possono ottenere “prodotti su misura”, in funzione dei
requisiti richiesti in ogni applicazione.
1.2.1 – Caratteristiche generali.
Il primo elastomero termoplastico poliolefinico fu introdotto dalla Uniroyalnel 1972.
Alla fine del 1974, un buon numero di TEOs erano già in commercio ad opera della Du Pont,
della Nemours & Company, della B.F. Goodrich Co., della Hercules Incorporated e ella Exxon.
Le affinità tra le strutture di questi polimeri, in unione alle loro differenti proprietà
chimiche, rende possibile combinarli per produrre materiali con le desiderate proprietà.
Tra i vari tipi di TEOs, quelli preparati per miscelazione in fuso di un polimero termoplastico
cristallino ed un elastomero amorfo hanno ricevuto una considerevole attenzione a causa dei loro
semplici metodi di preparazione e del facile conseguimento delle proprietà fisiche desiderate
mediante la semplice variazione percentuale dei componenti la miscela.15-17 I polimero presente
in maggiore quantità nella miscela è generalmente il termoplastico per i suoi bassi valori di
viscosità (fattore che riduce di molto i costi produzione). La fase discontinua sarà composta da
particelle elastomeriche di piccola taglia; tanto più piccola quanto miglori sono le proprietà
desiderate del TEO da realizzare.
Quelli a base di PP ed EPDM competono direttamente con i TPEs stirenici per i bassi
costi, i bassi pesi specifici (tra 0.9 e 1) e le ottime prestazioni accompagnate da una buona
resistenza ambientale. I TEOs rigidi sono formati essenzialmente da polimeri termoplastici
impatto-modificati e non sono quindi vere e proprie gomme. Gli elastomeri termoplastici
flessibili sono, invece, gommosi a temperatura ambiente, ma queste caratteristiche sono
rapidamente perse ad elevate temperature. Normalmente, questi materiali sono utilizzati solo al
di sotto dei 70÷80°C. La natura non polare dei TEOs a base di PP ed EPDM li rende
estremamente resistent all’acqua, alle soluzioni acquose e ad altri fluidi polari come alcoli e
glicoli. Questi, però, si gonfiano visibilmente con oli e benzine.
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1.2.2 – Applicazioni.
La combinazione unica delle proprietà elastomeriche e la loro processabilità tipicamente
termoplastica, permette ai TEOs di essere utilizzati in un’ampia gamma di applicazioni.
La versatilità di questi materiali gli permette di trovare espansione in molti mercati tipicamente
dominati dai materiali plastici e dagli elastomeri convenzionali. Ad esempio, in quelle
applicazioni dove si richiedono buone proprietà termostabili e sono rispettati i requisiti
meccanici, i TEOs rimpiazzeranno la gomma naturale così come le gomme sintetiche, tipo il
neoprene, lo stirene-butadiene ed i termopolimeri etilene-propilene. Ciò è dovuto,
fondamentalmente, ad un fattore economico, dato che i macchinari di processo dei termoplastici
convenzionali abbattono il costo del prodotto in relazione allo stampaggio per compressione
delle gomme. Inoltre i TEOs stanno già rimpiazzando alcuni materiali termoplastici (come PE,
PVC, etc), in molte applicazioni dove sono richieste proprietà superiori ad alte e basse
temperature o proprietà di tipo gommoso.
Le principali applicazioni dei TEOs, di cui la Figura 1.3 ne riporta alcuni esempi,
convergono nel campo automobilistico. La loro eccellente disponibilità medioambientale, la
bassa densità ed il relativo basso costo, permettono la loro applicabilità in un elevato numero di
parti comuni, esterne ed interne, delle automobili. Alcuni esempi di applicazioni sono: paraurti,
pannelli anteriori e posteriori, parasole, tergicristalli, giunti, cinte, abbellimenti vari, etc.
Un’altra importante applicazione dei TEOs è quella come guarnizioni e cavi.
Le loro eccellenti proprietà elettriche, unite alla loro resistenza all’ozono ed all’acqua, come la
loro flessibilità, conferiscono a questi materiali la possibilità essere impiegati come cavi e
guarnizioni di basso voltaggio. I TEOs hanno, inoltre, rimpiazzato le gomme vulcanizzate ed i
policloruri di vinile in applicazioni come cavi, corde flessibili, guarnizioni, saldatura di cavi di
isolamento, così come corde di alto voltaggio. S’impiegano anche in applicazioni dove è
richiesta una buona resistenza alla fiamma o una b ssa generazione di fumi.
Le miscele poliolefiniche hanno, in aggiunta, richiamato l’interesse per la possibilità di
riciclaggio dei rifiuti plastici evitando i complessi e dispendiosi processi di separazione dei
differenti componenti della miscela. Dall’ nno della loro commercializzazione, il 1972, il loro
utilizzo mondiale è cresciuto enormemente arrivando a 240000 tonnellate annue.
Oggigiorno esistono un gran numero di produttori di TEOs basati su miscele di gomma
terpolimero etilene-propilene-diene e polipropilene isotattico.
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Figura 1.3 – Esempi di prodotti realizzati con elastomeri termoplastici poliolefinici.
1.2.3 – Futuro dei TEOs.
Il futuro sviluppo dei TEOs continuerà ad essere rilevante.18 Esistono cinque fattori che
faciliteranno la crescita e l’applicazione dei TEOs:
� Accettazione medioambientale: l’elaborazione dei prodotti è più pulita, sicura e comoda.
� Risparmio energetico ed efficienza.
� Priorità del mercato: fabbricazione di prodotti gommosi a partire da prodotti normalizzati.
� Un mercato produttivo di alta qualità.
� Ottimizzazione della progettazione dei sistemi elettronici di controllo.
E’ stimata, per i prossimi anni, una crescita del mercato dei TEOs intorno ad un 8÷10%.
Questo sarebbe dovuto ai motivi precedentemente esposti ed alla crescita parallela del numero
delle richieste per questi prodotti. Oltretutto, questo aumento della domanda potrebbe aumentare
ben al di sopra del 10% se si riusciranno ad eliminare alcune limitazioni per questi materiali.
Una di queste è la debolezza dei legami (punti di unione), la quale genera una reticolo
termicamente instabile. Per questo motivo, la resistenza ad alte temperature, isteresi e proprietà
dinamiche sono ancora inferiori rispetto a quelle delle gomme termostabili. Ovviamente, la linea
tecnologica futura di questi materiali sarà basata sul miglioramento della stabilità termica e
quindi, allo stesso tempo, sul proporzionamento della capacità di essere termicamente reversibili.
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1.3 – OBIETTIVI DELLA RICERCA
Lo scopo principale del presente lavoro era quello di stabilire un punto di partenza nello
studio degli elastomeri termoplastici basati su miscele di polipropilene e gomma terpolimero
etilene-propilene-diene. A questo proposito, sono state inizialmente ricercate le migliori
condizioni di lavorazione delle miscele (temperatura, tempo, velocità di miscelazione, etc.),
facendo uso di un background di tipo reologico.
Necessario ad una comprensione dello sviluppo morfologico-strutturale dei materiali in
analisi, le precedenti indagii sono state seguite dallo studio dei fenomeni di cristallizzazione per
mezzo delle analisi calorimetrica, mediante calorimetria a scansione differenziale (DSC), e
morfologica, con l'aiuto della microscopia ottica. In questo modo, si aspirava alla conoscenza
degli effetti dell’incorporazione dell’elastomero sulla cinetica di cristallizzazione del
polipropilene isotattico, in condizioni isoterme e dinamiche.
Una volta ottimizzato il processo di miscelazione, è stato studiato l’effetto della
composizione della miscela sulle sue proprietà. Si è effettuato lo studio morfologico delle
miscele tramite la microscopia a scansione elettronica (SEM) per superfici con rottura di tipo
fragile, con la pretesa di relazionare la morfologia delle miscele con le loro proprietà. Tramite
l’analisi dinamico-meccanica, ad esempio, possono essere ricavate moltissime informazioni sulle
miscele come ad esempio:
� Temperatura di transizione vetrosa, Tg. Questa, unita alla temperatura di fusione, Tm,
predeterminata nello studio calorimetrico, condizionerà il range di temperature di utilizzo del
componente finale.
� Compatibilità dei polimeri costituenti la miscela.
� Morfologia delle fasi.
� Informazioni sull’interazione tra le differenti fasi.
Per completare l’esaustiva caratterizzazione fisico-m ccanica dei TEOs analizzati, sono
state, in aggiunta, esaminate le loro proprietà in trazione, flessione ed impatto. Come già detto in
precedenza, una delle principali giustificazioni dell’applicazione degli elastomeri termoplastici
poliolefinici può essere trovata nella maggiore flessibilità e nel migliore comportamento alle
basse temperature di questo tipo di sistemi. Come potremo vedere nel Capitolo 7 sulle proprietà
Capitolo 1 _________________________________________________________ INTRODUZIONE
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meccaniche, l’EPDM agisce come modificatore di impatto per il PP, migliorando in maniera
notevole la flessibilità e le sue proprietà alle basse temperature.
Lo studio della degradazione termica per mezzo di un’analisi termogravimetrica (TGA),
ha preso in esame l’effetto della composizione della miscela sulla sua stabilità termica.
Tramite tests isotermi e dinamici, in atmosfera di puro azoto, è stato effettuato un
approfondimento sulla cinetica di degradazione dei TEOs. Mediante una tecnica estrapolativa, è
stato possibile predire i tempi di degradazione dei nostri materiali, a te p ature inferiori a
quelle di fusione degli stessi. Questi valori sarebbero stati di impossibile valutazione, da un
punto di vista pratico, a causa dei lunghissimi tempi di prova necessari.
E’ interessante verificare l’effetto della fibra sulle diverse propri tà dei TEOs fino ad ora
esaminati, sia da un punto di vista innovativo che commerciale. Innovativo, perché esistono in
letteratura pochi lavori su questa tipologia di materiali compositi, che presentino cioè elastomeri
termoplastici in funzione di matrice. Commerciale, per la palese attenzione delle industrie
automobilistiche nei riguardi di questi materiali. Sono, quindi, stati preparati ed analizzati
compositi ternari basati sui TEOs precedentemente studiati come matrice e differenti tipi di fibre:
due organiche (fibre di Kevlar e di polietilene tereftalato riciclato (recycled PET)), una
inorganica (fibra di vetro) ed una vegetale (fibra di Sisal).
Per aprire, in ultimo, una finestra sul più riscontrabile futuro di questi materiali, si è
effettuato uno studio su uno dei processi più importanti per questo tipo di sistemi: la
vulcanizzazione dinamica. Questo termine, è comunemente usato per descrivere il processo di
reticolazione della fase elastomerica durante la sua miscelazione con il materiale termoplastico,
ed i materiali così realizzati prendono il nome di elastomeri termoplastici vulcanizzati (TPVs).
Mediante questo processo, l’elastomero forma piccole particelle reticolate sotto forma di
goccioline disperse nella matrice termoplastica. Numerosi sono stati i lavori pubblicati su questo
tipo di processo. Tuttavia, esistono ancora alcuni aspetti ancora poco chiari come, ad esempio, il
procedimento di preparazione delle miscele o la morfologia finale delle stesse.
Nel presente lavoro, sono stati esaminati diversi metodi di preparazione per gli elastomeri
termoplastici vulcanizzati, valutando, tramite lo studio delle diverse proprietà, quale tra questi
risulti il più conveniente.
Capitolo 1 _________________________________________________________ INTRODUZIONE
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12
1.4 – BIBLIOGRAFIA
1. N.R. Legge, Chemtech, 630, (1983).
2. ASTM D 1566, “Standard Terminology Relating to Rubber”, ASTM, 9.01, (1995).
3. S.K. De and A.K. Bhowmick, “Thermoplastic Elastomers from Rubber-Plastic Blends”, Ellis
Horwood, 17, (1992).
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5. J.R. Wolfe, “Thermoplastic Elastomers – A Comprehnsive Review”, Cap. 6, Hanser
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6. R.A. Ranalli, “Developments in Rubber Technology – 3: Thermoplastic Elastomers”,
A.Whelan and K.S. Lee (eds.), Applied Science Publishers, (1982).
7. C.D. Shedd, “Handbok of Thermoplastic Elastomers”, Van Nostrand Reinhold, (1988).
8. S. Danesi and E. Garagnani, Kautshuk und Gummi Kunststoffe, 195, (1984).
9. A.N. Da Silva, M.B. Tavares, D.P. Politano, M.B. Coutinho and M.C. Rocha, Journal of
Applied Polymer Science, 66, 2005-2014 (1997).
10. B.M. Walker, “Handbook of Thermoplastic Elastomers”, Van Nostrand Reinhold, (1979).
11. Whelan and H.S. Lee, “Development in Rubber Technology”, J. Thermoplastic Rubbers,
Applied Science, (1982).
12. S. Thomas and A. George, Eur. Polym. J., 28, 1451, (1992).
13. D.S. Campbell, D.J. Elliot and M.A. Wheelans, N.R. Technol., 9, 21, (1978).
14. Anon, Br. Plast. Rubber, 32 (1978).
15. E.N. Kresge, “Polymer Blends”,. Ed. Paul and S. Newman. Academic press, Cap. 21, (1987).
16. L. Slusarski and D.Bielinski, Polymer International, 36, 261-268, (1995).
17. A. Manzur, R. Olano, E.Ramos, J. Appl. Polymer Sci., 65, 677-683 (1997).
18. G.E. O´Connor, “The Fourth Generation of Sucess”, Meeting of the Rubber Division
American Chemical Society, Detroit, Michigan, (1989).
CAPITOLO 2
MATERIALI
E TECNICHE DI PREPARAZIONE
Capitolo 2 _____________________________________ MATERIALI E TECNICHE DI PREPARAZIONE
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14
Una prima parte introduttiva sulle principali caratteristiche dei materiali utilizzati in
questa ricerca, sarà seguita dalla visualizzazione delle fasi di miscelazione e pressatura che
porteranno alla realizzazione delle miscele in seguito analizzate. Sarà evidente come i costi di
lavorazione dei TEOs aumentino in generale con il contenuto di gomma nelle blends, anche se a
basse percentuali d’EPDM il loro comportamento risulterà simile a quello ottenuto per il
polipropilene puro.
Capitolo 2 _____________________________________ MATERIALI E TECNICHE DI PREPARAZIONE
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15
2.1 – MATERIALI UTILIZZATI
2.1.1 – Polipropilene Isotattico (iPP).
2.1.1.1 – Sintesi.
Nel 1954, G.Natta1, utilizzando i catalizzatori descritti da Ziegler, provò che questi erano
capaci di produrre polimeri con il propene e altre olefine di alto peso molecolare.
La stereoregolarità e la possibilità di cristallizzazione di queste poli-a-ol fine aprirono una
nuova dimensione sia alla scienza che alle applicazioni dei polimeri. Il polipropilene, quindi, è
preparato per polimerizzazione del propene, in presenza dei precedenti catalizzatori, sotto
condizioni di pressione e temperatura stretament controllati.2 Molti sono i catalizzatori in grado
di indurre la polimerizzazione stereospecifica del polipropilene, classificabili per la loro
composizione (monometallici e bimetallici) o per la stereospecificità che producono.
Per originare il processo di polimerizzazione, si carica il propene a bassa pressione nel
reattore e, separatamente, la soluzione del catalizzatore con il mezzo di reazione (generalmente
nafta). La reazione si realizza a 60°C durante 8 ore ottenendosi, nel caso più generale, una
conversione del 80÷85%. Una volta completata la polimerizzazione, nel reattore si trovano i
seguenti materiali: polimero isotattico, polimero atattico, mezzo di reazione, monomero e
catalizzatore. Mediante una serie di trattamenti, si separa il polimero isotattico che si lava e si
asciuga a circa 80°C. Il polimero così ottenuto può essere miscelato ad antiossidanti ed estruso
per ottenere dei granuli, anche conosciuti col nome tecnico di pell ts.
Il PP è un idrocarburo lineare di alto peso molecolare, la cui unità ripetitiva risponde alla
formula:
[2.1]